La cifra ridicola non riallinea affatto gli stipendi dei dipendenti pubblici al tasso di inflazione reale certificato dall’Istituto nazionale di statistica, che risulta cresciuto di ben 12-14 punti negli ultimi dieci anni rispetto ai compensi mensili. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): sommando il 5% complessivo di incrementi dell’ultimo triennio e l’attuale 1,3% di aumento finanziato dal governo, il gap che c’è oggi tra gli stipendi dei dipendenti pubblici rispetto al costo della vita rimane davvero troppo ampio. Nelle scorse settimane, Anief ha cercato di far allineare il salario minimo al tasso annuo di inflazione reale chiedendo l’approvazione di specifici emendamenti alla Legge di Stabilità. Ora, però, appurato che le richieste di modifica non hanno superato il vaglio delle commissioni della Camera, il giovane sindacato ribadisce la necessità di presentare ricorso per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-2018, in modo da far recuperare a docenti e Ata almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato dal settembre 2015.
Lo stipendio di insegnanti e Ata aumenterà da aprile 2019 di una cifra variabile tra gli 8 e i 14 euro netti, per effetto del ritorno in busta paga dell’indennità di vacanza contrattuale, con la cifra che sarà riassorbita quando sarà firmato il nuovo contratto. Il riconoscimento per dipendenti pubblici viene dal testo della Legge di Bilancio, ancora non approvata in via definitiva. L’ultima stima, al ribasso rispetto a quelle di qualche giorno fa, probabilmente a seguito di un conteggio corretto, allargato, dei beneficiari, è stata realizzata dalla rivista specializzata Orizzonte Scuola, sulla base del testo delle legge di Stabilità in via di approvazione alla Camera.
Il testo prevede, in attesa del rinnovo contrattuale, l’assegnazione dell’Indennità “di Vacanza Contrattuale (IVC) dello 0,42% dello stipendio tabellare dal 1° aprile 2019 e dello 0,7% dal 1° luglio 2019 in caso di mancato rinnovo del CCNL al 1° gennaio 2019”. Tale spesa si coprirà con le coperture previste dalla stessa manovra. Da aprile 2019, quindi, assisteremo al ritorno tra le voci dello stipendio dell’indennità di vacanza contrattuale”, sparita dal cedolino a partire da giugno 2018 in quanto conglobata nello stipendio tabellare, considerando che il contratto collettivo nazionale 2016/18 scadrà il prossimo 31 dicembre e che per legge va corrisposta dopo tre mesi di “vuoto”.
Dopo tre mesi di vacanza del contratto – spiega il Messaggero – ne viene riconosciuta il 30 per cento (quindi 0,42%) dopo sei il 50 (ovvero 0,7%). Non però sull’intera retribuzione ma sulle sole voci stipendiali, che la relazione tecnica quantifica in media per il settore statale in 25.184 euro l’anno: applicando le percentuali a questa somma si arriva ad un aumento di 8 euro a partire dal 1° aprile 2018, che può arrivare a 13 – 14 da luglio 2019 (sempre che nel frattempo non si giunga alla firma di un nuovo contratto). Questa somma, insieme all’elemento perequativo, dovrà poi essere riassorbita quando si procederà a stipulare il nuovo contratto.
Al termine del triennio, sommando i fondi indicati nel DEF - 1.1 miliardi di euro per il 2019, 1.425 per il 2020 e 1.775 a partire dal 2021 - gli aumenti generali potranno raggiungere una cifra che già adesso viene considerata esigua: circa 40 euro. L’aumento complessivo sarà di 500 euro lordo anno che significa meno della metà dello scorso rinnovo contrattuale, che è stato, ricordiamo, di 85 euro medi e lordi. Incremento per il quale bisognerà ancora reperire le risorse, attraverso la copertura della cosiddetta perequazione, al momento assicurata solo fine del corrente anno solare.
Il problema è che l’indennità di vacanza contrattuale non riallinea affatto gli stipendi dei dipendenti pubblici al tasso di inflazione reale certificato dall’Istituto nazionale di statistica, che risulta cresciuto di ben 12-14 punti negli ultimi dieci anni rispetto ai compensi mensili. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “considerando che nell’ultimo triennio i lavoratori statali hanno percepito solo il 5% complessivo di incrementi, frutto degli aumenti ‘miseri’ accordati dai sindacati rappresentativi la scorsa primavera con l’Aran, l’attuale 1,9% di aumento finanziato dal governo non muta di molto il grave gap che c’è oggi tra gli stipendi dei dipendenti pubblici rispetto al costo della vita. Ecco perché non ci rassegniamo e continuiamo a consigliare ai dipendenti pubblici di presentare ricorso in tribunale”.
Nelle scorse settimane, Anief ha cercato di far allineare il salario minimo al tasso annuo di inflazione reale chiedendo l’approvazione di specifici emendamenti alla Legge di Stabilità. Ora, però, appurato che le richieste di modifica non hanno superato il vaglio delle commissioni della Camera, il giovane sindacato ribadisce la necessità di presentare ricorso per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-2018, in modo da far recuperare a docenti e Ata almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato dal settembre 2015. Oltre che rivendicare migliaia di euro per i mancati arretrati, vista l’irrisorietà di quelli corrisposti dal mese di aprile 2018. Le richieste sono state ripresentate oggi in Senato presso la XI Commissione Lavoro durante l'audizione della Cisal su Decreto Concretezza, da Marcello Pacifico, segretario confederale e presidente Anief. Ad ogni modo, tutti i lavoratori della PA interessati al ricorso contro gli aumenti stipendiali miserevoli possono ancora chiedere il modello di diffida al seguente indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
PER APPROFONDIMENTI:
Gli aumenti dell’ultimo decennio prodotti (e non) sugli stipendi dei dipendenti pubblici tenendo conto dell’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi UE:
ANNO |
IPCA |
AUMENTI |
2008 |
1,7 |
|
2009 |
0,7 |
|
2010 |
1,5 |
0 |
2011 |
2,0 |
0 |
2012 |
1,5 |
0 |
2013 |
1,5 |
0 |
2014 |
0,2 |
0 |
2015 |
0,2 |
0 |
2016 |
0,2 |
0,36 |
2017 |
1,2 |
1,09 |
2018 |
1,0 |
3,48 |
9,3 |
4,93 |
|
● 4,4 |
||
2019 |
1,4 |
1,3 |
● 0,1 |
||
2020 |
0,7 |
0,35 |
2021 |
0,6 |
0,30 |
∙ 4,5%: su uno stipendio di 32.500 euro comporterebbe l’aumento di 1.462,50 euro, ovvero quasi il triplo rispetto ai 520 euro previsti per 3,3 mln di dipendenti pubblici. Per realizzare l’operazione, però, servono dalla legge di Bilancio circa 4,8 miliardi di euro, che andrebbero prelevati dalle risorse del reddito di cittadinanza.
Memoria CISAL Disegno di legge n.920 XVIII legislatura
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