Tornano le aggressioni gratuite verso gli insegnanti da parte di genitori “inviperiti” per le valutazioni o i giudizi negativi espressi nei confronti dei figli. A far scattare l’allarme sono alcuni nuovi episodi di violenza messi in atto negli ultimi giorni: tre aggressioni, a due docenti e uno studente minorenne, registrate in Sicilia, Puglia e Piemonte. Questi fatti, secondo l’Ansa, hanno un comune denominatore: “poco educato il figlio, violento il padre, come dire talis pater, talis filius”. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): l’istituzione scolastica non è strutturata e creata per combattere certi crimini. È bene, tuttavia, che si ricordi sempre che secondo la Cassazione un insegnante della scuola statale riveste il ruolo di pubblico ufficiale. Colpirlo, costringerlo alle cure dell’ospedale, è un comportamento vigliacco e sempre sanzionabile. Per questo va denunciato in modo sistematico alla polizia giudiziaria che provvederà a verificare la consistenza delle accuse e se vi sono dei profili penali da percorrere.
Riprende vigore l’ingiustificata violenza verso gli insegnanti e i loro alunni. A Gela, in provincia di Caltanissetta, un 37enne è evaso dagli arresti domiciliari per picchiare un professore di suo figlio ‘colpevole’ di averlo rimproverato in classe perché disturbava. Il ragazzo aveva contestato il suo insegnante perché gli aveva messo una nota sul registro per il suo comportamento, pretendendone invece l’immediato annullamento. A Foggia il papà di un’alunna ha schiaffeggiato il vicepreside di una scuola media perché aveva rimproverato sua figlia. L’aggressione è avvenuta davanti agli altri insegnanti che hanno chiamato la polizia. Quando gli agenti sono arrivati, però, l’uomo era già fuggito ma è stato rintracciato a casa e denunciato per percosse. C’è invece una discussione per gusti musicali dietro l’aggressione alla succursale di un istituto tecnico di Avigliana, comune alle porte di Torino, dove un 18enne, che frequenta la sede centrale, è entrato in una classe con una mazza da hockey e si è scagliato contro un 15enne che la sera prima l’avrebbe deriso alla fermata del pullman per la sua passione per il rap. A difendere la vittima sono intervenuti alcuni compagni, tra i 14 e i 15 anni, tre dei quali sono rimasti lievemente feriti e medicati sul posto.
“Per questi casi un po’ disperati – commenta la rivista specializzata Tuttoscuola - si può parlare di potenziamento del patto di corresponsabilità educativa, sempre auspicabile, ma non si può non pensare pure ad un’applicazione rigorosa, senza indulgenza, delle norme che puniscono le violenze con l’aggravante di essere perpetrate contro pubblico ufficiale. Non vogliamo fare nostro il motto di Mao e ripreso dalle Brigate Rosse “Colpirne uno per educarne cento”, ma indubbiamente se i mass media daranno la stessa rilevanza pubblica alla condanna dei violenti (se e quando ci sarà) come è stata data agli episodi di aggressione, forse potrebbe esserci un deterrente in più per frenare altre violenze contro i docenti”.
Dinanzi ad episodi di questo genere, Anief ricorda che nelle scuole esiste un accordo scuola-famiglie, denominato “patto di corresponsabilità”, che entrambe le parti sono tenute a rispettare, in funzione del successo formativo degli studenti. Certi comportamenti non solo fanno venire meno quel “contratto”, che non è più scolastico-formativo, ma anche il ruolo primario dell’istituzione scolastica che, di fronte alle aggressioni dei genitori verso i suoi operatori e agli episodi di bullismo, a volte sistematici, al punto di rasentare il reato di stalking, si interroga ogni volta per comprendere se e dove ha “sbagliato”.
“La realtà – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - è che l’istituzione scolastica non è strutturata e creata per combattere certi crimini. È bene, tuttavia, che si ricordi sempre che secondo la Cassazione un insegnante della scuola statale è un pubblico ufficiale. Colpirlo, costringerlo alle cure dell’ospedale, costituisce un comportamento vigliacco. Per questo va sempre denunciato alla polizia giudiziaria. La quale provvederà a verificare la consistenza delle accuse e se vi sono dei profili penali da percorrere”.
Il riferimento giudiziario è quello della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 15367/2014, ha confermato il profilo di pubblico ufficiale per l’insegnante di scuola media nell’esercizio delle sue funzioni, anche al di fuori dalle lezioni: il ruolo di pubblico ufficiale, quindi, va esteso “alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi” addebitando al genitore tutti gli elementi del reato.
“Quello della tolleranza zero, in presenza di reati accertati, anche all’interno delle mura scolastiche, è un punto fermo, su cui non si transige. Parallelamente, le scuole avranno anche l’onere di portare avanti dei progetti, finanziati dal Miur, che divulghino il senso civico, rivolti sia agli alunni che alle loro famiglie. Ricordando loro anche che chi si macchia di certi comportamenti illeciti – conclude il sindacalista autonomo - va incontro a delle conseguenze penali rilevanti”.
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