Non porta buone nuove l’ultimo rapporto di Eurydice, Teaching Careers in Europe: Access, Progression and Support: La Carriera degli insegnanti in Europa: accesso, progressione e sostegno. Prima di tutto perché l’età media dei nostri insegnanti continua ad alzarsi: il 36% degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie europee ha più di 50 anni, percentuale che in Italia si alza al 57%. Inoltre, i docenti dell’Unione Europea di oltre 60 anni si attestano al 9%, mentre in Italia si osserva ancora una volta la percentuale più alta, che in questo caso è addirittura doppia: il 18%. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): il paradosso è che in Italia vi sono decine di migliaia di docenti precari già formati e abilitati all’insegnamento, ma non essendo aperto il doppio canale una sempre più alta percentuale di posti da assegnare per le immissioni in ruolo rimane vuota. Il problema è nella mancata possibilità di proporre loro quelle cattedre: tutto si risolverebbe riaprendo le GaE. È un’operazione a costo zero: per realizzarla basterebbe che l’amministrazione e la politica si rendessero conto della sua ineludibilità.
Conferma tutte le anomalie italiane il rapporto Eurydice sugli insegnanti del vecchio Continente, appena pubblicato: lo studio Ue, che raccoglie gli ultimi dati sul reclutamento, i requisiti per diventare insegnante, le opportunità di sviluppo di carriera degli insegnanti, le competenze degli insegnanti, la valutazione, evidenzia la carenza nel nostro Paese di docenti rispetto ad alcune discipline d’insegnamento, soprattutto quelle scientifiche, e ad alcune aree geografiche. “Ma il problema principale è l’invecchiamento degli insegnanti”, sottolinea oggi Orizzonte Scuola.
La soluzione, dice il rapporto della rete istituzionale Eurydice che raccoglie, aggiorna, analizza e diffonde informazioni sulle politiche, la struttura e l’organizzazione dei sistemi educativi europei, risiede nella programmazione preventiva a lungo e medio termine della necessità di insegnanti. Negli altri Paesi non va così: in Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Finlandia e Svizzera si effettua non solo una pianificazione preventiva ma anche a lungo termine. In Norvegia, addirittura, le previsioni arrivavano fino al 2040. Inoltre, in quasi la metà dei sistemi d’istruzione europei, l’unica condizione per diventare un docente di ruolo è avere una preparazione iniziale, ad esempio la laurea ha anche valore abilitante. È poi tutto dire che solo pochi Paesi, tra cui l’Italia, organizzano concorsi per l’accesso alla cattedra a tempo indeterminato: solo in sei Paesi (Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Albania e Turchia) occorre superare un concorso che può prevedere prove scritte, colloqui, la valutazione di un portfolio e l’osservazione della pratica didattica.
La via concorsuale obbligatoria ed esclusiva per ottenere l’immissione in ruolo, quindi, è praticata solo in rari casi. Invece, in Italia il Ministro Bussetti è al lavoro per una riforma del reclutamento che punta al concorso come unico canale di accesso al contratto a tempo indeterminato: attraverso un’adeguata formazione universitaria, i nuovi docenti potranno salire in cattedra già a 26 anni. Ci chiediamo: e gli altri che svolgono questa professione da anche vent’anni? Se vincono il concorso bene, altrimenti sono fuori.
Nel frattempo ci teniamo un numero di supplenze annuali da record e destinate a crescere, con molte graduatorie esaurite, come il sostegno, le discipline tecniche, la matematica e tante altre, con il risultato che quest’anno sono state assegnate oltre 50 mila supplenze annuali sul sostegno, dove regna la finzione dei posti in deroga, ed altre 70 mila su disciplina. E che dire delle 33 mila cattedre destinate alle immissioni in ruolo ed invece andate deserte, poiché prive di candidati, perché le graduatorie ad esaurimento risultano ormai esaurite?
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “il vero paradosso della supplentite deriva sì da una mancanza di programmazione nell’ambito del reclutamento e delle assunzioni, ma soprattutto dal fatto che in Italia vi sono decine di migliaia di docenti precari già formati e abilitati all’insegnamento, ma senza l’apertura del doppio canale una sempre più alta percentuale di posti da assegnare per le immissioni in ruolo rimane vuota. Il problema, quindi, non è nella mancata disponibilità dei nostri docenti precari ad insegnare sui posti liberi proposti, ma deriva dall’impossibilità nel proporre loro quei posti per via di norme organizzative sbagliate”.
“Per risolvere la questione, la soluzione sarebbe a portata di mano: è quella della riapertura delle Graduatorie ad esaurimento a tutti gli abilitati dopo le Ssis. È un’operazione a costo zero: per realizzarla basterebbe che l’amministrazione e la politica si rendessero conto della sua ineludibilità. Pensare che il canale unico dei concorsi possa sistemare le cose, come ha ribadito di recente il Ministro dell’Istruzione, sarebbe un errore strategico fatale: va bene aprire ai giovani, ma prima vanno rispettati i diritti di chi ha, negli ultimi lustri, portato avanti le nostre scuole e che – conclude Pacifico - non può essere abbandonato al suo destino”.
Anief ricorda che per fare finalmente adottare il doppio canale di reclutamento come prassi, riaprendo contestualmente le GaE a tutti gli abilitati, nelle ultime settimane ha chiesto nella legge di Stabilità, prima alla Camera ed ora al Senato, delle disposizioni normative specifiche. L’associazione sindacale si è rivolta quindi alla V Commissione Bilancio e la XIV Commissione Lavoro dello stesso Senato per presentate un emendamento alla legge europea, anche sulla base del recente pronunciamento dell’avvocato generale Szpunar della Curia europea, il quale si è detto d’accordo con le tesi della Commissione UE e del docente ricorrente Rossato che, una volta assunto a tempo indeterminato dopo diversi anni di precariato, chiedeva giustamente il risarcimento per l'abuso dei contratti a termine.
A dare manforte alla tesi dell’Anief e dei suoi legali è anche la recente sentenza C-331/17 Sciotto, prodotta dalla Corte di Giustizia Europea il 25 ottobre scorso, che ha indicato ai Paesi membri di provvedere alla “conversione automatica del contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato se il rapporto di lavoro perdura oltre una data precisa”, ovvero 36 mesi anche non continuativi qualora stiano operando su posto libero.
A questo proposito, Anief raccoglie le preadesioni al ricorso gratuito per il personale di ruolo interessato ad ottenere dalle due alle dodici mensilità di risarcimento in caso di pronuncia conforme della Corte di giustizia e di superamento delle sentenze della Corte suprema italiana. Per aderire vai sul Portale Anief. Parallelamente, il giovane sindacato continua la sua battaglia giudiziaria per l’immissione in ruolo di chi ha svolto almeno 36 mesi di supplenze su posto vacante e disponibile, per chi è ancora precario: anche in questo caso, gli interessati possono consultare il portale Anief.
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