Approvata l'ennesima riforma che allontana l'Italia dall'Europa, tradendo gli accordi di Lisbona di vent'anni fa per l’'incapacità di reclutare i docenti specializzati presso le Università dal 2012 attraverso il doppio canale di reclutamento. E ora si prospettano migliaia di ricorsi nei tribunali del lavoro per effetto del venire meno di misure preventive e sanzionatorie sui contratti a termine introdotte dalla Buona Scuola per evitare le condanne dei giudici. Si riapre il contenzioso per chi ha avuto 36 mesi senza abilitazione. Il testo combinato con il decreto dignità riapre il contenzioso per il personale docente e Ata, privo di tutele effettive; i legali Anief chiederanno nuovamente la stabilizzazione oltre al risarcimento in piena applicazione della recente sentenza Sciotto della Curia europea. Per adesioni vai al seguente link.
Tra le novità apportate dal testo definitivo del disegno di Legge di Stabilità, che sarà pubblicato in Gazzetta dopo l'ultimo passaggio formale alla Camera, c’è quella del ritorno ai concorsi con l’accesso alle nuove procedure concorsuali con la sola laurea se conseguita con 24 crediti formativi in discipline antropo–psico–pedagogiche ed in metodologie e tecnologie didattiche. Il superamento delle prove concorsuali costituisce abilitazione all’insegnamento per le medesime classi di concorso per le quali si è partecipato. Arriva al capolinea, senza mai essere partito, il FIT, il percorso triennale di formazione e reclutamento dei docenti che già Anief aveva denunciato come troppo lungo e tortuoso e che avrebbe voluto risolvere il problema del mancato reclutamento del personale abilitato con il TFA e PAS o SFP escluso dal 2012 dall'inserimento in GaE e quindi dal reclutamento straordinario avvenuto negli ultimi tre anni, tanto da lasciare 50 mila cattedre scoperte.
Ma i veri e propri beffati sono i precari storici che hanno svolto, nel corso degli otto anni scolastici precedenti l’avvio delle procedure concorsuali, almeno tre annualità di servizio, anche non successive su posto comune o di sostegno, a cui invece di un concorso riservato è garantito soltanto il 10% dei posti del nuovo concorso. La mancata riapertura delle GaE, chiesta a gran voce sempre dall’Anief, bocciata in estate dopo esser passata nel testo approvato dal Senato del disegno di legge Milleproroghe pone un nuovo problema sul contenzioso relativo all'abuso da parte dello Stato italiano sui contratti a termine.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): È un vero peccato, perché il doppio canale di reclutamento rimane un passaggio obbligato per garantire la continuità didattica e per rispondere alle accuse dell'Europa come aveva chiarito la Consulta e la Cassazione. La nostra proposta sarebbe servita anche a fornire una riposta alla procedura d’infrazione 2014/4231 pendente presso la Commissione europea sulla violazione dell’Italia della normativa comunitaria dei contratti a termine. Ancora una volta, la parola passerà ai tribunali visto che l'esclusione dal piano di immissioni in ruolo del personale docente non abilitato e del personale Ata insieme al venir meno del fondo per il risarcimento e dal limite dei contratti fanno decadere quelle misure atte a evitare la stabilizzazione di tutti i supplenti.
Cambiato un pezzo importante della Legge 107/2015 Renzi-Giannini nella parte relativa ai concorsi per diventare insegnante nella scuola pubblica: il testo è contenuto nel maxiemendamento approvato al Senato nella notte tra sabato e domenica. Sono diverse le novità introdotte. La prima riguarda l’accesso ai prossimi concorsi a cattedra: d’ora in poi, scrive Orizzonte Scuola, basterà la laurea e aver conseguito 24 crediti formativi in discipline antropo–psico–pedagogiche ed in metodologie e tecnologie didattiche, con “i soggetti in possesso di abilitazione per altra classe di concorso o per altro grado di istruzione” che saranno esentati dal conseguimento dei CFU e CFA […], fermo restando il possesso del titolo di accesso alla classe di concorso ai sensi della normativa vigente”.
Un percorso a parte sarà riservato ai precari storici che abbiano svolto, nel corso degli otto anni scolastici precedenti l’avvio delle procedure concorsuali, almeno tre annualità di servizio, anche non successive su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione, con la possibilità di poter concorrrere per un numero di posti riservati pari al 10%: questi supplenti potranno partecipare, inoltre, alle procedure concorsuali senza aver conseguito i 24 CFU, per una tra le classi di concorso per le quali abbiano maturato un servizio di almeno un anno. Nel testo di riforma, inoltre, è previsto che il superamento delle prove concorsuali costituisce abilitazione all’insegnamento per le medesime classi di concorso per le quali si è partecipati.
Per quanto riguarda le procedure selettive su posto comune, i candidati dovranno superare due prove scritte e un orale, con verifica anche della conoscenza di una lingua straniera europea almeno di livello B2. Per il sostegno non ci saranno idonei: la graduatoria a fine concorso, infatti, sarà composta da un numero di soggetti pari, al massimo, ai posti messi a concorso e le graduatorie avranno valenza biennale, con i vincitori di concorso che dovranno superare due prove (una scritta e un orale), In entrambi i casi, gli immessi in ruolo dovranno rimanere quattro anni nella stessa scuola in cui hanno svolto l’anno di prova, salvo che “il docente sia soprannumerario o possessore di L. 104”.
Nella fase di attribuzione del punteggio ai titoli posseduti, il testo approvato prevede che si valorizzeranno particolari titoli e percorsi: dottorato di ricerca; abilitazione specifica conseguita attraverso percorsi selettivi di accesso; superamento delle prove di un precedente concorso ordinario per titoli ed esami nelle specifiche classi di concorso; titoli accademici nell’ambito della pedagogia speciale e didattica dell’inclusione.
Arriva al capolinea, dopo appena tre anni di vita, il FIT, il percorso triennale di formazione dei docenti previsto dalla riforma Renzi dopo aver superare un concorso: chi vincerà il concorso farà un anno di prova e formazione come supplente, quindi sarà assunto in ruolo. Inoltre, è prevista la possibilità di ripetere quest’anno di prova. Come promesso dalla maggioranza, con la legge di bilancio, saranno aboliti anche gli ambiti territoriali introdotti dalla legge 107: dal 2019 i docenti saranno nuovamente nominati su scuola.
È questo, dunque, il percorso escogitato dal Parlamento, su indicazione del Governo a maggioranza M5s–Lega, per cambiare le regole sul reclutamento nella scuola. La domanda che ci si pone, allora, è: basterà per superare l’attuale situazione di precariato altissimo con oltre 50 mila supplenze annuali assegnate sul sostegno ad altre 100 mila su cattedra curricolare, con i numeri record destinati a crescere? La risposta, certamente, è negativa. Perché non si attua il provvedimento madre, quello che avrebbe risolto tutto, senza investire negli ennesimi concorsi che porteranno ulteriore precariato: manca la riapertura delle GaE alle tante decine di migliaia di docenti già selezionati, formati e abilitati. La stessa operazione avrebbe garantito anche la scorsa estate di evitare che 33 mila cattedre già destinate ai ruoli fossero andate deserte, andando a produrre ulteriori buchi di posti.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, è amareggiato: ricorda che “il provvedimento di riapertura delle GaE, così come già era accaduto nel 2008 e quattro anni dopo, è stato chiesto prima alla Camera e poi allo stesso Senato. Perché il doppio canale di reclutamento è un passaggio obbligato se si vuole garantire la continuità didattica. Tra gli emendamenti di cui ci siamo fatti portavoce al Senato, sempre per trovare una risposta definitiva al problema del precariato scolastico, figura anche la conferma dei contratti a tempo indeterminato stipulati con clausola rescissoria per i docenti che abbiano superato l’anno di prova, in modo da consentire di garantire la stessa continuità didattica grazie al personale che è stato valutato idoneo all’esercizio della professione”.
“La nostra proposta sarebbe servita anche a fornire una riposta al contenzioso oggetto della procedura d’infrazione 2014/4231 pendente presso la Commissione europea sulla violazione dell’Italia della normativa comunitaria dei contratti a termine dopo l’approvazione della Buona Scuola e le sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione a partire dalla n. 22552 del novembre 2016. Tutte situazioni in essere – continua Pacifico - su cui non potranno non pesare le espressioni fornite dall’avvocato generale Szpunar della Curia europea, il quale si è detto d’accordo con le tesi della Commissione UE e del docente ricorrente Rossato che, una volta assunto in ruolo dopo diversi anni di precariato, chiedeva giustamente il risarcimento per l'abuso dei contratti a termine. Sempre in attesa di conoscere anche gli esiti della recente sentenza C-331/17 Sciotto, emessa dalla Corte di Giustizia Europea il 25 ottobre scorso, che prevede la conversione automatica del contratto a tempo determinato in indeterminato se il rapporto di lavoro perdura oltre i famigerati 36 mesi anche non continuativi su posto vacante. Ancora una volta, per far valere questi diritti, la parola passerà ai tribunali”.
Anief, pertanto, conferma le preadesioni al ricorso gratuito per il personale di ruolo interessato ad ottenere dalle due alle dodici mensilità di risarcimento in caso di pronuncia conforme della Corte di giustizia e di superamento delle sentenze della Corte suprema italiana. Per aderire vai sul Portale Anief. Parallelamente, il giovane sindacato continua la sua battaglia giudiziaria per l’immissione in ruolo per chi ha svolto almeno 36 mesi di supplenze su posto vacante e disponibile, per chi è ancora precario: anche in questo caso, gli interessati possono consultare il portale Anief.
PER APPROFONDIMENTI:
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