Il primo partito di maggioranza, il M5S, prende le distanze dal piano di regionalizzazione di temi importanti e centrali per i cittadini, come lavoro, istruzione, salute, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e di governo del territorio. Alla forte spinta che stanno producendo alcune regioni del Nord, in particolare Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, di cui si è parlato anche nell’ultimo Consiglio dei Ministri, giusto prima di Natale, per definire anche il percorso cronologico di quello che sembra un provvedimento legislativo destinato a compiersi, sono giunte in queste ultime ore le dichiarazioni contrariate da parte dell’on. Luigi Gallo (M5S), presidente della VII Commissione Cultura della Camera. Anief non può che avallare in pieno questa posizione critica: il sindacato ricorda che nel corso degli ultimi decenni, ogni tentativo di una autonomia regionale lesiva dei principi costituzionali - come ad esempio nella scuola trentina – in attuazione di questo dettato normativo è stato sempre bocciato dalla Provincia.
Poi c'è il problema dei fondi, perché il passaggio del personale della scuola dallo Stato alla Regione aumenterebbe del 25% la spesa regionale che per essere coperta dovrebbe rivedere un meccanismo di federalismo fiscale che penalizzerebbe le già martoriate regioni del Sud, violando anche il principio di solidarietà e di sovranità nazionale. Per il presidente nazionale dell'Anief, Marcello Pacifico, ci si adoperi piuttosto per produrre organici differenziati, sulla base di effettive esigenze territoriali, per incrementare occupazione e livelli di istruzione del Meridione, per ridurre i tassi di abbandono scolastico. Avallare la regionalizzazione non farebbe altro che incentivare il gap esistente tra località e regioni già vicine all’Europa e altre che, non certo per colpa loro, continuano ad essere fortemente distanti, non solo a livello geografico.
Il progetto della Lega di introdurre, in breve tempo, la cosiddetta “Autonomia differenziata”, dando attuazione all’articolo 116/3 della nostra Costituzione, metterebbe a rischio l’unità nazionale, perché si porrebbero seri dubbi sulla definizione dei servizi essenziali come asili nido, sostegno alla disabilità, trasporti, mensa scolastica e un fondo prerequativo per le regioni che hanno diritto a raggiungere livelli di servizi minimi per regioni e comuni: a sostenerlo, senza giri di parole, è l’on. Luigi Gallo, del M5S.
Il deputato pentastellato, che è anche Presidente della Commissione Cultura di Montecitorio, ha detto, anche nel corso di un’intervista a Repubblica, di condividere l’allarme lanciato dalla Svimez sull’autonomia differenziata e le diseguaglianze che ne deriverebbero: «Si. E credo sia un allarme fondato. Questo Paese è in colpevole ritardo a causa dei governi che si sono susseguiti dal 2001 in poi. Nessuno ha lavorato alla definizione dei servizi essenziali. Per l’istruzione stiamo parlando degli asili nido, dei trasporti, del supporto ai diversamente abili, della mensa scolastica. Se si realizza l’autonomia differenziata, senza la definizione dei servizi essenziali e dei consequenziali fondi perequativi dello Stato centrale per garantire i servizi essenziali a tutte le regioni, è sicuramente a rischio l’unità nazionale». Alla domanda se il suo partito di governo avallerà il disegno della Lega, l’on. Gallo ha infine risposto negativamente: “Il M5S non lo farà. Ha costruito la sua identità sulla capacità di ridurre la scandalosa forbice di ricchezza che esiste tra cittadini, territori e regioni. E’ questa la vera chiave di un nuovo sviluppo”.
Anief non può che avallare in pieno la posizione presa dall’on. Luigi Gallo, a nome di tutto il M5S: il sindacato ricorda che nel corso degli ultimi decenni, qualsiasi tentativo di attuazione di questo dettato normativo è stato sempre stoppato in tribunale. Con le sentenze n. 242/2011 della Consulta e della 107/2018, sono state stoppate, ad esempio, le norme della provincia autonoma di Trento, in particolare all’art. 92, c. 2bis, legge 5/2006 sull’inserimento in coda del personale iscritto in graduatorie diverse da quelle provinciali trentine e del “super servizio attribuito” al lavoro svolto nelle scuole trentine o ancora alla precedenza di accesso agli asili nido riservata ai residenti o lavoratori per almeno 15 anni nella regione Veneto.
Nell’ambito del processo di attribuzione (art. 117) delle competenze relative alle norme generali sull’istruzione (art. 116, lettera n) bisogna tenere conto del rispetto degli articoli 3, 4, 16, 51, 97 della Costituzione, come ribadito dalla stessa Consulta in tema di reclutamento degli insegnanti, residenza professionale e servizi legati ai soli residenti: un tentativo di questo genere è incostituzionale. Come lo è il ddl presentato dalla Lega al Senato, che introduce il domicilio professionale o ancora il divieto di trasferimento nella mobilità (per almeno 5 anni) del personale neo-assunto nella scuola ed introdotto nel contratto in via di approvazione: la norma viola, infatti, gli art. 3 sulla parità di trattamento e sull’uguaglianza sostanziale, 4 sulla promozione delle condizioni per la ricerca del lavoro, 16 sulla libera circolazione, 51 e 97 sul merito e il buon andamento della PA.
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