Fare scherzi pesanti e schiamazzi in classe comporta il reato di interruzione di pubblico servizio: l’ipotesi è stata condotta dalla Procura della Repubblica di Belluno, dopo che la scorsa primavera un gruppo di studenti di un istituto tecnico di Feltre, nel bellunese, ha vessato un'insegnante di chimica. La docente, esasperata, aveva chiamato la polizia. Così gli agenti erano entrati in classe, avviando gli accertamenti e individuando una decina di presunti responsabili, tutti intorno ai 16 anni di età (raggiunti anche da una sospensione di alcuni giorni). I giovani sono stati interrogati dal magistrato pochi giorni prima di Natale. L'insegnante è stata nel frattempo trasferita ad un un’altra scuola. Secondo Marcello Pacifico (Anief-Cisal) attuare azioni persecutorie, scherzi stupidi, non permettendo lo svolgimento della lezione, in questo caso di laboratorio, rientra in un’azione da condannare senza se e senza ma. È un vero e proprio profilo penale da percorrere sino in fondo. Avere 16 anni non significa avere la licenza di fare quel che si vuole, soprattutto a scuola.
È un reato utilizzare un linguaggio indecoroso e ironico, e in più circostanze, assieme al lancio di palle di carta o l'applicazione di materiale adesivo sugli oggetti di uso comune per l'insegnamento, compresa la sedia della cattedra. Questi fatti ripetuti, ipotizza il magistrato, avrebbero impedito lo svolgimento delle lezioni durante le lezioni di chimica di un istituto in provincia di Belluno: “i ragazzi, richiamati più volte dal personale dell'istituto, erano stati anche sottoposti a misure disciplinari ma questi comportamenti erano continuati. La chiusura delle indagini da parte della magistratura è prevista entro la fine di questo mese”, scrive La Repubblica.
Secondo Anief, la collocazione come reato di certi atti ed atteggiamenti inaccettabili, da parte degli studenti verso gli insegnanti, deve essere accolta positivamente: il sindacato autonomo ritiene che adottare il bullismo in classe, in modo sistematico, rasenta il reato di stalking. Quindi, ben venga la conduzione dell’indagine in Veneto, dove diversi studenti sono indagati per interruzione di pubblico servizio.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, ricorda che “un insegnante della scuola statale è un pubblico ufficiale: attuare azioni persecutorie, scherzi stupidi, non permettendo lo svolgimento della lezione, in questo caso di laboratorio, rientra in un’azione da condannare senza se e senza ma. È un vero e proprio profilo penale da percorrere sino in fondo. Fa bene il magistrato ad andare sino in fondo con le indagini, per sanzionare quelli che vanno configurati come veri e propri crimini. Avere 16 anni non significa avere la licenza di fare quel che si vuole, soprattutto a scuola”, conclude Pacifico.
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