Il presidente Pacifico plaude all'iniziativa dei deputati del M5S che raccoglie la denuncia fatta da Anief all'indomani dell'approvazione della legge 133/08 che ha cancellato a regime 200 mila posti anche e soprattutto con la riduzione del tempo scuola. Ma ci vuole l'impegno del Governo a sostenere le risorse finanziarie previste per non derubricarla a semplice manifestazione d'intenti come si evince dal primo dibattito avvenuto in VII Commissione all'avvio dell'esame del provvedimento.
Alla Camera ha preso il via in questi giorni l’iter legislativo della proposta di legge n. 877, presentata da deputati del M5S (primo firmatario l’on. Lucia Azzolina, del M5S, e tra gli altri onorevoli Luigi Gallo, presidente della Commissione Cultura della Camera, che in passato si è già speso per questo genere di iniziative), che potrebbe cambiare la gestione delle classi, il rapporto educativo e le condizioni di apprendimento per gli studenti. L’obiettivo che si vuole ottenere con la proposta, ricorda la rivista Tuttoscuola, è quello di “annullare la riforma Tremonti-Gelmini che una decina di anni fa con la legge 133/2008 innalzò di un punto in un triennio il rapporto alunni/docente, portandolo da 8,94 del 2008 a 9,94 del 2012, per una “migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente”. I costi del progetto sono considerevoli (oltre 2 miliardi a regime dal 2022), ma secondo Marcello Pacifico (Anief-Cisal) si tratta di “norme fondamentali per migliorare il livello dell’attività didattica che si attua in qualsiasi Paese moderno: avere delle classi da 30 e più alunni costituisce un’offesa ai suoi cittadini e alle nuove generazioni che si vanno a formare. Oltre che continuare a tenere alti i rischi relativi alla sicurezza di chi è presente in quelle classi. Sul sostegno, poi, si tocca l’apice della mancata inefficienza”.
Potrebbe finalmente cadere una delle disposizioni più devastanti per la scuola dell’ultimo governo Berlusconi, che una decina d’anni fa portò ad una pesante contrazione di posti per un totale di oltre 67 mila unità e all’affollamento eccessivo delle classi conseguente all’applicazione di quella norma con il DPR 81/2009: il ddl n. 877, appena avviato alla Camera, prevede che a livello nazionale il rapporto alunni/classe diminuisca di 0,40 nel triennio 2019-2021. Inoltre in ogni classe iniziale di ogni ordine e grado non potranno esserci più di 23 alunni, e non più di 20 nel caso vi siano alunni con disabilità.
La relazione accompagnatoria al ddl spiega che “nelle scuole secondarie di secondo grado è attualmente possibile comporre classi di 33 alunni; se poi si tiene conto della possibilità di derogare fino al 10 per cento al numero massimo degli alunni per classe, prevista dall’articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, è facile comprendere come ad oggi sia legittimo e pienamente conforme alla legge comporre sezioni con ben 36 alunni”. Inoltre, si legge ancora nella relazione, andare a “rivedere il rapporto alunni/docente” inciderebbe molto positivamente sulla qualità della didattica poiché avere meno studenti da seguire permetterebbe al docente di dedicarsi individualmente con maggiori attenzione e solerzia ai suoi allievi. Oltre a pregiudicare la formazione degli alunni, il fenomeno delle classi pollaio non consente infatti la piena integrazione dei ragazzi disabili”.
Al pari della portata del provvedimento, anche i costi dell’iniziativa legislativa risultano considerevoli: un elemento su cui i partiti d’opposizione si sono già soffermati. Si tratta di 338.500.000 euro per l’anno in corso; 1.180.000.000 di euro per l’anno 2020; altri 1.715.100.000 euro per l’anno 2021 e ben 2.130.000.000 di euro a decorrere dal 2022. Sempre nella relazione che accompagna la proposta di legge, l‘abbassamento del numero di alunni per classe riporterebbe la situazione ad un livello di sicurezza conformemente alle norme antincendio (decreto ministero interni 26.08.1992) che fissano il numero massimo di persone in una aula in 26 (25 alunni e l’insegnante). Ma soprattutto, la riduzione del numero di allievi avrebbe effetti positivi sulla “conduzione delle attività didattiche e sul rapporto educativo docente/alunno”.
Anief ritiene senz’altro condivisibile la linea d’azione intrapresa dal Movimento 5 Stelle sul fronte delle classi pollaio da cancellare: il giovane sindacato, proprio per la stessa motivazione, aveva già presentato appositi emendamenti al disegno di legge sul “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” AC n. 1334. A questo scopo, Anief aveva indicato che tutti “i posti in deroga attivati ai sensi dell’articolo 9, comma 15 della legge 30 luglio 2010, n. 122, per due anni scolastici consecutivi” fossero “trasformati in organico di diritto”, superando quindi le illegittime supplenze annuali fino al 30 giugno, poiché attuate su posti vacanti disponibili, per dare spazio a quelle sino al 31 agosto di ogni anno. Il tutto, “senza eccezione alcuna la deroga al rapporto 1:2 per tutte le situazioni certificate di grave disabilità”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, oggi ricorda che si tratta di “norme fondamentali per migliorare il livello dell’attività didattica che si attua in qualsiasi Paese moderno: avere delle classi da 30 e più alunni costituisce un’offesa ai suoi cittadini e alle nuove generazioni che si vanno a formare. Oltre che continuare a tenere alti i rischi relativi alla sicurezza di chi è presente in quelle classi. Sul sostegno, poi, si tocca l’apice della mancata inefficienza”.
“Finché si continua a tenere in piedi la Legge Carrozza, la 128 del 2013, per risparmiare e non stabilizzare, mantenendo precario un docente su tre e costringendo i presidi a nominare in autunno inoltrato dei docenti che invece dovrebbero stare in cattedra dal 1° settembre, il settore non potrà cambiare. Vediamo, ora, se il panorama generale del numero di alunni, ma anche della capienza di docenti a disposizione, potrà finalmente cambiare”.
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