La Legge di Stabilità sblocca l’indicizzazione del tasso di indennità di vacanza contrattuale rimasto fermo per dieci anni senza recuperare l’aumento del costo della vita registrata, ma ancorandosi a quella programmata. Salvato per il solo nuovo anno l’elemento perequativo mentre possono partire le trattative per l’utilizzo delle risorse stanziate per il rinnovo dei contratti. In attesa di un nuovo accordo, per tutti i lavoratori che operano per lo Stato, alla fine, per tutto il 2019, non si andrà oltre la previsione dell’indennità di vacanza contrattuale, pari allo 0,42 per cento dal 1° aprile al 30 giugno prossimi e allo 0,7 per cento a decorrere dal 1° luglio 2019.
Per Marcello Pacifico (Anief), quando si aprirà il tavolo per il rinnovo dei contratti, il Governo dovrà chiarire se ha l’intenzione di recuperare il gap perso rispetto all'aumento dell'IPCA registrato nell'ultimo decennio. L’incremento di 5 punti di stipendio col vecchio contratto rimane molto distante dai 14 punti di aumento dell'inflazione registrata tra il 2008 e il 2018: Anief ribadisce il consiglio ai dipendenti pubblici, a partire da docenti e Ata, di ricorrere in tribunale per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-18, in modo da recuperare almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato dal settembre 2015.
L’anno nuovo è arrivato ma per gli stipendi dei dipendenti pubblici e della scuola non vi sono sviluppi. A spiegarne i motivi è la rivista specializzata Orizzonte Scuola che ha fatto il punto della situazione sui salari che riguardano oltre tre milioni di lavoratori, un terzo dei quali operanti come docenti e personale Ata. Viene ricordato che “la legge di bilancio, in attesa del rinnovo relativo al triennio 2019-2021, ha stanziato i fondi per la copertura dell’elemento perequativo dal 1° gennaio 2019 e per la cd indennità di vacanza contrattuale. Le risorse stanziate ammontano a 1.100 milioni di euro per il 2019; 1.425 milioni di euro per il 2020; 1.775 milioni di euro a partire dal 2021”.
L’elemento perequativo, introdotto con il CCNL 2016-18, ha avuto il fine di garantire a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione un aumento stipendiale pari a 85 euro. L’incremento del 3,48% previsto dal contratto sulla retribuzione tabellare dei dipendenti pubblici (insegnanti inclusi) infatti, non era sufficiente di per sé ad assicurare l’aumento di 85 euro alle retribuzioni più basse, come quelle del personale della scuola, come invece aveva promesso l’allora Ministro della PA, Marianna Madia, nell’accordo che aveva siglato con i sindacati. Motivo per cui, fino al 31 dicembre 2018, è stato introdotto il sopra citato elemento perequativo: per compensare il gap.
Più nel dettaglio, per gli stipendi più bassi l’importo dell’elemento perequativo – che dal governo Gentiloni era stato riconosciuto solo per un tempo limitato, ovvero da marzo a dicembre 2018 - va dai 21,10 euro ai 25,80 euro (va peraltro chiarito che questo, facendo parte del salario accessorio, non produce effetti né sulla tredicesima né su TFR, anzianità e indennità sostitutiva del preavviso). Ora, senza il correttivo dell’attuale governo, il personale con anzianità di servizio minore avrebbe rischiato di perdere circa il 20% dell’aumento di stipendio riconosciuto per il 2018.
È anche vero, ricorda Orizzonte Scuola, che “a più riprese Di Maio ha sostenuto l’impegno del Movimento 5 Stelle a battersi “per la scuola e per tutte le persone che la vivono ogni giorno”, scongiurando così nel DEF il calo di retribuzione conseguente alla perdita dell’elemento perequativo. Ad oggi, però, non si è andati oltre la previsione dell’indennità di vacanza contrattuale (IVC), la quale “prevede che, se entro il mese di aprile dell’anno successivo a quello della scadenza del CCNL non si sia ancora provveduto al rinnovo, viene riconosciuto un anticipo dei benefici che saranno stabilizzati al momento della stipula del Contratto stesso (ex articolo 47-bis del D.lgs. 165/01)”.
L’importo riconosciuto comporterà i seguenti aumenti: 0,42 per cento dal 1° aprile 2019 al 30 giugno 2019; 0,7 per cento a decorrere dal 1° luglio 2019. Nel concreto, in busta paga potranno arrivare dagli 8 euro di aprile ai 14 di luglio 2019. Per quanto riguarda, invece, la trattativa sul rinnovo del contratto, va sottolineato che “non è stata ancora avviata e, a dire il vero, non si preannuncia affatto facile”.
“Ci sono professioni – continua la rivista - sulle quali in Italia si protraggono luoghi comuni e pregiudizi. La categoria degli insegnanti è una di queste: tra chi li accusa di lavorare poco e di avere tre mesi di ferie l’anno. Molte persone non hanno mai visto cosa c’è dietro il lavoro di un insegnante (aldilà di quello che svolge in classe), e soprattutto dentro la sua busta paga. Vi siete mai chiesti quanto guadagna un insegnante di una scuola pubblica in Italia? Il sistema retributivo scolastico, soprattutto quello pubblico, è caratterizzato da forte rigidità salariale. Del resto sull’altro piatto della bilancia c’è la solita questione dei conti pubblici e di una coperta troppo corta”.
Secondo Anief, l’analisi della stampa specializzata è corretta. “Se è vero – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – che c’è stato uno sforzo dell’attuale governo nell’introdurre, seppure parzialmente, l’indennità di vacanza contrattuale e nel normalizzare le relazioni sindacali, è altrettanto vero che non c’è intenzione di attuare il recupero dell'inflazione corrispondente agli anni del blocco contrattuale, come avvenuto nel settore privato dove si sono registrati aumenti persino superiori”.
“Se davvero la ministra della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, vuole allestire il tavolo per il rinnovo dei contratti – continua Pacifico - bisognerà anche che abbia intenzione di recuperare il gap perso rispetto all'aumento dell'IPCA registrato nell'ultimo decennio. C’è il precedente della legge 205/2017: quando fu approvata, il governo di allora disse che avrebbe trovato nella successiva legge di bilancio ulteriori risorse, ma quelle trovate oggi servono solo a coprire una minima parte di quello che servirebbe”.
A registrare la pochezza dei compensi dei nostri docenti, di recente, è stata addirittura l’Aran che, nell’esaminare le retribuzioni medie pro-capite fisse, accessorie e complessive per comparto tra il 2001 e il 2016, ha evidenziato come queste si siano ridotte proprio rispetto al costo della vita.
L’incremento di 5 punti di stipendio col vecchio contratto rimane molto distante dai 14 punti di aumento dell'inflazione registrata tra il 2008 e il 2018: Anief ribadisce il consiglio ai dipendenti pubblici, a partire da docenti e Ata, di ricorrere in tribunale per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-18, in modo da recuperare almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato dal settembre 2015.
PER APPROFONDIMENTI:
Gli aumenti dell’ultimo decennio prodotti (e non) sugli stipendi dei dipendenti pubblici tenendo conto dell’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi UE:
ANNO |
IPCA |
AUMENTI |
2008 |
1,7 |
|
2009 |
0,7 |
|
2010 |
1,5 |
0 |
2011 |
2,0 |
0 |
2012 |
1,5 |
0 |
2013 |
1,5 |
0 |
2014 |
0,2 |
0 |
2015 |
0,2 |
0 |
2016 |
0,2 |
0,36 |
2017 |
1,2 |
1,09 |
2018 |
1,0 |
3,48 |
9,3 |
4,93 |
|
● 4,4 |
||
2019 |
1,4 |
1,3 |
● 0,1 |
||
2020 |
0,7 |
0,35 |
2021 |
0,6 |
0,30 |
∙ 4,5%: su uno stipendio di 32.500 euro comporterebbe l’aumento di 1.462,50 euro, ovvero quasi il triplo rispetto ai 520 euro previsti per 3,3 mln di dipendenti pubblici. Per realizzare l’operazione, però, servono dalla legge di Bilancio circa 4,8 miliardi di euro, che andrebbero prelevati dalle risorse del reddito di cittadinanza.
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