“Lo so che dobbiamo fare anche quota 41 e ve lo prometto: abbiamo iniziato con quota 100 ma abbiamo 5 anni davanti”: così il vice-premier e Ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha risposto a chi lamentava l’esclusione dal decreto sul pre-pensionamento con maxi-finestra predisposto dal governo e che, assieme al reddito di cittadinanza, giovedì dovrebbe arrivare in Consiglio dei Ministri per l’approvazione normativa dopo quella finanziaria arrivata con la Legge di bilancio 2019 di fine dicembre. L’Esecutivo giallo-verde avrebbe anche introdotto una norma che permette al personale della scuola di accedere a quota 100 con la prossima finestra estiva: “per i lavoratori della scuola la data ultima per la presentazione della domanda, solo per il 2019, potrebbe essere il 28 febbraio”, scrive Orizzonte Scuola. Ciò “permetterebbe di non compromettere le normali operazioni di avvio dell’anno scolastico 2019/20, a partire dalla costituzione degli organici”. Infine, nella bozza in approvazione è indicato che “per il personale del comparto Scola ed AFAM si applicano le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”. Ovvero “che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno”. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Certamente si apre una grande finestra per il personale della scuola, il più vecchio al mondo, ma la penalizzazione fino al 16% dell'assegno non rende merito a una categoria usurata dallo stress psico-fisico del lavoro svolto, tenuto in conto invece dal contesto europeo dove a 63 anni si va in pensione col massimo dei contributi. È possibile ricorrere con l’associazione europea Radamante per l’accertamento del credito del 2,69% per il Tfs negli anni 2011 e 2012 in favore dei dipendenti pubblici in pensione.
A pochi giorni dall’approvazione finale in CdM, viene dato per certo che il decreto contenente quota 100 preveda che per docenti e personale Ata il pensionamento al 1° settembre 2019 sia davvero possibile: per il computo dei mesi necessari ai fini dell’accesso si tiene conto di settembre, ottobre, novembre dicembre, anche se non effettivamente prestati, qualora in tal modo il pensionando maturi i requisiti per il pensionamento al 31 dicembre.
Anche se per dare dei giudizi sul decreto occorre certamente attendere che venga approvata la versione definitiva dal Consiglio dei Ministri, fermo restando che i contenuti siano sostanzialmente questi, è già da ora possibile evidenziare che nel provvedimento che doveva “smontare” la Legge Fornero, come più volte dichiarato dell’altro vice-premier Matteo Salvini e ribadito solo pochi giorni fa, si parla di eccezionali finestre che non smontano il passaggio pure al sistema contributivo e il limite minimo dei contributi previsti per accedere al massimo dell'assegno”.
A queste condizioni è probabile che molti lavoratori non diranno sì a quota 100 perché troppo penalizzante per l’incidenza sull’assegno di pensione: la normale applicazione dei metodi di calcolo, pur senza vere e proprie penalizzazioni, come ricordato nei giorni scorsi dal sottosegretario al ministero del Lavoro Claudio Durigon, per il quale “chi andrà in pensione con quota 100 non subirà nessun taglio”, porterà comunque ad una pensione light. Facendo valere meno anni di contributi e con il coefficiente di calcolo applicato più basso, con il montante pensionistico applicato a meno anni di contribuzione, l’Ufficio parlamentare di Bilancio ha calcolato un ridimensionamento dell’assegno «da circa il 5% in caso di anticipo solo di un anno, a valori oltre il 30% se l’anticipo è di oltre 4 anni». Sempre il sottosegretario Claudio Durigon ha specificato che “il non percepito per i minori anni contributivi è pari al 16% netto massimo, fino al 2% iniziale di un anno”.
La percentuale di riduzione, tutt’altro che minima, inciderà molto sul numero di adesioni a quota 100, che potenzialmente è stata stimata attorno ai 70 mila docenti. “Ammesso che il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon abbia ragione – commenta ancora Marcello Pacifico, leader dell’Anief –, di sicuro il taglio dell’assegno di quiescenza non è affatto minimale. Perché su una pensione potenziale, per chi esce del lavoro a 67 anni, pari a 1.500 euro netti, si scenderebbe a circa 1.250 euro per tutta la vita, non è roba da poco”.
Proprio sul filo di lana, a ridosso dell’approvazione finale, si dovrebbe infine raggiungere l’accordo con l’Abi per assegnare il Tfr ai dipendenti pubblici non con anni e anni di ritardo, ma subito dopo la data di entrata nel pensionamento. Resta ancora da capire, tuttavia, a chi toccherà pagare gli interessi dell’anticipo di assegnazione della buonuscita: allo Stato, al lavoratore oppure ad entrambi?
“Considerando che la cosiddetta liquidazione non è altro che la riconsegna di quote economiche che il lavoratore ha ‘prestato’ al datore di lavoro, in attesa di riprendere tutto all’atto del pensionamento, viene da chiedersi – commenta ancora il sindacalista Anief-Cisal - come si possa pensare che il dipendente pubblico debba pagare degli interessi per recuperare i suoi soldi, dopo che per decenni lo Stato ha gestito in proprio con vantaggi notevoli”. L’eventuale norma, pertanto, sarà oggetto di studio dell'ufficio legale.
Anief ricorda che sul tema pensioni è possibile chiedere una consulenza personalizzata a Cedan, contattando la sede più vicina. Per maggiori informazioni ci si può collegare al sito internet oppure scrivere una e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o contattare il numero 091 7098356.
Sempre per quanto riguarda il Tfs, è possibile aderire al ricorso predisposto dall’associazione europea Radamante per l’accertamento del credito del 2,69% per il Tfs negli anni 2011 e 2012 in favore dei dipendenti pubblici in pensione. Al ricorso può aderire tutto il personale della pubblica amministrazione in quiescenza che ha svolto servizio in qualità di dipendente o dirigente con contratto a tempo indeterminato precedente al 6 maggio 2000.
PER APPROFONDIMENTI:
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