Si presenta di difficile realizzazione l’intenzione del governo di cancellare le classi pollaio e quel DPR 81/2009, approvato dall’ultimo esecutivo Berlusconi, che ha dato il la alla concentrazione di alunni sino ad arrivare all’indecente presenza di oltre 30 iscritti per classe in un numero di casi tutt’altro che trascurabile: la proposta di legge n. 877, presentata da deputati del M5S che ha come primo firmatario l’on. Lucia Azzolina, del M5S, e tra gli altri onorevoli Luigi Gallo, presidente della Commissione Cultura della Camera, ha infatti iniziato da una settimana il suo iter di approvazione e già sembra avvolta dai problemi.
Piace il progetto di legge M5S che cambierebbe la scuola, ma la sua attuazione è ardua: a mettere a nudo i limiti del disegno di legge del M5S è stata l’opposizione parlamentare, in particolare il Partito Democratico e Forza Italia, che parla di progetto inattuabile, proprio per via dell’alto onere economico che comporterebbe. I costi, in effetti, non sono così trascurabili. Nel disegno di legge, si prevedono 338.500.000 euro per l’anno in corso; 1.180.000.000 di euro per l’anno 2020; altri 1.715.100.000 euro per l’anno 2021 e ben 2.130.000.000 di euro a decorrere dal 2022. C’è poi da considerare che chi conosce la scuola sa bene che l’incremento delle classi comporta, a cascata, anche delle spese indirette (di gestione, personale aggiunto, ecc.) che potrebbero far lievitare le economie preventivate dal ddl 877.
Il problema esiste, tanto che lo stesso on. Luigi Gallo ha fatto sapere: “Ci sarà tutto il mio impegno a chiedere le risorse necessarie al governo già per il 2020 per dare un segnale straordinario alla scuola. È una battaglia storica che vuole ridare dignità al nostro Paese, è una battaglia che si fa anche in Europa per far uscire dai vincoli di bilancio gli investimenti in istruzione e cultura. Noi in commissione continueremo a difendere il lavoro per cancellare le classi pollaio”. Quindi, di risorse al momento non se ne parla: semmai, si reperiranno, sempre se il governo si dirà d’accordo, solo a partire dal prossimo anno.
Anche per l’anno prossimo, quindi, potremmo ritrovarci con classi pure da 36 alunni. Perché, c’è scritto nella relazione illustrativa del disegno di legge “nelle scuole secondarie di secondo grado è attualmente possibile comporre classi di 33 alunni; se poi si tiene conto della possibilità di derogare fino al 10 per cento al numero massimo degli alunni per classe, prevista dall’articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, è facile comprendere come ad oggi sia legittimo e pienamente conforme alla legge comporre sezioni con ben 36 alunni”.
Ed è un vero peccato. Perché, come scrive oggi Tuttoscuola, lo stop alle classi pollaio sarebbe “una svolta per riqualificare il servizio”, perché “annullare quel punto del rapporto alunni/docente” significherebbe cancellare “l’intervento Tremonti-Gelmini” con cui al governo “avevano fatto cassa sulla scuola, innalzando il numero degli alunni per classe, un meccanismo semplice che attraverso la numerosità degli alunni consentiva di avvalersi di un minor numero di classi (e, quindi, di docenti)”.
La rivista specializzata si sofferma anche sulla “norma antincendio (decreto ministero interni 26.08.1992)” che “prevedeva (e tuttora prevede) un massimo di 26 persone nell’aula (25 alunni più l’insegnante): ignorata, in barba alla sicurezza! Aule stipate con l’impossibilità di intrattenere un rapporto educativo personalizzato tra docente e alunno? L’imperativo categorico era il risparmio prima di tutto. E se in classe c’è un alunno con disabilità? L’ipocrita formula utilizzata, quel “di norma”, consente di aggirare il livello massimo auspicato ma non vincolante di 20 alunni per classe”.
“La proposta di legge 877 intende ora ripristinare livelli gestionali della classe, dimenticati da tempo. Se in classe c’è l’alunno con disabilità il numero massimo deve essere di 20 (cancellato il ‘di norma’). Le classi iniziali delle scuole di ogni ordine grado non possono avere più di 22 alunni (massimo 23 con i resti). Le norme antincendio rispettate (e i dirigenti scolastici possono tirare un sospiro di sollievo) e un numero vivibile di alunni per classe possono essere il viatico per una svolta qualitativa della scuola. Il calo demografico, in atto ormai da diversi anni, potrebbe dare un aiuto significativo a questa svolta. Si tratta ora di capire se la proposta di legge andrà avanti o resterà una buona intenzione”.
Ci si ritroverebbe, in sintesi, con tutta un’altra scuola. Anief lo sa bene e per questo aveva già presentato analoghi emendamenti al disegno di legge sul “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” AC n. 1334. Anche indicando che tutti “i posti in deroga attivati ai sensi dell’articolo 9, comma 15 della legge 30 luglio 2010, n. 122, per due anni scolastici consecutivi” fossero “trasformati in organico di diritto”, superando quindi le illegittime supplenze annuali fino al 30 giugno, poiché attuate su posti vacanti disponibili e mettendo in cattedra dei docenti già pronti per coprire le ore che l’approvazione delle classi “sgonfiate” di alunni andrebbe a determinare.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “l’attività didattica con 30 e più alunni rappresenta un’offesa ai suoi cittadini e alle nuove generazioni che si vanno a formare. Oltre a continuare a tenere alti i rischi relativi alla sicurezza di chi è presente in quelle classi. Per non parlare del sostegno ai disabili, su cui pesa come un macigno il mantenimento in vita della Legge Carrozza, la 128 del 2013, che continua a tenere precario un docente su tre”.
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