Si blocca il progetto leghista di assicurare maggiori risorse, quindi migliori scuole ed ospedali, alle regioni più ricche: i gruppi di Camera e Senato del M5S hanno finalmente espresso le loro riserve sulle “secessione dei ricchi” e su un iter di approvazione che sta procedendo “troppo di fretta”: il rischio è di ritrovarsi con “cittadini di serie A e di serie B”. Al termine del CdM, il vice-premier Matteo Salvini ha annunciato che la prossima settimana servirà un “vertice politico” con il premier Giuseppe Conte e l’altro vice-premier Luigi Di Maio. Marcello Pacifico (Anief): Non si può lasciare il Paese in balìa delle idee secessioniste della Lega, che vorrebbe imporre un modello incostituzionale, già tentato e sempre cassato nei tribunali. E poi chi l’ha detto che la regionalizzazione delle competenze incrementerà il PIL dei territori?
Doccia fredda per la Lega in Consiglio dei Ministri: ieri sera i dossier di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sulla regionalizzazione di diverse competenze e servizi pubblici essenziali, come la scuola e la sanità, hanno trovato il muro del M5S, che con un’impennata d’orgoglio ha creato le condizioni per un blocco politico del provvedimento, una posizione che sembra voglia portare avanti almeno sino alle elezioni europee. Così, il colpo di mano progettato dalla Lega, con il resto del Governo che sembrava destinato a rimanere fermo e a subire gli eventi, lo hanno fatto i pentastellati.
Materia per materia, i grillini che siedono al governo – ha scritto Il Corriere della Sera - hanno messo di traverso sul tavolo circolare del Consiglio dei ministri robusti paletti da piantare lungo la strada del regionalismo differenziato chiesto dai governatori leghisti del Veneto e della Lombardia e dall’Emilia a guida Pd. Una procedura che, per il M5S, sta andando avanti «troppo di fretta» e in «modalità troppo riservate». Nel Governo, in pratica, si è innescata una contrapposizione tra Nord leghista e Sud grillino: i tre disegni di legge che recepiranno le intese tra il governo e le tre regioni vanno considerati inemendabili», hanno spiegato i ministri leghisti.
Già prima del CdM erano cambiati i rapporti tra i ministri, con i gruppi di Camera e Senato del M5S che hanno diffuso un report costi-benefici dell’autonomia regionale: “Il ruolo del Parlamento è a rischio. No a cittadini di serie A e di serie B. No alla secessione dei ricchi”, hanno fermamente detto. E così, in un gioco di specchi, “il vice-premier della Lega Matteo Salvini” ha prima cercato di rassicurarli, inutilmente, per poi annunciare un «vertice politico» con Conte e Di Maio, probabilmente già per la prossima settimana.
Il COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF
“Finalmente il primo partito di governo – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – ha compreso la portata della posta in palio che c’è dietro all’approvazione di questa autonomia spinta delle regioni più ricche: lasciare il Paese in balìa delle idee secessioniste della Lega avrebbe fatto un danno alle regioni più bisognose, ma anche rappresentato la fine di molti consensi per il Movimento 5 Stelle. Ancora di più perché si tratta di un’imposizione palesemente incostituzionale, già percorsa in passato e sempre cassata nei tribunali”.
“Alla base del tentativo di imporre l’autonomia differenziata – continua Pacifico – c’è poi l’errata convinzione che la regionalizzazione delle competenze possa incrementare il PIL di un territorio: forse, può accadere questo per le zone del paese più floride, ma non certo per quelle che stanno indietro. Le quali, da questa nuova organizzazione, anche delle risorse, sarebbero state senza ombra di dubbio danneggiate, con il fondatissimo rischio di ritrovarsi in una condizione socio-economica e dei servizi offerti, sempre peggiore”.
“C’è poi un altro aspetto – continua il sindacalista autonomo - che ha fatto probabilmente rinsavire più di un ministro del governo Conte: il fatto che negli ultimi decenni il Sud d’Italia, basti pensare alle Isole, sia stato letteralmente escluso dai piani di investimenti che hanno caratterizzato le regioni del Nord. Quindi, dopo aver privato certi luoghi d’Italia di strade, ponti, ferrovie, strutture all’avanguardia e veri processi di sviluppo, si ha ora la presunzione di chiedere pure loro di arrangiarsi con quello che hanno. Senza dimenticare tutto quello che avrebbe rappresentato per i lavoratori, bloccati per diversi anni da lacciuoli regionali in barba al diritto, anche questo costituzionale e prevalente, di ricongiungersi con i propri affetti”, conclude Pacifico.
I RISVOLTI NEGATIVI PER LA SCUOLA PUBBLICA
Nella scuola, in particolare, l’approvazione della regionalizzazione comporterebbe dei veri stravolgimenti: innanzitutto, il 23% dei lavoratori potrebbe diventare un dipendente regionale e non più statale. Inoltre, si produrrebbe la stabilizzazione del personale nelle regioni dove si comincia a lavorare, a dispetto della bocciatura dell’emendamento nel decreto semplificazioni che prevedeva il blocco dei cinque anni per il personale in servizio sul quale Anief ha messo le mani avanti reputandolo incostituzionale; infatti i neo-assunti che chiederanno trasferimento lo otterrebbero solo previ accordi tra Regioni o tra la Regione e l’amministrazione centrale.
Alla luce di questo, il Consiglio nazionale dell’Anief pochi giorni fa ha espresso il suo parere unanime contro qualsiasi tentativo di regionalizzazione scolastica: dopo aver esaminato il testo con cui il Governo vuole regionalizzare l’Istruzione pubblica, dando seguito al mai attuato articolo 116 della nostra Costituzione, i vertici dell’Anief hanno posto il loro veto al provvedimento che, attraverso un iter velocissimo, vorrebbe portare da subito l’autonomia scolastica in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Esemplari sono state le sentenze n. 242/2011 della Consulta, che hanno bloccato le nuove norme proposte dalla provincia autonoma di Trento, in riferimento all’art. 92, c. 2bis, legge 5/2006.
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