Il provvedimento è giunto a seguito della firma del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ad un decreto per l’individuazione di 292 aree di esclusione sociale in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, caratterizzate da povertà educativa minorile e dispersione scolastica, nonché da un elevato tasso di fenomeni di criminalità organizzata. Per Marcello Pacifico la soluzione all’abbandono dei banchi di scuola passa per l’obbligo scolastico a 18 anni, una nuova alternanza scuola-lavoro e favorendo gli accessi all’Università, con incentivi al personale che lavora in zone disagiate
Il Miur ha comunicato che sono in arrivo 50 milioni di euro per interventi specifici di contrasto alla povertà educativa minorile e alla dispersione scolastica nelle scuole del Mezzogiorno.
I CRITERI D’INTERVENTO DEL MIUR
I criteri con cui sono state individuate le aree di intervento, ha fatto sapere il Miur, sono: tasso di deprivazione territoriale; livello di disagio negli apprendimenti, calcolato sulla base dei dati INVALSI; status socio-economico delle famiglie di origine; tasso di abbandono nel corso dell’ultimo anno scolastico; presenza di alunni ripetenti; livelli di criminalità minorile. Il decreto dovrà ora essere controfirmato dai Ministri dell’Interno e della Giustizia. Entro trenta giorni dalla sua adozione, il MIUR provvederà a pubblicare uno specifico Avviso pubblico a valere sulle risorse del PON “Per la Scuola” 2014-2020 per un totale di 50 milioni di euro che verranno ripartiti tra circa mille scuole delle aree individuate.
Per il Ministro Marco Bussetti, questo “provvedimento consente di sbloccare importanti risorse da assegnare ai territori del Mezzogiorno caratterizzati da una forte dispersione scolastica e da un elevato tasso di criminalità, anche minorile. Le scuole sono da sempre un presidio fondamentale nelle aree più difficili del Paese. Con questo intervento potranno attivare progetti anche di rete con enti locali, soggetti del terzo settore, strutture territoriali del CONI, delle Federazioni sportive nazionali e degli enti di promozione sportiva o servizi educativi pubblici per l'infanzia del territorio. Si potranno così potenziare le competenze e le attitudini degli studenti, contrastando fenomeni di dispersione scolastica”.
IL PRESIDENTE ANIEF: OBBLIGO SCOLASTICO FINO ALLA MAGGIORE ETÀ
Anief ritiene dispersivo questo genere di investimenti, peraltro decisi dell’amministrazione scolastica in modo unilaterale e senza sentire le parti coinvolte. In particolare, il presidente del giovane sindacato, Marcello Pacifico, sostiene che “non si combatte la dispersione scolastica con soldi a pioggia, ma prevedendo l’obbligo scolastico a 18 anni, ripensando all’alternanza scuola-lavoro e favorendo gli accessi all’Università con premialità per il personale impegnato in questi contesti”.
“Si tratta di passaggi imprescindibili – continua il sindacalista – perché permettere che un giovane lasci i banchi di scuola a 16 anni comporta quasi sempre l’anticamera della collocazione tra i Neet. Anticipando, invece, di un anno l’avvio scolastico, a 5 anziché a 6 anni, rendendo poi obbligatorio il percorso formativo sino alla maggiore età, favorirebbe senz’altro quel processo di avvicinamento alla soglia di dispersione, del 10 per cento, chiesta da tempo dall’Unione Europea a tutti i Paesi membri, ma dalla quale l’Italia rimane assai lontana”.
ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO: RIMANE TANTO DA FARE
A proposito delle esperienze di alternanza scuola-lavoro, ci sono troppi dubbi sulla sua attuazione, anche dopo la revisione attuata in corsa dal governo giallo-verde. Ad esempio, cosa fanno i ragazzi in azienda? Chi li tutela da possibili forme di sfruttamento? Chi garantisce loro che le esperienze che stanno realizzando sono realmente formative? E cosa si fa nelle zone economicamente sottosviluppate? La verità è che continua a mancare un regolamento-base nazionale - un decreto specifico contenente le regole organizzative degli stage, gli enti accrediti presso la Camera di Commercio e i diritti delle studentesse e degli studenti – e sino a quando non verrà realizzato, questo genere di esperienze formative in azienda rimarrà “zoppo”.
Inoltre, anche l’attuale governo ha stabilito che gli stage e la formazione tenuta da esperti aziendali devono essere aggiuntivi all’offerta formativa didattica. Invece ancora oggi risulta che spesso le scuole continuano a svolgerle nelle ore curricolari, sottraendo il tempo di didattica ordinaria.
LATITA L’ORIENTAMENTO UNIVERSITARIO
Per quel che riguarda gli accessi all’Università, Anief ricorda che negli ultimi anni si è ridotto il numero di iscrizioni presso gli atenei. Un andamento che risente del ridimensionamento della spesa dell’Italia per studente, che si è collocata fortemente sotto alla media UE, assieme solo a Spagna, Croazia, Bulgaria, Lettonia e Romania. Come ricordato solo alcuni giorni fa all’Università La Sapienza dal sociologo Domenico De Masi, oggi i laureati nel nostro Paese sono appena il 23%, contro il 66% della California – e in California non c’è il numero chiuso nelle Università – mentre in Europa sono il 39% della popolazione; in Italia solo 39 diplomati su 100 si iscrivono all’università contro gli 85 della Spagna.
Ancora, in Italia gli iscritti che prendono una laurea triennale sono solo il 31% (di quei 39 diplomati su 100 che si iscrivono), mentre solo il 20% consegue la laurea specialistica. “Quello che serve, quindi è innanzitutto un migliore orientamento scuola-università, da collocare all’interno del curricolo del triennio finale della scuola secondaria superiore”, conclude Marcello Pacifico.
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