La Ragioneria dello Stato, con il Conto annuale, sancisce quello che Anief sostiene da tempo: tra il 2011 e il 2018 il blocco dei contratti ha prodotto una perdita di quasi 1.900 euro a lavoratore. Se si pensa che il Governo precedente ha pensato di cavarsela con 85 euro medi di aumento, tra i 37 e i 52 euro netti, più degli arretrati-mancia di poche centinaia di euro, assume connotati più nitidi la pochezza degli stipendi di chi opera nella scuola pubblica. La stessa Ragioneria dello Stato dice: “è evidente la generalizzata riduzione del costo del lavoro”. Non c’è quindi nulla di cui meravigliarsi se poi i lavoratori della Scuola, docenti e personale Ata figurano i meno remunerati dello Stato. E le insegnanti sono anche quelle con l’età più avanzata in Europa. Marcello Pacifico (Anief): Serve una svolta, la docenza non si può valorizzare con le mance. E va collocata tra le professioni usuranti, facendola rientrare nell’Ape Social, senza le ingiuste decurtazioni applicate con ‘quota 100’. A tal proposito, solo tre giorni fa il Consiglio nazionale Anief, riunito a Roma ha indicato al Governo come reperire le risorse utili per garantire aumenti minimi mensili di 200 euro, per rispondere all’impoverimento degli stipendi e per predisporre il passaggio di livello funzionale del personale Ata: basterebbe utilizzare i risparmi di spesa già destinati dalla legge alla carriera del docente e al settore scolastico.
Spulciando tra i conti annuali del Mef, per chi è impegnato quotidianamente sulla formazione delle nuove generazioni, si scopre che la scuola ricopre il 26,42% del costo complessivo del lavoro pubblico, ma è anche il settore con le retribuzioni medie più basse (28.440 euro annui, inferiori a quelle dei ministeri) e con un calo di oltre 800 euro in un solo anno. Inoltre, i lavoratori della scuola si contraddistinguono per l'età media più alta di tutta la PA: nel 2018 ha toccato i 52,3 anni, con le insegnanti risultate addirittura “tra le più vecchie in Europa”.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF
“Sugli aumenti di stipendio insoddisfacenti non avevamo dubbi – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - perché gli 85 euro di aumento medio lordo – con un incremento a regime del 4,85% - erano molto al di sotto dell’inflazione accumulata negli ultimi anni di blocco contrattuale, considerando che pure dopo gli incrementi il costo della vita continuava comunque a sovrastare i salari dei dipendenti della PA, alla luce degli 8 punti percentuali in più di costo della vita registrati tra il 2007 e il 2015. In questa situazione, è chiaro che l’aumento di 8 euro lordi, a partire dal prossimo 1° aprile, con un ritocco previsto da luglio 2019, non cambierà la sostanza delle cose”.
Questi dati ci dicono anche che era addirittura in difetto la stima dei mille euro di potere d’acquisto perso negli ultimi anni dai lavoratori italiani. Mentre nello stesso periodo in Germania e Francia i salari sono aumentati. Inoltre, in Germania un maestro della primaria appena assunto percepisce 46.984 euro di media, per poi incasare anche più di 62 mila euro prima di andare in pensione, mentre in Italia nessun docente supererà mai 34 mila euro; alle scuole medie, il collega tedesco sfiora i 53 mila euro all’inizio e i 70 mila euro a fine carriera. Per non parlare del Lussemburgo, dove lo stipendio di un docente è quasi cinque volte più alto, ben al di sopra dei 100 mila euro l’anno. Delle cifre che in Italia percepiscono, almeno nella PA, solo i magistrati.
MA IL CALO NON DIPENDE SOLO DAL MANCATO TURNOVER
“Certe cifre – continua Marcello Pacifico - ci confermano la bontà della nostra battaglia legale per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-2018, al fine da recuperare almeno il 50% del tasso Ipca non aggiornato dal mese di settembre 2015 e i mancati arretrati dell’ultimo contratto rinnovato. In attesa di aumenti veri, pari a 200 euro a dipendente, rimane l’unica operazione possibile per chi vuole vedere giustamente aumentato il suo stipendio”.
Sui motivi della riduzione salariale, il sindacalista autonomo non è d’accordo con le interpretazioni espresse: “La stessa Ragioneria generale dello Stato – dice Pacifico - sbaglia quando sostiene che la riduzione di salario medio è dovuta all'entrata nel settore di personale più giovane e con stipendi più bassi: perché nello stesso periodo è stato considerevole anche il numero di docenti e Ata ultrasessantenni obbligati a rimanere in servizio, rimandando la pensione per via dell’assurda messa a regime della legge Fornero: trattandosi di personale a fine carriera, questi lavoratori percepiscono il massimo stipendiale del comparto, che però rimane comunque molto basso”.
L’INSEGNAMENTO LOGORA
Sull’età media sempre maggiore tra chi lavora a scuola, il sindacalista autonomo ritiene sempre più importante che “il Governo si convinca a collocare l’insegnamento tra le professioni usuranti, in modo da farlo rientrare nella pensione anticipata dell’Ape Social, la quale non implica le ingiuste decurtazioni applicate invece con ‘quota 100’. Non ci stancheremo mai di ricordare che gli altri Paesi europei permettono ai loro docenti di lasciare ben prima dei 60 anni di età e anche dopo 25-26 anni di servizio, senza intaccare l’assegno di pensione. Perché l’insegnamento logora e comporta, se reiterato nel tempo, un’insorgenza maggiore di patologie e malattie invalidanti: situazioni che quasi sempre risultano come figlie di quel burnout che lo Stato italiano – conclude il presidente Anief - continua a fare finta che non esista”.
LA PROPOSTA DEL CONSIGLIO NAZIONALE ANIEF
Solo tre giorni fa, il Consiglio nazionale Anief ha indicato al Governo la via per reperire risorse aggiuntive, da contrattualizzare, in modo da garantire aumenti minimi di 200 euro al mese per il prossimo triennio, per rispondere all’impoverimento degli stipendi degli insegnanti e per predisporre il passaggio di livello funzionale del personale Ata: basterebbe utilizzare i risparmi di spesa già destinati dalla legge alla carriera del docente e al settore scolastico. La progressione economica dovrà riguardare anche il personale precario e supplente breve con una profonda modifica alle norme relative alla ricostruzione di carriera. In particolare, per la parte economica si chiede la valorizzazione del ruolo degli insegnanti come negli altri Paesi europei e del lavoro svolto dal personale Ata il cui profilo e le cui responsabilità sono profondamente diverse da quelle fissate 30 anni fa.
PER APPROFONDIMENTI:
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