La vicenda della professoressa Rosa Maria Dell’Aria, docente di italiano dell’istituto tecnico Vittorio Emanuele III di Palermo sospesa per 15 giorni dall’ufficio scolastico perché alcuni suoi studenti hanno accostato il decreto sicurezza del ministro Salvini alle leggi razziali del 1938, per Anief è un brutto salto indietro in un passato che, purtroppo, non è evidentemente ancora stato superato del tutto.
La sospensione di un docente perché i suoi studenti hanno osato, nel giorno della memoria, rievocare uno dei momenti più bui della storia italiana del secolo scorso collegandolo alla drammatica attualità che vede oggi l’intera Europa, Italia purtroppo compresa, impegnata in un disdicevole tira e molla sull’accoglienza dei migranti che, mentre tutti provano a ignorarli, scompaiono a migliaia tra le onde del mediterraneo, sa di censura e controllo politico della più becera specie; la stessa specie che proprio in quel periodo del Novecento l’Italia ha già vissuto e contro cui molti italiani sono morti perché di essa ci si potesse finalmente liberare.
Pur non conoscendo i dettagli emersi dall’ispezione e dal procedimento disciplinare subito dalla docente palermitana, ci sono alcuni elementi che saltano subito all’occhio e sui cui è doveroso esprimere un giudizio: intanto la volontà del potente di turno di intrufolarsi nelle aule scolastiche per assicurarsi che il dissenso per il proprio operato sia assente o comunque sotto vigile controllo, in ciò peraltro molto agevolato dal web e dai social che questo controllo amplificano molto al di là del lecito; inoltre la stessa sanzione (15 giorni, quasi il minimo che l’ufficio scolastico regionale può infliggere a un insegnante) tradisce che la presunta colpa del docente, anche secondo chi ha dovuto verificare l’accaduto, in realtà sia tutt’altro che grave. Se davvero ci fosse stato un tentativo di indottrinamento politico, un plagio dei propri studenti da parte della docente siamo certi, infatti, che la sanzione sarebbe stata ben più grave. Che la sanzione, quindi, sia piuttosto imputabile all’esigenza di compiacere il potente di turno senza però esagerare, sembra invero un’ipotesi più che plausibile. Tanto più che decidere di punire un insegnante per quello che scrivono in un compito i propri studenti è un’enormità tale che non necessita di alcuna argomentazione per essere stigmatizzata.
Anief, pertanto, esprime solidarietà alla docente alla quale mette a disposizione gratuitamente il proprio ufficio legale per impugnare la sanzione ricevuta. E, al contempo, invita i ministri e i potenti di turno a rispettare il lavoro dei docenti italiani che la Costituzione tutela e ad accettare le critiche, anche quelle a volte un po’ sgangherate dei più giovani che però, nelle nostre scuole si formano come cittadini e esercitano quello spirito critico che tanta paura fa, da che mondo è mondo, a chi governa.