Sospeso il bando di concorso del 13 luglio 2011. Accolti dai giudici del Tar Lazio i due ricorsi patrocinati dall’Anief, nel rispetto della clausola 4 della direttiva dell’Unione Europea del 28 giugno 1999/70/CE e della sentenza della Corte di Giustizia europea dell’8.9.2011. Quattrocento ricorrenti ammessi con riserva alle prove pre-selettive del 12 ottobre.
I 400 ricorrenti, assistiti dagli avv. Ganci e Miceli, sono sia docenti di ruolo con cinque anni di servizio tra ruolo e pre-ruolo (7439/11), sia docenti precari con cinque o più anni di servizio alle spalle nella scuola pubblica (7440/11), che avevano chiesto al Miur di partecipare alla procedura concorsuale, in un primo tempo attraverso l’accesso al sistema informatico predisposto per la presentazione delle istanze on-line - da cui erano stati cancellati nonostante le diffide dell’Anief, quindi attraverso una domanda cartacea regolarmente notificata all’amministrazione centrale e periferica. Il Miur ne aveva predisposto l’esclusione, costringendoli a ricorrere al Tar Lazio proprio quando l’ennesima sentenza della Corte di Giustizia europea su procedimento C-177/10 sanciva il principio secondo cui nei concorsi pubblici il servizio prestato a tempo determinato doveva essere valutato come quello prestato a tempo indeterminato.
Dopo la vittoria sulla questione del pettine per i precari inseriti nelle graduatorie, che ha permesso il trasferimento di 30.000 docenti durante l’ultimo aggiornamento per il triennio 2011-2013, e la campagna dei ricorsi per la stabilizzazione, che ha sbloccato nel 2011 più di 65.000 immissioni in ruolo, ecco una nuova vittoria del giovane sindacato che apre una frontiera nel reclutamento dei dirigenti nell’amministrazione italiana. Ancora una volta l’Anief dimostra di saper lottare contro la precarietà rimuovendo la discriminazione perpetuata nei confronti del personale della scuola che da anni con dedizione e servizio ha servito con onore lo Stato, seppur da supplente.
Per Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, non può esistere un servizio di seria A (quello prestato dopo il ruolo) e uno di serie B (quello prestato da supplente). Questa decisione dei giudici conferma, ormai, come il diritto comunitario, spesso più attento alla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, sia vincolante per il diritto interno. Ora tocca agli aspiranti candidati dimostrare le proprie capacità per vincere un concorso difficile per esercitare il ruolo di dirigente nella scuola dell’autonomia. D’altronde, sono tutti colleghi abilitati con anni di esperienza, perché non potrebbero diventare dirigenti? Da più di dieci anni, ormai, il dirigente (ex preside) ha acquisito una sua professionalità così distinta da essere inserita in un’area autonoma della contrattazione (area V della dirigenza), non più legata al comparto unico (docenti, ata, dsga). Chi ha i titoli previsti dal bando non può essere discriminato per aver prestato un servizio da precario: se dimostra le competenze, le conoscenze e le abilità necessarie, deve poter dirigere una scuola, a maggior ragione se si pensa che molti di questi ricorrenti, in effetti, da vicari o fiduciari del dirigente ne condividono già oggi le responsabilità dirigenziali.
La causa C-177/10 era scaturita da un ricorso proposto da un dipendente pubblico di ruolo del Ministero della Giustizia e della Pubblica amministrazione della Comunità autonoma dell’Andalusia contro la sua esclusione dalla candidatura ad un concorso per l’accesso dei dipendenti alla categoria generale degli assistenti di tale amministrazione pubblica. La Corte di Giustizia Europea, in via preliminare, punto 53, aveva ricordato che, “[…] qualora non possano procedere ad un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto dell’Unione, i giudici nazionali e gli organi dell’amministrazione hanno l’obbligo di applicare integralmente il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce ai singoli, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (v., in tal senso, sentenze 22 giugno 1989, causa 103/88, Costanzo, Racc. pag. 1839, punto 33; 11 gennaio 2007, causa C-208/05, ITC, Racc. pag. I-181, punti 68 e 69, nonché 25 novembre 2010, causa C-429/09, Fuß, cit., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 40). Nel merito, la Corte di Giustizia Europea, al punto 84, aveva sentenziato che “[…] la clausola 4 dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che osta a che i periodi di servizio prestati da un dipendente pubblico temporaneo di un’amministrazione pubblica non vengano presi in considerazione ai fini dell’accesso di quest’ultimo, divenuto nel frattempo dipendente pubblico di ruolo, ad una promozione per via interna cui possono esclusivamente aspirare i dipendenti pubblici di ruolo, a meno che tale esclusione non sia giustificata da ragioni oggettive ai sensi del punto 1 di tale clausola. Il semplice fatto che il dipendente pubblico temporaneo abbia prestato detti periodi di servizio in base ad un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato non costituisce una tale ragione oggettiva […]”.
La causa è speculare alle procedure di reclutamento di dirigente scolastico avvenute in Italia dove il legislatore aveva disposto come requisito di accesso la laurea e un servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni dopo la nomina in ruolo. La normativa, però, è in contrasto con quanto disposto con l’accordo quadro europeo e viola il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato, così da essere direttamente disapplicabile dal giudice del tribunale chiamato ad esprimersi sulla regolarità della stessa procedura concorsuale. Tra le varie pronunzie della Corte di Giustizia dell’Unione Europea intervenute per imporre agli Stati membri di applicare le suddette norme comunitarie, infatti, può essere richiamata la sentenza del 13/9/07 resa nella causa C-307/05 (Del Cerro Alonso), ove si è così affermato: “La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta all'introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore di lavoro interessato”.
Pertanto, sono state accolte con due distinte ordinanze le richieste avanzate dai legali, avv. Ganci e Miceli, di disporre l’ammissione con riserva dei ricorrenti alla procedura selettiva in questione e di ordinare all’amministrazione, a tal fine, di ritenere utilmente prodotta la domanda già presentata dall’interessato in versione cartacea e/o informatica, con la sospensione cautelare
- dell’art. 3, comma 1, laddove tra i requisiti di ammissione si prescrive che il servizio d’insegnamento effettivamente prestato di almeno cinque anni in qualsiasi ordine di scuola sia stato maturato dopo la nomina in ruolo, con esclusione quindi del complessivo servizio scolastico pre-ruolo riconosciuto pleno iure ai docenti di ruolo in virtù del decreto di ricostruzione della carriera;
- dell’art. 3, comma 3, laddove si considera valido soltanto il servizio effettivamente prestato nelle scuole statali a partire dalla data di effettiva assunzione nel ruolo docente ed educativo con esclusione dei periodi di retrodatazione giuridica.