Il Miur intende modificare il mai applicato decreto legislativo 66/17: tra le intenzioni espresse a viale Trastevere figura anche l’assegnazione “dell’insegnante a tempo indeterminato per l’intero ciclo di studi dell’alunno”. Secondo Marcello Pacifico (Anief), la continuità didattica non si garantisce abolendo le competenze relative al ciclo scolastico degli insegnanti o limitando al 50% i trasferimenti su posto comune, ma assumendo in ruolo i 40 mila supplenti oggi chiamati in deroga fino al 30 giugno su posti liberi. In modo da garantire, ogni inizio d’anno scolastico e non in autunno, la copertura di tutti i posti richiesti dalle scuole. E nemmeno cancellando soltanto il Gruppo per l’inclusione territoriale se non si ritorna alle vecchie certificazioni, perché quasi 300 mila alunni dovranno rifare le visite.
Posticipare dal 1° gennaio scorso al 1° settembre 2019 l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 66/2017, in modo da far approvare nel frattempo una riforma del sostegno: è questa l’intenzione del Ministero dell’Istruzione, per evitare l’adozione delle norme cervellotiche e raffazzonate approvate a seguito della legge di riforma 107/2015. Tra le novità che l’attuale gestione ministeriale vuole introdurre ve ne sono alcune positive, come il cambio delle regole per l'attribuzione delle ore di sostegno, non più attribuite a “monte” ma sulla base di altri fattori, come il contesto specifico della scuola (gli insegnanti la famiglia, l’équipe medica che segue il bambino) e del territorio (l’ente locale); me tra le nuove norme allo studio del Miur figura anche l’intenzione, scrive Orizzonte Scuola, di produrre la continuità didattica attraverso l’assegnazione “dell’insegnante a tempo indeterminato per l’intero ciclo di studi dell’alunno” così come originariamente voleva il ministro Giannini nel disegno di legge sulla Buona scuola, prima che la norma fosse espunta dalla legge di conversione.
Sull’intenzione di base del Ministero non c’è nulla da dire: si vuole infatti andare a stralciare parte del decreto che permetteva di riconfermare, su richiesta della famiglia, l’insegnante di sostegno dell’anno precedente, parte tra l’altro mai entrata in vigore e sul quale il Consiglio Superiore delle Pubblica Istruzione aveva espresso parere fortemente negativo. Solo che lo si fa nel modo sbagliato. Inoltre, rimane ancora aperta la questione della limitazione al 50% dei trasferimenti dei docenti da posto di sostegno a posto comune su cattedra disciplinare e nulla si dice sull'assurdo blocco quinquennale sulla mobilità che niente ha a che vedere con la continuità didattica.
Il sindacato Anief ritiene che sulla didattica “speciale” l’amministrazione scolastica stia cercando di disapplicare delle norme sbagliate, figlie della Buona Scuola di Renzi, introducendo delle semplici “toppe”: ancora una volta, manca un piano di revisione serio e di investimenti per un settore, quello della frequenza degli alunni con disabilità, che con un incremento costante di 10 mila nuovi iscritti l’anno è arrivato all’attuale consistenza di 280 mila alunni disabili iscritti (dati certificati Istat). Viene da chiedersi, inoltre, per quale motivo si stiano introducendo tali importanti novità, senza consultare chi vive la scuola e i disabili ogni giorno né le associazioni a loro tutela, le quali infatti hanno già espresso tutte le loro perplessità per il nuovo progetto ministeriale di riforma.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “la continuità didattica non si garantisce abolendo le competenze relative al ciclo scolastico degli insegnanti o limitando al 50% i trasferimenti su posto comune, ma assumendo in ruolo i 40 mila supplenti oggi chiamati in deroga fino al 30 giugno su posti liberi, in modo da risparmiare soldi. Perché quello delle assunzioni sui tanti posti liberi è l’unico modo per garantire, ogni inizio d’anno scolastico e non in autunno, la copertura di tutti i posti richiesti dalle scuole”.
Anief, pertanto, ribadisce che pensare di salvaguardare i bisogni formativi dell’allievo confermando lo stesso docente di sostegno per l’intero ciclo scolastico è un’illusione. Questo docente è, infatti, inserito all’interno dell’organico scolastico: all’inizio di ogni nuovo anno, sempre che abbia mantenuto la stessa sede di servizio, nulla vieta che possa cambiare alunno. Inoltre, la programmazione educativa individualizzata non è frutto del singolo docente, ma sempre e solo del Consiglio di Classe: ed è questo organo collegiale che determina, all’inizio dell’anno, la linea formativa dell’allievo bisognoso di didattica speciale.
Sempre secondo il presidente nazionale Anief, è “inoltre inutile annullare Gruppo per l’inclusione territoriale se non si ritorna alle vecchie certificazioni, perché quasi 300 mila alunni dovranno rifare le visite, con un impegno ed una spesa non indifferente per le famiglie di ragazzi che hanno già non poche incombenze e sfide con la burocrazia da vincere ogni giorno”.
Per superare buona parte di queste distorsioni, vecchie e future, Anief ha già tentato di introdurre un emendamento all’articolo 28 della Legge di Stabilità, attraverso cui far confluire in organico di diritto le decine di migliaia di cattedre oggi assegnate invece in deroga fino al 30 giugno dell’anno successivo, superando in tal modo la Legge Carrozza 128 del 2013 che, con lo scopo di assicurare risparmi allo Stato a danno degli studenti più bisognosi, assegna obbligatoriamente ai precari un terzo delle cattedre di sostegno vacanti su tutto il territorio nazionale.
LE PROPOSTE DEL SINDACATO ANIEF
Per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal presente decreto, si rende indispensabile la previsione di un tetto massimo di studenti per classe (massimo 20), al fine di garantire la necessaria personalizzazione degli interventi didattici e una più efficace azione inclusiva del corpo docente e di tutti gli altri membri della comunità educante scolastica. L’aumento di spesa derivante dal maggior numero di classi da formare viene compensato dalla generale diminuzione degli alunni iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado.
Per il conseguimento dei fini del decreto, in vista dell’effettiva realizzazione dell’inclusione scolastica degli studenti disabili, è necessario adeguare opportunamente la dotazione organica del personale ATA, aumentandola del 10% rispetto a quanto previsto dalla normativa citata.
È necessario prevedere l’assegnazione di risorse adeguate per la formazione del personale ATA chiamato a partecipare attivamente alla realizzazione degli obiettivi fissati dal presente decreto per l’inclusione degli alunni disabili.
Se si intende rilanciare il sostegno agli alunni disabili, introducendo importanti modifiche al citato decreto legislativo 66 del 2017, non ci si può aggirare il problema numero uno che continua ad affliggere il settore: il mantenimento di quasi il 40 per cento di posti in deroga, collocati al 30 giugno, quindi non utilizzabili per immissioni in ruolo e trasferimenti del personale già di ruolo, anche se poi quei posti sono vacanti e disponibili.
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