Sull’autonomia differenziata da applicare al comparto Istruzione, secondo il titolare del dicastero che gestisce le Regioni italiane, sul fronte dei “concorsi dei docenti non c’è alcun margine di trattativa, perché la scuola è dello Stato e ha un profilo unico”. Saltano, quindi, almeno fino a quando rimarrà in vita questo governo, le possibilità di vedere bloccati per diversi anni, senza possibilità di deroga, i docenti vincitori di un concorso regionale. Rimangono in piedi, invece, le possibilità di regionalizzare altre prerogative scolastiche, come la continuità didattica e l’organizzazione interna, come ad esempio la chiusura o meno di una sede scolastica.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ritiene condivisibile la posizione, avversa a regionalizzare i concorsi della scuola, espressa dal ministro degli Affari regionali, ricordando come “la sentenza n. 76/2013 della Consulta abbia messo a nudo la violazione del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione, da parte di chi promuove il modello dell’autonomia differenziata. Senza dimenticare le due sentenze (nn. 147/2012 e 37/2005) dalle quali è risultato con chiarezza che personale Ata e dirigente scolastico sono lavoratori dello Stato, senza deroghe. E con la stessa sentenza n. 242 della 2011, sempre la Corte Costituzionale ha ricordato che la valutazione dei punteggi nel reclutamento del personale docente, diversi da quelli concordati con lo Stato a livello nazionale, non sono fattibili, nemmeno nella Provincia autonoma di Trento, che è collocata tra l’altro su un territorio a statuto speciale e che quindi potrebbe godere di trattamenti legislativi particolari. Va, infine, usata molta cautela nel regionalizzare altre funzioni, come quella di formare scuole e classi, perché l’interesse politico-locale rischierebbe di prevalere sulla formazione degli alunni e sul diritto allo studio”.
Sull’autonomia scolastica “non c’è nessun margine di trattativa”, almeno per quel che riguarda i “concorsi dei docenti, come hanno chiesto alcune Regioni, perché la scuola è dello Stato e ha un profilo unico”: è categorico il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, parlando di autonomia regionale declinata alla scuola a margine di un incontro a Trieste. Per lui la regionalizzazione degli istituti scolastici è un’idea sbagliata che va rigettata, anche per il rischio dei tanti ricorsi, singoli e collettivi, che comporta.
BOCCIA: LA SCUOLA È NAZIONALE E UNICA
A proposito di “alcuni temi – ha aggiunto Boccia – come la continuità didattica fino all’organizzazione (per esempio la chiusura o no di un plesso in un piccolo comune), stiamo ragionando con il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, se a fronte di un concetto chiaro, cioè che la scuola è nazionale e resta unica, si possano concedere la possibilità ai Presidenti di definire il numero di studenti in una scuola o in una classe dentro un range che si definisce al Centro”. Quindi, ha riassunto, “‘sì’ su alcune cose organizzativo-gestionale, ‘no’ a una scuola che cambi profilo. Lo dice la Costituzione”.
IL MESSAGGIO DEL MINISTRO
La posizione del ministro degli Affari regionali appare quindi, senza se e senza ma, nettamente contraria all’iniziativa legislativa avviata nel passato Governo per introdurre l’autonomia differenziata, anche per l’attuazione di una serie di servizi pubblici, a iniziare dalla scuola. Quello di Francesco Boccia sembra un messaggio inviato non solo all’opinione pubblica ma anche ai governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, che si sono detti più volte favorevoli.
E la conferma di ciò sono le prossime elezioni amministrative dell’Emilia Romagna, che secondo Orizzonte Scuola, si giocheranno proprio sul terreno dell’autonomia differenziata per la scuola: una possibilità che ha da subito scatenato i sindacati, il quali, dopo avere organizzato assemblee e riunioni per informare il personale sugli effetti nelle scuole della autonomia differenziata, tra le varie iniziative contrarie hanno anche avviato una petizione su change.org”.
IL PARERE DEL PRESIDENTE ANIEF
Marcello Pacifico, leader dell’Anief ribadisce l’importanza di “non lasciare indietro le regioni dove l’apprendimento medio è più basso, come indicato dagli ultimi dati Invalsi, pubblicati ad inizio estate, dai quali si evince che se continuiamo ad assegnare gli organici alle scuole non in base alle esigenze del territorio (più alunni per classe specie nelle aree svantaggiate, ad alto flusso migratorio e di dispersione scolastica, nelle zone a rischio), ma alla mera suddivisione numerica, il risultato che ne consegue è decisamente pessimo”.
“Allo stesso modo – conclude il sindacalista autonomo -, occorre riuscire a legiferare il modo per garantire risorse aggiuntive finalizzate a premiare il personale scolastico, docente e Ata, che opera per i giovani in condizioni pietose, estendendo il doppio canale a graduatorie di istituto provinciali. Come servirebbe anche l’introduzione di nuovi profili superiori per il personale Ata, permettendo loro in tal modo una forma, seppure minima, di carriera”.
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