A 30 anni dalla fondazione Cesi: c’è bisogno di sempre più dialogo sociale e di pluralismo sindacale per un’Europa più forte. Con la pandemia persi 6 milioni di posti di lavoro. Approvata la mozione di Cisal-Confedir sull’organizzazione del lavoro al tempo del Covid-19. Marcello Pacifico (vicepresidente dell'accademia europa della Cesi): “Siamo pronti a sostenere i principi del pilastro sociale dei diritti europei. A partire dalla salute, istruzione, mobilità e a confrontarci con la Commissione e il Parlamento UE per aggiornare le direttive sull’organizzazione dell’orario di lavoro, sul rischio professionale, salario minimo e parità salariale di genere, precariato, informazione e consultazione dei lavoratori”
Nel corso dell’ottavo Congresso ordinario della CESI, approvata la mozione Cisal-Confedir “La tutela dei lavoratori europei per la CESI: le nuove regole su organizzazione e rapporto di lavoro, al tempo del Covid-19”.
Come ben sappiamo, l’emergenza Covid-19 ha cambiato l’organizzazione dell’orario di lavoro e i rapporti di lavoro nel settore pubblico e privato al punto che risulta necessario proporre modifiche alla vigente legislazione comunitaria su: regolamentazione dello smart working; aggiornamento delle attività professionali a rischio biologico; ricollocamento, licenziamento, contratto a termine, precariato; salario minimo e parità salariale di genere; informazione e consultazione dei lavoratori. L’esperienza degli ultimi mesi ha dimostrato quanto oggi sia necessario per la CESI vigilare sul rispetto della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, in particolare sui diritti, a rischio, riguardanti l’istruzione, la salute, la mobilità.
Ma l’emergenza Covid-19 sta cambiando l’organizzazione dell’orario di lavoro e i rapporti di lavoro nel settore pubblico e privato. Infatti, rispetto alla vigente legislazione comunitaria (Direttive UE nn. 70/1999, 54/2000, 88/2003, proposta 0310/2020), è necessario prevedere regole comuni in Europa su smart working, rischio biologico, licenziamenti e salario minimo. L’esperienza degli ultimi mesi rispetto anche ai diritti fondamentali della persona, all’istruzione, alla salute, alla mobilità ci impongono una seria riflessione sugli assi fondamentali su cui intervenire per garantire l’erogazione di servizi essenziali per i cittadini europei, per la crescita degli Stati membri e del benessere sociale.
SMART WORKING
Le questioni legate allo smart working e all’orario di lavoro sono fondamentali per i sindacati, per la nostra società, e risiedono nel cuore dell’Europa attuale. La direttiva sull’orario di lavoro 88/2003 garantisce, a tutti i lavoratori, il diritto alla limitazione della durata del lavoro e alla tutela contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti da orari lunghi ed irregolari. Tuttavia, questa disposizione, assieme alla risoluzione del Parlamento Europeo 2018/2600, risulta ad oggi incompleta. Lo smart working infatti, deve entrare di diritto nella suddetta direttiva, che ad oggi ha bisogno di una profonda revisione; alla luce delle profonde trasformazioni avvenute sul posto di lavoro in tempi di pandemia, è essenziale lavorare a delle modifiche radicali per una sua nuova e attuale riorganizzazione e regolamentazione. Alla luce della mancata regolamentazione dello smart working nella direttiva 88/2003 e nella conseguente risoluzione del Parlamento n. 2018/2600, la pandemia ci impone una maggiore attenzione e attività di tutela a favore dei lavoratori dei settori pubblici e privati.
È necessario dunque un riesame delle disposizioni e del loro funzionamento a livello europeo: bisogna intervenire proponendo una modifica della direttiva 88/2003/CE introducendo una regolamentazione chiara per il lavoro agile. Ampliare la contrattazione a livello europeo per lo smart working serve a modificare provvedimenti ad oggi obsoleti; dobbiamo intervenire sulla direttiva in modo appropriato, in particolare, in relazione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, a partire dalla sua definizione (art.2), e introduzione all’interno della suddetta direttiva. Di fatti, non è presente né la specifica né la tutela relativa al lavoro agile o al lavoratore in altra sede, dunque vi è una totale assenza di una regolamentazione per i lavoratori che svolgono la loro attività al di fuori della sede stabilita.
RISCHIO BIOLOGICO
I rischi dei contagi sottolineano una grande impennata e una forte preoccupazione tra i lavoratori del settore pubblico e quello privato. La Direttiva n. 2000/54 ha per oggetto la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano, o possono derivare, per la loro sicurezza e la loro salute dall’esposizione agli agenti biologici durante il lavoro, ivi compresa la prevenzione di tali rischi. La suddetta regolamentazione però, fissa le prescrizioni minime particolari solo per determinati settori a rischio, tra cui i servizi sanitari. Poiché l’Unione Europea si adopera costantemente per mantenere i suoi standard elevati, al fine di garantire un’adeguata protezione della salute dei suoi lavoratori, è bene ricordare che siamo in piena crisi sanitaria mondiale. Con la recente Direttiva UE della Commissione n. 2020/739 del 3 giugno 2020, è stata apportata una modifica all’allegato III della direttiva n. 2000/54, inserendo il virus SARS-Cov-2 nell’elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell’uomo; tuttavia, nessuna modifica è stata apportata all’elenco delle attività professionali a rischio biologico. Alla luce della gravità della pandemia di Covid-19 a livello mondiale, e in considerazione del fatto che ogni lavoratore, in ogni comparto che sia a rischio di contagio, ha diritto ad un ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato (cosi come previsto dal X principio dell’European Pillar of Social Right), è necessario agire per un’imminente modifica della Direttiva vigente. È indispensabile un’azione congiunta a livello europeo, con il fine ultimo di implementare e modificare la normativa, ed estendere il rischio biologico ad altre categorie soggette al pericolo costante di esposizione agli agenti biologici, siano essi appartenenti al settore pubblico o privato.
In aggiunta alla modifica della Direttiva, si propone un ulteriore studio congiunto dei sindacati membri della CESI per la creazione di una tabella specifica che regola e determina il fattore di rischio e di indennità dei lavoratori, redatta anche in base al ruolo del dipendente. Come sindacati, si ha il dovere di effettuare un’attenta valutazione dei rischi per la tutela di qualsiasi attività professionale a rischio, con lo scopo di contribuire a fissare nuove misure profilattiche unitarie, che siano idonee a livello europeo.
SALARI MINIMI
Il ruolo dei salari minimi acquisisce un'importanza ancora maggiore nei periodi di recessione economica. La crisi da Covid-19 ha colpito in maniera particolare i settori caratterizzati da un'elevata percentuale di lavoratori a basso salario e ha avuto un impatto maggiore sui gruppi più svantaggiati della popolazione. Garantire che i lavoratori dell'Unione abbiano accesso a opportunità di impiego e a salari minimi adeguati è essenziale per favorire una ripresa economica sostenibile e inclusiva. La tutela garantita dal salario minimo può essere fornita mediante i contratti collettivi, o mediante salari minimi legali stabiliti per legge, come accade in 21 Stati membri.
PRECARIATO
Sono sempre di più i contratti a tempo determinato che vengono rinnovati, sempre di più sono i contratti atipici che non hanno colmato le lacune del mercato del lavoro, intrappolando il più delle volte i lavoratori a livelli bassi di protezione sociale. La direttiva EU n. 1999/70 dà attuazione ed allega in modo integrale un accordo quadro europeo ormai obsoleto, sui contratti a tempo determinato. Con la Risoluzione del Parlamento Europeo n. 2018/2600 (RSP), in seguito alle numerose petizioni, la risposta perentoria rivolta agli Stati membri è una netta condanna dell’ uso abusivo di contratti di lavoro temporanei in violazione delle norme internazionali in materia di condizioni di lavoro, dei diritti dei lavoratori e del diritto dell'UE ; la normativa mira alla lotta del lavoro precario e dei contratti atipici, nonché a garantire il rispetto della legislazione e della giurisprudenza in CGUE, invitando tutti gli Stati Membri a cooperare con le parti sociali. Ciononostante, il continuo monito dalle Istituzioni sembra vano; sono molti i Paesi membri che violano la normativa vigente sui precari della Pubblica Amministrazione, e la categoria più colpita dalle varie forme di lavoro precario con contratti di apprendistato o addirittura da stage non retribuiti, è ancora quella dei giovani.
Bisogna lavorare duramente, con tutti i sindacati della confederazione CESI, per fornire risposte volte a dare attuazione alla risoluzione del Parlamento Europeo 2018/2600 (RSP) e modificare l’attuale Direttiva EU n. 1999/70 ormai vecchia di vent’anni.
CISAL e Confedir sono dunque al servizio dello sviluppo dei progetti europei dentro la Cesi, proponendo non solo l’idea ma l’attuazione di pratiche che vedono un Sindacato che si rinnova grazie alla cooperazione tra la Confederazione, gli Stati membri e le diverse Commissioni. Affinché tutto questo sia possibile, confidiamo in una grande capacità di cooperazione e collaborazione tra i membri e la CESI, in un clima sempre più internazionale e di grandi vedute, dove il confronto con le Istituzioni europee, con il Parlamento Europeo e la Commissione costituisce un nuovo grande inizio di networking e di modifiche legislative di grande importanza presso la CGUE e la CEDU.
PER APPROFONDIMENTI:
CESI – Congresso, terminato il primo giorno di lavori rinnovo cariche