Nel silenzio generale dei politici italiani, dei sindacati tradizionali, del governo, dei diplomatici, quasi di nascosto, in un mesto pomeriggio di ottobre, è calato il sipario sulla più antica e prestigiosa scuola statale italiana all’estero. Viene lasciata morire una vecchia e orgogliosa signora vissuta per oltre un secolo, in periodi ben più difficili di quello attuale, potremmo aggiungere senza tributarle i giusti onori. Anief non ci sta e chiede chiarezza sulla vicenda al Ministro Di Maio
La scuola italiana di Asmara aveva attraversato indenne due guerre mondiali, una sanguinosa guerra tra Eritrea ed Etiopia, diverse carestie. La scuola ha formato intere generazioni di italiani e di eritrei, aveva rappresentato un presidio diplomatico italiano in una nazione, quella Eritrea, legata all’Italia dalla storia, dall’amicizia e dai tanti figli nati da matrimoni misti.
L’Italia e i cittadini italiani hanno investito centinaia di milioni di euro su quella scuola, sentivamo e sentiamo il dovere di farlo, sia perché la storia ancora ci impone di essere presenti, sia perché quella scuola rappresentava un presidio di civiltà, uno strumento importante di diffusione della nostra lingua e della nostra cultura nel Corno d’Africa una possibilità di emancipazione per centinaia di giovani eritrei.
Cosa resta di questo ingente investimento? Cosa ha fatto il governo e la nostra diplomazia per evitare che la scuola chiudesse?
I fatti che hanno portato al ritiro della licenza della scuola ad operare in territorio eritreo e la disdetta dell’accordo tecnico del 2012 sono abbastanza noti. Sono state presentate diverse interrogazioni parlamentari, con le quali è stato chiesto al governo di spiegare le ragioni del ritiro della licenza e cosa il governo stesse facendo per scongiurare la chiusura definitiva.
Le cronache parlamentari, cioè le risposte del governo alle interrogazioni, ci restituiscono laconiche narrazioni che imputano all’Eritrea e al Presidente Afeworki la responsabilità completa della chiusura della scuola.
Ci raccontano di lettere inviate dal governo, una persino dell’allora primo Ministro Conte, al governo eritreo, lettere alle quali pare non sia mai seguita una risposta. Le cronache ci raccontano di presunte iniziative diplomatiche che non hanno sortito alcun risultato.
Tutto questo però è avvolto dal più fitto mistero, nessuna di queste lettere è stata resa pubblica nemmeno in sede di risposta alle interrogazioni.
La posizione di Anief
Anief non mette in dubbio che dietro questa vicenda ci sia la volontà del governo eritreo di nazionalizzare le scuole straniere presenti sul suo territorio, non mette in dubbio che il nostro governo abbia fatto qualcosa, tuttavia non possiamo non dire che questa vicenda rappresenta una sonora sconfitta della nostra politica estera e della nostra diplomazia.
Il Ministro degli Esteri Di Maio deve chiarire, deve spiegare, deve illuminare la vicenda pubblicando tutta la documentazione relativa a questa vicenda, altrimenti si assumerà la piena responsabilità di questa disfatta. In quella scuola abbiamo speso milioni di euro, i cittadini hanno diritto di conoscere la verità. Noi abbiamo avuto la sensazione di un disinteresse da parte del governo italiano e in particolare degli alti funzionari della DGSP sulla scuola. Poco è stato fatto, è ovvio che le lettere non potevano bastare a rimuovere ostacoli e incomprensioni, serviva ben altro.
La chiusura della scuola di Asmara pone a tutti quanti un interrogativo preciso: ha un senso spendere e investire in questo settore, se poi non si è in grado di risolvere le crisi? Quello che è successo ad Asmara può succedere domani ad Istanbul, ad Addis Abeba o altrove. Anief sostiene che investire in questo settore ha molto senso, anzi da tempo chiediamo l’aumento del contingente e l’apertura di nuove scuole. È indispensabile però che il Ministero degli Esteri abbia una visione a lungo termine e si impegni per garantire che le nostre iniziative scolastiche all’estero diventino querce dalle solide radici che diano lustro al nostro Paese attraverso l’esportazione della nostra scuola e della nostra cultura, attraverso una promozione organizzata e ben strutturata di quella che è definita la lingua degli angeli, Oggi la vicenda di Asmara dimostra che le nostre iniziative scolastiche all’estero sono foglie al vento che possono essere spazzate via dal primo venticello autunnale.