Anief ha sempre detto che per ostacolare la formazione di una prospettiva di questo genere, c’è solo una soluzione da adottare: quella di inserire tutti i supplenti forniti di abilitazione nelle GaE, includendo nella lista anche gli altri abilitati, di tutti i cicli scolastici, quindi pure della scuola secondaria. In questo modo, si garantirebbero la continuità didattica e la parità di trattamento rispetto a candidati che posseggono il medesimo titolo per insegnare nelle stesse scuole. Inoltre, con tale collocamento verrebbero salvaguardate le assunzioni a tempo indeterminato, come da parere espresso dell’ex presidente della sezione Lavoro della Cassazione, Michele De Luca, e si permetterebbe di inserire nella terza fascia delle GaE tutti i docenti ad oggi esclusi o accolti con riserva purché in possesso di un titolo abilitante.
A fronte della nostra proposta, spuntano idee alternative, frutto di altre organizzazioni, che avrebbero pochissime chance di attuazione, proprio per i rischi di bailamme che comporterebbe la loro adozione: in particolare, tra i sindacati Confederali, una delle tre organizzazioni ritiene che non serva un provvedimento uniforme per tutti che debba essere affrontato in modo articolato, che tenga conto di almeno tre diverse posizioni giuridiche e geografiche, senza lasciare i lavoratori in balia degli eventi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Chi è in possesso di un titolo abilitante all’insegnamento deve per forza trovare spazio nelle GaE. Punto: senza andare a creare nuove inutili graduatorie. In questo modo, si garantirebbe anche la continuità didattica e la parità di trattamento rispetto a candidati che posseggono il medesimo titolo per insegnare nelle stesse scuole. Se il Governo vuole cambiare le regole, ben venga. Ma lo faccia, allora, adeguandosi una volta per tutte a quello che l’Unione Europea sostiene dal 1999, con la direttiva n. 70, e che ha ribadito solo pochi giorni fa con una risoluzione del Parlamento di Bruxelles, la quale, partendo dalla storica sentenza Mascolo del novembre 2014 e dal rispetto del principio di uguaglianza, chiarisce che dopo 36 mesi di servizio da precario il datore di lavoro deve immettere in ruolo i docenti.