tuttoscuolanews n.695 - 1 giugno 2015
“Quell’interminabile elenco di nuovi obiettivi…”
░ Sono inseriti nell’art. 2 del Ddl (Autonomia scolastica e offerta formativa) un gran numero di nuovi obiettivi che si aggiungono a quelli già previsti dai vigenti ordinamenti, o li potenziano. Le scuole – raccomandano da Tutto Scuola - dovranno scegliere alcuni obiettivi
I ‘potenziamenti’ (che se non si traducono in ore di lezione aggiuntive non possono che indicare obiettivi più impegnativi per gli studenti a parità di orario) riguardano: le competenze linguistiche (italiano, inglese e altre lingue UE), le competenze matematico-logiche e scientifiche; le competenze nella pratica e nella cultura musicali, nell'arte e nella storia dell'arte, nel cinema, nelle tecniche e nei media di produzione e di diffusione delle immagini e dei suoni; le conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione alla auto-imprenditorialità; le discipline motorie; le metodologie laboratoriali e delle attività di laboratorio. Gli ‘sviluppi’ (che in qualche modo prefigurano nuove attività e obiettivi, che dovrebbero aggiungersi a quelli già previsti dagli ordinamenti, trovando spazio nella programmazione delle lezioni) riguardano: la alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini; lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti; l’incremento dell'alternanza scuola lavoro nel secondo ciclo di istruzione. Nel testo approvato dalla Camera compaiono inoltre altri obiettivi come lo “sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni e delle attività culturali e dei beni paesaggistici” che sono per loro natura trasversali agli insegnamenti disciplinari ma che per non restare sulla carta richiedono azioni specifiche e tempo. Se le scuole dovessero perseguire tutti questi obiettivi dovrebbero avere a disposizione molto più tempo e molte più risorse umane di quelle che il Ddl può loro assegnare. E il sovraccarico di obiettivi formativi vecchi e nuovi sarebbe per gli studenti insostenibile. Forse è per questo che nel testo finale approvato dalla Camera non si parla più, come nel testo iniziale, di “iniziative di potenziamento dell’offerta formativa e delle attività progettuali, per il raggiungimento dei seguenti obiettivi” (segue elenco) ma di “raggiungimento degli obiettivi formativi individuati come prioritari tra i seguenti” (segue elenco). La differenza è importante: nella prima formulazione il ‘pacchetto’ è indifferenziato, sembra quasi che le scuole siano invitate ad assumerlo nel suo insieme. Con la seconda formulazione invece le scuole sono tenute a decidere se e quali degli obiettivi considerano prioritari tra quelli indicati ai fini dell’inserimento nel piano triennale….
latecnicadellascuola.it - 1 giugno 2015
“Sciopero scrutini, è possibile che si recuperi di notte e nel week end? Alle superiori sì”
░ Negli istituti secondari di II grado, dove dovessero essere molti gli scrutini rimandati, è gioco-forza che vengano riconvocati in tarda serata (fino a mezzanotte ?) e forse pure di domenica (il 14 giugno).
Sì, è vero: il Garante per gli scioperi ha dato il suo via libera al boicottaggio degli scrutini, a patto che non vi siano “eventuali aggiramenti della normativa”. Ora, però, sui social network sta montando il dibattito: diversi addetti ai lavori hanno considerato che negli istituti superiori dove dovessero essere molti gli scrutini rimandati, è gioco-forza che vengano riconvocati in tarda serata (anche fino alla mezzanotte) e forse pure nel week end, domenica compresa, del 13 e 14 giugno. Il motivo è semplice: il lunedì successivo, il 15 giugno, moltissimi docenti della scuola secondaria di secondo grado dovranno infatti presentarsi alle riunioni preliminari degli esami di maturità. Non pochi prof si recheranno anche fuori regione. Quindi, sarebbe impossibile per tutto costoro ripresentarsi ad uno scrutino pomeridiano convocato in quei giorni. L’alternativa sarebbe quella di trovare dei sostituti. Ma, a parte il fatto che una percentuale davvero troppo alta di docenti-sostituti non sarebbe, almeno eticamente, una condizione auspicabile, la “patata bollente” in diversi casi rischierebbe di passare ai coordinatori di classe. Perché anche i dirigenti si dovranno spostare di sede per presiedere le commissioni della maturità. La domanda più ricorrente, all'interno dei vari canali sociale della scuola, è allora questa: si è mai visto uno sciopero deve costringere il lavoratore a recuperare l’attività non svolta? Ma, soprattutto, è intelligente aderire al boicottaggio degli scrutini se poi il dirigente, costretto dai tempi ristrettissimi, li riconvoca di domenica pomeriggio o in seduta notturna? I dubbi e le domande appaiono fondati. Ognuno potrà dare le sue risposte. In tanti, ad esempio, hanno già tagliato corto, sostenendo che se questo è prezzo da pagare per fermare il disegno di legge di riforma, allora ben venga il sacrificio di un week end. Il dibattito è appena all’inizio.
Italia Oggi - 2 giugno 2015
“Addio al contratto nazionale”
░ Carlo Forte spiega in qual modo questo sia l’effetto del combinato disposto delle deleghe della riforma della scuola e della PA; anche l'orario di lavoro e le retribuzioni verrebbero fissate per legge.
Il contratto collettivo nazionale di lavoro va in pensione. Dopo l'approvazione del disegno di legge sulla scuola da parte del senato, prevista per i primi di giugno, il governo potrà regolare tutto il rapporto di lavoro dei docenti e del personale Ata tramite dei semplici decreti legislativi. I decreti potranno riguardare non solo la parte strettamente normativa (orari di lavoro, permessi e assenze) ma anche le retribuzioni. È quanto si evince dall'articolo 22 del disegno di legge 1934, approdato in senato il 22 maggio scorso e attualmente all'esame della settima commissione. Mentre i docenti continuano a protestare per la cancellazione dei diritti alla titolarità della sede e contro l'introduzione del superpreside, la parte più insidiosa del disegno di legge sta passando pressoché inosservata. Quella cioè che, cancellando la contrattazione collettiva, consente al governo, unilateralmente, di imporre condizioni peggiorative del rapporto di lavoro, senza che nessuno possa evitarlo. I sindacati hanno lanciato l'allarme già da tempo. Ma l'attenzione della categoria e dei media resta ancora focalizzata su questioni, certamente ansiogene, ma sicuramente marginali rispetto a ciò che sta per accadere. È ormai chiaro che la contrattazione sulla mobilità si ridurrà a poche regole per gli spostamenti da un ambito territoriale ad un altro. Sempre che il governo non decida di regolare anche questa materia per decreto. Così come pure l'aumento di 50 ore annue delle attività funzionali all'insegnamento, tramite la formazione obbligatoria. Ma la questione fondamentale è un'altra. Attraverso l'esercizio delle deleghe, che stanno per essere conferite al governo dal parlamento, l'esecutivo potrà modificare unilateralmente le condizioni di lavoro. E stando a quello che si legge nell'articolo 22 del disegno di legge, il governo intende farlo anche nella delicata materia delle retribuzioni. Il dispositivo prevede, infatti, che le retribuzioni (e l'orario di lavoro ad esse collegato) dei docenti apprendisti saranno interamente regolate per decreto. Idem per quanto riguarda le retribuzioni del personale che lavora nelle scuole italiane all'estero. Da qui alla cancellazione della contrattazione collettiva sul rapporto di lavoro di docenti e Ata il passo è breve. Del resto,il processo di decontrattualizzazione del rapporto di lavoro parte da lontano: dal 2009 con la legge 15. Che ha tolto alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare le norme di legge. A questa norma è stata data attuazione con il decreto legislativo 150/2009, che ha previsto la sostituzione delle clausole contrattuali difformi con le norme di legge con cui contrastano. Il contesto normativo disegnato dal precedente governo aveva fortemente limitato gli spazi di manovra del tavolo negoziale. Ma aveva lasciato un ampio margine di trattativa sulle retribuzioni. Che rimanevano di stretta competenza della contrattazione collettiva e, con essa, l'orario di lavoro. Il governo in carica, invece, intende avocare a sé il potere di rivedere tutta la normativa che regola il rapporto di lavoro nel pubblico impiego, scuola compresa. Ciò attraverso lo smantellamento del decreto legislativo 165/2001, la cui fine è prevista espressamente nel progetto di legge 3098, attualmente al vaglio del senato. In tale progetto vi sono delle disposizioni che conferiscono al governo una delega in bianco, per riscrivere completamente il testo unico del pubblico impiego. E dunque, mettendo in fila le deleghe previste nel progetto di legge 3098 e nel disegno di legge 1934, viene fuori un nuovo contesto caratterizzato dalla rilegificazione del rapporto di lavoro e dalla conseguente cancellazione delle tutele contrattuali. Ciò vuol dire che, nei prossimi anni, le regole che riguardano i lavoratori del pubblico impiego, docenti e Ata compresi, non saranno più scritte a 4 mani dai rappresentanti dell'amministrazione e dei lavoratori, ma saranno mera espressione unilaterale del datore di lavoro.
orizzontescuola - 3 giugno 2015
“Corsi specializzazione sostegno insegnanti di ruolo in esubero. Utilizzazione d'ufficio o a domanda per 2015/2016”
░ Di Giulia Boffa. Segnaliamo anche lo speciale di OrizzonteScuola.it, su utilizzazioni e assegnazioni provvisorie 2015/16.
I primi chiarimenti provengono dall'USR Calabria, che già il 28 maggio ha firmato la Contrattazione integrativa regionale su utilizzazioni ed assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo ed ATA per l'a.s. 2015/2016. Nel verbale della contrattazione è riportata la decisione sul possibile destino dei docenti di ruolo in esubero o appartenenti a classi di concorso in esubero che stanno frequentando presso le Università (a costo zero) i corsi per il conseguimento della specializzazione per le attività didattiche di sostegno. In esso si legge "con riferimento ai docenti di classi di concorso in esubero che stiano conseguendo il livello intermedio o il livello base di specializzazione sul sostegno ex D.M. 7/2012 , si concorda con le OO.SS. sulla interpretazione dell'art. 2, c.6, nel senso che: - per i docenti appartenenti a classi in esubero e in posizione di soprannumero l'utilizzazione su posto di sostegno è disposta anche d'ufficio; - per i docenti appartenenti a classi di concorso in esubero, ma non in posizione di soprannumero l'utilizzazione sul posto di sostegno è solo a domanda". In Calabria si assicura il completamento del modulo I (livello base) entro il 15 luglio, per consentire ai docenti interessati la presentazione delle domande.
Il sole 24Ore - 4 giugno 2015
“Scuola, maggioranza a rischio in commissione”
░ Non sarebbero operativi prima del settembre 2016, gli albi dai quali il governo vorrebbe fossero scelti gli insegnanti. Lo propone un emendamento della relatrice di maggioranza. La Giannini si arrocca: la neopiddina non sembra dolersi della frattura interna al partito sul d.d.l. Scuola.
Slittamento in vista di tre mesi per i nuovi ambiti territoriali da cui andranno scelti i docenti dell'organico dell'autonomia. A prevederlo è uno degli emendamenti dei relatori alla «Buona scuola» che è stato depositato lunedì e che sarà votato presumibilmente la prossima settimana. Compatibilmente con il percorso accidentato che la maggioranza incontrerà in commissione Istruzione del Senato, specie dopo la fuoriuscita dei centristi. Il passaggio di Tito Di Maggio da Gal ai fittiani rende infatti ancora più complicati i rapporti di forza in commissione. … Entro venerdì si conta di terminare la discussione generale e l'illustrazione degli emendamenti, per iniziare a votarli da lunedì o martedì. Il governo per ora non chiude la strada del dialogo. Ma la ministra dell'Istruzione, Stefania Giannini, ha fatto intendere che non ci saranno stravolgimenti… La minoranza dem continua invece a invocare una revisione sostanziale del Ddl e nel pacchetto di emendamenti presentati chiede di ridurre la portata del potere dei presidi; di allargare il piano di assunzioni, e di rivedere il programma sui finanziamenti privati agli istituti (lo schoolbonus). Per ora i relatori, Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap) hanno presentato solo quattro proposte di modifica, che apportano alcuni aggiustamenti. A partire da quello sugli "ambiti territoriali" da cui le scuole potranno attingere gli insegnanti per potenziare la didattica. Nell'attuale versione del Ddl la nascita (e l'ampiezza) di tali ambiti deve essere fatta entro il 31 marzo. Con l'emendamento presentato dai relatori si sposta questa data al 30 giugno 2016, cioè a conclusione dell'attività scolastica (per guadagnare di fatto un po' più di tempo). Un'altra modifica, sempre dei due relatori, chiarisce che i docenti già in ruolo conservano la titolarità della cattedra presso la scuola di appartenenza. Il personale in esubero o soprannumerario nell'anno scolastico 2016/2017 è assegnato a domanda a un ambito territoriale, e dal medesimo anno la mobilità territoriale e professionale degli insegnanti opera tra gli ambiti territoriali (che comunque avranno una dimensione inferiore alla provincia o alla città metropolitana). …
repubblica.it - 4 giugno 2015
La mossa di Renzi “Su scuola e riforme avanti ma senza urgenza”
░ I numeri del Senato consigliano al premier un surplus di prudenza, in particolare sulla prima riforma in cantiere, quella della Buona Scuola.
Fermarsi un po’. I numeri del Senato consigliano al premier un surplus di prudenza, in particolare sulla prima riforma in cantiere, quella della Buona Scuola. «Noi — spiega il presidente del Consiglio ai suoi — non vogliamo rinviare. Ma non abbiamo urgenza di fare le corse. Vogliamo un dibattito serio. Se servono tre settimane in più...». Una frenata obbligata di fronte alla marea montante nel gruppo dem. Il preludio di quello che potrebbe accadere in aula Renzi infatti lo ha potuto vedere nell’assemblea serale dei senatori Pd dedicata alla legge Giannini. Tutt’altro che pacificati dalle velate minacce di questi giorni, gli esponenti della minoranza hanno rialzato la testa. Ringalluzziti dall’indebolimento del progetto renziano dopo il risultato delle regionali. Un vertice a pranzo tra Bersani, Speranza e i senatori della sinistra — che possono condizionare le politiche del governo — fissa la linea, quella di «non piegare più la testa…». C’è stata l’offensiva di Miguel Gotor e Walter Tocci che hanno indicato le condizioni dei ribelli: stralciare dal provvedimento l’assunzione dei 100 mila precari e approvarla con una corsia preferenziale, rimandare la riforma, prendersi più tempo e votarla, con tempi certi, prima dell’estate. A sorpresa, raccontano, si è incrinato anche il fronte renziano. Senza usare toni ultimativi ma esprimendo per la prima volta qualche perplessità sulla corsa impressa dall’esecutivo. Il fioroniano Roberto Ruta ha spiegato: «Sono un insegnante e ho difficoltà a votare questa legge. Se mettendo i soldi abbiamo 600 mila professori in piazza un motivo ci sarà». Altri due renziani - Giorgio Pagliari e Giorgio Santini - hanno mosso qualche critica. Musica per le orecchie dei senatori dissidenti. Piccolo campanello d’allarme per il premier, appeso a nove voti di maggioranza a Palazzo Madama. Al Senato devono infatti passare tutti i provvedimenti più importanti: dalla scuola alla Rai, dalla riforma costituzionale alle unioni civili. Come si fa a superare questo ostacolo? …. C’è un altro pilastro della maggioranza che sta vistosamente scricchiolando: Area popolare. Divisa tra Lupi, Schifani, Augello e Quagliariello — convinti che sia l’ora di prendere le distanze dal governo — e il grosso dei parlamentari (con il ministro Lorenzin) decisi invece a non mettere a repentaglio la legislatura e le riforme. In mezzo resta Angelino Alfano, che si sta sforzando di mediare fra le due anime.
www.flcgil.it - 5 giugno 2015
“Una istruzione pubblica debole e non autosufficiente inabissa la speranza democratica ed eleva gli squilibri sociali”
░ Nel sito della CGIL, l’appello a firma dei seguenti intellettuali: Vittorio Angiolini, professore ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università di Milano; Antonio D’Andrea, professore ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università di Brescia; Mario Ricciardi, professore associato di Diritto del lavoro nell'Università di Bologna; Franco Frabboni professore emerito di Pedagogia dell’Università di Bologna; Marco Catarci, professore associato di Pedagogia sociale e interculturale nell’Università degli Studi Roma Tre; Massimiliano Fiorucci, professore associato di Pedagogia interculturale e sociale nell’Università degli Studi Roma Tre; Tomaso Montanari, professore associato di Storia dell’arte moderna nell’Università Federico II di Napoli; Donatello Santarone, professore associato di didattica interculturale nell’Università degli Studi Roma Tre; Claudio Tognonato, professore associato di Sociologia economica e dello sviluppo nell’Università degli Studi Roma Tre; Nadia Urbinati professore di Teoria Politica nella Columbia University.
La scuola, su cui il Governo si appresta ad intervenire, ha un sicuro fondamento costituzionale (art. 33 e 34 Cost.). Piero Calamandrei l’ha definita non un semplice segmento dell’apparato dello Stato quanto piuttosto un vero e proprio “organo costituzionale”. Per queste ragioni sollecitiamo un approccio meditato nella direzione indicata dai principi costituzionali, ignorati e traditi per più aspetti nella normativa in discussione in Parlamento. In effetti, la riforma progettata dal Governo non si propone una scuola aperta a tutti, istituita dallo Stato in tutto il territorio nazionale per tutti gli ordini e gradi, in cui si assicuri con il massimo di estensione ed una gratuità effettiva l’obbligo di istruirsi coessenziale all’essere cittadini consapevoli; una scuola che sia mezzo per superare gli ostacoli frapposti all’uguaglianza e alla libertà, per far convivere le diversità, per rompere la calcificazione della provenienza economica e sociale dei singoli, premiando impegno e capacità effettivamente accertate. In altre parole: una scuola effettivamente democratica. La ricostruzione del patto fra scuola e società, oggi andato in frantumi, può essere ottenuta solo attraverso un ingente investimento politico e finanziario, pur nella contingenza data, che riallinei l’Italia almeno agli standard medi dei Paesi Ocse, invertendo la tendenza ad una forte riduzione delle risorse umane e professionali affermatasi sin dalla fine dello scorso decennio. Tra i tanti, segnaliamo tre aspetti fondamentali che dovrebbero ispirare qualsiasi tentativo di ripristino della “buona scuola”: restituire prestigio sociale e morale alla professione docente; rilanciare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in funzione della promozione della libertà di insegnamento, come espressione di una più ampia libertà dell’arte e della scienza, e della libertà di apprendere degli studenti; rafforzare le relazioni tra la scuola e l’ambiente sociale, economico e culturale in cui opera. Solo il recupero di senso della professione docente è in grado di realizzare una effettiva libertà di insegnamento, consentendo a coloro che sono chiamati a tale delicatissimo compito di assolverlo adeguatamente, cogliendo gli stimoli provenienti dal contesto sociale e culturale all’interno di un percorso di aggiornamento continuo e di verifica della professionalità. Non c’è al riguardo, nella normativa all’attenzione del Parlamento, nulla di sostanzialmente nuovo, se non l’ennesimo tentativo di rimescolare le carte, per aggirare le conseguenze della severa condanna subita dall’Italia in Europa per il trattamento degli insegnanti “precari”. Quanto alla realizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, essa è da intendersi come una desiderabile declinazione della autodeterminazione delle singole scuole in relazione al contesto sociale nel quale sono inserite. E’ da riporre mano alla gestione collegiale della scuola, per garantire in modo efficace l’effettiva e libera partecipazione di ogni sua componente, nel rispetto delle rispettive competenze e dei ruoli di ciascuna di esse (insegnanti, studenti, dirigenti e Ata). E’ sbagliato e paradossale considerare realizzata l’autonomia scolastica puntando, come punta il Governo, sulla centralità della figura del dirigente scolastico. Con la pervicace riproposizione anche a questo livello di un modello organizzativo incentrato sulla figura del capo che detta e realizza i suoi indirizzi. Si tratta di un modello incompatibile con il principio dell’autonomia delle scuole, perché ripropone il vecchio e fallimentare centralismo e crea il presupposto per la deresponsabilizzazione del personale e la realizzazione di una filiera di comando che rimanda agli organi superiori. Il rilancio dell’autonomia non può invece prescindere dalla valorizzazione dell’offerta formativa, da realizzare anche attraverso la formazione continua del personale e la creazione di un serio e condiviso sistema di valutazione Come sbagliato e riduttivo è il riassumere il rapporto tra istituzione scolastica e società in un’alternanza tra scuola e lavoro la quale si risolva, come consente il progetto governativo, nel tramutare temporaneamente gli studenti in lavoratori generici e senza diritti, per la messa a disposizione delle imprese di manodopera a costo basso o nullo. Occorre, viceversa, non solo garantire i diritti di chi lavora per studiare, istruirsi e formarsi, ma anche mettere in linea questo lavoro con obiettivi specifici, di cui spetta alla scuola la programmazione; così come occorre il rispetto e la promozione della fatica dei lavoratori-studenti, nonché la garanzia di una formazione ed istruzione permanente, per tutti i lavoratori. Troppe volte, e in un brevissimo lasso di tempo, la scuola ha “subito riforme”: nel 1997, nel 2003, nel 2008. L’invito è a prendersi cura della scuola, ritornando a perseguire l’idea di una sua autentica autonomia e libertà, alla quale ripugna ogni eccesso di burocratizzazione e di gerarchizzazione. A tal riguardo, una domanda conclusiva: perché seguitare a finanziare direttamente o indirettamente le scuole private, favorendone la scelta in assenza di seri controlli sul loro operare ed i suoi effetti, quando non si riesce ad assolvere l’obbligo di sostenere adeguatamente le scuole pubbliche? In realtà, incentivare la frequenza di scuole private, e per giunta affidarsi a finanziamenti privati anche per le scuole pubbliche, vuol dire coltivare l’idea, da respingere come incompatibile con la Costituzione, che oramai si debba rinunciare alla scuola di tutti e di ciascuno. Si tratterebbe di una vera e propria resa della democrazia
repubblicana.