Domani – Arcoiris.tv - 22 dicembre 2011
“L’articolo 18, i diritti dei lavoratori e quel totem che separa governo e sindacati”.
░ Riportiamo, in parte, l’articolo di massima attualità di Marco Lombardi
….In un paese dove il 95% delle imprese ha meno di 10 addetti e circa due terzi ha dimensione individuale, circa la metà degli occupati lavora comunque in aziende soggette al vincolo della giusta causa in materia di licenziamenti. Si tratta, grossomodo, di 8 milioni di persone che, con il loro stipendio, assicurano peraltro il sostentamento a buona parte della popolazione inattiva, in forma di carico familiare e contribuzione previdenziale…. A legislazione vigente, la contrattazione aziendale può già derogare a tutte le norme nazionali in materia di lavoro, ivi comprese quelle sui licenziamenti: è il contenuto dell’articolo 8 della manovra di agosto, che, eccetto la CGIL (pungolata all’interno dalla FIOM), i sindacati digerirono senza batter ciglio. Non solo, le tre sigle più rappresentative avevano già siglato un patto con Confindustria, avallato dall’ex ministro Sacconi, che prevedeva la violazione della giusta causa da parte di aziende in crisi che proponessero un adeguato piano di investimenti… La seconda considerazione riguarda il presente dei lavoratori che godono della tutela – per favore non la si chiami privilegio, perché sa davvero di presa in giro – dell’articolo 18. Si tratta per lo più di occupati di lungo corso nella stessa unità produttiva, appartenenti in gran parte ai settori dell’industria e dei servizi: proprio i due dove si concentra il ricorso alla cassa integrazione, che, secondo le previsioni, entro la fine dell’anno potrebbe sfondare quota 100 milioni di ore. Detto in termini brutali, la giusta causa è in questi casi sì giuridicamente garantita, ma di fatto sospesa al vincolo bilancio dell’INPS …. La terza considerazione riguarda l’universo dei nuovi assunti, che sono in maggioranza giovani, ma non solo. Chi accede oggi ad un nuovo rapporto di lavoro ricade nella miriade di contratti flessibili, che offrono al datore di lavoro il massimo della convenienza e, lo si dica senza eufemismi, ricattabilità. Salvo eccezioni legate forse più al contesto geografico che al settore di attività, le nuove assunzioni subiscono tentacoli che si chiamano contratto a progetto, lavoro interinale, partita IVA, contratto intermittente o a chiamata e così via. Una gamma variegatissima che ha un comune denominatore la piovra della precarietà. Un precariato che mette poi a repentaglio la tenuta del sistema previdenziale e fiscale, poiché l’esiguità delle trattenute rispetto allo stipendio netto mette in crisi il bilanciamento tra entrate e spese dello Stato. Tutto ciò si traduce in tagli alle prestazioni anche essenziali, tra cui proprio la cassa integrazione, ma anche in compensazioni alternative come l’introduzione di nuove imposte o l’aumento dei ticket sanitari…. Si dovrà riflettere con cura sulle suddette tre questioni: un’analisi esaustiva della normativa in materia di lavoro, a partire dalle recenti misure negoziali e legislative in materia di licenziamenti; la pesatura effettiva degli attuali lavoratori garantiti, al netto dei sospesi in virtù della cassa integrazione e alla luce delle prospettive di sviluppo della media e grande impresa italiana; una valutazione sulle nuove posizioni occupazionali, siano esse all’inizio o nel bel mezzo della carriera lavorativa, in termini di precarietà delle condizioni contrattuali e di ammanco di risorse per l’erario. Bisognerebbe davvero mettere allo studio una nuova formula giuridica ed economica accettata innanzitutto da chi assume, poiché chi cerca lavoro, è triste dirlo, oggi ha poco da scegliere. Forse la strada da percorrere è quella del contratto unico, con garanzie e livelli retributivi crescenti….
La Stampa - 23 dicembre 2011
“Profumo ai sindacati: sbloccati gli scatti”.
░ Lo sblocco degli scatti è l’ottima notizia che scaturisce dall’incontro avvenuto lo scorso 22 tra Ministro e sindacati; speriamo sia vera, perché occorre che il Ministro del Tesoro sia d’accordo. E un’ottima notizia sarebbe quella, che il quotidiano dà per certa, dell’avvio dei TFA.
…Gli impegni presi dal Dicastero di viale Trastevere con le sigle di categoria: sblocco degli scatti di anzianità – fermi dal settembre scorso -, aumento del 54% dei fondi per il funzionamento degli istituti – nel 2012 si passerà da 130 milioni a 200 milioni -, e partenza dei Tfa…. Si è parlato del concorso per gli insegnanti già annunciato nei giorni scorsi…
Domani – Arcoiris.tv - 23 dicembre 2011
“Web e democrazia: chi scrive nella rete diventa il “Condor” di Robert Reford: anche i notabili d’Italia hanno paura della verità”.
░ Riportiamo parzialmente un documentatissimo articolo di Carlo Ruta
Il web ha fatto presto a divenire un bisogno radicale, avendo intercettato una motivazione profonda, che è quella di esprimersi, relazionarsi in modo complesso e, soprattutto, interagire con il mondo. In questo senso, ha democratizzato i processi della comunicazione. È nell’ordine delle cose allora che si cerchi di limitarlo e controllarlo. Ma chi ha paura di internet? Le cronache degli ultimi anni hanno documentato repressioni plateali in Birmania, nella Cina Popolare, in Iran, in altri paesi. È comprovato poi il contributo che i social network hanno offerto, fino ad oggi, alle lotte per la democrazia, aiutando a rompere l’isolamento e a coordinare i progetti di resistenza. È quanto sta accadendo in diversi paesi arabi, dal Maghreb al Medio Oriente. La prima lezione che viene dai fatti chiarisce allora che il nesso tra web e democrazia è fondamentale. La questione è tuttavia complessa, perché le realtà appena citate rappresentano il limite estremo, mentre misure di controllo sofisticate vengono tentate nei paesi liberal, dove la rete rischia di finire in rotte di collisione con i poteri più forti della terra. La vicenda di Wikileaks, l’organizzazione che ha svelato la guerra in Afghanistan, alcune stragi di civili in Iraq e i «punti di vista» della diplomazia statunitense nel mondo, dimostra che si è già alle scaramucce. L’establishment americano, come è noto, ha reagito con stizza. … Questa America, fedele appunto a sé stessa, inizia a temere il web mentre ostenta di sostenerlo, e, da gendarme della terra, minaccia di reprimerlo quando occorre…. Il web del presente crea apprensioni… Rischia di essere polverizzato, in particolare, il segreto di Stato, che, dilatatosi in modo abnorme negli anni della guerra fredda, nei sistemi liberaldemocratici è andato sostenendosi come una fatale necessità. Si può trarre da tutto questo una ulteriore conclusione. Il web, mentre espande la democrazia reale, mette alla prova i sistemi che si fregiano dell’appellativo liberal, potendone svelare con una efficacia inedita le illiberalità nascoste, le ipocrisie, gli affari fondamentali in ombra. Quale strumento di democrazia sostanziale, esso può costituire allora il tallone di Achille delle democrazie ufficiali, con implicazioni non indifferenti sotto vari profili. Wikileaks ne offre ancora un saggio, prima con gli accordi siglati con il New York Times, il Guardian di Londra, il Pais spagnolo e lo Spiegel tedesco, poi con la clamorosa rottura. Alla fine, come è noto, ha deciso di trasferire centinaia di migliaia di documenti segreti in rete senza filtri di sorta. Ma un simile radicalismo, nel segno di una mitica trasparenza assoluta, è ancora coerente con un progetto di democrazia sostanziale o rischia contraccolpi pregiudizievoli alla stessa democrazia? È una questione aperta.
Il caso italiano, infine. … Ai trailer, ai reportage e alle analisi negli ultimi anni hanno cercato di forzare il muro del segreto, in tutte le sue declinazioni, si è risposto talvolta in modo goffo e secco, con l’oscuramento di siti, la condanna di giornalisti-blogger in sede civile e penale, l’applicazione di leggi desuete. Ma si è operato soprattutto in chiave strategica, con tentativi continui di introdurre nuove regole, più o meno dirette. Le normative sollecitate dall’Agcom, formalmente per la tutela del diritto d’autore, e il ddl di ispirazione governativa che vorrebbe imporre l’obbligo di rettifica su semplice richiesta di parti che si ritengono offese sono un po’ la sintesi di questo lavorio. Ed è storia di oggi.
ItaliaOggi - 23 dicembre 2011
“Nel 2012 gli enti possono tornare ad assumere”.
░ Il rapporto tra spesa del personale e spesa corrente al 50%, il dl n.78/2010 lo stabiliva al 40%.
Aumenta il numero di enti che possono effettuare assunzioni di personale, sia a tempo indeterminato che determinato: è questo l’effetto delle modifiche apportate dalla conversione del dl n.201/2011 che innalza al 50% il rapporto massimo che i comuni devono avere nel rapporto tra spese del personale e spesa corrente. Ed inoltre, per le assunzioni a t.d. e gli incarichi di Co.Co.Co, la fissazione del tetto di spesa al 50% di quello sostenuto allo stesso titolo nel 2009 sembra comunque poter essere derogato per l’erogazione dei servizi essenziali infungibili e delle massime urgenze.
www.repubblica. it - 26 dicembre 2011
“Meglio le conoscenze del curriculum. Così le imprese scelgono il personale”.
░ Un'indagine rivela come il reclutamento per via informale sia la modalità preferita per assumere. Gli stage sono utili ma nelle grandi aziende sono fondamentali le banche dati interne basate sulle esperienze.
Le imprese per assumere preferiscono affidarsi a conoscenze personali piuttosto che a curriculum, società di lavoro interinale o centri per l'impiego. E' quanto emerge dall'ultima indagine Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, che rileva come nel 2010 oltre sei imprese su dieci per la selezione del personale abbiano fatto ricorso al cosiddetto canale informale, "conoscenza diretta in primo luogo e segnalazioni personali", attraverso conoscenti o fornitori…. Rispetto all'anno precedente l'utilizzo del canale informale ha registrato un forte aumento, passando al 61,1% dal 49,7% del 2009. … Nel 2010 è anche cresciuto il ricorso da parte delle imprese a strumenti interni, ovvero alle banche dati costruite dalle stesse aziende sulla base dei curriculum raccolti nel tempo….
Domani - ArcoirisTV - 27 dicembre 2011
“Togliere la parola ai poveri? Già fatto”.
░ Chi non ha denaro non può parlare, chi non può parlare non ha potere. Un articolo di Mario pancera.
«L’Italia deve far fronte a grossi rischi per la propria finanza, per la propria economia. Deve riuscire a fare bene la sua parte per l’Europa e per se stessa, e quindi chiede sacrifici agli italiani di tutti i ceti sociali, anche agli italiani dei ceti meno abbienti», ha detto il presidente della Repubblica, Napolitano, alla tv il 16 dicembre 2011. E perché questa richiesta di sacrifici anche ai già «meno abbienti»? «…Perché si facciano le scelte indispensabili al fine di preservare lo sviluppo della nostra economia e della nostra società in un clima di libertà e di maggiore giustizia». E tutti capiscono che in questa società italiana che «bisogna preservare», non c’è giustizia, perché ne occorre una «maggiore». La giustizia è come la libertà: o c’è o non c’è. Si parla sempre di minore o maggiore, naturalmente, ma sono termini per tenere calmi gli animi, per assopire …i ceti meno abbienti, in modo tale che stiano zitti quando si devono far pagare a loro i debiti e le ricchezze accumulati dai ceti più abbienti… A Milano vedo molti, moltissimi poveri; qualcuno è in camicia e cravatta, altri sono «barboni». Dormono in strada, nei giardinetti, in auto, sotto i portici. Qualsiasi cristiano e comunista o ex comunista li può vedere. Ne segnalo alcuni gruppi tra piazza del Duomo e piazza San Babila, nella Corsia dei Servi, accanto alla chiesetta di San Vito e al Centro Giuseppe Lazzati (cioè in un cuore, diciamo, cattolico della città: quello di frati, preti e laici di fede profonda e idee sociali molto avanzate). Feste e luci di Natale. A causa del freddo sono distesi sul lastrico, sotto coperte colorate di vario genere, sotto cartoni anche in pieno giorno: si vedono le teste che parlano tra loro. Venga, Presidente, ad ascoltarli.
www.repubblica. it - 28 dicembre 2011
“Evasione, la grande fuga dei capitali: 11 miliardi all'estero illegalmente”.
░ Le stime della guardia di finanza. Il deflusso si è concentrato soprattutto fra ottobre e novembre. Di Carlo Bonini.
Via dall’Italia. In qualsiasi modo. In questo anno che si sta chiudendo, la Grande Fuga dei capitali all'estero - e parliamo soltanto di quella accertata dalla Guardia di Finanza - ha raggiunto gli 11 miliardi di euro, più o meno un quarto dell'intera base imponibile evasa individuata dai controlli (46 miliardi). Di questi 11 miliardi, il 26 per cento è stato sottratto al Fisco attraverso società con sede legale all'estero e attività produttive stabili ma occulte nel nostro Paese. Il 18 per cento con l'antico strumento elusivo della cosiddetta "estero-vestizione" di società e persone fisiche, lo specchietto per le allodole necessario a fissare fraudolentemente oltre confine la residenza fiscale di chi le tasse dovrebbe pagarle in Italia. Il 17 per cento, con quel gioco di vasi comunicanti detto "transfer pricing", la cessione di quote di reddito tra consociate con la cessione di beni o prestazione di servizi, per concentrare gli utili soggetti a tassazione sulla società del gruppo che gode di un regime fiscale estero di favore. Il 39 per cento, con "altre manovre evasive". Ma c'è di più. Dal pozzo nero della nostra memoria degli anni '70 e '80 riaffiorano gli spalloni. Riempire una ventiquattr'ore destinata oltre frontiera con banconote da 500 euro (riescono a starcene fino a 12 mila pezzi, per un valore di 6 milioni di euro) è tornata ad essere un'opzione ricorrente. E, per quanto empirici, i dati dei sequestri di valuta negli ultimi tre mesi ai valichi normalmente utilizzati dagli spalloni (Ponte Chiasso e gli aeroporti di Malpensa e Fiumicino) crescono fino al 50 per cento rispetto alla vigilia dell'estate. … Per chi vuole far sparire denaro oltre confine o farne rientrare quando serve, è sufficiente appoggiarsi a organizzazioni in cui il mediatore italiano A (avvocato d'affari o commercialista che sia), chiede al suo reciproco professionista svizzero B di depositare presso un conto elvetico un cifra X per conto del suo cliente italiano signor Rossi. La somma depositata in Svizzera uscirà dalle disponibilità del mediatore B e dunque si muoverà solo all'interno dei confini di quel Paese, regolarmente. Ma quella somma, in realtà, da quel momento sarà nella esclusiva disponibilità del signor Rossi, cittadino italiano, che l'avrà consegnata in contanti e per equivalente, in Italia, ad A, il suo mediatore. A e B, a quel punto, regoleranno "in compensazione" quella somma. Come fossero due banche. Le "commissioni" per questo "spallonaggio" silenzioso, che non sposta fisicamente denaro ma lo materializza a destinazione, frequente per chi muove in nero fino a 1, 2 milioni di euro, oscillano tra il 2 e il 5% e sono pagate "alla fonte".
www.superando.it - 27 dicembre 2011
“No a questa superficialità nella formazione dei docenti per il sostegno!”
░ Riportiamo le considerazioni di Salvatore Nocera, come pubblicate da Press-IN (anno III/n.3349) Progetto Lettura Agevolata, Comune di Venezia.
Niente laurea specifica in Scienze della Formazione e nemmeno il possesso di un titolo di specializzazione in attività di sostegno, oltre a una differenziazione di punteggi rispetto alle esperienze svolte nel settore, che lascia quanto meno perplessi: e così il vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) Salvatore Nocera - ritenendo una tale superficialità nella formazione dei futuri docenti per il sostegno lesiva della qualità dell'inclusione scolastica - scrive ai responsabili dell'Agenzia Nazionale dello Sviluppo per l'Autonomia Scolastica e ai referenti del Ministero, per chiedere di rivedere almeno nei punti evidenziati quel recente bando sulla «creazione di graduatorie regionali di tutor per i corsi inerenti il progetto di riqualificazione/riconversione professionale sul sostegno». «Le Associazioni di persone con disabilità non sono disponibili ad accettare una tale superficialità nella formazione dei futuri docenti per il sostegno»: questo il commento di Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) e responsabile del Settore Legale dell'Osservatorio Scolastico dell'AIPD (Associazione Italiana Persone Down), dopo avere esaminato il recente Decreto n. 273 dell'ANSAS (Agenzia Nazionale dello Sviluppo per l'Autonomia Scolastica, ex INDIRE), prodotto il 12 dicembre scorso e avente come scopo «la creazione di graduatorie regionali di tutor per i corsi inerenti il progetto di riqualificazione/riconversione professionale sul sostegno». Per questo, dunque, lo stesso Nocera ha inviato nei giorni scorsi al direttore generale dell'ANSAS - ma anche ai vari altri referenti ministeriali coinvolti - una lettera in cui ha ulteriormente sottolineato come alcuni aspetti di quel Decreto, «ad avviso delle Associazioni che rappresento, siano profondamente lesivi della qualità dell'inclusione scolastica». In particolare, tale rilievo si riferisce agli articoli 3 e 5 del documento. Scrive infatti il vicepresidente della FISH che «il Decreto in oggetto - che deve selezionare tutor per la specializzazione per il sostegno all'inclusione scolastica - stranamente all'art. 3 tra i requisiti posseduti non richiede una laurea specifica in Scienze della Formazione, ma una qualunque laurea. Inoltre non è richiesto neppure il possesso del titolo di specializzazione in attività di sostegno». Guardando poi all'articolo 5, «lascia pure perplessi - aggiunge Nocera - la differenziazione di punteggio attribuito al punto Esperienze nel settore. Infatti, viene attribuito fino a un massimo di 3 punti per ogni anno di insegnamento sul sostegno nelle scuole secondarie (indifferente con o senza titolo di specializzazione); fino a un massimo di 2 punti per ogni anno di insegnamento su sostegno nelle scuole primarie e nessun punto per chi ha svolto attività di insegnamento sul sostegno nella scuola dell'infanzia. Ci si chiede quale sia la ratio alla base di questa differenziazione, la quale, a mio avviso, offre il fianco a sicuro contenzioso per disparità ingiustificata di trattamento». La richiesta conclusiva, quindi, espressa con toni quanto mai perentori, è quella di rivedere il bando, almeno nei tre punti segnalati. (S.B.)