La tecnica della scuola – 10 agosto 2012
“Valutazione delle scuole: arriva il regolamento”.
░ Le scuole dovranno attivare procedure di autovalutazione. Previste visite di nuclei esterni e attività di miglioramento monitorate dall'Invalsi.
Dopo più di un anno e mezzo prende avvio il percorso previsto dal decreto legge “mille proroghe” del dicembre 2010 che prevedeva l’emanazione di un nuovo regolamento del sistema nazionale di valutazione. Nel corso del Consiglio dei Ministri convocato per venerdì 10 agosto, il ministro Francesco Profumo presenterà infatti lo schema di Regolamento sulla materia. L’articolo 6 dello schema di regolamento prevede per le istituzioni scolastiche diverse procedure valutative. La prima riguarderà l’autovalutazione che dovrà partire dalla analisi e dalla verifica del proprio servizio sulla base dei dati resi disponibili da sistema informativo del Ministero oltre che dalle rilevazioni sugli apprendimenti e dalle elaborazioni relative al “valore aggiunto” individuato dall’Invalsi (non si esclude ovviamente il riferimento a ulteriori elementi significativi individuati dalla scuola stessa). La seconda concerne invece la valutazione esterna, a partire dalla individuazione delle situazioni da sottoporre a verifica sulla base di indicatori di efficacia ed efficienza definiti dall’Invalsi. Ogni anno appositi nuclei di valutazione, formati da un ispettore tecnico e due esperti designati dall’Invalsi, potranno visitare le scuole (si parla di 400 istituzioni scolastiche) anche allo scopo di aiutare dirigenti scolastici e organi collegiali a mettere a punto eventuali piani di miglioramento. Dopo il varo previsto, come si è detto, per la giornata del 10 agosto, il provvedimento dovrà ancora superare diversi esami (parere del CNPI, della Conferenza Stato-Regioni, del Consiglio di Stato oltre che delle Commissioni parlamentari) per essere infine adottato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri. Nella migliore delle ipotesi il Regolamento potrebbe entrare in vigore il prossimo autunno. L’avvio del procedimento di approvazione del decreto è passato per ora un po’ sotto silenzio, ma non è difficile prevedere che con la riapertura dell’anno scolastico le polemiche non mancheranno.
ItaliaOggi – 10 agosto 2012
“Niente più premi ai prof. Controriforma di Profumo”.
░ La valutazione del sistema scolastico non comporterà, per le scuole o per i singoli docenti,penalizzazioni né premi. E’ questa la linea proposta (10 agosto) dal Ministro Profumo al Consiglio dei Ministri e che passa ora al vaglio del Consiglio di Stato.
Un nucleo di esperti-osservatori che saranno inviati, sotto l'indirizzo e il coordinamento dell'Invalsi, l'istituto nazionale di valutazione, nelle scuole per capire e individuare i miglioramenti possibili, sia nella didattica che nella gestione amministrativa. Gli esperti saranno individuati dal ministero in un secondo momento. Ma non ci sarà nessuna penalizzazione per chi rende di meno, così come nessun premio a chi eccelle. Perché la retromarcia rispetto ai 4 proclami di meritocrazia del precedente governo ? Premiare il merito è stato il vessillo degli ex ministri della funzione pubblica, Renato Brunetta, e dell'istruzione, Mariastella Gelmini, (molto) prima ancora di Luigi Berlinguer, che da ministro di sinistra fu costretto a dimettersi a causa delle proteste di piazza contro il cosiddetto concorsone, che prevedeva un aumento di stipendio per chi superava una selezione periodica. Nei fatti tutti, a destra e a sinistra, hanno provato quanto sia difficile valutare le performance del personale e delle scuole, perché mancano indicatori certi e scientificamente validi, perché i sindacati sono tradizionalmente contrari a sottrarre competenze al contratto rispetto a strumenti privatistici di valutazione; e perché poi differenziare i salari dei docenti, così come le entrate delle scuole, richiederebbe maggiori investimenti e non invece, come capita i tempi di crisi, riduzioni di spesa. La Gelmini aveva avviato due sperimentazioni. Quella dei prof è morta dopo neanche un anno. La seconda, valutare le scuole, andrà avanti fino a scadenza naturale. La nuova valutazione messa sul piatto dal ministro Francesco Profumo si articola nell'autovalutazione della scuola e nella rilevazione affidata a osservatori esterni. Un modello, quello degli osservatori esterni, che in Usa sta sperimentando, pare con buoni esiti, la fondazione di Bill Gates.
la Repubblica – 10 agosto 2012
“Per mia figlia in sedia a rotelle lo studio è diventato la vita”
░ Parla la mamma della ragazza rifiutata dalle Università.
Non che “da grande” debba fare per forza la psicologa, ma Rosanna ci tiene tanto ad approfondire quelle nozioni. «Lei ha scelto psicologia perché deve capire la mente umana», sorride Mimma, 47 anni, da 45 al fianco di sua figlia, nell’abitazione di Ruvo di Puglia. La storia di Rosanna Lovino, 19 enne con gravi disabilità, pubblicata ieri da Repubblica, ha rimbalzato in buona parte degli Atenei italiani, per tornare a Bari, dove fanno sapere che la neodiplomata è bene accetta. Attaccata a un respiratore, ad elevato rischio di contrarre infezioni e impossibilitata a uscire di casa, Rosanna ha fame di sapere. «A tre anni e mezzo conosceva la geometria — racconta mamma Mimma — Durante il suo ricovero durato un anno e mezzo in Rianimazione ad Andria e cominciato quando aveva solo 20 mesi, tutti noi le abbiamo insegnato qualcosa ». A un anno e mezzo, infatti, si sono palesati i segni di una gravissima patologia, molto rara nel sud Italia, che le impedisce la crescita corporea ma che lascia fortunatamente integro e perfettamente funzionante il cervello: «Entrava il medico e le insegnava una cosa, poi andavo io e facevo la stessa cosa — ricorda Mimma — poi l’infermiere le leggeva le poesie, a tre anni e mezzo è stata la volta delle figure geometriche, quando sapeva già leggere perfettamente». Il metodo basato sull’utilizzo di una webcam collegata con l’aula scolastica è stato inaugurato quando ha raggiunto la prima importante soglia delle elementari. «Sono 13 anni che studia così, era certa che all’università non ci sarebbero stati problemi — racconta la sua mamma — Ne ha fatte tante, poi quando ha avuto le risposte negative dagli Atenei è entrata nello sconforto, ha detto “non faccio più nulla”. Ma poi era sempre lei stessa a ribellarsi: “ma perché non devo fare psicologia?” ». Ieri le numerose offerte, magari non proprio spontanee, ma importanti. «Non se l’aspettava, è contenta, ha detto: “Mamma, non è tutto perso, posso realizzare il mio sogno”. Il suo sogno è studiare, lei non può uscire come tutti gli altri, lo studio per lei è tutto ». In posizione sdraiata tutto il giorno, tranne quando mangia (sta seduta), surriscalda il suo computer al quale trasmette comandi con una tastiera facilitata dotata di due mouse: uno in mano che fa da puntatore, l’altro cliccato con l’alluce. E adesso Rosanna può scegliere se frequentare le diverse Università telematiche che le hanno scritto ieri, quella dell’Aquila o di Chieti — Pescara. O l’Università di Bari che, tiene a precisare, non è stata mai contattata dalla studentessa: «Qualora intendesse iscriversi al corso di Scienze e Tecniche psicologiche (attivo presso la Facoltà di Scienze della Formazione) — fanno sapere — l’Ateneo non avrebbe alcuna difficoltà ad accoglierla. Verrebbero studiate le misure atte a garantire ogni opportunità come oramai da alcuni anni si opera nei confronti degli studenti diversamente abili che sono circa 700, affetti dalle più diverse patologie. È infatti attivo un ufficio ad hoc, guidato da un docente delegato alle diverse abilità presso il quale discutere di tutti i problemi legati alle necessità dei singoli, anche quelli affetti dalle patologie più invalidanti». «Adesso vediamo — ride ancora mamma Mimma — Rosanna non programma mai niente».
La tecnica della scuola – 11 agosto 2012
“Tfa, gli esperti del Miur ammettono gli errori: è boom di ripescati!”.
░ Conclusa la supervisione delle commissioni di docenti universitari convocate per verificare l’esattezza dei 60 quesiti proposti per ogni disciplina. Sul sito del Cineca gli elenchi domande corrette e i nuovi punteggi dei candidati ammessi: grazie al nuovo “bonus” moltissimi partecipanti inizialmente esclusi si ritrovano ora ammessi. Una soluzione che fa comodo anche agli atenei. (di Alessandro Giuliani).
Sono bastati pochi giorni alle varie commissioni di docenti universitari nominate del ministero dell’Istruzione per verificare la correttezza scientifica dei test delle prove nazionali di preselezione ai Corsi di Tfa: pochi minuti fa il Cineca, cui il Miur ha affidato il coordinamento delle discusse preselezioni che in alcune discipline (Filosofia, psicologie e scienze dell’educazione e Francese) hanno visto passare appena il 3% di partecipanti ha pubblicato l’esito del lavoro di supervisione. “Ciascun docente – si legge in un comunicato di viale Trasevere - ha rivisto le domande della disciplina di sua competenza ed ha riportato i risultati del suo lavoro su un format in cui figura il numero delle domande riconosciute non corrette, l'esposizione dell'errore contenuto nella domanda e/o nelle risposte, la matrice corretta ove possibile”. Nel report conclusivo sono contenuti gli elenchi delle domande riconosciute non corrette, per ciascuna classe di concorso, assieme all'elenco dei punteggi assegnati ai candidati che hanno sostenuto la prova. Da una prima ricognizione, si evince che le tante lamentele dei corsisti (per la presenza di refusi, domande mal poste, presenza di più risposte esatte, errori materiali, ecc.) hanno avuto effetto. Tanto che in alcune discipline risultano almeno una decina di domande dubbie Nella A035 e nella A060 se ne contano addirittura 25!... Il Miur ha così scongiurato un danno d'immagine ed economico non indifferente. Un deficit, quest'ultimo, che sarebbe ricaduto tutto sugli atenei che avevano già predisposto la macchina organizzativa e che contavano sulla quota di partecipazione dei corsisti tutt'altro che simbolica: tra i 2.200 ed i 3.100 euro ciascuno. E siccome a correggere le prove sono stati proprio i docenti universitari il cerchio non poteva che chiudersi in questo modo.
Tuttoscuola – 11 agosto 2012
“Un sistema di valutazione a tre teste”.
░ Iniziata, in Consiglio dei Ministri la procedura di adozione del nuovo modello di valutazione del sistema scolastico; rimandata l’approvazione.
Su proposta del ministro dell'istruzione Francesco Profumo, il consiglio dei Ministri ha avviato l'esame preliminare di uno schema di decreto che contiene la riforma delle regole attuali. Il nuovo sistema si baserà su tre 'gambe', in linea con quanto aveva ipotizzato l'ex ministro Gelmini: l'Invalsi, l'istituto che attualmente si occupa di rilevare gli apprendimenti degli studenti, l'Indire (l’attuale Ansas- agenzia per lo sviluppo dell'autonomia scolastica), gli ispettori, che faranno parte dei nuclei di valutazione che si recheranno nelle scuole. Inoltre le scuole seguiranno procedure di autovalutazione. Almeno ogni tre anni il ministro dell'Istruzione dovrà indicare le priorità "strategiche" della valutazione del sistema educativo di cui l'invalsi dovrà tenere conto. Nella sede dell'istituto verrà insediata (senza oneri aggiuntivi) una conferenza di coordinamento del nuovi sistema di valutazione…. Per la prima volta l’Invalsi analizzerà il valore aggiunto degli istituti, ovvero il grado di miglioramento conseguito dagli studenti fra l'ingresso e l'uscita da una data scuola.
LA STAMPA.IT – 11 agosto 2012
“Una rivoluzione nella scuola Test per tutti, dati pubblicati”.
░ La procedura che rivoluzionerà la valutazione delle scuole è appena agli inizi: ieri il consiglio dei ministri ha effettuato la prima lettura del regolamento messo a punto dal Miur. Il testo dovrà poi ottenere il via libera del Consiglio di Stato, delle commissioni competenti e poi tornare a Palazzo Chigi per la lettura definitiva. (di Flavia Amabile).
Il regolamento è formato da sette articoli e una condizione più volte ripetuta nel testo: non ci sarà alcun aggravio di spese, il nuovo apparato sarà varato a risorse invariate…. Il regolamento prevede la nascita del Sistema nazionale di valutazione formato dall’Invalsi, dall’Indire e da un nucleo di ispettori interni al Miur ma anche esterni, reclutati dalla società civile, dal mondo delle università, degli enti di ricerca, delle associazioni professionali. Almeno ogni tre anni il ministro dell’Istruzione dovrà indicare le priorità «strategiche» della valutazione del sistema educativo. Nella sede dell’Invalsi verrà insediata una conferenza di coordinamento del nuovi Sistema di valutazione. Anche in questo caso a costo zero. L’Invalsi avrà il compito di fare da capofila e coordinare l’intero sistema, definendo il programma delle visite nelle scuole, gli indicatori di efficienza e di efficacia sulla base dei quali le scuole verranno valutate. L’Indire si occuperà della ricerca, innovazione e formazione mentre gli ispettori effettueranno le valutazioni e le visite nelle scuole. Per le scuole il processo prevede innanzitutto l’autovalutazione, quindi una valutazione esterna, la messa a punto di miglioramenti per aumentare le loro performances e la pubblicazione e la diffusione dei risultati raggiunti.
CORRIERE DELLA SERA – 11 agosto 2012
“Le pagelle anche per le scuole Un nuovo sistema di valutazione”.
░ Ispezioni con gli esperti e dossier autoprodotti dagli istituti.
Ora anche alle scuole verranno date le pagelle. Lo stabilisce il «regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione», ieri in prima lettura al Consiglio dei ministri, che introdurrà di fatto esami e voti anche per docenti e dirigenti scolastici. Il nuovo sistema elaborato dal ministero dell'Istruzione si baserà su tre elementi: l'Invalsi, l'istituto che attualmente si occupa di rilevare gli apprendimenti degli studenti attraverso i famigerati test; l'Indire, che invece segue la formazione degli insegnanti; il nucleo di valutazione esterna. L'Invalsi avrà il ruolo chiave di tutto il sistema e definirà gli indicatori di efficienza a cui le scuole e i loro dirigenti dovranno rispondere, oltre a redigere un rapporto periodico sul sistema scolastico (in modo da consentire anche una comparazione su base internazionale). È come se anche il personale della scuola, e soprattutto i suoi responsabili, dovessero «fare bene i compiti» per poter poi ottenere «buoni voti», cioè risultati positivi, al momento dell'«interrogazione», ovvero dell'ispezione. Il regolamento prova dunque a far cambiare mentalità ai responsabili scolastici, che dovranno abituarsi a fare «autovalutazione», elaborando periodicamente un rapporto in base alle indicazioni dell'Invalsi. E poi dovranno sottoporsi alle ispezioni: un dirigente tecnico (l'ispettore vero e proprio) e due esperti selezionati dall'Invalsi valuteranno come la scuola sta provando a raggiungere gli obiettivi dichiarati, prendendo in considerazione anche il «valore aggiunto» degli istituti, ovvero il grado di miglioramento conseguito dagli studenti fra l'ingresso e l'uscita. Se un ragazzo entra con un basso punteggio Invalsi, e ne esce con uno alto, significa che la scuola funziona bene. Il «voto» dato dal nucleo di valutazione sarà importante per spronare la scuola a migliorare i punti deboli della gestione, ma influirà anche sul premio di produzione dato ai dirigenti scolastici. Perché il dirigente della scuola che esibisce una performance deludente, non avrà il suo bonus economico. Importante anche il ruolo dell'Indire, che dovrà sostenere i «processi di innovazione» delle scuole, favorendo l'uso delle nuove tecnologie in ambito didattico. Quanto costerà tutta questa rivoluzione? Niente, visto che il ministero dell'Istruzione ha introdotto diverse clausole per specificare che la valutazione si fa «nell'ambito delle risorse disponibili»….
La tecnica della scuola – 13 agosto 2012
“Tfa, la soluzione buonista del Muir non piace: in tanti si dicono danneggiati”.
░ Nelle intenzioni di viale Trastevere il “bonus” doveva essere un’ammissione di colpa utile a spazzare via le polemiche Ma c'è chi parla di ulteriore superficialità e pressapochismo. Chi di “pasticcio su pasticcio”. Chi di palese interesse ad avere iscritti, chi di illecito cambiamento delle regole in corsa, che ha fatto decuplicare gli ammessi. In arrivo un’altra ondata di ricorsi ? (di Alessandro Giuliani).
La soluzione lampo di manica larga, adottata dal ministero dell’Istruzione per chiudere in fretta la coda di polemiche venutesi a creare a seguito della “strage” di candidati ai Tfa normali, non sembra aver sortito gli effetti sperati. A 48 ore dalla pubblicazione delle nuove graduatorie, frutto dell’abbuono di un alta percentuale di domande (dubbie, mal fatte, con refusi, sbagliate, ecc.) individuate dalle 48 commissione di docenti universitari incaricate dal Miur, una per ogni classi di concorso per la quale si sono istituiti i corsi, assistiamo ad un fiorire di proteste e di critiche. Formulate dai diretti interessati alla selezione….. Secondo diversi aspiranti docenti il problema è che si è esagerato, rendendo di punto in bianco corretti anche più di 20 quesiti. Come nel caso dei corsi abilitanti per la A036, che senza l’intervento del 10 agosto non sarebbero mai partiti in ben otto atenei. Ed in altri più di dieci avrebbero al massimo due corsisti…. Molti dicono di sentirsi presi “in giro da questa decisione”, si sentono “danneggiati in quanto le selezioni per l'accesso al TFA sono a numero chiuso, e così facendo” ora rischiano “di ottenere un punteggio inferiore e magari non sufficiente rispetto ad altri candidati meno meritevoli”. Per questo, qualora non dovessero essere ammessi ai corsi, si riservano di “ricorrere contro questa decisione per vie legali”. Un rischio, quello del ricorso di massa, che per come si erano messe le cose il Miur avrebbe corso in ogni caso: anche non intervenendo. Almeno, però, in questo modo (inserendo i bonus) molti Tfa potranno essere avviati. Una differenza non da poco. Soprattutto per i candidati ripescati. E le università, sino a due giorni fa rimaste orfane di iscritti prima ancora di partire.
www. Flcgil - 13 agosto 2012
“Appunti sui docenti inidonei”.
░ Assurda la decisione che il Governo ha preso sui docenti inidonei.
Attualmente circa 3500 docenti, poco più del 2% degli insegnanti della scuola pubblica, sono inidonei all’insegnamento e idonei ad altri compiti. Non vanno in classe, ma possono fare tutto il resto che fa un docente. Che non è poco. Basta pensare alla programmazione e all’approfondimento della didattica, alle attività connesse all’insegnamento, alle cosiddette funzioni strumentali. La cura della biblioteca, dei laboratori, l’organizzazione delle visite istruttive e delle attività di orientamento, l’organizzazione delle prove di ingresso, di esami, i test Invalsi. Anche nelle segreterie delle scuole come interfaccia tra amministrativi e colleghi docenti. E tante altre ancora. La scuola è un’organizzazione complessa che richiede molteplici figure anche nello specifico settore didattico. Poi, si sa, anche tra i docenti inidonei ci sono quelli più capaci e disponibili e quelli meno; tra le scuole che li accolgono ci sono quelle più aperte per loro cultura organizzativa a questo apporto un po’ originale di “docenti che non insegnano” e quelle rigide nella divisione dei compiti e quindi più restie a questa novità; soprattutto ci sono le oggettive condizioni di salute con le quali si devono confrontare i docenti inidonei e le scuole nelle quali operano, che si traducono in genere in seri problemi di continuità. Gli inidonei, però, non rinunciano al loro ruolo di docenti: per la preparazione, l’esperienza e gli anni di lavoro. Alla loro funzione di docenti attiene quello che sanno fare e quello che possono continuare a fare. Del resto ne sono convinti tanti pezzi dell’Amministrazione e tante scuole. L’inidoneità in un profilo con l’opportunità di svolgere altri compiti è un istituto di civiltà e di democrazia perché evita la discriminazione di un lavoratore per le sue condizioni di salute; è anche uno strumento pratico e concreto che gli permette di raggiungere i requisiti per la pensione; è, infine, un’opportunità per il luogo di lavoro di poter continuare ad usufruire, sia pure in parte, della professionalità di quel lavoratore. Stupisce perciò che nelle norme relative ai docenti inidonei del decreto trasformato in legge sulla spending review, il governo, il ministro e i sottosegretari alla pubblica istruzione, il parlamento, abbiano spostato in un altro ruolo e in un’altra qualifica tali docenti. Ed è inquietante, per alcuni aspetti, la scelta di farli transitare nei ruoli degli assistenti amministrativi e tecnici delle scuole. Stupisce per i motivi accennati, quelli di legittimità costituzionale, quelli giuridici, etici e di civiltà, e anche per motivi pratici, pensando al contenzioso che si apre. I docenti inidonei sono privati del loro ruolo e retrocessi di qualifica, chiamati a svolgere funzioni amministrative e tecniche per le quali non hanno nessuna preparazione e formazione. Indeboliranno le segreterie e gli uffici tecnici; prenderanno il posto di precari storici non stabilizzati; addirittura, sembra, porteranno il soprannumero nelle nuove qualifiche. Ancora, difficilmente le commissioni mediche riconosceranno agli ormai ex docenti inidonei di essere idonei a fare gli assistenti amministrativi o tecnici; diranno tutt’al più che potranno svolgere solo alcune delle funzioni previste dai nuovi profili, evitando stress psicofisici. … È inquietante infine la visione della scuola sottesa a tali provvedimenti. La scuola è vista come un’organizzazione gerarchica e quasi militare, in cui si passa di grado o si è degradati. Concorsi interni riservati o retrocessioni per motivi vari stanno a dimostrare che non c’è alcun rispetto e alcun approfondimento dei singoli profili, nessuna attenzione per le professionalità che esprimono, nessuna cura per la formazione e l’aggiornamento che richiedono. L’Amministrazione scolastica i precari li caccia via quando vuole, quelli di ruolo li riconverte e li sposta come vuole. Figuriamoci gli inidonei.
l’Unità - 14 agosto 2012
“Il computer non deve schiacciare il libro”.
░ L’autorevole giudizio di Franco Frabboni, con riferimento a un articolo pubblicato su ARTICOLO/33 (il mensile della FLC-CGIL).
Il direttore, Ermanno Detti denincia un dispositivo legislativo che da settembre porterà alla chiusura delle biblioteche scolastiche. Contestualmente, il Ministro dell'istruzione garantisce risorse a go-go per spalmare computer in ogni anfratto delle scuole. No Profumo, così non va. La sua è un'opzione discriminatoria: la lettura e la digitazione vanno tenute in/cordata per permettere ai bambini e ai giovani di conquistare la cima di una cultura diffusa. Siamo per un banco a-due-piazze: perché se precipita il libro, rovina nel burrone anche il computer. Anzitutto, perché libro? Risposta. Ci troviamo a Educare in una stagione storica egemonizzata dal mediatico. Il codice scritto per la sua forza immaginativa ha il compito non di oscurare il video, ma di disinfestare i suoi messaggi di plastica attraverso una fantasia che scorre sì sui binari di "fuga" dalla realtà, ma che dispone anche delle gambe di "ritorno" nella quotidianità: per tingerla di divergenza, lievità, sorriso. Poi, perché il computer? Risposta. La scuola non può rischiare l'analfabetismo informatico. Pena la relegazione a vagone lento dell'odierno convoglio sociale, la cui locomotiva tecnologicoscientifica va in jet, in astronave. Di più. L'informatica riduce i tempi dell'alfabetizzazione/ primaria: dei saperi di base e degli automatismi cognitivi. Assicurando più tempo all'alfabetizzazione/ secondaria: vale a dire, alla costruzione delle forme del pensiero che preservano le conoscenze di lunga durata e che danno le ali all'imparare.
ItaliaOggi - 14 agosto 2012
“La Spending review sbarra la strada alle utilizzazioni”.
░ Prende piede l'ipotesi che l'amministrazione opti per emanare una ordinanza urgente, o di rendere ultrattiva quella dello scorso anno. (di Carlo Forte).
L'entrata in vigore della nuova disciplina del trattamento dei docenti in esubero collide in parte con le disposizioni contenute nell'ipotesi di accordo sulle utilizzazioni. E siccome i contratti non possono più derogare le leggi, la strada per giungere alla sottoscrizione definitiva del contratto, già irta di ostacoli, adesso è tutta in salita. Oltre tutto finché le operazioni di mobilità annuale rimangono in stand by, si ferma anche tutto il resto: immissioni in ruolo e supplenze. Perché la mobilità annuale precede in ogni caso le operazioni di assunzione (si veda l'art.2 del decreto sulle immissioni in ruolo di quest'anno). Dunque, l'ipotesi dell'ordinanza prende piede ogni giorno di più. Sempre che l'amministrazione non decida di dare ultrattività all'ordinanza dell'anno scorso. Ipotesi a dire il vero di dubbia legittimità, ma che sembrerebbe tutt'altro che improbabile. A meno che il contratto sulle utilizzazioni non venga firmato a stretto di posta. L'intoppo è rappresentato fondamentalmente dall'art. 1 della legge 15/2009 (che modifica l'art. 2 del decreto legislativo 15/2009). Che preclude ai contratti collettivi la possibilità di derogare le norme di legge. E quindi, se in un contratto c'è una clausola che collide con una disposizione di legge, l'effetto è che la clausola difforme è nulla e viene automaticamente sostituita dalla disposizione di legge con la quale appare in contrasto. Resta il fatto, però, che questa operazione, in concreto, non è semplice da realizzare. E quindi, per evitare di passare la patata bollente agli uffici periferici delle amministrazioni, con il rischio di interpretazioni non univoche, il legislatore, all'art. 40 del decreto legislativo 2001, ha introdotto una sorta di rimedio preventivo. Vale a dire: il previo controllo del ministero dell'economia e del dipartimento della funzione pubblica circa la compatibilità economica degli accordi integrativi e sulla conformità degli stessi alle disposizioni in vigore. Dunque, un meccanismo perfetto, sulla carta, che però perde efficacia se la procedura di controllo non rispetta i tempi utili per i procedimenti. Ed è proprio quello che sta accadendo per le utilizzazioni e le assegnazioni. Da una parte il ministero dell'istruzione ha impiegato più di un mese solo per predisporre la relazione di accompagnamento e l'invio dell'ipotesi di accordo al mineconomia e alla funzione pubblica. E poi ci si è messo anche il D.L. 95, convertito in legge dalla camera il 7 luglio scorso. Il provvedimento, infatti, prevede che i docenti in esubero incollocabili (i cosiddetti Dop) debbano essere utilizzati anche sulla base del titolo di studio e a prescindere dal possesso dell'abilitazione. E fin qui nulla quaestio, perché la normativa sulle utilizzazioni ha sempre previsto questa cosa (anche se gli uffici periferici sono sempre stati riluttanti a darvi attuazione). Ma se la ricollocazione secondo il titolo di studio non funziona, la legge ora prevede l'utilizzazione sul sostegno ( anche senza titolo di specializzazione, purché l'interessato abbia fatto almeno un corso di formazione specifico). E se nemmeno questa ipotesi funziona, l'utilizzazione su spezzoni. Infine se anche queste tre ipotesi non dovessero funzionare, la legge prevede che il docente debba essere utilizzato, al bisogno, per le supplenze, come se si trattasse di un supplente temporaneo. Queste previsioni collidono apertamente con quanto previsto nell'ipotesi di accordo sulle utilizzazioni e, quindi, il testo non passerà indenne al vaglio di via XX settembre e di Palazzo Vidoni. Oltre tutto, trattandosi di novità assolute, è ragionevole ritenere che gli organi di controllo potrebbero avere bisogno di un po' più di tempo, per gli approfondimenti necessari alla stesura dei rilievi del caso. E ciò rischia di far saltare tutte le scadenze relative alle operazioni di avvio dell'anno scolastico. Che dovrebbero necessariamente concludersi entro il 31 agosto prossimo.
Corriere della sera - 16 agosto 2012
“Né studio né lavoro. Ecco quanto ci costa escludere i giovani”.
░ Una serie di numeri preoccupanti, di fonte D.O.C. Sergio Rizzo spiega, nel confronto Italia-Germania, lo spread “giovani”.
Si fa presto a dire «spread». Perché se fa male ogni volta che il differenziale fra i tassi di rendimento dei nostri Btp e dei bund tedeschi va in orbita, non va certamente meglio con altri confronti. Il più doloroso di tutti, quello che riguarda l’occupazione giovanile. In Germania gli under 30 che lavorano sono 8 milioni 135 mila; in Italia, appena 3 milioni 202 mila. Quasi cinque milioni di meno. Il tasso di occupazione, cioè il rapporto fra i giovani che lavorano e il totale delle persone in quella fascia d’età, è da noi risultato pari, nel primo trimestre dell’anno, al 33,2%, contro il 57,1% dei tedeschi. E’ un dato che forse meglio di qualunque altro spiega l’abisso che separa i nostri due Paesi. Il primo, la Germania, dove i giovani inattivi sono il 36,7%, e il secondo, l’Italia, nel quale sono addirittura il 57,6%: 21 punti in più…. I disoccupati con meno di trent’anni erano in Italia nel 2011… 824 mila: 132 mila in più rispetto alla Germania, che ha però una popolazione del 36% superiore alla nostra. I giovani tedeschi senza lavoro erano dunque pari al 5% di tutti gli abitanti di quella età, contro l’8,7% degli italiani. Ed è una fotografia in costante peggioramento: nel primo trimestre del 2012 siamo già arrivati all’11,1%, mentre la Germania è scesa al 4,7%. Il tasso di disoccupazione rispetto ai giovani italiani attivi è salito quindi al 25,1%; i tedeschi sono al 7,6%. Ancora più preoccupante, però, è il raffronto fra gli «inattivi» che non soltanto non lavorano, ma nemmeno studiano. In Italia sono infatti un milione 425 mila, contro 809 mila in Germania….