Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 2 novembre 2012

www.latecnicadellascuola.it - 26 ottobre 2012
“I diritti non si barattano neppure… per un pugno di euro”
░ Dal Miur giungono le prime rassicurazioni sulla cancellazione della norma contestata, ma finché il testo del DdL “stabilità” non verrà emendato, è meglio continuare a vigilare. (di Andrea Toscano)
Il sottosegretario Rossi Doria… forse ha fatto ancora una volta… il supplente del ministro Profumo, che rimane sempre piuttosto “silenzioso” e defilato in questo momento di “mare in tempesta”. Ma il sottosegretario ha anche detto, precedentemente, che sarebbe auspicabile che il modello delle scuole elementari possa essere esteso alle secondarie: una parte dell’orario da contratto deve essere previsto per la programmazione didattica, per i rapporti con le famiglie, per i collegi, per il lavoro di recupero delle carenze formative e di promozione delle eccellenze…. Parlando di orario di servizio nella scuola primaria, però, va chiarito che l’organizzazione didattica e del rapporto tra istituto scolastico e famiglie è differente dalla scuola secondaria (e con tutto il rispetto correggere un tema di italiano e/o preparare la lezione in una classe della primaria non sono la stessa cosa che farlo nella scuola superiore). Se poi vogliamo parlare di tutti i docenti che operano nel settore dell’istruzione, allineandoli tutti insieme anche nelle ore di cattedra, allora perché non fare riferimento anche ai docenti universitari e valutare le loro ore di servizio (alcuni delegano anche esami e lezioni agli assistenti): ma capisco che in quel settore è difficile “fare la voce grossa”. Le 18 ore svolte in classe - come ben sa chi opera nella scuola, ma forse non l’opinione pubblica a cui a volte si vuol far credere altro - rappresentano solo una parte del lavoro dei docenti; da tempo i contratti hanno definito gli obblighi di servizio e accanto all'orario di cattedra è previsto un consistente impegno in orario extrascolastico che riguarda attività funzionali alla prestazione di insegnamento; e le attività da assolvere sono molteplici: correzione dei compiti, preparazione delle lezioni dei giorni successivi, impegni per consigli di classe (e se avranno più ore di servizio avranno anche più classi e quindi più consigli di classe), riunioni dipartimentali, del collegio docenti, incontri con le famiglie. E poi compilazione dei verbali, programmazioni, corsi di recupero durante l'anno. … E basta con i soliti luoghi comuni come, ad esempio, quello secondo cui gli insegnanti italiani fanno tre mesi di vacanze estive. In realtà, a fine anno scolastico oltre agli scrutini delle varie classi ci sono poi gli esami di Stato (di scuola media o di “maturità”), i corsi di recupero per i debiti formativi e le relative verifiche che si protraggono quasi a fine luglio (quindi, praticamente, ferie solo nel mese di agosto, quando tra l'altro fare una vacanza, per chi se la può permettere, costa sicuramente di più). Se comunque il Ministro non conosce bene la scuola, provenendo da ambienti accademici, studi o se preferisce “faccia i compiti”, come è solito dire il Premier … quando, andando a Bruxelles a portare il “menù” dei vari “salva italia”, “spending rewiev”, ecc. ecc., dice che “l’Europa ci chiede di fare i compiti”, sinora per la verità meglio definibili come autentiche “mazzate”! Magari usando il buon vecchio “pallottoliere” (utile anche per qualche collega di Governo: vedasi calcoli errati sugli “esodati”), altro che tablet e Lim: l’innovazione tecnologica è di grande importanza, ma purtroppo la realtà ci riporta a scuole prive di mezzi economici, con bilanci “in rosso”…
Dopo i sacrifici e i “tagli”, nel “barile” della scuola non c’è più niente da raschiare. E se proprio si doveva risparmiare lo si poteva fare evitando un concorso organizzato frettolosamente, che scontenta i precari, consente di concorrere a laureati (entro un certo anno) che non hanno mai fatto un giorno di lezione ed estromette i giovani …

http://scuolanapoletana.blog.kataweb.it/ - 27 ottobre 2012
“Progetti in crisi”
░ I sogni dei nostri ragazzi s’infrangono ogni giorno contro il muro della realtà: una condizione di ridotti diritti fondamentali: lavoro, welfare; i loro progetti si ridimensionano. (Francesco Buccino)
Le scuole, naturali interpreti dei loro sogni e delle loro aspirazioni, assistono sgomente a questa metamorfosi: i giovani da animatori e protagonisti del cambiamento a spettatori inerti e vittime di questa strana stagione politica e sociale. Nella quale si è deciso di uscire dalla spaventosa crisi economica, salvando pochi e condannando molti… L’onda lunga delle “riforme Gelmini” continua a tagliare in contemporanea materie di studio, ore di lezione e insegnanti; i docenti in esubero prendono il posto dei precari e vengono riconvertiti senza entusiasmo sul sostegno, mentre il fondo per il funzionamento delle scuole è ridotto al lumicino. Il governo in carica porta fuori strada con inverosimili discorsi sul merito e problematici concorsi nella scuola; poi, di tanto in tanto, le assesta colpi micidiali, come l’orario dei docenti della secondaria da diciotto a ventiquattro ore. Per via delle proteste fa marcia indietro. Ma se i docenti di ruolo tirano un sospiro di sollievo, i precari, quelli sopravvissuti alla strage, tremano. Perché le operazioni devono essere “a saldi invariati”: qualcuno deve pagare….. Le scuole del sud, come quelle napoletane, già rimaste vistosamente indietro, con la crisi di questi anni e le sciagurate politiche scolastiche che l’accompagnano, hanno perso ogni speranza di recuperare posizioni, di ottenere edifici adeguati e sicuri, palestre e laboratori, classi a tempo pieno, interventi sostanziosi degli enti locali a loro volta in affanno per i tagli che subiscono. I loro alunni continuano ad occupare gli ultimi posti per prestazioni e rendimento, e alle regioni meridionali tocca il triste primato della dispersione scolastica. È chiaro a tutti come affrontare e risolvere i problemi delle scuole a Napoli e nel mezzogiorno: facendo con coraggio significativi investimenti. Solo il governo la pensa diversamente; vuole combattere la dispersione finanziando con i fondi europei progetti capaci di produrre “prototipi” da generalizzare successivamente in tutta Italia. Come si sa, nel mezzogiorno e nella scuola il termine “progetto” ha cambiato completamente significato, è diventato un’azione a termine che riceve uno specifico finanziamento, un modo per recuperare dei soldi, per far lavorare per un po’ qualcuno. Che finito il finanziamento quell’azione virtuosa possa continuare non ci crede nessuno, né chi la fa, né chi la finanzia.

www.huffingtonpost.it - 29 ottobre 2012
“La casta degli insegnanti e le 24 ore”
░ Suor mariarita Falco si è provata a fare un poco di conti.
Quante ore fa davvero un docente? Un conticino che propongo al ministro Profumo. Nella scuola italiana, ad una singola disciplina competono in media 3 ore settimanali di lezione, quindi il docente con 18 ore di cattedra ha di solito 6 discipline da insegnare. Ad esempio la cattedra di matematica e fisica allo scientifico comporta tre corsi di fisica e tre di matematica. La grande maggioranza delle discipline richiede lo scritto: tre scritti a quadrimestre, per un totale di 3x6=18 compiti in classe a quadrimestre. Il compito va pensato, scritto, e stampato e gli esercizi verificati: non meno di un'ora di lavoro a compito, per un totale di 18 ore a quadrimestre per la preparazione. Consideriamo ora un numero di 25 alunni per classe, si avranno 18x25=450 elaborati da correggere a quadrimestre (900 all'anno!). Quanto tempo occorre per correggere un elaborato? Impossibile farlo in meno di un quarto d'ora, fra interpretare il lavoro dello studente, scrivere delle correzioni che siano proficue per il ragazzo, pensare al voto ed al giudizio e riportarlo sul registro. Facciamo il conto in minuti: 450x15=6750minuti = 112 ore. Quindi considerato che in un quadrimestre ci sono 16 settimane circa, sommando le 18 ore per la preparazione dei compiti abbiamo 112+18=130, cioè 130/16=8 ore a settimana di lavoro a casa dedicato ai compiti in classe. Veniamo alle lezioni. Possiamo stimare che in media due terzi del tempo in classe sia dedicato alla spiegazione ed un terzo alle interrogazioni. Avremo quindi 12 ore di lezioni frontali a settimana da preparare a casa. Quanto tempo occorre? La risposta varia molto a seconda dell'argomento, della materia, dell'anzianità del docente. Una media ragionevole potrebbe essere tre quarti d'ora di preparazione per ognuna delle 12 ore frontale, totale 9 ore a settimana. Veniamo al ricevimento genitori: mediamente un'ora a settimana nella mia scuola, se contiamo anche i due pomeriggi pieni all'anno di quattro ore ciascuno. Poi ci sono le ore da dedicare ai consigli di classe, ai collegi docenti, le riunioni dei dipartimenti, tempi quantificati dal contratto: sono 80 ore in tutto, vale a dire se dividiamo per i mesi dell'anno scolastico sono 10 al mese, cioè 2 a settimana o poco più;. E' il momento delle somme:18 frontali + 8 compiti in classe + 9 preparazione + 1 ricevimento + 2 riunioni = 38 ore a settimana TA-DAAH ! il docente lavora 38 ore a settimana ed è pagato 1300 euro al mese. Chiaramente è una stima per difetto perché lascia fuori cento altre cose: gli scrutini (tre all'anno, esclusi dalle 80 ore di cui prima), le ore di buco che comunque vincolano a scuola, i 5 minuti prima dell'inizio della lezione in cui dev'essere in classe (moltiplicate per 200 giorni), il lavoro per scrivere i pagellini e scrivere le pagelle con le medie, scrivere i verbali delle riunioni, scrivere la programmazione ad inizio anno, scrivere il programma svolto a fine anno, scrivere le relazioni (una per classe e per materia), scrivere le relazioni per gli alunni che hanno i corsi di recupero, preparare e correggere i test per i corsi di recupero (sia primo che secondo quadrimestre), scrivere il documento della quinta classe per l'esame, scrivere i giudizi, uno per alunno, in quinta classe, correggere i test Invalsi, essere convocati dal preside, preparare e correggere i test d'ingresso per le classi prime e terze, e se si hanno alunni portatori di handicap o con Dsa, viene richiesto lavoro aggiuntivo per elaborare piani di studio personalizzati e riunioni del Glh. Ed ancora: scrivere le presentazioni per gli alunni che vanno all'Università all'estero, fare gli esami agli alunni che sono tornati da un anno all'estero (con preparazione di altri scritti e relativa correzione), esaminare gli alunni che hanno chiesto trasferimento da un'altra classe o da un altro corso di studi, riunirsi per decidere di questi trasferimenti, incontrare fuori orario gli alunni di quinta per aiutarli a preparare la tesina per l'esame di stato, tenere aggiornato il registro personale, trascrivere le assenze degli alunni nei registri generali da usare in sede di scrutinio, preparare le esperienze di laboratorio e correggerle; e la lista, come ben sa ogni collega, è ancora molto lunga….

ItaliaOggi.org - 30 ottobre 2012
“Digital revolution, paga la famiglia”
░ La scoperta nel decreto legge sulla Crescita 2.0. Novità per libri di testo e scuole a distanza. L'acquisto dei tablet utili a scuola sarà a carico degli studenti (di Mario D'Adamo).
Il prossimo anno scolastico i libri di testo delle superiori dovranno essere in formato digitale o misto ma sarà difficile che le famiglie possano averne dei risparmi. Già, perché oltre alla dotazione libraria i genitori dovranno acquistare anche i supporti tecnologici necessari per usufruire a scuola dei contenuti digitali integrativi dei libri di testo. È uno dei capitoli dell'agenda digitale in materia di istruzione, definita nel decreto legge n. 179 del 18 ottobre scorso, detto digitalia, ovvero crescita 2.0, approvato in consiglio dei ministri il 4 ottobre ma pubblicato in Gazzetta ufficiale due settimane dopo, il 19 ottobre…. Il provvedimento è all'esame del senato. Già dal prossimo anno scolastico 2013/2014 nelle scuole superiori si dovranno utilizzare libri di testo in versione digitale o mista, quest'ultima costituita da un testo in formato elettronico o cartaceo e da contenuti digitali integrativi accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto. La parte cartacea si limiterà così ad affrontare gli argomenti e i concetti essenziali delle discipline, riducendo peso e foliazione e lasciando ai contenuti digitali i compiti di arricchimento, verifica e approfondimento. …. la digitalizzazione dei libri di testo resta a carico delle famiglie, almeno per quella parte non coperta dalla varie provvidenze regionali e dal comodato. Per l'introduzione dell'obbligo della versione digitale o mista dei libri di testo anche nelle scuole del primo ciclo, primarie e secondarie di primo grado, si dovrà attendere il 2014/2015. Si tratta, nell'uno e nell'altro caso, di un ritardo rispetto al decreto Brunetta n. 112 del 2008, che ne prevedeva l'introduzione a partire da quest'anno scolastico, ma anche di un miglioramento rispetto alla bozza di decreto legge circolata nel mese di settembre che rinviava tutto all'anno scolastico 2015/2016 e che questo giornale aveva tempestivamente segnalato. L'art. 15 del decreto Brunetta viene riformulato in modo che non ci siano equivoci sui tempi di decorrenza delle adozioni dei libri di testo, nuova versione, giacché le relative operazioni si dovranno svolgere già quest'anno scolastico per il prossimo. E non ci saranno più i vincoli, quinquennale e sessennale, introdotti dal ministro Gelmini, art. 5, ora abrogato, del decreto legge n. 137 del 2008, anche per incoraggiare, è scritto nella relazione al decreto legge 179, «la produzione e la diffusione di contenuti digitali, al momento scarsamente disponibili» e in considerazione del fatto che tali contenuti sono soggetti a rapida obsolescenza. Non è ancora obbligatorio, come si vede, il passaggio alla sola versione digitale dei libri di testo. Si vogliono, infatti, per un verso salvaguardare l'attuale assetto normativo e per l'altro creare gradualmente le condizioni per sostenere i processi di innovazione e indurre gli operatori a preferire la scelta del digitale. … Dal 1° marzo prossimo tutti i procedimenti riguardanti lo stato giuridico ed economico saranno trattati esclusivamente con modalità informatiche e telematiche. E poiché si parla di procedimenti e non solo di provvedimenti, dovranno essere in formato digitale anche le domande e le comunicazioni con le quali il personale della scuola dà l'avvio a un procedimento al fine di ottenere un provvedimento nei suoi confronti (assenze, riconoscimento di servizi a fini diversi, ecc.), e se uno non possiede un personal computer a casa, dovrà utilizzarne uno della scuola dove presta servizio. La dematerializzazione dei procedimenti riguarda anche lo scambio di documenti, dati e informazioni tra le amministrazioni interessate. … Nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile o caratterizzate dalla presenza di alunni con difficoltà di apprendimento e di scolarizzazione, le regioni e gli enti locali possono stipulare convenzioni con il Miur per favorire l'offerta formativa, istituendo centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, attraverso modalità di gestione della didattica che tengano conto dell'utilizzo delle nuove tecnologie per migliorare la qualità dei servizi agli studenti. Tutto ciò in alternativa all'istituzione di classi, che, stando alla relazione, in quelle scuole non sono state finora costituite con meno di otto alunni, anche se le disposizioni sugli organici ne consentirebbero la formazione anche con un unico alunno.

larepubblica.it 31 ottobre 2012
“Quell'altrove culturale dove vivono gli studenti”
░ Di Marco Lodoli.
«Io non esisto più, sono diventata invisibile», mi dice una professoressa con la voce spezzata e gli occhi umidi. «Entro in classe, comincio a spiegare e subito mi accorgo che nessuno mi ascolta. Nessuno, capisci? E così per giorni, mesi, forse per tutto l’anno. La mia voce non gli arriva, parlo e vedo le parole che si dissolvono nell’aria, e dopo un poco mi sembra che anch’io mi dissolvo, resta solo un senso di impotenza, di fallimento». Quante volte negli ultimi anni ho raccolto dai miei colleghi sfoghi di questo genere: professori di lettere, storia, filosofia, arte che si sono ben preparati per la loro lezione e che finiscono a parlare nel vuoto, come radioline lasciate accese in un angolo, e a poco a poco si scaricano, si spengono malinconicamente. Perché accade questo, perché sembrano saltati i ponti e le rive si allontanano sempre di più? A riguardo mi sono fatto un’idea. Finita, esaurita, muta, forse non proprio morta e sepolta ma di sicuro messa in cantina tra le cose che non servono più: la cultura umanista sembra aver concluso il suo ciclo, ai ragazzi non arriva più niente di tutto quel mondo che ha ospitato e educato generazioni e generazioni, che ha prodotto una visione del mondo complessa eppure sempre animata dalla speranza di poter spiegare tutto nel modo più chiaro, adeguato alla mente dell’uomo, alle sue domande, ai suoi timori. Finito, possiamo mettere una pietra sopra alla filosofia greca, alla potenza e all’atto, alla maieutica e all’iperuranio, alla letteratura latina, alla poesia italiana da Petrarca a Luzi, al pensiero cristiano e a quello rinascimentale, con le loro differenze e le loro vicinanze, ai poemi cavallereschi e agli angeli barocchi, all’idealismo tedesco e al simbolismo francese, a Chaplin e Bergman, Visconti e Fellini: è tutto precipitato giù per le scale buie della cantina, tutto scaraventato alla rinfusa nel deposito degli oggetti perduti. … Ma per la mia generazione, e quella di mio padre, e quella di mio nonno – e più indietro non vado – il passato non era un tempo che svaniva insieme ai foglietti del calendario. Certi morti non erano mai morti. Oggi i ragazzi non si voltano più indietro, gli prende subito la tristezza perché alle spalle avvertono solo un cimitero degli elefanti. La vita è adesso, qui e ora, e poi di nuovo qui e ora, e quello che è stato è stato, e tutte le chiacchiere dei vecchi sono fumo nel vento. Il presente si nutre di se stesso, digerisce se stesso e va avanti. L’arte, il pensiero, la letteratura dei secoli andati è lenta, è puro impedimento vitale, ruminamento in epoca di fast food. … Questa è la stagione del desiderio, dell’onnipotenza tecnologica, dei corpi che vanno più veloci del pensiero, è la stagione del disprezzo verso ogni forma di misura, di armonia, di compostezza classica, di ragionamento lento e articolato. … Ma i ragazzi stanno tutti altrove, davanti a qualche schermo acceso, su qualche aereo che vola sul mondo, in un futuro che allegramente, superbamente, se ne frega di ciò che è stato e che non sarà mai più. Non è detto che questo dichiarato disinteresse per la tradizione sia una pura sciagura. Il mondo cambia di continuo, a volte lentamente, per passaggi quasi impercettibili, a volte in modo brusco, in una sola stagione, in un minuto. I nostri ragazzi leggono altri libri, ascoltano altra musica, amano e odiano in un altro modo, ragionano seguendo strade invisibili, …sentono che la vita è altrove e la memoria non basta…
latecnicadellascuola.it 2 novembre 2012
“Nuova batosta sull’autonomia scolastica”
░ Approvato dal Governo un decreto legislativo che impone alle Amministrazioni pubbliche di pagare i fornitori entro 60 giorni. La norma creerà ulteriori difficoltà alle scuole.
Nel corso dell’ultimo Consiglio dei Ministri è stato adottato un decreto legislativo sulle modalità di pagamento che dovranno essere rispettate dalla Pubbliche Amministrazione che potrebbe mettere le istituzioni scolastiche in ulteriore (e forse definitiva) difficoltà. Il decreto, che peraltro recepisce una direttiva europea, era atteso da tempo, ma la novità consiste nel fatto che il Governo ha deciso di anticiparne l’entrata in vigore al 1° gennaio 2013. In pratica d’ora in poi le Pubbliche Amministrazioni (e quindi anche le scuole) avranno l’obbligo di pagare i fornitori entro 60 giorni e ogni clausola contrattuale contraria sarebbe considerata del tutto nulla. Per il momento non si conosce ancora il testo ufficiale del provvedimento ma c’è da pensare che, secondo quanto previsto da norme analoghe approvate negli ultimi mesi, il mancato rispetto delle regole potrà essere imputato ai dirigenti degli uffici pubblici. Per le scuole una norma del genere non potrà che aggravare una situazione finanziaria già molto precaria. Attualmente le scuole riescono a far fronte ai propri impegni contrattuali con fornitori esterni solo nel momento in cui il Ministero accredita concretamente le risorse finanziarie. Ma il fatto è che spesso l’accredito dei fondi avviene con ritardo e, soprattutto, senza scadenze prestabilite. In tal modo per le scuole diventa molto difficile programmare in modo razionale acquisti e forniture. Il risultato sarà inevitabile: poco per volta quello delle istituzioni scolastiche diventerà un “bilancio di cassa” e cesserà di essere un “bilancio di competenza” come è invece ora. In altre parole le scuole potranno assumere impegni di spesa solamente nel momento in cui avranno concretamente i soldi in cassa. In buona sostanza gli unici impegni che potranno essere assunti senza rischiare multe o penali saranno quelli legati ai contributi delle famiglie che, in genere, vengono incassati in concomitanza con la realizzazione delle attività (laboratori extra-curricolari, viaggi di istruzione o attività para-scolastiche).