www.tecnicadellascuola.it – 17 novembre 2012
“La scuola è uguale per tutti? Il Tg2 dimostra di no”
░ Un servizio della redazione Rai TG2 - Dossier mette a confronto l’offerta formativa delle scuole, di quelle del Nord e di quelle del Sud.
Altro che scuola uguale per tutti! Se il panorama scolastico nazionale è problematico, con qualche raro esempio di eccellenza, al Sud la situazione è spesso drammatica e sono gli istituti tecnici e professionali - quelli che dovrebbero formare i giovani per farli entrare subito nel mondo del lavoro - a pagare il prezzo più alto. A cercare di fotografare la sempre più disomogenea situazione dell’istruzione pubblica italiana è stata la redazione Rai di "TG2 - Dossier", che sabato 17 novembre alle 23,30 manderà in onda un lungo servizio dal titolo ‘La scuola non è uguale per tutti’. Nel corso del servizio l’autore si chiede cosa possono avere in comune gli studenti dell’istituto tecnico Pilati di Cles, vicino Trento - aule e palestra impeccabili, registri elettronici, computer portatili in comodato d'uso, auditorium da 500 posti - con i loro coetanei del professionale Marconi di Agrigento, stipati in un garage adibito a scuola con gli scarichi dei bagni dei piani superiori che pendono dal soffitto. La risposta è facile: davvero poco. Insomma, è proprio vero: la scuola in Italia non è uguale per tutti. Neanche per i docenti. Ed ecco un altro esempio davvero significativo. Quello della stazione di Villa Literno, vicino Caserta, dove “tra la folla dei pendolari ci sono insegnanti – ricordano dal Tg2 - che ogni giorno vanno in treno a Roma per essere pronti ad una possibile chiamata per supplenze temporanee. Sono l'emblema del precariato endemico nella scuola italiana”. Poi c’è dell’altro, molto più di attualità. “Col concorso indetto dal governo, il primo dopo molti anni, trecentomila docenti senza cattedra si contenderanno gli undicimila posti a disposizione. Decine di migliaia sopravviveranno con le supplenze. Ma l'istruzione e il lavoro non erano diritti costituzionali?”. Meno male che ogni tanto qualcuno se ne ricorda.
Il Fatto Quotidiano - 17 novembre 2012
“Un corvo al Ministero: “Ricerca. La cricca degli appalti truccati”
░ Il quotidiano ha ricevuto una segnalazione anonima (un centinaio di pagine) che ipotizza comportamenti corrotti, in seno alla Direzione Generale della Ricerca (MIUR), nell’assegnare oltre 6 miliardi di contributi comunitari, 3 miliardi di budget statale e un miliardo l’anno di fondi ordinari per gli enti di ricerca.
Un sistema messo in piedi da una vera e propria “cricca” che, ai piani alti del Miur, avrebbe offerto una sponda sistematica alle truffe…. L’anonimo fa nomi e cognomi di funzionari e collaboratori infedeli, consulenti rapaci, riferisce di tangenti (certo, tutte da dimostrare), scambi di favore, appalti pilotati, assunzioni e consulenze. Tutto per aumentare il valore intrinseco dei progetti e renderli “prioritari” su altri o per bypassare il filtro dell’affidabilità economico-finanziaria delle società proponenti, riammettendo gli stessi progetti bocciati dagli esperti indipendenti incaricati dal ministero. … Ricorrono parentele, amicizie, legami tra professionisti e consulenti in palese conflitto d’interessi, spesso cementati dalle stesse origini calabresi. Spuntano anche i nomi dei più stretti collaboratori dei ministri Gelmini e Profumo, si indicano società in quota a partiti e singoli politici, sulle quali sarebbe caduta una pioggia di quattrini grazie a meccanismi oliati di corruzione e scambio. … La notizia del “corvo” arriva come una doccia fredda al ministero….Il dossier ha subito sollevato l’interesse dei magistrati che stanno indagando sulle truffe con i fondi europei in diverse regioni d’Italia.
Sinergie di Scuola - 18 novembre 2012
“Il ritorno alla vecchia buonuscita”
░ Nata come mensile su carta, la rivista di argomento scolastico Sinergie di Scuola è adesso in versione digitale. Un articolo di Teresa Polsinelli
Si torna al passato, cioè a prima del 1° gennaio 2011. Nonostante la dichiarazione di illegittimità costituzionale, la trattenuta del 2,50% sull’80% della retribuzione resta, ma lo Stato procederà alla riliquidazione secondo le regole più favorevoli della vecchia buonuscita, invece che con quelle meno vantaggiose del Tfr dei lavoratori privati….
È stato un vero e proprio colpo di mano del Governo che, per aggirare quanto deciso dalla Consulta con la sentenza 223, ha deciso di fare un passo indietro, ripristinando la modalità di calcolo della liquidazione disciplinata dalla normativa antecedente la Legge 122/10 (legge Tremonti), vale a dire il DPR 1032/73, più favorevole al dipendente pubblico…. l’abrogazione, con effetto dal 1° gennaio 2011, dell’art. 12, comma 10, del D.L. 78/2010 determina il ripristino della normativa previgente in tema di calcolo dei trattamenti di fine servizio. Venendo meno il computo della prestazione su due quote (la seconda delle quali con modalità simili a quelle del calcolo del Tfr per le anzianità successive al 2010) i trattamenti di fine servizio di competenza dell’Inps saranno determinati esclusivamente considerando quale base di calcolo la retribuzione contributiva utile percepita alla cessazione del rapporto previdenziale (retribuzione dell’ultimo giorno di servizio, espressa su base annuale, per l’indennità di buonuscita) da riferire all’anzianità utile complessiva. E tutti i trattamenti di fine servizio, relativi a cessazioni intervenute successivamente al 31 dicembre 2010 e liquidati in base all’art. 12, comma 10 del D.L. 78/2010 fino al 30 ottobre 2012, saranno riliquidati d’ufficio entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, senza procedere al recupero della somma erogata in eccedenza per effetto della previgente normativa se in sede di riliquidazione l’importo spettante dovesse risultare inferiore a quello precedentemente erogato….
la Repubblica - 20 novembre 2012
“I nemici della democrazia”
░ Riportiamo parte di una riflessione di Nadia Urbinati.
Ammalata di un invecchiamento precoce, la democrazia sembra avere molti nemici, in Europa: i mercati finanziari che condizionano i bilanci degli Stati costringendo i governi a falcidiare i servizi sociali e ad alzare le tasse, una correlazione che non è più giustificabile; i “pochi” potenti che non hanno più intenzione di condividere lo stesso destino di chi è sempre meno uguale perché più bisognoso e vogliono cancellare gli obblighi della solidarietà nazionale; i movimenti populisti che hanno tutto l’interesse a far esplodere le contraddizioni per lucrarne posizioni politiche; i leader demagogici che cercano il consenso mediatico e si fanno rappresentanti della causa della rivolta chiamando i poliziotti a disertare e a unirsi alla guerriglia, ad ammutinarsi; i movimenti violenti che generano la paurosa illazione che lo stato democratico sia il nemico principale dei cittadini democratici…. I governi che, venuti a promettere buona amministrazione e decisioni giuste benché amare, hanno col tempo dimostrato di non aver molto altro da offrire se non tagliare risorse alle spese sociali, colpire la già umiliata scuola, falcidiare la sanità; senza nulla proporre se non tagli e austerità, in un crescendo che sembra non fermarsi mai e non è più giustificabile. Così, in un’Italia impoverita e dalle enormi difficoltà economiche, cresce la percentuale di cittadini che non si sente più rappresentata, ed esplodono le rivolte, si accendono le piazze…. Quelle manifestazioni sono una denuncia della spirale di decisioni che sembrano seguire solo una direzione: punitive con i molti e deboli e indulgenti con i pochi e potenti…..
Corriere della sera - 22 novembre 2012
“Un preside su tre ha più di 60 anni”
░ L'85 per cento supera i 50. I più anziani rispetto ai colleghi europei
Forse non è una sorpresa, visto che il record è ben saldo nelle nostre mani per le categorie più diverse: dai politici ai manager, dai vescovi ai professori universitari. Ma se tutti sappiamo che l'Italia è un Paese per vecchi, al lungo elenco delle prove possiamo aggiungere un'altra voce. Abbiamo i presidi più anziani d'Europa. L'85% ha più di 50 anni contro una media europea del 60%. E uno su tre ha superato pure i 60 anni. L'esperienza è un patrimonio che non va sprecato, ci mancherebbe. Ma forse abbiamo esagerato e anche l'accesso alla professione non aiuta.
L'ultimo concorso per presidi, partito un anno e mezzo fa, non si è ancora chiuso. Trentamila partecipanti, errori nelle domande, ritardi, ricorsi al Tar perché le buste erano trasparenti e non garantivano l'anonimato. Il risultato è che, su 2.300 posti messi a concorso, solo 800 sono stati coperti e abbiamo ancora 2 mila scuole in «reggenza», cioè con un dirigente in condominio, che guida almeno un altro istituto. Proprio a questi problemi è dedicato il seminario internazionale organizzato dall'Associazione TreLLLe e dalla Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo che si tiene oggi al ministero dell'Istruzione. Un incontro con i massimi esperti stranieri del settore, per studiare le migliori esperienze degli altri Paesi e provare a portare da noi qualche buona pratica. Nella maggior parte dei Paesi europei, ad esempio, è prevista un'età massima per partecipare alla selezione. Il tetto varia tra i 50 e i 55 anni. Noi siamo tra i pochi a non aver una soglia di sbarramento che metterebbe un freno al numero dei candidati, evitando che il concorso si riduca a lotteria. Un altro modello arriva dalla Francia. E lo spiega Claude Thélot, tra gli invitati al seminario e già responsabile della commissione sul futuro della scuola sotto la presidenza Chirac. «Chi vince il concorso non viene nominato subito preside, ma adjoint, vicario. Viene assegnato a un preside che lo tiene con sé almeno un anno e poi lo valuta insieme a un ispettore». Un periodo di prova, insomma, non l'automatismo previsto da noi. Sul tavolo ci sono altri elementi ancora, come la possibilità che sia la singola scuola a scegliere il preside da una lista di idonei, come in Gran Bretagna. Ma al di là dei singoli esempi, quel che conta è l'impostazione generale. «Noi speriamo — dice Attilio Oliva, presidente dell'associazione TreLLLe — che il ministero si impegni per lo sviluppo di questa professione cruciale e per certi aspetti nuova». In che senso nuova? «Il modello — spiega Anna Maria Poggi, presidente della Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo — non deve essere quello del primus inter pares, con il preside che amministra. Piuttosto deve essere un leader educativo che gestisce la scuola e ha come obiettivo lo sviluppo professionale degli insegnanti». Non un accentramento di potere ma, come spiega ancora Oliva, «quella che si chiama leadership distribuita e condivisa, con il preside più uno stretto gruppo di collaboratori di fiducia». «A parità di condizioni il preside può fare la differenza», dice il sottosegretario all'Istruzione Elena Ugolini. E per questo richiama l'importanza del regolamento in corso di approvazione «per valutare i dirigenti scolastici sulla base di obiettivi precisi».
MIUR - Ufficio stampa - 22 novembre 2012
“Lettera aperta del ministro Profumo a studenti e insegnanti”
░ Il Ministro, preoccupato della piega presa dalla protesta studentesca, scrive (in chiave auto consolatoria): “ritengo che una certa dose di conflitto e dissenso sia salutare per la democrazia”. E assicura: “L’ascolto è parte del mio lavoro, e molte volte ho dialogato con il mondo della scuola e continuerò a farlo”. E’ un concetto ovvio ma, nella lettera, Profumo lo esprime quattro volte (“Ascolteremo ancora, con attenzione….”; “saper cambiare idea dopo aver ascoltato e tastato il polso della scuola italiana”; “… capacità di ascolto. Ribadisco questa mia personale convinzione”. Che il Ministro enfatizzi, non depone bene. L’ascolto non è un optional ottriato, è un dovere; il funzionario pubblico è tale in quanto dà ascolto alle esigenze dei cittadini. Inoltre non ci piace che Profumo faccia un cenno agli operatori della pubblica sicurezza: “La democrazia ha anche il dovere di regolare le forme della protesta, in modo da garantire i diritti di tutti i cittadini e lavoratori. Anche di quanti, come gli agenti di pubblica sicurezza, sono stati e saranno nelle strade e nelle piazze per garantire l'incolumità dei manifestanti stessi e dei cittadini”. Si ricava l’immagine di una contrapposizione tra movimento studentesco e operatori della pubblica sicurezza ma se potessimo leggere nelle menti dei poliziotti vedremmo valutazioni, sulla situazione sociale, non dissimili da quelle degli studenti. Un governo che abbia a cuore la pace sociale opera per prevenire il disagio sociale. Ancor meno ci piace, infine, la connotazione che, in calce alla lettera, il Ministro Profumo, dà della capacità di governare: “Ho sempre pensato che le capacità di governare siano sinonimi di flessibilità, pragmatismo e capacità di ascolto”. La capacità di governo ha come principale connotato - signor Ministro - la competenza specifica, quella che le avrebbe evitato lo scivolone (tra altri) della proposta di portare a 24 le ore settimanali di insegnamento dei docenti medi. Se una tale idea non l’ha avuto per i docenti universitari (che ore di insegnamento settimanali ne fanno meno) è perché ha competenza di offerta formativa e di didattica nei corsi accademici !
LA LETTERA APERTA DEL MINISTRO PROFUMO. Cari studenti, cari professori, sono consapevole che il grande disagio che le piazze esprimono - in particolar modo quelle animate da tanti giovani e studenti - trascende dalle politiche scolastiche. I giovani, a ragione, sono preoccupati del futuro e questo è un tema che chiama tutti alla responsabilità comune, per uscire insieme dalla crisi e promuovere le opportunità in un’Italia che deve riprendere a crescere. Tuttavia mi preme rispondere, per quanto riguarda le preoccupazioni espresse sul tema della scuola, alle sollecitazioni che ho ascoltato in questi giorni. L’ascolto è parte del mio lavoro, e molte volte ho dialogato con il mondo della scuola – insegnanti e studenti in particolare - e continuerò a farlo. Non riesco dunque a demonizzare le proteste delle ultime settimane, perché ritengo che una certa dose di conflitto e dissenso sia salutare per la democrazia. Ma certamente la democrazia ha anche il dovere di regolare le forme della protesta, in modo da garantire i diritti di tutti i cittadini e lavoratori. Anche di quanti, come gli agenti di pubblica sicurezza, sono stati e saranno nelle strade e nelle piazze per garantire l'incolumità dei manifestanti stessi e dei cittadini. E’ per questo che mi auguro che tutte le iniziative di protesta della giornata di sabato si svolgano pacificamente, nel rispetto reciproco. Ascolteremo ancora, con attenzione, le proposte e le critiche che giungeranno: siamo consapevoli e preoccupati per la mancanza di risorse destinate a scuola, università e ricerca. Il mio impegno, mano a mano che il Paese uscirà dall’emergenza, ha l'obiettivo di invertire la rotta degli ultimi anni, per far tornare l'istruzione e la formazione il primo punto dell’agenda per il nostro sviluppo futuro.Colgo l'occasione di questa mia lettera per fare chiarezza su uno dei punti che più hanno suscitato le proteste: il disegno di legge 953, detto comunemente “ddl Aprea”. Ritengo doveroso specificare che tale proposta è stata formulata e discussa in piena autonomia dal Parlamento, con la partecipazione di tutte le forze politiche. Dunque non c’è alcuna diretta responsabilità del Governo, né mia personale, nelle proposte ivi contenute. Auspico, invece, che tutte le forze politiche sappiano ascoltare il dissenso di vaste parti del mondo della scuola e intendano recepire le opportune proposte di modifica durante la discussione attualmente avviata al Senato. Il Governo – sulla vicenda dell’orario dei docenti - ha dimostrato, in occasione della discussione della legge di stabilità, di saper cambiare idea dopo aver ascoltato e tastato il polso della scuola italiana. E’ per questo che ho ritenuto di dare parere favorevole, già nella competente commissione parlamentare due settimane fa, all’emendamento soppressivo della proposta di innalzamento dell’orario settimanale dei docenti. Ho sempre pensato infatti che le capacità di governare siano sinonimi di flessibilità, pragmatismo e capacità di ascolto. Ribadisco questa mia personale convinzione anche ora, nella mia responsabilità di ministro.
www.SCUOLAOGGI.ORG - 23 novembre 2012
“Tempo pieno: le ore della verità”
░ L’articolo che riportiamo, è il secondo che Pippo Frisone dedica all’argomento Tempo pieno; nel primo, pubblicato il 14 novembre, prendeva spunto dal Seminario sulla Scuola primaria e sul tempo pieno organizzato dalla Cisl-scuola, dalla Flcil di Milano e dallo stesso Scuolaoggi.
Quel che è successo al tempo pieno si riassume nelle poche tabelle sugli organici, relative al 2012/13. Il tempo pieno in Italia è passato dal 24,15% del 2007/08 al 30,6% del 2012/13 portando le classi da 33.224 a 39.735 (+5,45%). Il totale delle classi nello stesso periodo cala progressivamente da 137.598 a 132.198 (-4,08%). Gli organici di diritto nel triennio dei tagli 2009/10-2010/11-2011/12 passano da 225.450 a 198.339 (-27.111) pari al 13,66% in meno. Questi dati nazionali dimostrano che in presenza di una diminuzione costante delle classi dovuta al calo della natalità e contemporaneamente di un costante aumento delle classi a tempo pieno, i tagli che hanno colpito soprattutto i moduli ( due su tre ) non potevano non colpire anche il tempo pieno.
E cosi è stato. Con l’abolizione per regolamento delle compresenze nel tempo pieno, le 4h mantenute in organico d’istituto, sono state utilizzate dalle scuole in larga parte per mantenere un tempo lungo a 30h anche laddove si riceveva una dotazione a 27h. Infatti i due modelli che si sono maggiormente rafforzati negli ultimi anni sono due: quello a tempo pieno e quello a 30h. Questa situazione risalta con forte evidenza soprattutto in alcune regione del nord, Lombardia in testa, dove non solo aumenta la richiesta di tempo pieno ma di pari passa aumenta anche il numero degli alunni e quindi delle classi. Qui per far fronte alle richieste delle famiglie concentrate prevalentemente sui due modelli a 40h e a 30h. si è agito direttamente tagliando nell’assegnazione dell’organico alle scuole le ore di compresenza. A Milano, tanto per fare l’esempio più emblematico di tagli alle compresenze, le classi a tempo pieno nello stesso periodo sono passate da 6.885 a 7.034 per un totale di 309.496 ore (310.757 secondo le tabelle iniziali dell’USR Lombardia).
I criteri adottati dal A.T. di Milano sono stati per l’as. 12/13 quelli di attribuire al tempo pieno nelle classi 1° (1.356) e 2° (1.441) 40h mentre nelle 3°(1.332) - 4°(1.462) e 5°(1.429) solo 41h delle 44h spettanti. Il risultato finale al termine di questa operazione dà su Milano 285.023 ore, cioè 24.473 in meno di quelle spettanti che ricondotte a 22h danno ben 1.112 posti in meno! Certo il dato è teorico perché è quello complessivo sulla provincia. L’A.T. di Milano ha in molti casi operato alcuni correttivi sulle ore residue, prevedendo arrotondamenti per difetto e per eccesso a seconda dei casi. Rimane comunque un taglio consistente di oltre un migliaio di posti, a scapito delle 4 ore di compresenza per classe , azzerate in prima e seconda e ridotte a una sola ora nelle restanti classi. Ma perché si è verificato tutto questo? Eppure i decreti e le circolari del Miur assegnano in organico il raddoppio pieno con le ore 44h su ogni classe a tempo pieno.
Ovviamente tutto nasce dalle decisione prese a monte dal Miur ( art.64 L.133/08) che avevano previsto un taglio nel triennio 09/12 di oltre 27mila posti nella scuola primaria. Di conseguenza, a prescindere dall’aumento delle richieste di tempo pieno da parte delle famiglie e dall’aumento degli alunni , quei tagli sono stati rispalmati tra tutte le regioni, con correttivi e varianti d’ordine socio-ambientale che oggettivamente hanno penalizzato le regioni del nord in forte crescita di alunni e classi a tempo pieno come la Lombardia. Infatti la popolazione scolastica della primaria è aumentata in regione Lombardia negli ultimi dieci anni del 15% mentre le classi del tempo pieno del 10%. Eppure i posti, sono diminuiti anche in Lombardia per effetto dei tagli a prescindere della Gelmini, più di quanto la sola abolizione dei vecchi moduli avrebbe consentito. La situazione di Milano, come si è visto, è quella di maggior sofferenza. Qui i posti rispetto a quelli spettanti sulla base della tipologia del tempo scuola prescelto dalle famiglie sono sottostimati di un migliaio di unità. A farne le spese è soprattutto il modello didattico-pedagogico del tempo pieno che è stato rovesciato come un calzino, perdendo tutte le caratteristiche originarie e diventando di fatto un tempo lungo di 40h. Riuscirà il costituendo organico funzionale dell’autonomia a riequilibrare quanto oggi è squilibrato? Riuscirà il tempo pieno a recuperare tutte le ore (44h) spettante ad ogni classe ?...