l’Unità - 27 dicembre 2012
“Slogan vecchi sulla scuola”
░ Il Professore parla come se le cose non fossero peggiorate durante il suo governo (di Paolo Valente)
È un’agenda piccola piccola, quella del Professore Monti, nella parte in cui si occupa di Scuola, Università, Ricerca: poche parole che liquidano i gravi problemi su temi così centrali per il futuro del Paese, con richiami generici a merito e valutazione, e ancor più generiche promesse d’investimenti «anche mediante agevolazioni fiscali». Abbandono scolastico e basso numero di laureati - su cui l’Agenda Monti si concentra - sono problemi reali, ma sono sintomi di uno stato di malattia molto più generale della «conoscenza» nel nostro Paese. È un fenomeno che ha radici innanzitutto nel massiccio disinvestimento di risorse, ma che è motivato anche dal grave stato di abbandono della scuola pubblica e nell’incapacità di restituire normalità, prima ancora che un rilancio, a università e ricerca, martoriate da riforme continue e contraddittorie. Non si spiega, allora, come possa migliorare la qualità dell’offerta formativa della nostra scuola, nell’impossibilità di motivare insegnanti senza prospettive di carriera né riconoscimento, anche sociale, del loro ruolo; o a cosa possa portare una valutazione senza premialità da una parte, e senza adeguato aggiornamento dall’altra…. Un’agenda, dunque, che nella parte che riguarda scuola, università e ricerca, nella migliore delle ipotesi è quella che avrebbe potuto stilare il professor Monti nel novembre 2011: il documento sembra, infatti, ignorare i drastici provvedimenti «salva Italia» e di revisione della spesa nonché il cinico consolidamento della disarticolazione del sistema dell’istruzione pubblica perseguito anche da questo governo. Investire nella scuola e nell’università significa investire sul futuro dei nostri figli, ma per farlo occorre molto di più che generici richiami alla «valorizzazione» e al merito: occorrono risorse, restituendo ossigeno a un sistema oramai strangolato dai tagli; occorre invertire la tendenza, consolidata negli anni, di cercare di migliorare la performance di un sistema stremato da continue riforme e impoverito della sua risorsa migliore, ovvero i giovani.
www.latecnicadellascuola.it – 28 dicembre 2012
“Legge di stabilità: Scuola e Università ridimensionate”
░ Sottratti dal Fis altri 47,5 milioni, ridotti i permessi sindacali e la portata di alcuni progetti nazionali; sono spariti gli emendamenti sul personale ‘quota 96’ e sullo stop al dimensionamento.
Per diverse settimane, a cavallo tra ottobre e novembre, si è parlato ininterrottamente di legge di stabilità. Poi, venuto meno, a furor di popolo, l’emendamento che avrebbe portato a costo zero l’orario settimanale da 18 a 24 ore, il mondo della scuola è tornata a disinteressarsi di quella che una volta era più semplicemente chiamata “finanziaria”. Al punto che l’approvazione definitiva, arrivata la sera del 21 dicembre, è stata quasi ignorata…. Ai sindacati la manovra conclusiva del Governo Monti non è proprio piaciuta. Ad iniziare dall’Anief, secondo cui “si continuano a tagliare fondi importanti all’istruzione pubblica, in controtendenza con quanto avviene nei paesi più sviluppati”. Per l’organizzazione di Marcello Pacifico, l’ulteriore riduzione del Fis comporterà, alla resa dei conti, “per ogni scuola il taglio complessivo per finanziare progetti, ripetizioni agli studenti in difficoltà, visite didattiche e tutto quello che riguarda le attività a completamento della didattica”, per una “mancata assegnazione pari a 40-50mila euro” ad istituto. L’Anief ha inoltre ricordato alcuni dei mancati provvedimenti. Sempre con al centro la scuola. Il primo riguarda , l’emendamento per i ‘quota 96’, che avrebbe permesso al personale della scuola che aveva fatto domanda di pensionamento di lasciare il servizio usufruendo delle norme precedenti alla riforma Fornero. “Di questa deroga, però, non c’è traccia. Come si è dissolto nel nulla – sottolinea il sindacato autonomo - l’emendamento che avrebbe dovuto cancellare la soppressione di 2mila istituti, ritenuta la scorsa estate incostituzionale dalla Consulta attraverso una sentenza inequivocabile”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir per la Scuola, “con l’attuazione di questi provvedimenti peggiorativi si mette a serio rischio il regolare funzionamento dell’istruzione pubblica italiana. La decurtazione del trattamento accessorio riservato al Fis, altra contropartita per la cancellazione dell’inaudita norma sull’introduzione delle 24 ore di insegnamento settimanale dei docenti di scuola media e superiore, comporterà un ulteriore ridimensionamento delle attività funzionali al Piano dell’offerta formativa”. A far alzare la voce dei sindacati è anche il mancato stanziamento di 300 milioni per il fondo di finanziamento ordinario delle università: quello che lo stesso ministro Profumo non ha esitato a definire come “un errore strategico che pregiudica il funzionamento dell'intero sistema della formazione superiore”.
www.pavonerisorse.it - 29 dicembre 2012
“Al nuovo ministro”
░ Marco Guastavigna scrive: “La volontà mi spinge ad augurarmi che il prossimo ministro dell'istruzione voglia davvero e per una volta tutelare l'interesse generale, anche per quanto riguarda la più o meno fantomatica scuola digitale". Dunque, pur scottato dalle iniziative del governo Monti in materia di Scuola e Università, guarda in prospettiva. Condividiamo l’analisi di Guastavigna (molto articolata ma nella quale è, forse, eccessivo il peso della polemica nei confronti della digitalizzazione)che correttamente fa risalire all’epoca del governo Dini lo start di questa sconcertante politica scolastica. Quanto alle prospettive, ciò che intravediamo nel presente del dibattito preelettorale non ci induce all’ottimismo perché potrebbero non esserci, in Parlamento, i numeri per una solida politica di rilancio della Scuola: i soggetti politici che hanno condiviso le proposte dell’ANIEF avranno, nello schieramento di appartenenza, spazio per agire ?
Discontinuità: di questo c’è bisogno. Non solo e non tanto rispetto all’operato di Francesco Profumo, le cui ultime trovate -dematerializzazione degli Esami di Stato, libri digitali, registro elettronico- si sono tutte rivelate alla prova dei fatti soltanto autoesaltazione (per altro ben accetta dalla stragrande maggioranza dei media), priva di effetti reali, quanto nei confronti di scelte istituzionali e atteggiamenti culturali che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio, a cominciare da Lombardi (ministro dell’istruzione del governo Dini) e dalla sua direttiva su Multilab, per proseguire con tutti i successori, quale che fosse l’orientamento politico dichiarato.
E quindi vediamo: 1. Dai proclami alle certezze: deve essere dismessa la politica degli annunci (quanto appena citato, ma anche tablet per tutti, studenti e insegnanti e così via): presunte innovazioni con valenza epocale non raggiungono alcun risultato significativo, sempre ammesso che vengano attuate. Con la complicità di quotidiani, riviste e televisioni e nell'indifferenza di un'opinione pubblica che sembra aver programmaticamente rinunciato al senso critico, almeno per quanto riguarda le tecnologie digitali. 2. Dalla demagogia alla democrazia: deve cessare anche la politica dei bandi, delle classi e delle scuole 2.0; questo modo di procedere si traduce infatti non tanto nel premio alle buone pratiche, quanto nella selezione darwiniana di coloro (insegnanti e studenti) che hanno diritto a cimentarsi con gli strumenti digitali nel proprio processo di acculturazione, in percentuali attualmente del tutto esigue. Gli investimenti sulla scuola non possono più seguire questo modello demagogico. Si devono reperire i fondi e/ o trovare le modalità perché tutti possano partecipare. 3. Dalle affermazioni globali alla verifica minuziosa: anche in considerazione della prospettiva indicata al punto precedente vanno condotti seri e autentici monitoraggi degli effettivi risultati di apprendimento: si investa per tutti laddove si ha la certezza che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione fanno imparare di più e meglio, o almeno semplificano, agevolano ed hanno veri effetti di inclusione, riduzione delle differenze e rimozione degli ostacoli; in particolare, basta con la mitologia dei "nativi digitali".
4. Da sprechi e sospetti alla trasparenza: vanno raccolti e resi noti non solo i risultati di apprendimento ma anche - e il più rapidamente e diffusamente possibili - quelli delle perizie disposte dal ministro sulla questione delle "Pillole del sapere"; deve essere verificata al più presto la credibilità culturale e deontologica di coloro che condizionano l'innovazione tecnologica della nostra Scuola. 5. Dalla centralizzazione alla scuola dell'autonomia riconfermata: deve essere restituita ai singoli istituti l'iniziativa in campo di ricerca e sperimentazione prevista dalle norme vigenti; gli enti strumentali e gli uffici centrali e periferici del ministero devono tornare a un ruolo sussidiario e rinunciare all'attuale posizione, che invece vincola le scuole alle loro iniziative. 6. Dalle forzature alla contrattazione: sindacati e associazioni del personale scolastico devono uscire dall'attuale paralisi culturale e pratica in merito al rapporto tra innovazione tecnologica e profili professionali (in senso didattico ma anche più esteso) e ragionare su diritto alla formazione, intensificazione delle prestazioni, impegni aggiuntivi, destinazione dei (residui) fondi di istituto.
7. Dai totem alla riflessione: questioni come i libri di testo digitali piuttosto che i registri o gli scrutini non possono essere delegate ai vari apprendisti stregoni o alle regole di un mercato caratterizzato da pochissima trasparenza: tutta la comunità educante deve essere coinvolta e conoscere i termini essenziali dei problemi e le caratteristiche delle diverse soluzioni; sarebbe poi inammissibile andare a regime senza che siano stati dichiarati i modelli e testati processi e procedure.
8. Dalla centralità dei dispositivi a quella degli esseri umani: basta con i grilli parlanti che accusano il personale della scuola di immobilismo operativo e culturale perché non accetta le loro facili ricette innovative; basta con teorizzazioni come quelle sulla LIM come grimaldello o sugli eBook come agenti virali: le ragioni della mancata penetrazione del "digitale" nelle pratiche didattiche e - prima ancora - culturali di molti insegnanti vanno indagate senza preconcetti e la necessaria, massiccia, formazione deve tenerne conto senza le ironie e le demonizzazioni che ancora emergono negli atteggiamenti snobistici di molti che si considerano iniziati. 9. Dall'inadeguatezza alla valorizzazione: gli insegnanti devono avere la possibilità di utilizzare le TIC per rendere ancora più efficaci le pratiche didattiche in cui credono già, perché hanno già dato buoni risultati in termini di apprendimento: insomma, basta anche con la vulgata secondo cui le strumentazioni tecnologiche digitali esigerebbero la rottura con le abitudini didattiche consolidate, spregiativamente definite "tradizionali". Le ragioni per un'innovazione formativa, metodologica e dei canoni culturali risiedono nell'evidente incapacità del nostro sistema scolastico di essere realmente democratico e inclusivo (dispersione, ripetenze, mancato conseguimento di alfabeti minimi e competenze, dissipazione culturale, disaffezione di studenti e insegnanti), non certo nel sistema di credenze delle vestali del digitale. 10. Dalla confusione alla distinzione dei ruoli: è inammissibile che vi siano ancora realtà scolastiche in cui le pratiche, le scelte e gli investimenti dipendono dalla rappresentazione che lo smanettone o gli smanettoni di turno restituiscono - il più delle volte in perfetta buona fede - ai colleghi in base alle loro esperienze, scelte, preferenze; deve essere chiaro che la dimensione digitale della cultura e della didattica ha un respiro ben più ampio: non è assolutamente più sufficiente avere buone conoscenze sul funzionamento del computer per assumere funzioni di consulenza generale, come troppo spesso ancora avviene in alcune realtà, dove la superficialità si accompagna alla triste cultura della delega che caratterizza molti aspetti del nostro lavoro.
www.latecnicadellascuola.it – 31 dicembre 2012
“Si perdono troppe ore di scuola”
░ La denuncia di un genitore, giusta, per nulla esagerata (anzi, lezioni se ne omettono molte di più) e a noi ben gradita. Visto che i sindacati della Scuola non hanno udienza presso i responsabili politici della Scuola, vediamo se ne hanno i genitori elettori, adesso che il sovrano torna ad esercitare il potere elettorale.
“Mio figlio martedì 18 dicembre, a causa del concorso, su 5 ore di lezione ne ha fatte solo 3. E solo tre mesi che frequenta la scuola superiore e già in media viene lasciato a casa un'ora a settimana”. Questa la denuncia che un genitore lancia sul un quotidiano, comprensibilmente critico attorno a una giusta evidenza che contribuisce ad aprire il dibattito sulla scuola e sulla sua particolare funzione, che la rende diversa rispetto a qualunque altro ente o istituzione pubblica.
In molte scuole infatti, hanno denunciato altri genitori e in altre occasioni, quando l’insegnante si assenta l’intera classe viene fatta uscire prima o entrare dopo perché non c’è possibilità di sostituire il collega. Ma non solo, per svolgere concorsi o per le elezioni vengono requisite le scuole, togliendo ancora ai ragazzi il diritto all’istruzione, mentre ogni occasione è buona per anticipare le vacanze in prossimità delle feste, tra orari ridotti, assemblee e commemorazioni.
… Se il problema è quello di non riuscire a pagare docenti stabili o supplenti per le sostituzioni perché non ci sono soldi, allora: “paghi chi ha permesso tutto ciò non i nostri ragazzi, che devono frequentare una scuola impoverita, massacrata, a cui si attinge senza dare niente in cambio. Paghino i privilegiati, quelli che, sulle spalle dei nostri ragazzi, vogliono mantenere i privilegi acquisiti. Paghino le scuole private a cui lo Stato continua a fornire sostentamento”….
Il Sole 24Ore – 31 dicembre 2012
“L’Istruzione, che disastro !”
░ Idee e valutazioni, queste di Massimo Firpo, che condividiamo in larga parte; parole ben ponderate. Il problema sembra diventato questo: chi crede nella funzione della scuola non gestisce la politica scolastica, e chi gestisce la politica scolastica non crede nella funzione della scuola. E’ un po’ la fregatura in cui, secondo Hobbes, incappa il filosofo: è fatalmente isolato perché depositario di un idee non comuni. Facciamo mente locale. A che epoca risale la ventura di avere un “addetto ai lavori” come ministro dell’istruzione ?
…Al Ministero dell’Istruzione è stato posto un professore di azionamenti elettrici: rettore della Cattolica… A molti non è sfuggita la meschina figura fatta qualche settimana fa dal ministro Profumo alla trasmissione di Fabio Fazio, dove al fuoco di fila dei problemi sollevati ancora da Salvatore Settis, pronto a snocciolare fatti e cifre, rispondeva con distratta lontananza, quasi spaesato, come se si trattasse di questioni importanti sì, sulle quali però è inutile perdere troppo tempo perché non c'è nulla da fare, i soldi sono finiti e quindi, per dirla col Manzoni, non c'è trippa per gatti e buonanotte al secchio. Non voglio insegnare a nessuno il suo mestiere, per carità, ma come cittadino mi piacerebbe vedere il ministro dell'Istruzione impegnato con tutte le sue energie a difendere la ricerca, la scuola, l'università, consapevole che non sono optional inutili e costosi, ma strutture portanti della società, nelle quali si forma la capacità dei cittadini di convivere, di comunicare, di acquisire un'identità storica e culturale, si sviluppa la consapevolezza dei diritti e dei doveri sociali e politici, si offrono ai giovani canali di formazione generale e professionale, si garantisce il ricambio della classe dirigente, si aprono prospettive al merito e alla creatività, si premiano le eccellenze, si sostiene la capacità competitiva del Paese. … Tutti sono prontissimi a riconoscere che le spese in ricerca, formazione e cultura non sono denaro buttato al vento, ma un investimento di lunga durata, perché un Paese si sviluppa solo se ci sono forze giovani e capaci di progettare e innovare, di affrontare problemi complessi, di guardare al resto del mondo senza paura, di dare qualità al proprio lavoro, di mantenere a livelli d'eccellenza la ricerca (senza dover fuggire all'estero, come oggi è quasi obbligatorio), e magari udite, udite di pensare alla politica come impegno civile. Peccato poi che tagli sempre più massacranti si abbattano su cultura e istruzione, i cui costi sembrano comprimibili all'infinito (a differenza di quelli intangibili della politica)…. Ecco il Ministro avanzare la brillante idea che gli insegnanti (tra i peggio pagati d'Europa) si aumentino l'orario di lavoro, e così se ne dovranno pagare di meno. In realtà il deplorevole slogan berlusconiano di internet, inglese e impresa come fondamenti di una scuola subordinata a presunte esigenze produttive sembra duro a morire e, seppur con formulazioni meno brutali, trova ascolto anche ai piani alti della elefantiaca macchina burocratica dell'Europa. …
la Repubblica – 2 gennaio 2013
“Che errore per la scuola mettere i voti online”
░ Maria Pia Vediano sottolinea i pericoli insiti nella decisione di generalizzare a tutte le scuole il servizio digitale per iscrizioni, certificati, pagelle, registri di classe e delle valutazioni scolastiche.
Si chiama “Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie”. Da questo anno scolastico tutto ciò è obbligatorio, però nel modo in cui sono obbligatorie le innovazioni in Italia, ovvero “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Il che vuol dire che abbiamo tutto il tempo di farci sopra una riflessione. Si può parlar male del registro elettronico? O almeno guardar dentro a qualche suo effetto collaterale? La domanda non è se funziona o non funziona. Alla fine certo che sì. Dopo aver trovato le risorse per acquistare o affittare i notebook per tutte le aule di tutte le scuole del regno e per pagare i contratti alle aziende incaricate di risolvere i pluriquotidiani problemi tecnici e di garantire assistenza continua, dopo aver formato tutti gli insegnanti, governato le rivolte per lo stress iniziale da voti scomparsi e da password smarrita, blindato il sistema contro allievi-piccoli-hacker informatici, alla fine funziona. Poi è un attimo trovare il quadro complessivo dei voti, la media della classe, della scuola, per materia, per provenienza geografica, per sesso, le assenze, le note, i ritardi, ancora per materia e per sesso…. Il registro elettronico permette di vedere online i voti e le assenze. I genitori dei ragazzi accedono con password e sanno in diretta, in tempo reale, se il figlio è a scuola o no, quale voto ha preso, in quale materia, la media, le note disciplinari, gli esiti intermedi e finali. … Tutto quel che altrimenti o comunque avrebbero saputo andando a colloquio con i docenti. Lo sanno da casa. Dall’ufficio. Da smartphone. Dove il registro elettronico c’è da un po’, capita che i genitori non si facciano più vedere ai colloqui con i docenti o alle riunioni della Consulta, basta il voto letto sul video, la media la sanno fare da sé. Come se la valutazione fosse cosa di numeri… Come se il processo di apprendimento e crescita potesse diventare un numero appunto … Sicuri che questo sia bene? … Più avanza il possibile della tecnologia, più bisogna custodire la materialità delle relazioni. La relazione educativa è incontro. Incontrarsi è un argine all’idea che tutto possa esaurirsi nella virtualità di un rapporto online. …
laRepubblica.it – 3 gennaio 2013
“Iscrizioni solo via web, rivoluzione a scuola”
░ Per le prime classi saranno obbligatoriamente on line.(Salvo Intravaia)
Tra pochi giorni oltre un milione e mezzo di famiglie italiane dovranno vedersela con computer e moduli elettronici per iscrivere i propri figli al primo anno della scuola elementare, media e superiore. Il d-day delle iscrizioni scolastiche online è infatti fissato per lunedì 21 gennaio: si potranno scaricare e inviare i moduli via Internet fino a giovedì 28 febbraio. Chi dovrà iscrivere i figli alla scuola dell’infanzia potrà farlo invece con i tradizionali moduli cartacei. Per quanto riguarda invece registri elettronici, pagelle in Rete e comunicazioni alle
famiglie via Internet — tutto reso obbligatorio dallo scorso settembre — le scuole possono attendere ancora qualche mese per organizzarsi grazie al fatto che il Ministero considera quello in corso “un anno di transizione”. Alcuni istituti si sono già attrezzate, altre lo faranno quanto prima. A premere il pedale dell’acceleratore sulla cosiddetta “demateralizzazione” di tutti i supporti cartacei nella scuola è stato l’ex premier Mario Monti con la legge sulla revisione della spesa pubblica entrata in vigore lo scorso ferragosto. Il nostro Paese, alle prese con la crisi deve risparmiare su tutto, compresi i moduli
di iscrizione, i registri e le pagelle. Un risparmio che dovrebbe essere consistente visto che ogni hanno in Italia si stampano oltre 6 milioni e 800mila pagelle, si acquistano quasi un milione di registri e si stampano più di un milione e 670mila moduli per le iscrizioni. Ma l’anno scorso, con l’iscrizione online facoltativa per scuole e genitori, furono appena 5.319 le famiglie italiane che utilizzarono la novità. Le prime iscrizioni online della scuola italiana si svolgeranno in tre fasi. Nella prima, entro il 21 gennaio, le scuole dovranno predisporre i moduli di iscrizione che le famiglie troveranno al link scuolainchiaro del sito
www.istruzione.it. La seconda fase è a carico delle famiglie: basterà registrarsi e inviare la domanda attraverso l’indirizzo
www.iscrizioni.istruzione.it. Attraverso una e-mail, il sistema avviserà le famiglie — “che potranno in ogni momento seguire l’iter della domanda inoltrata” — dell’avvenuta registrazione dell’istanza. Infine, le scuole tratteranno le domande inviate dai genitori. E per coloro che avessero difficoltà o non fossero attrezzati di computer a casa “saranno le istituzioni scolastiche destinatarie delle domande” a offrire “un servizio di supporto”.
il Manifesto.it – 4 gennaio 2013
“Il «più qualificato dei rettori» candidato a Torino”
░ Evidentemente Mario Monti ha apprezzato il lavoro fatto, al Ministero dell’Istruzione, da Francesco Profumo e lo candida capolista a Torino
Il «più qualificato dei rettori» ha trovato una nuova casa. Mario Monti ha invitato personalmente Francesco Profumo a candidarsi come capolista in un collegio di Torino. L'ex ministro dell'Istruzione che ha lasciato il suo incarico con un taglio di 300 milioni di euro al fondo per gli atenei non ha ancora confermato la notizia, mentre Renato Balduzzi, ex ministro della Sanità nativo di Alessandria, ha confermato la sua candidatura all'agenzia Asca. Entrambi sono pronti a guarnire il vassoio del Rotary club che l'ex rettore della Bocconi sta componendo secondo uno schema a tre punte: l'Udc di Casini, il plenipotenziario della comunità di Sant'Egidio ed ex ministro Riccardi, e il capo della Ferrari Montezemolo. Come il suo mentore Monti, anche Profumo è salito in politica dopo avere fatto parlare di sé nelle vacanze natalizie. Per giorni ha occupato i pensieri di Bersani che alla fine è stato costretto a smentire la ricandidatura dei ministri «tecnici». Il nome di Profumo in una lista Pd avrebbe scatenato reazioni imprevedibili da parte del mondo universitario e della scuola scottato dal suo governo approssimativo, confusionario, velleitario. … Profumo è ordinario di ingegneria, membro Cda di Unicredit private Bank, del comitato consultivo divisionale di Unicredit private Banking e dell'Advisory Board di Innogest Fund e di Reply. Nella sua dichiarazione dei redditi del 2011 ha denunciato 227.512 euro, è titolare di un pacchetto azionario con investimenti, tra gli altri, in Intesa San Paolo, Monte dei Paschi, Enel e Finmeccanica. …
Dei suoi 13 mesi passati a Viale Trastevere sarebbe ingiusto ricordare solo i 23 milioni di euro stanziati per fornire un tablet agli insegnanti, invece di dirottarli sull'edilizia scolastica più fatiscente d'Europa. Non parliamo del «concorsone» della scuola, spacciato come l'avvento della cultura del merito e il ritorno al concorso pubblico, che è servito solo a cancellare i diritti acquisiti da 136 mila precari. Pochi ricorderanno invece il conflitto di interessi scatenato da Profumo quando, per due mesi e mezzo, mantenne il doppio incarico da ministro dell'Istruzione e da presidente del Cnr. Invece di dimettersi dal Cnr al momento della nomina da ministro, fece appello all'Antitrust. Oppure quando Profumo, da ministro, fece ricorso contro lo statuto votato dal Politecnico quando ricopriva l'incarico di rettore. Un vero esponente della società civile. Pardon, delle corporazioni che amano passare da una poltrona all'altra, senza mai saltare un giro.