l’Unità – 19/01/2013
“Atenei, sulla valutazione Parigi ci ripensa”
░ Una riflessione di Mario Castagna su un tema di grande attualità.
Mi auguro che l’Aerés venga sostituita da un organismo realmente indipendente nonché pienamente legittimato dal punto di vista scientifico». Con queste durissime parole il ministro francese dell’Università e della Ricerca, Geneviève Fioraso,ha annunciato la soppressione dell’Aerés, l’agenzia nazionale francese per la valutazione e la ricerca scientifica.La decisione del ministro arriva dopo mesi di dure critiche al lavoro dell’agenzia accusata di estrema burocratizzazione e di scarsa trasparenza. …. Che le cose non andassero bene lo si era già capito nei mesi scorsi quando, durante una consultazione che il ministro aveva organizzato con le università di tutta la Francia, le critiche all’Aerés erano state le più frequenti. In questo aggiornato cahiers de doleances, erano stati numerosi coloro che avevano denunciato l’eccessivo carico di lavoro ma soprattutto l’estrema rigidità delle griglie di valutazione. Anche per questo i rettori avevano organizzato vere e proprie sedute di ripetizioni per insegnare ai loro ricercatori a rispondere ai questionari di valutazione e a dipendere, come il ranking del bilancio pubblico nazionale, dal verdetto di un’agenzia che è fuori da ogni controllo democratico. In Italia al posto dell’Aerés c’è la l’Anvur, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca. Cambia il nome ma sono uguali le critiche che gli vengono rivolte. «Anche l’agenzia italiana ha molti difetti, forse anche peggiori della burocratizzazione racconta Mario Ricciardi, professore alla facoltà di Giurisprudenza di Milano ed animatore della rivista telematica Roars pecca un po’ di dirigismo quasi sovietico. È oggi un concentrato di potere enorme che decide dell’assunzione dei professori come delle politiche universitarie generali. È il vero ministero dell’Università». Per questo, anche in Italia, sono in molti oggi a chiedere la chiusura dell’agenzia di valutazione. Le voci favorevoli all’abolizione dell’Anvur sono ancora una piccola minoranza, mentre molto più numerose sono le voci di coloro che vorrebbero un profondo cambiamento dell’agenzia…
l’Unità – 20/01/2013
“Più scuola per favorire l’uguaglianza”
░ La riflessione di Benedetto Vertecchi in tema di obbligo di istruzione poggia sulla costatazione che la presa delle decisioni politiche in materia di formazione e istruzione mirano prioritariamente a ridurre le spese, diminuendo la consistenza del servizio: un intento che Vertecchi addebita alla Destra. Ed è giusto però il problema è che anche i governi di Sinistra sono stati della stessa idea come Luigi Berlinguer che voleva decurtare di un anno l’offerta formativa.
…Gli interventi legislativi promossi dai governi della Destra si sono caratterizzati da un lato per l’incerto disegno del modello architetturale, dall’altro per la semplicità, al limite del banale, delle regole di funzionamento. L’architettura del sistema è stata piegata ad assecondare un proposito di contenimento della popolazione scolastica, che ha come condizione iniziale l’interruzione della tendenza all’aumento del numero di anni compreso nella fascia dell’istruzione obbligatoria. Non si è trattato di una novità: anche la riforma scolastica del 1923 aveva perseguito, peraltro senza raggiungerlo, il medesimo intento…. La variante attualizzata di tale linea è consistita nello sfumare il principio (peraltro sancito nella Costituzione) dell’istruzione obbligatoria per almeno otto anni. Oggi i limiti dell’obbligo sono piuttosto incerti. Non si sa bene quando l’obbligo abbia inizio, né quando possa considerarsi soddisfatto. La destra, e i tecnici, non sono apparsi particolarmente interessati a incrementare la cultura di base della popolazione, lasciando che variabili esterne al sistema educativo finissero col prevalere nella definizione del profilo culturale della popolazione. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: dilaga una comunicazione sociale di cattiva qualità, si è affermato un insidioso mitridatismo nei confronti della sciatteria grammaticale, la sintassi si è impoverita, si manifestano difficoltà crescenti nella comprensione e nell’espressione di messaggi scritti, crescono le incertezze ortografiche e via lamentando. D’altra parte, le regole di funzionamento delle scuole hanno teso prioritariamente a ridurre le spese, diminuendo la consistenza del servizio. La semplicità, dunque, è solo il riflesso di un’offerta d’istruzione sempre più angusta. Si è affermato, fraintendendo o mistificando, che l’orario delle attività delle nostre scuole è tra i più alti d’Europa, superiore a quello delle scuole di Paesi che nelle rilevazioni internazionali ottengono risultati di gran lunga migliori. Quest’affermazione è possibile accreditando l’equivoco per il quale si confrontano solo gli orari delle lezioni, non quello complessivo delle attività. I nostri bambini e i nostri ragazzi trascorrono a scuola unicamente il tempo necessario a fruire delle lezioni. Altrove l’orario delle lezioni rappresenta una parte, talvolta neanche maggioritaria, dell’orario di funzionamento, a comporre il quale concorrono sia le attività che comportano l’applicazione degli apprendimenti conseguiti, sia quelle che hanno come scopo lo sviluppo della socializzazione, le interazioni col reale che contorna la scuola, l’incremento della motivazione ad apprendere, la fruizione di un sostegno individualizzato. … C’è bisogno di impegnarsi in attività che compongano il pensiero con l’azione, come sono quelle che si possono svolgere in un laboratorio di fisica, di chimica o di biologia, impegnandosi in progetti che coinvolgano il contesto, sociale o fisico, in cui la scuola opera, aprendo spazi per la manifestazione di interessi in settori che, pur rilevanti dal punto di vista conoscitivo, non trovano spazi per esprimersi nei recinti tradizionali della cultura scolastica (teatro, musica, arti plastiche e pittoriche, ma anche giardinaggio, orticultura o manutenzione di beni strumentali). In analogia a quanto è già avvenuto in altri Paesi, occorre impegnarsi per ridefinire l’ordinamento del sistema educativo. Per cominciare, c’è bisogno di una legge che stabilisca in modo inequivoco che l’obbligo d’istruzione riguarda tutti fino al compimento dei18 anni (fino a 16 se gli ultimi due anni sono cogestiti col sistema per la formazione professionale). In parallelo, c’è bisogno di razionalizzare e generalizzare l’offerta educativa per l’infanzia, dai primi mesi di vita all’inizio dell’istruzione primaria (sarebbe anche un modo per riavviare in Italia una tendenza positiva nell’evoluzione demografica). Sul versante delle regole di funzionamento si deve prevedere un orario che comprenda gran parte della giornata nei primi cinque giorni della settimana (le dotazioni dovrebbero essere disponibili anche il sabato per attività individuali o di piccoli gruppi). … L’estensione dell’orario di funzionamento delle scuole è essenziale per conferire equità al sistema educativo. Bambini e ragazzi saranno meno esposti alle sollecitazioni consumiste che dominano al di fuori della scuola. L’esperienza di altri Paesi (a cominciare dalla Finlandia, il Paese che svetta nelle graduatorie internazionali) ha mostrato che l’impegno nella scuola, oltre l’orario delle lezioni, ha effetti positivi sull’evoluzione della competenza linguistica, sulla socializzazione e, in generale sull’apprendimento. Potrebbe essere superato l’attuale divario fra allievi che dispongono e quelli che non dispongono di opportunità educative integrative o sostitutive di quelle scolastiche.
ItaliaOggi – 22/01/2013
“Quella valutazione è a rischio ricorso"
░ L'avviso ministeriale del 15 gennaio, che indica i criteri di valutazione delle prove scritte del concorso a cattedre, potrebbe non avere valore giuridico (di Davide Colombo).
L'avviso ministeriale del 15 gennaio, che indica i criteri di valutazione del concorso, travalica l'ambito che gli compete sia nel definire criteri omogenei di valutazione delle prove scritte per tutto il territorio nazionale sia nello stabilire le modalità di attribuzione del voto. Non che non si avverta l'urgenza di un'omogenea attività di revisione e valutazione degli scritti ma lo strumento scelto, un avviso nemmeno firmato, non è giuridicamente idoneo a modificare o integrare le norme che regolano lo svolgimento del concorso, il bando n. 82 del settembre 2012 e il decreto del presidente della repubblica n. 487 del 1994. Ai sensi del regolamento tocca alle singole commissioni esaminatrici decidere «i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali» (art. 12, primo comma) e non al ministero. Se lo vuol fare deve proporre una modifica del regolamento. E non tocca nemmeno al ministero decidere che ogni singolo quesito dei tre o quattro che costituiscono ciascuna prova deve essere valutato con un punteggio da zero a dieci e poi sommare i voti per ottenere la valutazione in quarantesimi o trentesimi. Il bando prevede espressamente che ogni commissione assegni a ciascuna prova, complessivamente considerata, una valutazione in quarantesimi (art. 7, quarto comma, del bando), e non valutazioni espresse in decimi sui singoli quesiti che compongono la prova da sommare alla fine per ottenere il risultato. Si tratta, forse, di mere formalità procedurali ma buone per attivare un contenzioso, di cui il panorama dei concorsi indetti dal ministero dell'istruzione è già così ricco e variegato. C'è solo da sperare che le singole commissioni facciano propri i criteri proposti dal ministero e li adottino a loro volta, sanando un procedimento che altrimenti sarebbe facilmente censurabile.
La Stampa – 23/01/2013
“Iscrizioni a scuola a rischio"
░ La scommessa. Riuscirà il sistema informatico del Miur a far iscrivere un milione e settecentomila studenti? (di Flavia Amabile). Ci permettiamo di notare, comunque, che per ogni procedura innovativa occorre rodaggio.
Archiviato il primo giorno di iscrizioni on line, compresa la difficoltà del rodaggio di un nuovo meccanismo e la poderosità dei numeri, al secondo giorno in tanti hanno iniziato a fare due conti e il Miur e il suo sistema informatico non ne sono usciti bene. Alle 13 di ieri erano 52.501 le domande inserite per le iscrizioni on line alle 13.00 di oggi, di cui 36.384 arrivate effettivamente alle scuole. Dove sono finite quelle 16.117 domande? Sono davvero state 'compilate e tenute in sospeso dai genitori' come sosteneva il Miur ieri in un comunicato? O rappresentano la cifra del fallimento quotidiano degli italiani che stanno tentando di iscrivere i figli a scuola, come sostiene Federconsumatori? E in questo caso il dato sarebbe preoccupante. Alle 13 di lunedì avevano fallito in 5408, il 41,59%, il che vale a dire che 4 su 10 non ce l'avevano fatta. Al secondo giorno la percentuale di fallimenti - o 'sospensioni', a seconda dei punti di vista - è un po' calata, siamo al 30,69%, tre su 10 tentativi. Bisogna però considerare - come fa il sito 'Tutto scuola' - che si attendono un milione e 700 mila domande e dal 21 gennaio, primo giorno di iscrizione, al 28 febbraio, ultimo giorno, vi sono in tutto 39 giorni utili per l’iscrizione on line. 'Se gli accessi venissero distribuiti in modo regolare, il sistema dovrebbe consentire ogni giorno in media circa 44 mila iscrizioni (1.700.000/39 = 43.590). È pensabile che nelle ultime settimane, avvicinandosi la scadenza finale, gli accessi potrebbero tranquillamente superare i 50/60 mila contatti al giorno, cioè più del doppio dei 23 mila di ieri che hanno fatto saltare il sistema', calcola il sito, che avverte: 'se con 23 mila accessi il sistema è andato ripetutamente il tilt, con il raddoppio è destinato a collassare'. I responsabili concludono proponendo un potenziamento immediato del sistema anche a costo di prevedere uno stop momentaneo delle iscrizioni per evitare problemi più gravi e la necessità di una proroga della scadenza finale. Sulla proroga la Federconsumatori, invece, è esplicita: 'Il Ministro la preveda per prevenire episodi di sovraffollamento'. Le difficoltà sono reali: dal Miur fanno sapere di avere pronto un gruppo di intervento tecnico e di stare organizzando un potenziamento della memoria web.
Il Messaggero – 24/01/2013
“Sono finiti i soldi. Niente scuole pre-materne"
░ La sperimentazione delle sezioni Primavera, che accolgono bambini di età compresa tra i 24 e i 36 mesi, è a rischio. A finanziare le sezioni, oltre al Miur, il ministero del Lavoro, il Dipartimento per la famiglia (stanziamento di quasi 35 milioni di euro), le regioni, gli EE.LL.).
Troppe nubi sulla sezione primavera. A lanciare l’allarme sono i sindacati, che hanno denunciato il rischio che salti, per mancanza di risorse, l’ingresso anticipato dei bambini dai due ai tre anni a scuola. Un servizio, quello delle “sezioni primavera”, che è stato istituito in via sperimentale nel 2007, dall’allora ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni per garantire ai piccoli dai 24 ai 36 mesi un servizio educativo su misura anticipando di fatto l’ingresso alla materna, alla quale queste sezioni devono comunque essere sempre aggregate. … Nel 2010/2011, nel monitoraggio fatto dal Miur, sono risultate oltre 1.600 sezioni, 25 mila bambini iscritti e circa 5.000 tra insegnanti e personale di supporto coinvolti. Quello che sembrava un servizio destinato a crescere però da un paio d’anni sta facendo i conti con la crisi e il taglio delle risorse. Già nel 2011 il ministero del Lavoro ha faticato a trovare finanziamenti. … Sono già molte le sezioni che non avendo più risorse hanno interrotto il servizio. Soprattutto statali. Altre, invece, e sono soprattutto le paritarie, son riuscite a rimanere in vita compensando con i bilanci del proprio istituto o chiedendo ai genitori di dare un contributo più alto. Le scuole sono venute in soccorso delle “primavera”, anche facendo debiti. Altre son riuscite a sopravvivere grazie al contributo di regioni e comuni che si son fatti carico di dare continuità al servizio. Ma per tutte il rischio è la chiusura se non si sbloccheranno presto le risorse necessarie. Una situazione che sta lasciando le famiglie nell’incertezza, tutto rimane in sospeso, tanto che nei moduli per le iscrizioni al prossimo anno scolastico queste sezioni non sono state neanche previste….
latecnicadellascuola.it – 25/01/2013
“Iscrizioni on line, è scontro Cgil-Miur: per il sindacato ancora tanti i problemi da risolvere"
░ Criticità, per le iscrizioni on line.
Oltre agli alunni provenienti da famiglie di stranieri prive di permesso di soggiorno, rimangono ancora potenzialmente discriminati i figli di genitori ex conviventi ora separati e i bambini per i quali la procedura di adozione non sia ultimata e che quindi non sono ancora in possesso del codice fiscale…. Questi nuclei familiari sono sprovvisti di codice fiscale. Un elemento invece indispensabile per vedersi validata la domanda d’iscrizione scolastica. “Mai prima d’ora in questo paese era stato messo in discussione il diritto di tutti ad andare a scuola”, tuona Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil. … La Flc-Cgil ha deciso di scrivere una lettera al Ministro, nella quale chiede all’amministrazione “di provvedere immediatamente ad eliminare questo ostacolo, di porre immediatamente rimedio, di darne informazione a tappeto, capillare ed efficace, chiarendo che tutti, anche i figli di coloro che non hanno il permesso di soggiorno, hanno diritto di andare a scuola”.
retescuole – 25/01/2013
“Tagli e scatti: i conti della Ragioneria non tornano !"
░ Riportiamo, in parte uno studio di Isvaldo Roman; evidenzia aspetti poco rassicuranti. Ci limitiamo al paragrafo: Riduzione del personale.
La politica del governo Berlusconi sulla scuola, malamente ereditata da Monti, (nell’anno scolastico 2012-13 gli organici sono rimasti invariati ma varie misure: 4° anno del maestro unico, inidonei, esuberi, dimensionamenti e istituti comprensivi, hanno di fatto ridotto lo spazio per i precari) si proponeva un complessivo ridimensionamento delle strutture materiali e delle risorse umane destinate al nostro sistema di istruzione. Un ridimensionamento misurabile con la riduzione del personale in essa impegnato e con la corrispondente riduzione della spesa del bilancio dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali ad essa destinata.(-4,6 miliardi). La relazione presentata nell’Audizione alla Camera dalla Ragioneria Generale dello Stato, pur caratterizzata da gravi silenzi ed omissioni e da una povertà assoluta nella presentazione dei dati finanziari, qualche spiraglio di verità lo lascia intravvedere. Sulla riduzione del personale essa indica(solo in una tabella peraltro non commentata) per l’a.s 2011-12 ( al 31 dicembre) la presenza in servizio di 1.011.413 dipendenti di cui 7.991 Dirigenti, 799.185 Docenti e 204.237 ATA a fronte del 1.137.592 in servizio alla stessa data nell’anno scolastico 2007-2008…. Manca anche ogni riferimento alle modalità di attuazione delle previsioni di riduzione contenute nel Piano programmatico e un confronto con le prescrizioni contenute nei tre Decreti interministeriali di riduzione degli organici che dal 2009 al 2012 hanno, sia pur con gravi ritardi e irregolarità, accompagnato una cosi vasta e rovinosa potatura dei posti: una diminuzione del 10% dei docenti e del 17% per gli ATA. Con tali Decreti che la Relazione non prende mai in considerazione si sono ridotti (rispetto all’anno scolastico precedente nel 2009-10, per i docenti 42.102 posti, di cui 10.000 nell’organico di fatto; nel 2010-11 25.558 posti; nel 2011-12 ,19.699 posti. Per gli ATA le riduzioni sono state rispettivamente di 15.000, 15.000 e 14.000 posti. Manca inoltre un confronto con la situazione di partenza dell’anno scolastico 2008-9 e risulta pertanto non documentato e incomprensibile il giudizio sul mancato raggiungimento dei risultati di riduzione del personale previsti dall’art.64. In realtà mentre per gli ATA non si è potuto negare che la riduzione dell’organico del 17% sia stata pienamente raggiunta, per i Docenti, gli artifici e le cortine fumogene sollevate per nascondere gli effetti del soprannumero e degli insegnanti di sostegno non hanno consentito un’analoga verifica. Di nuovo nella Relazione della Ragioneria vi è il richiamo al reale obiettivo posto dall’art.64. Fino ad oggi la pubblicistica aveva trattato la questione semplificando con l’indicazione di una riduzione di 87 mila posti di docente e 44.500 posti di ATA. Ma mentre per gli ATA la legge prevedeva una riduzione complessiva pari al 17% dell’organico, per gli insegnanti era prevista una riduzione dei posti in organico o altro? In realtà per i docenti non si trattava di riduzioni dell’organico ma di riduzioni di esso finalizzate a quella complessiva del numero dei docenti in servizio (di ruolo e non di ruolo). L’art. 64 non dice, e la Ragioneria finalmente sembra riconoscerlo, che si devono ridurre di 87 mila posti gli organici, dice che il rapporto studenti /insegnanti deve aumentare di una unità passando da quel 8,94 del 2008-2009 al 9,94 che doveva realizzarsi nel 2011-12. Secondo la Relazione tecnica allegata al DL n.112/08 il rapporto studenti insegnanti nel 2011-12 avrebbe dovuto essere tale da realizzare, considerando invariato il numero degli studenti, una diminuzione di 87 mila unità rispetto al numero di insegnanti in servizio nel 2007-08 che era pari a 868.542 unità. La riduzione prevista è quindi rispetto quella complessiva dei docenti che comprendeva anche i posti e gli spezzoni non in organico assegnati ai non di ruolo a tempo determinato, al sostegno e agli insegnanti di R.C. Oggi solo per il sostegno ce ne sono circa 36.000mila. In sostanza l’articolo 64 non si riferisce al rapporto studenti/posti in organico ma al rapporto studenti/totale dei docenti in servizio. Quindi il numero dei docenti da considerare nel 2011-12, risultante dopo i tagli, non si riferisce ai posti in organico di diritto soluzione che nessun Dirigente del MIUR ha mai pensato di prospettare, ma al totale 791.729. (La Ragioneria allude nella tavola 1 a 799.185 unità, ma non chiarisce quale è la composizione di tale aggregato) Nel 2011-12, con 791.729 insegnanti in servizio e con 7.826.232 studenti, il rapporto studenti/insegnanti non è 9,94 ma è 9,88. Per conseguire tale rapporto il numero degli insegnanti avrebbe dovuto essere di 787.343 unità. Vi è quindi uno scarto dall’obiettivo di 4.805 unità. Tale conclusione però si avrebbe considerando nel numero totale dei docenti, calcolato col metodo del cedolino, oltre agli insegnanti in esubero, anche le categorie degli insegnanti di sostegno e di religione cattolica. Entrambe cresciute di numero nel periodo considerato per cause che non riguardano le misure di razionalizzazione: decisione della Corte Costituzionale e modalità di gestione dell’organico da parte delle Curie. Il numero delle classi é diminuito di 10.000 unita ma nel periodo in questione queste due categorie sono aumentate di numero con l’inevitabile scarico delle riduzioni sul gruppo dei posti normali. In realtà il confronto dovrebbe essere fatto fra il numero di insegnanti in servizio su posti normali nel 2008-09 (745.700 di cui 91.407 a tempo determinato su spezzoni) e nel 2011-12 (667.513 di cui 70.745 a tempo determinato su spezzoni). In tal caso il rapporto risulterebbe nel 2008-09 pari a 10,41 e nel 2011-12 pari a 11,52 la differenza sarebbe +1,11 superiore all’1 previsto dalla legge!