Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 9 marzo 2013

 ScuolaOggi.org – 01/03/2013

Valutazione degli apprendimenti e valutazione di sistema

 La tesi di A. Valentino è che si è perso il senso della valutazione di sistema. Riportiamo la seconda parte della sua articolata riflessione.

In quest’ultimo anno soprattutto ci si interroga animosamente e – ovvio - polemicamente sul nuovo regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione – SNV - approvato in prima istanza, come si sa, dal Consiglio dei Ministri, nell’agosto scorso Premesso e richiamato, a scanso dei equivoci, che le rilevazioni nazionali e internazionali sono imprese fondamentali per capire – rispetto al funzionamento del nostro sistema - come stiamo e le decisioni da prendere per intervenire sulle criticità eccetera eccetera, le prime domande che però dovremmo porci, rispetto a queste rilevazioni, mi sembrano piuttosto le seguenti: 1. quale senso esse hanno per chi pratica una didattica ancora inchiodata alla lezione frontale e non è in grado di praticarne altre. E in questa situazione si trova la gran parte degli insegnanti; 2.  ha senso fare rilevazioni su competenze chiave – problemsolving / setting, ad esempio - se queste non diventano contenuti e finalità delle pratiche educative?); 3. quale senso hanno le “restituzioni” dei risultati se non poggiano su una cultura e una competenza valutativa adeguata dei destinatari; 4. quale senso hanno rilevazioni (il riferimento qui riguarda ovviamente i contesti e gli “attori”) che si disperdono spesso in una pletora di quesiti, quando le cose che servono sono riconducibili a poche e fondamentali domande, funzionali a decisioni sensate per il lavoro docente e per le politiche di istituto o di territorio.Occorrebbe avere consapevolezza che le misure per rilanciare cultura e pratiche professionali innovative - su didattica e valutazione – da sole non bastano. Quello che fa la differenza tra una buona e una cattiva scuola è altro; è, cioè, puntare ad avere buoni insegnanti e a rendere appetibile il lavoro docente (reclutamento / selezione, considerazione sociale e riconoscimenti economici, sviluppo di carriera e formazione mirata, supervisione del lavoro didattico e attenzione ai risultati, autonomia professionale)….

Ma tralasciando, in questa riflessione, il ragionamento più generale, la priorità che vedo ora per il nostro sistema di istruzione - e quindi anche per il nostro SNV - è recuperare la valutazione a scuola nel suo sensofondativo: valutazione come funzione di una didattica avanzata.
Le direttrici di marcia per promuovere e sostenere questa funzione penso siano riconducibili soprattutto a queste due: 1. Potenziamento del ruolo dell’INDIRE (di fatto eclissato nel dibattito sul SNV, del quale pure è una delle tre “gambe” portanti), in quanto agenzia volta sia a lanciare e supportare interventi generalizzati sulla cultura della valutazione e le competenze valutative, sia a rendere possibile coinvolgimento e collaborazione con le scuole nelle rilevazioni e nella lettura dei dati. … 2. Mettere meglio a fuoco il ruolo dell’INVALSI con l’obiettivo di recuperargli credibilità e affidabilità ampia;… il 70-75% delle scuole non apre i file restituiti dall’INVALSI; gli esiti delle prove Invalsi per le singole scuole vengono citati nei documenti di scuola solo se se ne escebene ; il ruolo riconosciuto all’INVALSI dal MIUR e nel dibattito politico (sia quando è citato come sistema di valutazione innovativo, sia quando è accusato di essere l’ultimo baraccone messo in piedi nel paese o viene considerato una banca dati di parte) “non corrisponde al ruolo che ha nelle scuole” (nel senso, interpreto, che il credito di cui gode è qui molto inferiore). … Valutare gli apprendimenti come funzione della didattica e funzione dello sviluppo professionale. Sono queste da mettere a centro del lavoro delle scuole e delle preoccupazioni diun’Amministrazione che affronti e risolva il problema.

latecnicadellascuola.it – 03/03/2013

L’eredità del governo tecnico, per la Scuola

░ A poche settimane dall’insediamento del ministro Profumo al dicastero di VialeTrastevere avevamo fiutato giusto; che conoscenza aveva della Scuola ? E puntualmente abbiamo scritto il nostro dissenso via via che venivano fuori i provvedimenti ministeriali, eccezione fatta per pochissimi. Ci siamo espressi chiaramente e ancor meglio ha fatto la redazione di La Tecnica della Scuola.Complimenti a A.Maria Bellesia.

Alla faccia (di bronzo) di chi in campagna elettorale metteva sul piatto nuovi investimenti nell’istruzione! Chiusa la parentesi elettorale, in cui si è fatto a gara nel promettere mari e monti, ricomincia l’austerity che ci chiede l’EuropaRiassumendo le ultime news, queste sono le sorti magnifiche e progressive per la scuola italiana e per chi ci lavora.

Operazione n. 1: avanti tutta con la spendingreview. Stipendi congelati fino al 2014 per gli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici (le retribuzioni sono ferme dal 2010 mentre tutto il resto è aumentato); nessuna possibilità di recupero di incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dal 2011; nessun riconoscimento dell'indennità di vacanza contrattuale anche per gli anni 2013 e 2014; per il personale della scuola, confermato il blocco degli scatti di anzianità anche per il 2013. E qualora si arrivasse ad un rinnovo contrattuale, ci saranno da “assicurare” livelli di produttività e di qualità adeguati ai fabbisogni. Insomma dietro l’angolo si intravede solo l’incremento del lavoro, ma non del salario. Lavorare di più, prendendo di meno, per tutta la vita: è la formula dellarealpolitik dell’attuale governo tecnico, che ci dovremo forse tenere ancora un po’.Operazione n. 2: l’autofinanziamento. La scuola italiana ha bisogno di risorse: è necessario ridurre/abbattere la dispersione, personalizzare la didattica, innovare, aggiornare, potenziare l’autonomia, garantire un minimo di organico funzionale. Prima si è provato con le riforme epocali rigorosamente a costo zero (l’ultima delle quali è il previsto sistema nazionale di valutazione, dalla cui attuazione “non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”). Adesso però ci rende conto che qualche euro in più bisogna metterlo. C’è una sola soluzione possibile per trovare le risorse: ridurre di un anno il percorso degli studi. L’ipotesi è indicata come “priorità” dal ministro Profumo nell’Atto di indirizzo per il 2013, pubblicato il 28/2/2013, con la motivazione di “adeguare la durata dei percorsi di istruzione agli standard europei”. A fine gennaio erano trapelate le prime indiscrezioni circa le proposte studiate dalla Commissione incaricata dal ministro per rendere fattibile l’operazione. Inutile obiettare che in Europa meno della metà dei Paesi pone la terminalitàdegli studi a 18 anni, né osservare che il taglio di un anno del percorso scolastico comporta per forza livelli di competenza inferiore per gli studenti. Non c’è argomento che tenga di fronte a quella montagna di risparmi calcolati in 1.380 milioni di euro nel giro di qualche anno. Ancora una volta la scuola finanzia se stessa. Nell’Atto di indirizzo è scritto chiaro e tondo: “Occorre superare la maggiore durata del corso degli studi in Italia procedendo alla relativa riduzione di un anno in connessione anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità dell’offerta formativa, ampliando anche i servizi di istruzione e formazione”. Liberare risorse è insomma l’unico modo per reinvestirle. Intanto, dopo oltre un anno di governo tecnico “salva-Italia”, il popolo italiano è sempre più stremato dalla crisi e pessimista. Di fronte ai numeri di chi mensilmente perde il lavoro (110mila unità nel solo mese di gennaio), avere uno stipendio pur bloccato dal 2010 è diventato un privilegio più che un diritto. I giovani, con o senza titolo di studio, il lavoro non lo trovano: il 38,7% è senza, gli altri si adattano a lavori a tempo determinato o a parttime. Avere una laurea serve meno che avere il solo diploma. Le indagini economiche e sociali (Censis - Eurispes) fotografano un Paese in cui il fronte ufficiale del disagio profondo è arrivato a coinvolgere circa 16 milioni di persone. I ceti medi, sui quali si fondava fino a qualche anno fa l'economia del nostro Paese, sono “in caduta libera” verso l'impoverimento e la proletarizzazione. Sta crescendo una “insoddisfazione senza precedenti nella storia recente italiana”, dicono gli analisti. E l’abbiamo visto nel voto. Una situazione sempre più difficile da governare.

 

Larepubblica.it – 04/03/2013

“Idea sconcertante, serve più tempo per lo studio”

░ Intervista al pedagogista BenedettoVertecchi: “Il punto non è ridurre, ma ridisegnare il percorso educativo”.

«Sono contrario a qualunque ipotesi di riduzione, credo anzi che bisognerebbe aumentare da 13 a 18 anni il percorso scolastico italiano». Parole di BenedettoVertecchi, ordinario di Pedagogia sperimentale alla Facoltà di Scienze della formazione dell’università Roma Tre.
- Cosa ne pensa della «priorità» indicata dal ministro Profumo? «Detta così mi lascia parecchio perplesso: tentò qualcosa di simile alcuni anni fa Berlinguer, ma senza riuscirci»….
- Ma potrebbe anche accettare una eventuale riduzione da 13 a 12 anni della scolarizzazione? «Assolutamente no. Sono contrario a qualunque riduzione perché non è l’uscita dalla scuola a 18 o 19 anni che risolve il problema. Sarei anzi per allungare l’intero percorso da 13 a 18 anni, partendo proprio dal basso. Nel resto d’Europa le scuole sono aperte tutta la giornata e i ragazzi restano a scuola molte più ore che in Italia. In tutto il mondo si fanno laboratori di fisica, biologia, chimica e tanto altro. In Italia, quelle poche scuole che avevano i laboratori li hanno distrutti per fare spazio ai computer. Occorre una interazione tra pensiero e azione che stabilizzi le conoscenze per rilanciare il sistema scolastico italiano»….

ItaliaOggi – 05/03/2013

“Effetto Grillo, a viale Trastevere”

 Vista l'incertezza politica determinata dalle elezioni, che ha fatto saltare gli equilibripre elettorali, il ministro Francesco Profumo ha dato disposizioni di concludere sia sul tema Valutazione di Sistema, sia sul tema Tfa speciali (riservati ai docenti). In molti avremmo preferito che tali decisioni non fossero assunte da un governo a fine mandato.

E così oggi il Consiglio dei ministri, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, darà il via libera al decreto sul «sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione». Si tratta del sì finale, che porta a regime la sperimentazione già in corso nellescuole… Nel giro di una decina di giorni, il ministro dovrebbe ufficializzare anche il pacchetto di nomine per la presidenza e i cdadi Indire e Invalsi, gli istituti che, insieme al corpo degli ispettori, hanno un ruolo strumentale rispetto alla valutazione. Il provvedimento sul sistema di valutazione accantona definitivamente l'ipotesi dibrunettiana memoria di utilizzare le rilevazioni sui rendimenti degli studenti per dare premi ai docenti più bravi. Essenzialmente il regolamento consentirà di valutare l'efficacia dell'azione didattica, i punti deboli e le azioni possibili di miglioramento. Il decreto parte dall'autovalutazione delle istituzioni scolastiche del servizio offerto, in base a dati resi disponibili dal sistema informativo del ministero, alle rilevazioni sugli apprendimenti e alle elaborazioni sul valore aggiunto restituite dall'Invalsi. Alla valutazione interna si accompagnerà una valutazione esterna da parte dello stesso Invalsi che individuerà le scuole da «sottoporre a verifica», in base a controlli di un ispettore e due esperti. L'obiettivo è definire con le scuole azioni di miglioramento, con il supporto dell'Indire ed eventualmente anche di università, enti di ricerca, associazioni professionali e culturali. Ogni scuola dovrà fare la rendicontazione sociale del lavoro svolto e dei risultati raggiunti. I piani di miglioramento, correlati dagli obiettivi centrati, vanno sempre comunicati al direttore scolastico regionale, che «ne tiene conto ai fini della individuazione degli obiettivi da assegnare al dirigente scolastico in sede di conferimento del successivo incarico e della valutazione» per la retribuzione di risultato. Che dunque non potrà più essere distribuita a pioggia, come invece accaduto finora.

 

il Manifesto – 06/03/2013

«Una cattedrale nata nel deserto produttivo»

 Il disastro alla città della scienza diNapoli: la testimonianza di Pietro Greco, giornalista scientifico, membro del consiglio di amministrazione di Città della Scienza, che nel 2006 ha raccontato in un libro l'impresa del fisico Vittorio Silvestrini: costruire il futuro post-industriale a partire dalla dismissione dell'acciaio napoletano.

L'incendio alla città della scienza è una doppia metafora. Del declino socio-economico del paese, e di Napoli che oggi guarda impietrita il cratere fumante, poco lontano dall'arenile di Bagnoli«A Bagnoli, dove vent'anni fa lavoravano 15 mila operai, oggi lavorano solo 80 persone, quelle della Città della Scienza - afferma Greco - Napoli non ha saputo né reagire ai problemi della nuova globalizzazione, né ha tessuto un nuovo ordito produttivo. L'incendio è una metafora: da questo declino non ne usciamo. Stiamo solo distruggendo in questo momento, senza costruire. Soprattutto non c'è consapevolezza. Questa è l'amara verità». A cosa era dovuta la crisi della Città della scienza? La Città della scienza nasce con un finanziamento da parte dello Stato di circa il 30%, un caso unico in Europa se consideriamo che La Villette a Parigi è finanziata per il 100%. Il resto lo recupera sul mercato, partecipando a gare o progetti europei per 1 milione di euro, sia pubblici che privati. Oltre al museo, la Città ha avviato 25 anni fa un incubatore di piccole imprese fondate sulla conoscenza. Una novità rispetto ai musei di vecchia e nuova generazione, a livello europeo e direi mondiale. Il suo fatturato è di circa 10 milioni di euro all'anno, il suo capitale immobiliare è di circa 300 milioni. Il problema è nato quando il 30% dovuto non gli è stato erogato con regolarità, mentre non veniva pagata la quota parte del 70% che deriva dal pubblico per progetti portati a termine. Ci sono casi in cui la regione Campania deve 2 milioni di euro e ha chiesto di accordarsi su 800 mila euro. Ma nemmeno questi fondi sono arrivati. La Città avanza crediti per 7-8 milioni dallo Stato e ha tra i 4 e 5 milioni di euro di debiti con le banche. Ma lo Stato non paga mentre le banche vogliono essere pagate immediatamente. Non credono - o fingono di non credere - che quei crediti con lo Stato siano inesigibili. Che tipo di attività svolgeva? Un'azione sociale per la ricerca e la scienza che ha attirato tra le 350 e le 400 mila persone. Ha ospitato i progetti di ricerca scientifici dei sismologi e degli astrofisici che hanno partecipato a «futuro remoto», una manifestazione con una mostra temporanea che dura alcuni mesi. La struttura ospitava spazi espositivi fissi, con tre palestre - due di fisica e una di biologia - con materiali interattivi, più l'officina dei piccoli, permettendo ai visitatori di frequentare percorsi interattivi in cui fare esperimenti. C'era un planetario, e diversi auditorium-teatro, uno dei quali è stato dato in gestione all'associazione «Le Nuvole», un gruppo di artisti che si occupa di teatro scientifico. La storia di Silvestrini è affascinante e parla di Napoli. Ce la racconti?Silvestrini è un fisico sperimentale molto brillante che, alla fine degli anni Cinquanta ebbe la cattedra a Napoli e decise di trasferirsi da Roma. Abbandonata la fisica delle particelle, iniziò a dedicarsi all'energia solare, diventandone uno dei pionieri. A metà degli anni Ottanta, decise di puntare sulla comunicazione della scienza, sottolineando la necessità di passare dal modello dell'industria fordista, il consumo privato), a un modello socialmente e ecologicamente sostenibile. La Napoli postindustriale doveva produrre beni fondati sulla conoscenza e sul sapere scientifico. …Napoli è un grande polo della ricerca aerospaziale, c'è il Cnr, le grandi università che non hanno più fondi per i tagli. Città della scienza è rimasta una cattedrale in un deserto produttivo. …

Corrieredellasera.it – 07/03/2013

L’Ocse all’Italia: accelerare sulle ICT a scuola

 Il rapporto dell’OCSE «Review of the ItalianStrategy for Digital Schools» (da agosto 2012hanno monitorato l'85% delle scuole di ogni ordine e grado) analizza i risultati del piano «Scuola digitale», varato nel 2007 e finanziatodi anno in anno con un budget di circa 30 milioni di euro l'anno, ossia circa 5 euro per studente. L'Ocse suggerisce di implementaretecnologie meno costose, quali i Kit compostida computer di classe, visualizzatore e proiettore, e interrompendo l'iniziativa Classe 2.0 suggerisce di concentrare le risorse suScuola 2.0e sull'editoria digitale scolastica. (ADe Gregorio)

FATTORE TEMPO - La principale criticità è il fattore tempo. Bisogna fare di più e più in fretta, dice l'Ocse - per accelerare l'integrazione e la diffusione delle Ict nelle scuole. Il suggerimento degli esperti è di ricorrere a finanziamenti integrativi, da parte di Regioni, Fondazioni e scuole. Altro punto critico, la scarsità di risorse didattiche digitali a disposizione dei docenti, che deve essere superata «stimolando la produzione di contenuti digitali ad uso didattico, curandone la qualità e favorendone la diffusione "open source"». Occorre anche «avviare una innovazione dal basso coinvolgendo gli insegnanti con iniziative ad hoc», quali corsi e incontri. Sarebbe di aiuto, inoltre, lo sviluppo di una piattaforma virtuale di scambio delle risorse digitali per insegnanti, la possibilità per le scuole di organizzare la formazione dei docenti in modo flessibile, l'istituzione di premi per gli insegnanti e fiere dedicate all'innovazione nonchè la definizione di obiettivi e criteri di valutazione dei risultati. PUNTI DI FORZA -Promosse invece le procedure d'acquisto delleLim, dei pc e dei computer portatili: direttamente sul mercato, per contenere i costi, e organizzando gruppi di acquisto temporanei di scuole. Bene anche la strategia di partire «dal basso»: le scuole sono invitate a presentare volontariamente domanda e in seguito acquistano direttamente le dotazioni tecnologiche: un modo per evitare che le attrezzature finiscano inutilizzate, una volta entrate in classe.

DOMANDA DI TECNOLOGIA - «Questa analisi mette in evidenza un dato: che l'investimento nel processo di digitalizzazione nella scuola è troppo limitato», ha detto Profumo rilevando che «da parte degli studenti c'è una continua domanda di tecnologia». Ricordando il successo delle iscrizioni a scuola on line, tramite il sito del ministero, il ministro ha osservato che la scuola dovrebbe innanzitutto garantire «le grandi infrastrutture» e che sarebbe naturale «che gli studenti si portassero in classe il Pc o il tablet, come una volta si portavano i libri»….

IN EUROPA - Sul fronte dei cambiamenti suggeriti, l'Ocse si raccomanda di concentrare le risorse su Scuola 2.0 e interrompere l'iniziativa Classe 2.0, che avrebbe un impatto più limitato di un'azione condotta sull'intero sistema scuola. 

 

larepubblica.it – 08/03/2013

“I quindici mesi del ministro Profumo”

  L'atto di indirizzo che il ministro Profumoha emanato lo scorso 4 marzo è un documento che spiega quindici mesi di governo della scuola (e dell'università e della ricerca) da parte di un tecnicoprestato alla politica e che nella politica avrebbe voluto restareL’articolo diCorrado Zunino esordisce con un giudiziolusinghiero (“ministro consapevole della materia che tratta)”, che non condividiamo; passa poi a un giudizio condivisibile (“Un ministro sinceramente riformista e capace d'ascolto”), e conclude con una costatazione inevitabile: “alla fine, sulla scuola ha tagliato linearmente, alla Tremonti Ha dovuto chiedere agli insegnanti di aumentare il monte ore (24) a fronte di zero euro di aumento distipendio In altri momenti - l'incapacità di cacciare presidenti clientelari dagli enti di ricerca dopo averli redarguiti - il ministro ha mostrato una debolezza caratteriale. Sono giudizi lapidi. Speriamo non debba in futuro prendere altre decisioni sulla Scuola.

… Il ministro Profumo chiede al successore - che non sarà nessuno di quelli fin qui immaginati e che oggi non si riesce neppure a immaginare chi possa essere - dieci cose. Nell'ordine, eccole: sostegno e potenziamento delle politiche di innovazione tecnologica; sviluppo di strategie della crescita, rilancio e valorizzazione della ricerca; promozione della qualità e incremento di efficienza del sistema universitario; quindi diritto allo studio universitario; sviluppo del sistema di valutazione della performance del sistema scolastico; orientamento scolastico e professionale; monitoraggio e completamento delle riforme scolastiche e degli istituti tecnici superiori; ammodernamento del sistema scolastico; edilizia scolastica e messa in sicurezza delle scuole e, infine, riorganizzazione e ammodernamento del ministero. Chi verrà potrà comprendere il messaggio o appallottolare il foglio In quindici mesi Profumo - che era partito assicurando di non voler fare rivoluzioni, ma solo oliare i meccanismi - in verità ha messo mano a un numero di cose da far girare la testa. Rischiando di far collassare l'elefanteministerialeProfumo passerà alla storia contemporanea dell'Istruzione per aver riavviato un istituto di democrazia nelle scelte di assunzione: il concorso di Stato per diventare insegnanti. Ha messo le mani dentro un ginepraio inestricabile, con spine acuminate e avvelenate, e ha tentato di cavarne una regola buona da subito e per il futuro. Il reclutamento nella scuola italiana è diventato nelle ultime tredici stagioni una superfetazione di graduatorie, corsi specialistici, esami post-laurea e pre-lavoro, una babele, un enormeparcheggio di precari, molti dei quali già avevano trovato lavoro altrove. Era certo che mettere mano a tredici anni di sgoverno e provare a ridare una logica (abbassando l'età media di ingresso) in questo ruolo strategico per ogni paese - la selezione del corpo docente - avrebbe comportato proteste. E proteste ci sono state. Ma il concorsone da 320 mila concorrenti è stato un successo. Tutto da ascrivere al ministro. L'impronta tecnologica di Francesco Profumo - altra questione - si è sentita,…  Profumo ha agito come se avesse tempi lunghi davanti a sé e ha dato accelerazioni improvvise ad alcuni temi difficili senza avere copertura politica né economica: nudo per le riforme. Le sconfitte, a volte cocenti, erano una partitura già scritta.

 

latecnicadellascuola.it – 08/03/2013

“Il Giano Bifronte del regolamento di valutazione

  Per il Governo, è un grande lavoro che va chiuso prima della fine del mandato. Per una vasta platea di forze contrarie è una scelta affrettata e politicamente scorretta. Per la Scuola è l’ennesima riforma calata dall’alto, senza coinvolgimento e senza riconoscimento(A.Maria Bellesia)

Per il ministro Profumo il Regolamento sul Sistema nazionale di valutazione, inserito all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dell'8 marzo per l’approvazione definitiva, è un grande lavoro che va chiuso prima della fine del mandato, un atto dovuto. In ballo ci sono il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico, l’innalzamento dei livelli di apprendimento, lo sviluppo delle competenze degli studenti. Tra gli effetti attesi, c’è lo sviluppo di una autonomia responsabile, grazie alla rendicontazione sociale e alla comparabilità dei risultati. Niente premialità, almeno per ora…. L’altra faccia del Regolamento è il clima di forte tensione che si è venuto a creare per la fretta di licenziare un provvedimento di tale importanza fuori tempo massimo, con un nuovo parlamento che si sta per insediare. Politicamente poco corretto. C’è chi ha parlato di “un colpo di mano” e di “un modo di procedere arrogante e autoritario”. Il fronte dei contrari è ampio e variegato. Non “contrari a priori”, visto che l’introduzione di un SNV è considerato necessario da tutti e già implicito nella riforma dell’autonomia. Contrari ai tempi e ai modi. La solita riforma calata dall’alto, si osserva, e per giunta ad opera di un Governo “scaduto”.

Il Governo tecnico potrà vantarsi di avere messo a segno una riforma epocale.

 

Il Messaggero – 09/03/2013

“Il Giano Bifronte del regolamento di valutazione”

  Valutazioni delle scuole. Via al Regolamento. Ogni scuola avrà una pagella. (Alessia Camplone

Le pagelle anche per le scuole. Promosse o bocciate, e i genitori potranno scegliere di iscrivere i figli non pensando solo alla vicinanza da casa, ma anche ai loro risultati ottenuti. La rivoluzione è nel Regolamento per la valutazione che è stato approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Dal prossimo anno scolastico tutti i dirigenti e i docenti dovranno abituarsi ad essere valutati per il lavoro che fanno con l’obiettivo di migliorare gli apprendimenti degli studenti e il funzionamento della scuola. Vere e proprie pagelle che saranno rese note a tutti, in maniera trasparente. La valutazione delle scuole sarà articolata in tre livelli, un “Sistema”, come è scritto nel Regolamento, che porta l’Italia a livello di molti altri Paesi europei. Il cardine sarà costituito dall’Invalsi, l’istituto nazionale di valutazione, che già misura gli apprendimenti degli alunni con i test annuali. Per le scuole l’Invalsi dovrà definire i parametri di efficienza a cui presidi e insegnanti dovranno fare riferimento. Ciascun istituto sarà esaminato da nuclei di valutatori esterni. Ma prima ancora dovrà autovalutarsi per capire quali sono i propri punti di forza e di debolezza. Gli istituti dovranno anche mettere a punto dei piani strategici per innalzare le loro performance. Ad affiancare l’Invalsi ci sarà l’Indire (Istituto nazionale di documentazione e ricerca educativa) che dovrà sostenere i “processi di innovazione” delle scuole e la formazione degli insegnanti. Il terzo livello del Sistema sarà costituito dagli ispettori. Potranno “fare visita” a presidi e docenti per verificare il lavoro svolto. Ad indicare le priorità strategiche del Sistema di valutazione sarà il ministero ogni tre anni. L’approvazione del regolamento – come si legge nel comunicato diffuso da Palazzo Chigi – «consente di rispondere anche agli impegni assunti nel 2011 dall’Italia con l’Unione europea, in vista della programmazione dei fondi strutturali 2014/2020».