ItaliaOggi – 10 maggio 2013
“Finanziamenti agli atenei verso il minimo storico”
░ La dotazione annuale del finanziamento ordinario (Ffo), per il 2013, sarà di 6,5 mld, 400 mln in meno, -4,9% rispetto all'anno precedente.
Dunque, quel taglio annuncia to dalla legge di stabilità del 2012, che in molti speravano sarebbe stato eliminato, è diventato realtà concreta in uno degli ultimi atti emanati dal ministro dell'università Francesco Profumo: il decreto ministeriale sull'Ffo ora al vaglio della Corte dei conti. E per i rettori (Crui) e l'intera comunità accademica (Cun), se non avverrà il reintegro, già avvenuto lo scorso anno pari a 400 milioni di euro, per le università sarà un vero collasso. Sono i numeri a dirlo: l'Ffo 2013 a legislazione vigente è di 6,5 mld di euro, cui si aggiungono circa 130 milioni di altre entrate vincolate. Considerando che le spese obbligatorie, tra personale a tempo indeterminato e determinato, obbligazioni varie a carico del sistema, non sono mai inferiori a 6,4 miliardi di euro, per le università resterà disponibile solamente una percentuale bassissima pari all'1,5% peri servizi e le nuove assunzioni di giovani ricercatori. Un mix combinato che rischia di paralizzare completamente gli atenei. Tra l'altro, con l'approvazione del dm 297/2012 sul reclutamento, che lega la possibilità di assumere nuovi docenti e ricercatori alla somma dell'Ffo e della contribuzione studentesca, la situazione è destinata ad aggravarsi sempre di più: a fronte di un Ffo costantemente in riduzione, a partire dai tagli operati dalla legge 133/2008 (1,5 mld in 5 anni), l'unico dato variabile risulta essere il gettito che deriva dalle tasse universitarie….
il Manifesto – 11 maggio 2013
“Pubblici o privati? Asili in tempo di crisi”
░ Una fotografia della scuola dell'infanzia italiana (il servizio rivolto ai bambini tra i 3 e i 5 anni: è la prima richiesta inoltrata al Miur dalla nuova Commissione Cultura della Camera (di Eleonora Martini).
…Fare il punto delle classi pre-elementari, a cui accedono i bambini tra i 3 e i 5 anni, non è cosa semplice: il rapporto «Scuola in chiaro» del ministero dell'Istruzione, per esempio, è fermo al 2009-2010, mai più aggiornato. Dati disaggregati se ne possono avere, per esempio dalla rivista «Tuttoscuola», dall'Flc-Cgil o dall'Istituto degli Innocenti toscano…. La cronaca registra la difficoltà delle famiglie a trovare asili adatti alle proprie esigenze, con lunghe liste d'attesa soprattutto nelle città metropolitane … A differenza degli asili nido che coprono mediamente il 12,7% del fabbisogno (vale a dire i bambini residenti tra 0 e 3 anni), il numero di scuole dell'infanzia presenti sul territorio nazionale (24.260 plessi, di cui 13.537 statali, 2.428 comunali e 8.295 private, paritarie e non, secondo dati dell'Ires Cgil relativi all'anno 2011) è sufficiente a portare l'Italia tra i Paesi che rispettano l'obiettivo del 90% di scolarizzazione (siamo attualmente a circa il 94%) fissato dalla Carta del Consiglio Europeo di Lisbona nel 2000 integrata poi a Barcellona due anni dopo. Anche se il processo di generalizzazione della scuola dell'infanzia si è bruscamente interrotto nel 2009, perfino con una flessione delle sezioni in alcune regioni… È con Sergio Govi, esperto di problematiche scolastiche e autore di numerosi libri sull'argomento, collaboratore di «Tuttoscuola» e del Miur, che tentiamo di fotografare l'attuale condizione della scuola dell'infanzia italiana. «Diciamo subito che il 60,4% dei bambini è iscritto alle scuole statali, storicamente le più antiche; il resto è distribuito nelle scuole comunali o private, che siano paritarie (il 38,5%), i cui requisiti sono dettati dalla legge 62/2000, o non paritarie (l'1,1%). Non tutte le private ma nemmeno le comunali - spiega Govi - ottengono a livello regionale il riconoscimento di conformità all'ordinamento scolastico statale». …
l’Unità – 11 maggio 2013
“Cgil: proroga per i precari dei settori pubblici”
░ In luglio scade la proroga decisa l'anno scorso con la legge di Stabilità; è a rischio il posto di lavoro per 114 mila persone
«Il decreto legge che il governo si appresterebbe a varare deve affrontare anche il problema della proroga dei contratti precari in scadenza a luglio nelle pubbliche amministrazioni». A chiederlo è la Cgil in riferimento al provvedimento che il governo dovrebbe varare nelle prossime ore…. L'appello del sindacato di Corso d'Italia ricalca quello lanciato giorni fa unitariamente dalle sigle della Funzione pubblica: si
tratta di un'emergenza e i tempi per affrontarla sono piuttosto stretti…
L'Aran ha censito i precari pubblici, registrandone complessivamente 317 mila, di cui 203 mila impiegati in scuole, conservatori e accademie come supplenti. Gli altri sono presenti in tutte le amministrazioni pubbliche con una forte concentrazione - circa 60mila contratti - nei servizi educativi e di assistenza….
il Manifesto – 12 maggio 2013
“I pois dell'ispettore”
░ di Giuseppe Aragno. A Giuseppe Aragno, noi gente di scuola inviamo un sincero, commosso, ringraziamento per quanto di illuminante ci offre, con la sua esperienza e sensibilità. Raccomandiamo al lettore di soffermarsi sul passaggio in cui Aragno racconta dell’incontro con l’ispettore: L'ispettore vò sapè 'o culore de' palle ca tene ncopp'a cravatta. Il racconto di Aragno mi ha riportato indietro con il ricordo (gli anni Settanta) all’aula del liceo di un paese alla quale, insegnante, accedevo passando per la cucina dismessa, e dove al suono della campanella mi raggiungevano anche studenti che avevano appena lasciato le greggi al pascolo. Il problema è: quanta gente di scuola c’è tra chi effettua la presa delle decisioni di politica scolastica ? Sulla questione Test INVALSI, chi di scuola ci capisce non può che fare una costatazione: i decisori politici entrano a gamba tesa sul sistema dell’Autonomia scolastica (su didattica e su docimologia) che – faticosamente avviato da Luigi Berlinguer e lasciato incompiuto dagli epigoni - già di suo si regge in piedi a mala pena. Fare e disfare è un delitto.
Statemi a sentire e datemi una risposta se vi riesce. Vediamo che idea vi siete fatti della valutazione… Esistono un corso delle cose, una concatenazione logica degli eventi, una filosofia della storia che non vi riguardano; appartengono al valutatore. Chi risponde ai test è libero di scegliere tra risposte date, non ha la libertà di immaginarne soluzioni che guardino a dimensioni diverse. Dalla maieutica di Socrate che vi chiedeva di cercare liberamente la vostra verità, siamo passati alla libertà condizionata di scegliere tra verità date. La «naturalità» dell'Invalsi si fa divinità: la critica è bestemmia o, peggio, negazione. Al test fondamentale, quello che chiede cosa vuole chi critica l'Invalsi, si possono dare molte risposte, e in tanti l'hanno data, non ultimi e non da ultimi, Vertecchi e Israel, ma l'unica risposta buona per il valutatore - è l'Invalsi che valuta l'Invalsi - è la più ideologica di tutte: chi critica l'Invalsi «rifiuta di valutare i livelli di apprendimento degli studenti»… Le cose non stanno così. Prima di valutare coi test, occorre condividere i presupposti, intendersi sul concetto. Una scuola è un luogo di lavoro ? Un no sarebbe ideologico e un sì deformante. «Anche», si potrebbe rispondere. Però poi occorrerebbe definire il mondo con cui riempire quell'anche, riconoscere che esiste una «scuola» in senso concettuale e migliaia di scuole diverse tra loro….
A cosa e a chi servono i test? «Servono per monitorare il Sistema nazionale d'Istruzione e confrontarlo con le altre realtà comunitarie ed europee». Ma che paragone sarà mai, quello che confronta realtà così diverse tra loro? Un sistema che va per tagli lineari e disinveste, con uno sul quale s'è scommesso a suon di milioni? La prima volta che ho incontrato l'Invalsi, eravamo a metà degli anni Settanta. Allora si chiamava ispettore, ma rispondeva come oggi a logiche di potere. Scienziato della borghesia, giunse in classe e non si annunciò. Era in terra di camorra, ma non lo sapeva. Chiese ai ragazzini irrequieti l'inno d'Italia e non ebbe risposta, trovò che quasi tutti scrivevano pensierini acuti ma erano «scadenti» nel dettato. Era lui che correva, pieno di sé, ma non riuscii a fermarlo. S'era fissato col suo impeccabile abbigliamento e insisteva: Di che colore sono i pois della mia cravatta?. Lo chiese a bruciapelo a un soldo d'uomo, e quello strinse i grandi occhi neri e li fece inespressivi. Era un segno di difesa minacciosa, ma nemmeno questo sapeva. Insistette con due di quelli più lindi e pinti e fu silenzio di tomba. Prima che aprisse ancora bocca, lo bruciai sul tempo - State a sentire. L'ispettore vò sapè 'o culore de' palle ca tene ncopp'a cravatta. Fu un coro immediato: Rosse e gialle! Rosse e gialle!
Sono figli di povera gente, sibilai. Il francese non lo conoscono e i pois li chiamano palle ! Un lieve tic all'occhio, un saluto indispettito e se ne andarono via, lui, la cravatta e i pois. Uscendo, leggeva dal registro a voce alta voce una mia relazione: «Qui è legione straniera. Un avamposto nel deserto. La scuola c'è per segnare un possesso: territorio della repubblica. Ci manca tutto, comanda la camorra. La mia cultura non serve: sto imparando il mestiere sulla pelle degli alunni». Quando il Direttore mi chiamò, aveva un'ombra negli occhi e le labbra, curve in basso, disegnavano una piega amara. Si agitò un attimo, nel grigio doppiopetto trasandato e poi sbottò: Ma che mi hai combinato? Se n'è andato come un pazzo! Gliela do io la legione straniera! Gliela do io! Un pazzo pareva. Raccontava senza nascondere un'ilarità compiaciuta e complice che gli sollevava la piega della bocca fino a disegnarvi un sorriso… Sono passati decenni. C'è un'Italia che vive ancora così e forse peggio. L'Europa dell'Invalsi non c'è. E nemmeno lo Stato. E' una lotta al coltello con la malavita organizzata. Naturale? Tutto quello che c'era di «naturale» è andato distrutto.
Il Messaggero – 13 maggio 2013
“Così i quiz INVALSI disorientano i bambini”
░ Giorgio Israel, sull’argomento precedente.
Proviamo a vedere su esempi che cosa si sta confezionando per valutare i nostri bambini. Un insegnante mi invia, con commenti pertinenti, due test di matematica recentemente “somministrati”. Nel test D2 si propone in modo obliquo di effettuare la sottrazione 150 – 40 attraverso il calcolo dell’altezza di una bambina. Vi sono tanti modi di proporre una sottrazione ma questo è il più bizzarro di tutti. Provate a chiedere a un bambino intelligente. La prima cosa che vi dirà … è: dove mai si è visto un metro simile? Non solo è scomodo, ma è innaturale, perché si cresce dal basso verso l’alto. Inoltre, se proprio si vuol procedere dall’alto al basso, basta applicare alla testa della bambina un metro a striscia e stenderlo in giù. Si dirà che l’intento è di provocare un calcolo in un “modello” astratto di una situazione reale. Ma così si presuppone un concetto difficile, che è alla base del delicato rapporto tra geometria e aritmetica: che i numeri si rappresentano sulla retta in modo equivalente in un verso o nell’altro, e che la scelta del punto di origine è arbitraria. Chi ha ideato il test propone al bambino un calcolo aritmetico attraverso una situazione concreta irrealistica costruita su concetti formali non esplicitati. … Nel test D19 l’approccio è rovesciato. Invece di provocare il bambino con concetti formali impliciti, ci si inchina all’immagine di un essere puramente intuitivo, incapace di astrazione. Il test vuole individuare se il bambino ha chiara l’idea di probabilità e la traduce in quella di “facile”. Commenta giustamente l’insegnante che chi ha ideato il test rivela la sua incompetenza matematica – la parola “facile” in matematica è priva di significato – e linguistica: perché mai un bambino di 7 anni dovrebbe considerare sinonimi “facile” e “probabile” ? È noto che nel linguaggio comune si usa dire: «È facile che piova». Ma ciò non ha nulla a che vedere con il concetto quantitativo di probabilità che è notoriamente molto più ristretto di quelli analoghi del senso comune. Questo è un test di matematica, ma di matematica non c’è nulla, bensì una confusione che allontana dalla comprensione del concetto matematico, anche perché il disegno è sbagliato: le palline nere e bianche sono a gruppi separati, mentre una corretta valutazione di probabilità richiede che siano mescolate. … Nonostante si muovano in direzioni opposte questi test hanno un tratto comune: un’idea di “bambino” preconfezionata da ideologie tecnocratiche….
░ La replica di Paolo Sestito, commissario dell’INVALSI:
Non voglio trasformare il dibattito sulle prove Invalsi in una sorta di tenzone personale tra me e il prof. Israel, anche perché su molti dei temi sollevati in questo nostro scambio ci sono numerose altre persone meglio in grado del sottoscritto di intervenire. Mi sento però in dovere di precisare un paio di punti. Il primo è prettamente istituzionale. Nell’assetto italiano, l’Invalsi è un ente di ricerca, non un “ufficio operativo” d’un ministero; non è perciò né un ufficio sonnolento… L’Invalsi è un ente di ricerca che… vive dell'interlocuzione col mondo esterno sulle tematiche di cui si occupa. Questo vale sia per la costruzione delle prove, nei loro aspetti disciplinari e psicometrici, sia per l'utilizzo a fini analitici dei risultati delle stesse. Questi vengono analizzati all’interno dell’Istituto… e vengono resi ampiamente disponibili al mondo della ricerca (oltre che alle singole scuole).
Il secondo chiarimento è sui temi della “misurazione” e delle “competenze”. Il prof. Israel richiama un dibattito sulla rivista Scuola Democratica che lo aveva visto protagonista – assieme ad altri, con posizioni in vari casi ben diverse dalle sue. Aggiungerei che a livello internazionale molto vivace è oggi il dibattito sul ruolo e sulla distinzione tra skills cognitivi e non cognitivi. Il dibattito internazionale … sta ampliando le stime di natura psicometrica a nuovi e più ambiziosi ambiti, il cosiddetto problem solving, ad esempio, già oggetto, anche in Italia, dell’indagine Pisa 2012. Gli sforzi sono poi nel migliorare gli strumenti di misurazione: la frontiera, verso cui anche Invalsi si sta muovendo e che sarà lo standard nell’indagine Pisa 2015, e che sarà anche sperimentato nelle prove che Invalsi già l’anno prossimo intende sviluppare per la V superiore, è nell’uso del computer, così da poter rendere adattivi e comunque più ricchi i test. Certo, un metro assoluto non esiste e delle competenze si possono e si debbono dare tantissime definizioni, a seconda degli scopi degli esercizi di misurazione. Le rilevazioni standardizzate sugli apprendimenti predisposte da Invalsi non pretendono perciò l’impossibile, di essere il metro universale di tutto quanto uno studente dovrebbe sapere. Quel che si cerca di misurare è però chiaramente definito ex ante – nei Quadri di riferimento, che a loro volta hanno come riferimento le Indicazioni nazionali per il curricolo e non sono quindi frutto del delirio di onnipotenza di qualche tecnocrate – e il “metro” è tarato, su base psicometrica, sull'intera popolazione degli studenti italiani anziché nel giudizio soggettivo del singolo docente (riferito al suo piccolo gruppo di studenti). Questa valenza comparativa – che non hanno invece i voti attributi agli studenti nelle scuole italiane, che peraltro sono in media correlati con i risultati delle prove Invalsi all'interno di ciascuna classe, ma non necessariamente tra le diverse classi – e la natura assolutamente non nozionistica delle prove – a cui non ci si può allenare con esercizi di tipo esclusivamente mnemonico – sono il pregio, non piccolo, delle rilevazioni effettuate dall'Invalsi e restituite a tutte le scuole come strumento di lavoro e materiale di riflessione… Nessuno pensa infatti che basti guardare ai risultati delle prove Invalsi per individuare, e tanto meno per implementare, adeguati interventi di miglioramento della e nella singola scuola: nel costituendo Sistema Nazionale di Valutazione le prove sono solo uno stimolo, e non l'unico, d'un processo di autovalutazione e di eventuale valutazione esterna delle singole scuole che dovrà ragionare sul concreto modus operandi e non solo su questo o quel risultato della singola scuola; in ogni caso, per meglio comparare i risultati delle prove tra le diverse scuole già da questo anno si sono iniziate ad adoperare le informazioni, raccolte su base anonima, sul background socioculturale degli studenti e, in futuro, ci si concentrerà sull’evoluzione nel tempo degli apprendimenti. Tantomeno si immagina che le prove Invalsi debbano sostituire le normali valutazioni dei singoli studenti, di tipo più complessivo, effettuate dai docenti: le prove considerano solo alcuni aspetti ed ambiti (la comprensione della lettura ma non la produzione di testi, ad esempio); basate ancora su strumenti cartacei, e quindi ben lontane da un modello adattivo, le prove hanno necessariamente una durata breve e contengono domande sia difficili che molto facili, atte a “coprire” sia i più bravi che i meno bravi, e non approfondiscono l'analisi del puntuale livello di abilità del singolo studente. Anche per questi motivi l'Invalsi non pubblica i risultati delle singole scuole: si vuole evitare di dare eccessiva enfasi a quel che si misura rispetto al tanto che non si misura….
ItaliaOggi – 14 maggio 2013
“INVALSI, primo test per Carrozza”
░ Per l’esordio della ministro Carrozza, non sono rose e fiori: il malumore, nella Scuola, oggi riguarda la questione dei test INVALSI ma è alimentato da questioni di fondo, per lo più di natura economica, visto il modo con cui il MEF negli ultimi cinque anni ha trattato il comparto Scuola, dai tempi di Tremonti a quello di Grilli. Alessandra Ricciardi nota che il decreto sul Regolamento del S.N.V. (sistema nazionale di valutazione) non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e prospetta l’eventualità che la nuovo ministro dissenta da quello che era il forte convincimento di Francesco Profumo.
…L'umore nelle scuole a pesare negativamente. Perché se è vero che somministrare i test è obbligatorio, è anche vero che molti docenti non ne condividono le finalità (si finirebbe per piegare la didattica al successo ai test e non a lavorare sull'apprendimento in quanto tale, critica la Flc-Cgil) e molti genitori sottolineano il nuovo aggravio di impegni per i ragazzi, che si sono visti recapitare anche la richiesta di un contributo per l'acquisto di test di preparazione. Il ministro al momento è prudente: va ridimensionato l'impatto che si attribuisce al test Invalsi, ha detto, «è un test di valutazione che verrà usato anche per finalità conoscitive, per capire il mondo della scuola e le sue peculiarità territoriali». Il grimaldello da utilizzare per riaprire il provvedimento che disegna il sistema nazionale è dato da quei rilievi sollevati dalle commissioni parlamentari, dal Consiglio di stato e dal Cnpi e che il governo Monti, in sede di approvazione del decreto, ha in larga misura ignorato. Per esempio il ruolo dell'Invalsi, la marginalizzazione degli ispettori, e la scarsa revisione degli obiettivi di apprendimento che valorizzino la personalizzazione degli apprendimento. Ma anche la confusione tra valutazione del sistema e valutazione dei dirigenti delle scuole. Quale debba essere il prossimo futuro della valutazione in Italia è ancora da definire.
scuolaoggi.org – 15 maggio 2013
“L’eredità contraddittoria del governo Monti sulla scuola”
░ Ancora sul tema SNV, l’autorevole opinione di Dario Missaglia
Sul SNV e sulla ostinazione della amministrazione uscente ad emanare ad ogni costo il provvedimento, molto è stato scritto con le più diverse argomentazioni. Io credo che il Miur avrebbe potuto risparmiarsi una forzatura e aprire di più a un dibattito serrato sulla materia. Certo, l’argomentazione di una pressione dell’Europa non è infondata: lo stesso accesso ai fondi europei, per i prossimi anni, chiederà a tutti scelte e pratiche vincolanti in tema di valutazione. Dunque con quel tema bisogna fare i conti. Non credo che una ostilità intransigente contro le prove Invalsi rappresenti il modo migliore per misurarsi con le sfide della valutazione. Quella protesta, al di là delle intenzioni, accarezza inevitabilmente un’istanza conservatrice ed alimenta una cultura corporativa che nega la valutazione come tema decisivo, sia per il lavoro nella scuola che per il sistema. Paradossalmente quella istanza contribuisce a dare alle prove Invalsi quella centralità che non hanno e non possono avere. Le scuole che già hanno maturato una buona cultura sulla valutazione, non drammatizzano l’esperienza Invalsi perché ne hanno già compreso la parzialità ed in tal senso la governano…. Ad oggi, non solo l'amministrazione centrale non ha lavorato alla definizione di protocolli (Lep o altro che dir si voglia), strumento fondamentale per consentire alle scuole di avviare percorsi di autovalutazione e miglioramento, ma non ha neppure avviato un'autoanalisi della propria struttura, centrale e periferica, per individuare anche su quel versante i fattori di vischiosità e resistenza ai processi di miglioramento…. Senza una riforma della amministrazione orientata e governata davvero nell’ottica della autonomia delle istituzioni scolastiche - e dunque servente rispetto alle scuole autonome - non si pongono neppure le basi per un sistema di valutazione finalizzato al miglioramento. E allora l’Invalsi, al di là del tentativo di offrire un servizio utile alle scuole, appare come un processo separato e irrilevante rispetto alla qualificazione del sistema (che si vorrebbe valutare)….
latecnicadellascuola.it – 16 maggio 2013
“Invalsi o formula segreta dell’impossibile felicità?”
░ Ancora sui test INVALSI, questa volta sotto il profilo operativo, visti da una dirigente scolastica - Aluisi Tosolini - che ne deve curare l’effettuazione.
… Oggi, 16 maggio 2013 - giorno delle prove invalsi delle superiori - sono qui a chiedermi se quelli dell’invalsi vivono su un altro pianeta o se sono io che sono fuori come un balcone. Nella scuola superiore che dirigo abbiamo fatto di tutto per avvertire Invalsi che tra i nostri studenti ci sono ipovedenti e alunni con Dsa. Ovviamente ci è stato assicurato che avremmo avuto le prove in formato specifico per questi studenti. E, altrettanto ovviamente, nulla si è visto sino a stamattina. Quando alle 8,30 in segreteria è arrivato per posta elettronica il messaggio che forniva le istruzioni necessarie per scaricare la prova in formato word, mp3 ecc... Il tutto passando attraverso uno scaricamento di file zippati in modalità rar che andavano dezippati secondo una contortissima procedura a cui mancava solo la richiesta di uno spicchio di aglio come nelle migliori pozioni di Piton, docente nella scuola di Harry Potter diretta da Albus Silente. Neanche si trattasse della formula segreta della (impossibile) felicità, o della bomba nucleare, o del brodo primordiale. Ovviamente siccome mezza Italia (chi non ha un alunno Dsa in classe seconda superiore???) cercava di connettersi, la rete andava a due all’ora e il tutto si è concluso dopo le ore 9.00, orario di inizio della prova per tutte le classi (anche quella in cui è inserito l’alunno Dsa o ipovedente a cui la prova viene fornita con significativo ritardo). Per non dire della complessissima procedura che attenderà i docenti che dovranno inserire on line gli esiti della prova, utilizzando un foglio di calcolo (ovviamente excel microsoft, in onore alla logica della minore spesa e dell’uso di software open source e gratuito, che tanto le scuole sprizzano denaro da tutti i pori!!!) che per essere aperto e compilato chiede tanti di quei passaggi che manca solo la richiesta di un’ala di pipistrello. In sintesi: siamo proprio sicuri che tutto questo lavoro debba essere svolto dagli insegnanti e non dall’invalsi? Quell’Invalsi che pare provare un godimento particolare a rendere tutto più complesso ed astruso? Ad esempio: perché non fornire giorni fa i file per le prove Dsa o ipovedenti? Non ci si fida forse delle segreterie? O dei dirigenti?
Beh, se non ci si fida perché inviare i pacchi con i plichi delle prove una settimana prima? Davvero l’Invalsi crede che nessuno abbia preparato ieri pomeriggio - invece che all’alba di oggi - i vari plichi con etichette varie e correlazione tra codice studente e codice etichetta su fascicolo? Davvero? E se ci crede allora la domanda successiva è: Invalsi vive su Marte? Crede alle fate? Se Invalsi non si fida di noi tanto vale chiudere baracca e burattini e smetterla. Se invece Invalsi si fida dei dirigenti e delle scuole perché fa di tutto per rendersi insopportabile? Perché rende tutto così inutilmente astruso, complesso, impossibile? Forse che Invalsi ha voglia di rendersi più criticabile di quanto non lo sia già?