ilmanifesto.it - 29/06/2013
“Se lo studio allontana il lavoro”
░ Polemiche sul Pacchetto Lavoro. Riportiamo parte delle riflessioni di Alba Sasso (il Manifesto); riflessioni di buon senso che abbiamo espresso anche da parte nostra. Occorrerà però tenere conto della spiegazione che Lorenzo Salvia ha dato su Il corriere della sera spiegando per quale ragione il governo ha scelto certi criteri: “… La gran parte dei soldi che il governo ha messo nel pacchetto lavoro approvato mercoledì viene in realtà dai fondi europei. Ed è proprio Bruxelles a fissare gli obiettivi per i quali possono essere usati. Quei tre requisiti — vale la pena di ripeterlo, ne basta uno solo — sono previsti proprio dall'Unione europea per i programmi di coesione e inclusione sociale che finanzia”.
Sconforto è la parola che forse definisce meglio lo stato d'animo di chi si ferma ad analizzare i provvedimenti per l'occupazione varati dal governo. Una misura in particolare salta subito agli occhi, e ferisce nel profondo: la proclamazione, di fatto, dell'inutilità degli studi. I posti di lavoro previsti infatti sarebbero riservati a giovani privi di titoli di studio come il diploma, e ovviamente la laurea. Ci si sarebbe aspettati che il premier Letta dichiarasse che questa è una misura del tutto parziale e ancora insufficiente, dedicata soltanto a chi ha di meno e a chi parte con meno chance. Sottolinearlo nella presentazione del piano sarebbe stato almeno un atto di chiarezza. Ma questo avrebbe mostrato in modo esplicito i limiti di questa misura. Il problema infatti è tragicamente molto più vasto e riguarda i giovani tutti. … La strategia di Europa 2020,che pure si occupa col progetto "Youth on the move" e con l'iniziativa "Opportunità per i giovani" di questo specifico target, si pone come obbiettivo l'individuazione di percorsi che favoriscano il ritorno all'istruzione e alla formazione. Cresce un paese che non garantisca una solida istruzione di base, qualifiche e diplomi? Cresce un paese che è fanalino di coda in Europa per il numero dei suoi laureati, il 21% nella fascia 25/34 anni, a fronte della media europea del 35,8%, mentre l'Europa ci chiede di portare al 40% questa percentuale entro i12020? Ogni lavoro, anche quello che può apparire il meno qualificato, ha bisogno oggi di maggiori conoscenze e competenze. In questi anni l'opera di impoverimento del sistema dell'istruzione pubblica è stata sistematica e ha lasciato ferite dolorose, forse difficilmente sanabili. Ora si proclama ufficialmente che chi ha passato tanti anni a studiare, specializzarsi, formarsi professionalmente ed intellettualmente ha buttato via il suo tempo, i libri non servono. E si tratta di una decisione che pare sposarsi perfettamente con una tendenza che negli ultimi anni ha ridotto la scuola pubblica ad un sistema ferito e depotenziato… Questa decisione del governo si inserisce poi in una generale tendenza all'abbandono delle facoltà universitarie. E' da qualche anno che diminuiscono le immatricolazioni all'università. E certo numeri chiusi e sbarramenti vari non aiutano. Crollano le facoltà umanistiche, in particolare. Cioè quei luoghi della cultura in cui si è formata l'identità della nazione moderna, in cui vien custodita la memoria storica e letteraria di un intero paese. Negli ultimi 20 anni la riduzione di oltre il 25% delle iscrizioni nelle facoltà umanistiche è un dato che dovrebbe far paura a tutti. Sembra quasi il trionfo di una inconsistente banalità, dilagata però nella cultura delle classi dirigenti, quella secondo cui con la cultura "non si mangia". …Ma anche le facoltà scientifiche conoscono una flessione drammatica, destinata a pesare negativamente sul futuro economico e produttivo del nostro paese. E alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, soprattutto a quelli maggiormente preparati e qualificati e iperspecializzati, per la cui preparazione e qualificazione si è investito, non resterà che emigrare…
corrieredellasera.it – 30/06/2013
“Nella cultura lavora una generazione di precari sottopagati”
░ Una intervista di Paolo Fallai a Tomaso Montanari, docente di Storia dell'arte moderna all'Università «Federico II» di Napoli.
D. Come possono concorrere, patrimonio e paesaggio a un progetto di Nazione? R. «È tutto scritto nell'articolo 9 della Costituzione. Il patrimonio produce cittadini attraverso la ricerca e la cultura. Nella nostra legge fondamentale il patrimonio non ha funzione economica, non è il petrolio d'Italia».
D. E come si fa a mantenerlo, visto che perfino la tutela dei nostri siti più importanti, vive una perenne emergenza? R. «Dal 2008 a oggi il bilancio del ministero per i Beni culturali si è ridotto a un terzo, circa un miliardo di euro. È un ventiseiesimo della spesa militare. Sarebbe demagogia pretendere la pari dignità tra cultura e armi, ma 26 a uno è un suicidio della nazione. E non vorrei ripetere ancora una volta che l'evasione fiscale in Italia è seconda solo alla Turchia e al Messico. Ma col 2% dell'evaso il patrimonio si manterrebbe perfettamente. Non è che non possiamo, non vogliamo».
D. Quindi non possiamo neanche aspettarci dalla cultura posti di lavoro qualificati come sarebbe normale? R. «Invece sì, dovremmo aspettarceli, perché il patrimonio ha bisogno di infinite professionalità di alto livello. Mentre la gestione parzialmente privata introdotta dalla legge Ronchey ha prodotto generazioni di schiavi del patrimonio, precari, sfruttati, sottopagati».
D. Cosa si può fare oggi, di fronte alle continue emergenze? R. «Primo punto riportare il bilancio dei beni culturali a prima del 2008. Barack Obama ha detto che tagliare sulla cultura in tempo di crisi è come buttare il motore fuori bordo per far ripartire l'aereo. Cominciamo a far ripartire le assunzioni dei giovani archeologi, storici dell'arte e architetti al ministero per i Beni culturali».
D. Ma qualcuno non potrebbe vedere in questo la solita ricetta dell'aumento della spesa pubblica? R. «Il patrimonio è come la scuola, come la salute, dobbiamo decidere se merita la nostra attenzione oppure no. Tutelare il patrimonio vuol dire lavorare per il futuro, non per il passato»….
http://www.superando.it – 1/07/2013
“Il significato di quel Piano per l'inclusività”
░ Una nota di Salvatore Nocera, Vicepresidente nazionale della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, sul Piano Annuale dell'Inclusività (PAI).
Oltre a fissare le date entro cui dovrà essere approvato, una Nota Ministeriale dei giorni scorsi approfondisce, in modo assai utile, il significato del Piano Annuale dell’Inclusività(PAI)…. L’attuale normativa per la scuola prevede come strumento programmatorio la formulazione del Piano Annuale per l’Inclusività (PAI o Piano delle Attività Inclusive), che dev’essere predisposto dal Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI) e approvato dal Collegio dei Docenti. In sostanza, esso deve annualmente individuare gliaspetti di forza e di debolezza delle attività inclusive svolte dalla scuola e quindi predisporre un piano delle risorse da offrire (e richiedere) a soggetti pubblici e del privato sociale, per impostare, in vista dell’anno scolastico successivo, una migliore accoglienza degli alunni che richiedono particolare attenzione e di quelli con diversi Bisogni Educativi Speciali. Il documentodev’essere parte integrante del Piano dell’Offerta Formativa…
Nei mesi scorsi, la Circolare Ministeriale 8/13ha previsto che il PAI debba essere approvato annualmente entro giugno. E tuttavia – alla luce della brevità di tempo intercorrente tra la data di emanazione della Circolare 8/13 (8 marzo scorso) e quella di redazione e approvazione del primo PAI, in molte scuole si è prodotta una forte resistenza per la sua formulazione, recepita e fatta propria anche dalle forze sindacali, ciò che ha costretto il Ministero a diramare nei giorni scorsi una specifica Nota (Protocollo n. 1551, del 27 giugno 2013)… Il documento citato è importanteperché approfondisce nel modo seguente il significato di programmazione didattica del PAI. … Il PAI non è un piano «per i soli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES)», riguardando invece la programmazione generale della didattica della scuola, al fine difavorirne la crescita nella qualità dell’offerta formativa. In questa migliore luce chiarificatrice, quindi, il documento ben si colloca – a parere di chi scrive – nel quadro dell’autovalutazione e valutazione della qualità della scuola, che dovrà realizzarsi a seguito dell’approvazione del Decreto Legislativo 13/13.
larepubblica.it - 03/07/2013
“La maturità a prezzo di saldo lo scandalo deidiplomifici dove l’esame costa 8 mila euro”
░ Per ottenere con facilità il diploma, accorrevano da tutta Italia in tre scuole della Campania. Scattati gli arresti per gravi irregolarità.
Un volo verso Capodichino, e un diploma. Un assegno staccato da papà, e un “titolo di studio”….. È andata così per almeno duemila studenti, negli ultimi due anni, e solo in una ristrettissima area: il Nolano, ad alta densità di scuole-bluff. Più che diplomifici, associazioni per delinquere … Sono aziende scolastiche in apparenza, e scatole vuote. Che, però, da anni riescono a gabbare lo Stato, il ministero, l’Ufficio scolastico regionale: grazie anche a sciatterie o autentiche complicità ben pagate, come dimostrano gli arresti, ad aprile, a carico di ispettori del Provveditorato. Va ancora così, è il sospetto nutrito dalle indagini delle Fiamme Gialle di Torre Annunziata, anche in altri presìdi-satelliti collegati: sia in Campania, sia nel resto d’Italia…. È un affare da 10 milioni di euro l’anno, stima approssimata per difetto.
Il Fatto Quotidiano - 03/07/2013
“A scuola è morto l'umanesimo”
░ Angelo d'Orsi scrive dei pericoli connessialla diffusione di un modello culturale meramente utilitaristico.
Nel giugno di 14 anni or sono, a Bologna, nella sede della più antica università del mondo, la cosiddetta Alma Mater, si riunivano 29 ministri dell'Istruzione e siglavano un accordo, la "Dichiarazione di Bologna", che avviava il processo che avrebbe dovuto realizzare lo "Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore". Era un contributo all'unificazione del continente. Ma quanti si resero conto delle conseguenze negative che avrebbe avuto quel frettoloso documento? Cominciava allora, in effetti, un gioco al ribasso della qualità…. Quello che è stato chiamato "il filosofo più pericoloso d'Occidente", Slavojiek, ha scritto che da Bologna partì "un attacco concertato a ciò cheKant chiamava l'uso pubblico della ragione. Veniva, in prospettiva, cancellato il vero, primo compito del pensare: che non è offrire solo soluzioni ai problemi, ma innanzitutto riflettere sulla forma e la natura di quei problemi. Si sostituiva, insomma, al sapere critico, il sapere "utile", al pensiero libero, un pensiero finalizzato: a cosa? Ai bisogni della società, ossia del mercato, innanzitutto. Da allora in poi nelle università europee, e nelle Scuole di istruzione superiore, secondo una tendenza che attraversava l'Atlantico e si manifestava in America, cominciò una vera e propria aggressione, mediatica e politica, alle discipline umanistiche, e anche alle scienze sociali e politiche…. L'abrogazione o quasi degli insegnamenti di Lettere classiche, la chiusura progressiva di discipline con grandi tradizioni ma che apparivano "inutili" (Egittologia, Sanscrito, Sumerologia,Indologia...), ma anche il drastico ridimensionamento delle stesse cattedre di Letteratura italiana (ricordava Alberto Asor Rosa, che alla Sapienza sono passate da 12 a 2!), mentre altre discipline, a cominciare dalla Sociologia in tutte le sue declinazioni subivano un processo di vero e proprio imbarbarimento, perdendo ogni sostrato di pensiero, tecnicizzandosi, in senso economico. L'economia, a sua volta, si riduceva alla mera dimensione numerica, mentre i corsi di Storia del pensiero economico sono diventati merce rarissima, e comunque considerati del tutto secondari, mentre un approccio umanistico all'economia oggi è completamente scomparso. La crisi economica ha accelerato il processo. I giovani scelgono indirizzi di studio che sembrano garantire loro un accesso al mondo del lavoro non soltanto più rapidamente, ma con remunerazioni più alte. Che un dentista, o un ingegnere, guadagnino di più di un professore di Latino, lo sanno tutti. …. Dinanzi a questa situazione che finalizza gli studi al mercato, che considera "utile" soltanto il sapere "pratico", e che cerca di cancellare la dimensione critica, ci sono reazioni; e che in definitiva fa perdere ai giovani lo stesso piacere dello studio (studium significa "passione"). Come si fa a formare un cittadino senza la Storia ? si stanno chiedendo ad Harvard e in altre università statunitensi. Sembra che un moto di protesta se non ancora di rivolta stia nascendo… È troppo tardi per avviare un contrattacco ?
larepubblica.it - 05/07/2013
“Università, le tasse d’oro aumenti fino al 167 per cento”
░ Gli studi universitari sono sempre più dispendiosi: negli ultimi dieci anni le tassesono aumentate fino al 167% (di SalvoIntravaia)
In appena otto anni, gli iscritti negli atenei statali si sono assottigliati mentre le tasse universitarie sono cresciute del 50 per cento. Con picchi, per alcuni atenei, di oltre il 100 per cento. Il salasso emerge dai dati sui contributi degli studenti pubblicati dal Miur.… Bastano alcuni esempi: dal 2004 al 2012 l’università del Salento ha aumentato le tasse del 167 per cento mentre quella di Reggio Calabria del 119 per cento. Ma la stangata non riguarda solo i piccoli atenei. Tra i grandi, spicca l’università di Palermo che ha raddoppiato i contributi (+110 per cento) e la Federico II di Napoli che oggi registra un aumento del 94 per cento. Mentre l’ateneo più grande d’Europa, La Sapienza di Roma, si è contenuto: il carico per studenti e le famiglie è salito del 57 per cento. Sul fronte opposto, ci sono le università virtuose, tra cui Firenze, che ha ritoccato del 4,7 per cento appena il balzello e il Politecnico di Torino, più 14 per cento. Mentre l’università pubblica più esosa in assoluto è il Politecnico di Milano, con una media di quasi mille e 700 euro. Al confronto, gli 842 euro a studente del Politecnico di Torino e i 509 del Politecnico di Bari sono poca cosa. …. Anche i giudici amministrativi si sono accorti che le tasse universitarie sono diventate troppo onerose. Qualche mese fa il Tar della Lombardia ha condannato l’ateneo di Pavia — che aveva superato, nel 2012, il limite di tassazione studentesca in rapporto al finanziamento statale — a restituire oltre due milioni di euro di contributi non dovuti. Dividendo l’intera contribuzione studentesca del 2004 (più di un miliardo e mezzo) per il numero di iscritti, otto anni fa ogni ragazzo pagava mediamente 632 euro di tasse. Una cifra che nel 2012 è lievitata fino 947 euro….
latecnicadellascuola.it - 05/07/2013
“Autonomia scolastica: forse fra sei mesi sarà solamente virtuale”
░ Gestire poco nulla, nel Fondo di Istituto, comporta che le scuole non possano esercitare le prerogative dell’Autonomia.
A partire dal 1° gennaio 2014 la clausola di salvaguardia che ha finora consentito di coprire una serie di costi di personale attingendo ai risparmi derivanti dal taglio degli organici previsto dall’art. 64 del decreto legge 112/2008 non sarà più in vigore.Potrebbe sembrare una buona notizia, ma è vero esattamente il contrario. Il perché lo ha spiegato chiaramente il sottosegretario all’istruzione Toccafondi intervenendo al Senato mentre si discuteva il disegno di legge sulla cancellazione delle norme sui docenti inidonei. Toccafondi, infatti, ha fatto presente che, fino ad ora, alla mancata attuazione della norma sugli inidonei si è data copertura “con la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 621, lettera b), della legge n. 296 del 2006, nei fatti riducendo l'importo disponibile dei fondi di cui all'articolo 4, comma 82, della legge n. 183 del 2011 e di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008”. Ed ha aggiunto: “Ferma restando la necessità di verificare in quale misura detta copertura sia effettivamente disponibile nel corrente anno 2013, sicuramente non lo sarà più dal 1° gennaio 2014”. “A decorrere da quella data- ha spiegato il sottosegretario - il fondo di cui all'articolo 4, comma 82, della legge n. 183 del 2011 risulta azzerato per effetto della legge n. 228 del 2012 e l'ammontare di risorse residue nel fondo di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008 potrebbe essere nullo, salva più favorevole certificazione a cura del Ministero dell'economia, in attuazione del contratto collettivo nazionale siglato in data 13 marzo 2013”. In altre parole: i risparmi derivanti dai tagli agli organici sono stati assorbiti in parte dalle deroghe al sostegno adottate a seguito della sentenza della Corte Costituzionale sia dal contratto nazionale del marzo scorso che aveva riconosciuto gli scatti stipendiali a chi li aveva già maturati. A partire dal prossimo mese di gennaio, dunque, non vi saranno più “tesoretti” ai quali attingere. Gli unici fondi disponibili saranno quelli che oggi vengono utilizzati per i compensi accessori (funzioni strumentali, MOF e così via). Ma utilizzare questo capitolo vorrebbe dire eliminare quel poco che le scuole possono ancora gestire. In altre parole significherebbe trasformare l’autonomia scolastica in una semplice espressione linguistica priva di valore pratico.