www.handylex.org - 19/07/2013
“Corte Costituzionale: congedi anche ai parenti e affini di terzo grado”
░ Con la Sentenza 18 luglio 2013, n. 203, la Corte Costituzione ha dichiarato l'illegittimità della norma che non consente la fruizione dei congedi retribuiti per l'assistenza di familiari con grave disabilità anche ai parenti e agli affini fino al terzo grado.
La Corte Costituzionale con Sentenza 18 luglio 2013, n. 203 è intervenuta nuovamente sulla materia dei congedi retribuiti (fino ai due anni) concessi ai lavoratori che assistono un familiare con grave disabilità (in possesso di verbale di handicap grave ex art. 3 comma 3 della Legge 104/1992)…. I congedi retribuiti biennali sono stati inizialmente introdotti dalla Legge 388/2000 (articolo 80, comma 2, poi ripreso dall’articolo 42, comma 5 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151) che ha integrato le disposizioni previste dalla Legge 53/2000 introducendo l'opportunità, per i genitori di persone con handicap grave, di usufruire di due anni di congedo retribuito. Medesima opportunità veniva offerta ai lavoratori conviventi con il fratello o sorella con handicap grave a condizione che entrambi i genitori fossero “scomparsi”… Il Decreto Legislativo 119/2011, pur confermando i beneficiari potenziali (coniuge, genitori, figli, fratelli e sorelle) previsti dalla normativa e dalla giurisprudenza precedente, ha fissato condizioni diverse di priorità nell’accesso ai congedi…. Nella sostanza i congedi non possono essere concessi ai figli nel caso in cui il genitore con handicap grave sia sposato e la moglie dello stesso sia presente non invalida. La normativa vigente, tuttavia, non include fra i possibili beneficiari lavoratori (nemmeno se conviventi e nemmeno nel caso siano gli unici in grado di assistere la persona con disabilità) che abbiano una parentela o un affinità diversa da quelle contemplate (figli, genitori, fratelli e sorelle, oltre al coniuge). Su tale esclusione è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale oggetto della Sentenza 203/2013. Il procedimento era stato sollevato originariamente per il caso di un nipote (affine di terzo grado in via collaterale) convivente con la persona con disabilità, unico in grado di prestare assistenza…. A sollevare la questione di legittimità costituzionale, in modo compiuto e articolato, è il Tribunale Amministrativo Regionale di Reggio Calabria,… La Corte accoglie, in larga misura, le questioni sollevate dal TAR… Sotto il profilo pratico tale Sentenza genera la seguente nuova situazione rispetto agli aventi diritto al congedo retribuito: Il primo beneficiario è il coniuge convivente con la persona gravemente disabile. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi (anche se non conviventi con il figlio). In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e anche della madre ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi. Se anche i figli conviventi sono deceduti, mancanti o invalidi, il beneficio passa ad uno dei fratelli o delle sorelle conviventi. In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti anche dei fratelli o delle sorelle, il diritto al congedo passa a parenti e affini, comunque conviventi, fino al terzo grado. Nella sostanza parenti e affini fino al terzo grado possono fruire dei congedi solo se gli altri parenti più prossimi (figli, genitori, fratelli) o il coniuge sono mancanti, deceduti o anch’essi invalidi.
tuttoscuola.News - 22/07/2013
“Concorso DS in Lombardia/1: c’è del metodo nella follia ?”
░ Tutto Scuola fa dietrologia. Sarà un limite di questo lettore: può avere studiato, insegnato e scritto di Filosofia e Logica, per quaranta anni, e essere in grado di seguire ragionamenti tanto sottili; oppure, molto semplicemente, verità di ragione tanto consequenziali hanno i piedi di argilla e la testa tra le nuvole. Se così fosse, le spiegazioni del fallimento del concorso a d.s. sarebbero da cercare nel buon senso; le abbiamo anticipate fin dal bando e poi mentre si procedeva occhi bendati.
Non cessano i commenti e le riflessioni sulla notizia, data in anteprima da DiSAL e poi ripresa con evidenza anche dai media nazionali, della bocciatura da parte del Consiglio di Stato del ricorso presentato dal Miur contro l’annullamento del concorso a Dirigente scolastico svoltosi in Lombardia. Sentenza definita con vari appellativi: incredibile, sconcertante, addirittura “una follia”, come ha detto il segretario della Flc Cgil Lombardia. Ma da eseguire al più presto, come subito chiesto dai sindacati, dalle associazioni e dallo stesso assessore all’istruzione, Valentina Aprea. Per non perdere altro tempo, si è detto. Eppure molti dubbi e critiche si sono concentrati sulla sentenza: per il fatto che l’irregolarità (la lettura dei nomi attraverso buste trasparenti) sia stata solo ipotizzata e non dimostrata; per il fatto che in altre regioni si sono usate le stesse buste senza che alcuno avanzasse obiezioni; per il disaccordo tra periti sulla trasparenza delle buste; per l’enorme ritardo del contenzioso e della sentenza. Perché allora quasi tutti si affrettano a chiedere che il concorso venga di fatto ripetuto ricorreggendo tutte le prove di tutti i candidati? Viene il sospetto che in realtà dietro la follia della sentenza del Consiglio di Stato ci sia del metodo, un disegno razionale, e forse anche un po’ cinico: quello di riaffermare, costi quel che costi, il primato della norma astratta e il potere dei suoi custodi. Ma perché gli altri stakeholders dovrebbero stare al gioco? Non sarebbe il caso per il futuro di cominciare a progettare, e sperimentare, un modello di concorso diverso, affidato alle scuole stesse (o alle loro reti), come si fa per esempio nel Regno Unito? Un rifiuto a priori farebbe pensare che dietro le follie concorsuali e giurisdizionali del nostro tempo ci sia una ramificata alleanza conservatrice, cui partecipano molti soggetti cointeressati di fatto (non a parole) a che nulla cambi.
corrieredellasera.it - 23/07/2013
“Se i nostri ricercatori scelgono di giocare all'estero”
░ G.A. Stella commenta le scelte professionali dei giovani assegnatari di Starting grants e Avanced grants dello European Research Council.
L'Italia viene scelta solo da 8 dei 287 vincitori dei fondi distribuiti dal Consiglio europeo della ricerca. Una umiliazione. E la ferita è resa ancora più sanguinante dal fatto che perfino la maggioranza dei prescelti italiani ha deciso di giocarsi i soldi e il futuro altrove. Il punto di partenza per capirci qualcosa è una tabella dell'European Research Council. Dove si spiega come l'organismo della Ue dedicato al supporto della ricerca abbia moltiplicato per sei volte, in questi anni di crisi, il proprio bilancio: da 300 milioni nel 2007 a un miliardo e 700 milioni oggi… Una quota delle ricche borse di studio dette «starting grants» (un milione di euro e più per quattro anni, che il «principal investigator» può spendere non solo per se stesso e lo studio ma anche per prendere qualche collaboratore) è destinata a giovani studiosi con meno di sette anni di anzianità dal conseguimento del dottorato, un'altra («senior grants») ai più anziani. Risultato finale? «Negli starting grants, i vincitori italiani sono 35, al secondo posto dopo la Germania, precedendo Gran Bretagna, Francia e Spagna; è dunque chiaro che l'Italia ha offerto a questi studiosi (età media: 35 anni) adeguata formazione e ambiente di ricerca. Se però si guarda alle sedi di lavoro scelte dai vincitori, l'Italia precipita al quinto posto. Dei 35 vincitori italiani, solo 23 resteranno in patria, gli altri (coi loro fondi europei) preferiscono altri Paesi con migliori strutture di ricerca».
Larepubblica.it - 24/07/2013
“Voti più alti con il preside-manager ecco la ricetta della scuola perfetta”
░ Si riportano alcune risultanze di uno studio della Fondazione Agnelli (Gianfranco De Simone) e dell’università di Cagliari (Fabiano Schivardi e Adriana Di Liberto); è stato condotto sulla base di 338 interviste a dirigenti scolastici di scuole di secondo grado statali e paritarie.
Hanno un discreto potere, infinite responsabilità e solitamente enormi problemi di budget. Ieri si chiamavano presidi, oggi Ds, cioè dirigenti scolastici. Un po’ prof, un po’ manager, un po’ burocrati, in una professione in bilico tra passato e futuro. Con la riforma dell’autonomia scolastica infatti il loro ruolo si è ampliato, diventando nei fatti quello di veri e propri organizzatori di strutture articolate e complesse come aziende. Ma chi sono, quanto “valgono” e come sono formati oggi i presidi italiani? Una ricerca della Fondazione Agnelli e dell’università di Cagliari, all’interno del progetto internazionale “World management survey in schools” ha provato a raccontare il “mestiere di preside”, delineando un percorso profilato di ombre e luci che si intrecciano con le difficoltà crescenti della nostra scuola. In un confronto internazionale dove l’Italia, purtroppo, ne esce con un ritratto opaco. Con la conferma però che laddove i presidi sono migliori, gli studenti presentano ai test Invalsi 2,2 punti in più rispetto agli studenti di scuole gestite in modo meno brillante. Se invece il termine di riferimento è la bocciatura, la ricerca dimostra che per ogni punto in più di “abilità manageriale” conquistata dai dirigenti scolastici, diminuisce del 3 per cento il rischio per gli allievi di quella scuola di non essere ammessi all’anno successivo. Dunque la qualità paga, anche se per adesso i presidi italiani nel confronto internazionale restano agli ultimi posti della classifica, ossia circa due punti indietro rispetto ai paesi presi in esame. In cima, in una scala da 1 a 5, ci sono i dirigenti scolastici inglesi, seguiti dalla Svezia, il Canada, gli Stati Uniti, la Germania, ultima l’Italia… I presidi italiani sono ad esempio i più anziani di tutti, con un’età media di 58 anni, contro i 48-50 anni degli altri. Nella nostra scuola però c’è il record di dirigenti scolastiche donne, il 35 per cento di tutti i presidi in servizio, subito dopo la Svezia dove sono il 44 per cento, e questo è un dato positivo perché vuol dire che finalmente le donne (che sono oltre l’80 per cento delle insegnanti) raggiungono livelli dirigenziali. E altro dato importante, all’interno di questo panorama non proprio vincente, è che la situazione va migliorando. Infatti analizzando le capacità organizzative e gestionali dei dirigenti scolastici prima e dopo la riforma che ha istituito il concorso ordinario per presidi, si nota come il punteggio passi da 1,96 a 2,17 punti, dimostrazione che qualcosa è cambiato nella preparazione dei presidi italiani. Spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli: «…Un preside oggi deve essere in grado di leggere un bilancio e di reperire fondi, capire la didattica e avere rapporti con i genitori, e organizzare la vita di mille allievi e magari cento professori è come gestire una media azienda italiana, e per questo bisogna essere formati»…. Restano comunque degli aspetti molto legati alle caratteristiche “storiche” dell’istruzione in Italia. Leggendo l’indagine della Fondazione Agnelli, si vede con chiarezza che le scuole migliori da un punto di vista della “qualità organizzativa e manageriale” sono i licei, classici e scientifici, del Nord Est, mentre i presidi più efficienti sono quelli che hanno un curriculum scientifico. Il Sud resta indietro, ma questa purtroppo non è una novità.
Il Messaggero - 25/07/2013
“Stop ai compiti d’estate, da mamme e ragazzi coro di sì per il ministro”
░ La Ministro suggerisce agli insegnanti di proporre per l’estate una lista di libri ai loro studenti, perché selezionino le loro letture. Ottiene un coro di plauso (dalle mamme ??, dai genitori “associati” ??). E il discorso scivola sui compiti assegnati per l’estate. Il plauso potrebbe diventare una standing ovation se la Ministro realizzasse il progetto di accorciare l’iter scolastico. Una associazione di genitori (probabilmente, non insegnanti) suggerisce contestualmente di organizzare corsi estivi di formazione per docenti (e se sono mamme ?) per spiegare che una gita in montagna con gli alunni “permette di imparare molto. E aiuterebbe a ridurre il bisogno di compiti estivi”.…. Tutto un equivoco; il consueto disconoscimento della professionalità dei docenti; soggetti che senza averne la competenza discettano di didattica (a proposito, alla J.Hopkins citata nell’articolo, insegnò J.Dewey); demagogia.
I primi a brindare sono stati i ragazzi. Nei siti degli studenti è un coro di consensi al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, che ieri sul Messaggero ha spezzato una lancia contro le «tonnellate di versioni di latino o decine di problemi da risolvere» imposti agli alunni durante le vacanze estive. Ma i consensi degli studenti sono scontati, e il ministro ha chiarito invece subito di essere dalla parte della «lobby delle mamme» (lei stessa la chiama così). Anche se poi le famiglie, che pure soffrono l’ossessione dei compiti durante le vacanze, non sono per una loro abolizione senza altri cambiamenti… Il problema sono le vacanze troppo lunghe». Un «piano di formazione per i docenti…» - viene chiesto da Davide Guarneri, presidente nazionale dell’Age, associazione italiana genitori - «I docenti devono lavorare sulla didattica, meno legata ai programmi e più capace di sviluppare anche competenze trasversali negli studenti. In questo modo pure una gita in montagna permette di imparare molto. E aiuterebbe a ridurre il bisogno di compiti estivi»…. I compiti durante l’estate non sono un tema controverso solo in Italia. In Francia se ne parla da tempo, e il presidente Francois Hollande dice che andrebbero aboliti. Negli Stati Uniti una ricerca della Johns Hopkins University di Baltimora ha riportato invece in auge la loro utilità. Il 66% dei docenti – sostiene lo studio – impiega a settembre tra le 3 o le 4 settimane di ripasso per riportare la classe ai livelli di prima. La conseguenza: le scuole statunitensi ora organizzano corsi estivi di allenamento per gli studenti, con i quali fanno fronte al «summer brain drain», la fuga estiva dei cervelli. Il New York Times, da parte sua, ha sbattuto in prima pagina la ricetta «matematica» del Gallaway District School del New Jersey: «Non più di dieci minuti al giorno per ogni anno di scuola che il bambino o ragazzo ha già frequentato»….
La Tecnica della Scuola - 26/07/2013
“"Quota 96": rinvio in Commissione Bilancio”
░ La seduta della Commissione bilancio programmata al 25 luglio è stata rinviata ad altra data (probabilmente la settimana prossima) rimanendo in alto mare la soluzione economica. Idem in Commissione Lavoro.
Sul disegno di legge 249 la Commissione Cultura si era espressa favorevolmente nei giorni scorsi ma, a questo punto, con il passare dei giorni, la situazione rischia di complicarsi. Il provvedimento, infatti, potrebbe intrecciarsi con il prossimo intervento di spending review che appare ormai sempre più probabile (ma c’è anche chi lo dà per scontato). Il problema, comunque, è sempre il medesimo: bisogna trovare le risorse economiche per poter coprire i costi di meno di 6000 pensionandi. La vicenda richiama quella dei docenti inidonei per i quali sarebbero necessari all’incirca un centinaio di milioni di euro all’anno. Vedremo nei prossimi giorni cosa succederà, ma un dato è certo: se non si chiariranno una volta per tutte le modalità di copertura della spesa sarà molto difficile che il provvedimento possa andare in porto. Analoga sorte è capitata alla risoluzione sul problema dei docenti inidonei che avrebbe dovuto essere discussa in Commissione Lavoro. Anche in questo caso la riunione della Commissione è stata annullata e rinviata ad altra data.
tuttoscuola.com - 26/07/2013
“DiSAL: obiezione di coscienza contro le reggenze in Lombardia”
░ La situazione creatasi, con il blocco del concorso, dopo che già l’anno scorso l’U.S.R. era stato costretto, a causa del blocco della procedura concorsuale per 355 posti, ad assegnare 448 reggenze annuali. DiSAL e ANP prospettano al ministro Carrozza estremi rimedi.
Clamorosi sviluppi per la vicenda del concorso a Dirigente scolastico in Lombardia. I dirigenti regionali di due delle maggiori organizzazioni rappresentative dei dirigenti scolastici, DiSAL e ANP, hanno scritto una lettera “Ad oggi gli istituti che dovrebbero andare in reggenza dal prossimo primo settembre sono circa 420”, si legge nella lettera; “questo significa che 840 istituti, su un totale di 1.149, saranno costretti ad essere gestiti da un dirigente ‘a mezzo servizio’, che dovrà correre da una scuola all’altra, spesso anche a distanza di parecchi chilometri, senza peraltro acquisire il diritto di vedersi riconosciuta l’indennità di missione e neanche il rimborso delle spese di viaggio. Nessun’altra regione italiana è chiamata a sopportare una situazione di tale pesantezza”. L’esasperazione è tale che DiSAL sta addirittura promuovendo una raccolta di firme tra i DS in servizio per raccoglierne la disponibilità ad “obiettare alla possibilità di accettare la reggenza nel momento in cui ci fosse inviata, non certo per mancanza di rispetto delle norme e dei nostri doveri professionali dei quali abbiamo già dato abbondante dimostrazione, ma per far presente a tutti la gravità della situazione e l’altrettanto grave urgenza di porvi rimedio dando, come dovuto dalla legge, ad ogni scuola un dirigente scolastico stabile”. Se l’iniziativa avrà successo il Ministero sarà costretto – questo è l’intento dei suoi promotori – ad assumere quelle misure urgenti che finora sono mancate.
Latecnicadellascuola.it - 27/07/2013
“Assunzioni Ata 2012, i sindacati scrivono al Ministro: vanno fatte nell’anno in corso!”
░ Riuscirà, il Governo dei rinvii, a non rinviare ciò che il governo dei Professori pasticciò ? Da quasi un anno, siamo in attesa che si sblocchi la vicenda dei prof “inidonei”. E quella delle assunzioni ATA – in attuazione del provvedimento previsto dal piano triennale (D.I. 3.08.11).
Si torna ancora una volta a parlare delle mancate assunzioni di oltre 5.300 amministrativi, tecnici, ausiliari, relative all’anno scolastico in corso e già stabilite da tempo attraverso un provvedimento interministeriale. L’ancora irrisolta vicenda del personale docenti inidonei, da trasferire in base alla spending review della scorsa estate coattivamente proprio sui posti vacanti del personale Ata – su cui però nel Governo Letta praticamente tutti si sono detti d’accordo nel voler cancellare….Dopo aver ricordare che c’è l’esigenza che anche “le nomine ATA siano fatte nell’anno in corso”, i leader dei maggiori sindacati della scuola italiana chiudono ricordando al Miur che “occorre fare presto: il ritardo con cui si sta procedendo potrebbe incidere negativamente su tutte le procedure di avvio dell'anno scolastico e sta alimentando un clima di sfiducia e di diffidenza”. Due sentimenti negativi che però, a questo punto, anche le speriamo prossime assunzioni difficilmente dissiperanno.