l’Unità - 28/07/2013
“«Scuole più belle e sicure: investiamo 450 milioni»”
░ La ministro dell’Istruzione, intervistata da Andrea Bonzi, fa il punto su diverse questioni aperte; la notizia buona è che, nel Decreto legge “del Fare”, ci sono nuovi stanziamenti (150 milioni di euro in più rispetto ai 300 già stanziati per il triennio 2014-2016) per interventi edilizi: Gli EELL sceglieranno quali istituti necessitano di interventi.
Ministro, cosa si potrà fare con questi soldi? E soprattutto, dove è riuscita a trovare le risorse da investire? «I trecento milioni di euro spalmati in tre anni arrivano da risorse Inail. Per gli altri 150 milioni una tantum nel 2014 è già prevista la suddivisione tra le Regioni. In pratica, il Ministero fa da "facilitatore", sono gli Enti locali che conoscono il territorio a utilizzare le risorse. Ovviamente dobbiamo vigilare affinché vengano spese bene»….
E’ stato stoppato l'aumento dell'Iva (dal 4% al 21%) sui libri scolastici che avevano cd e prodotti collaterali allegati, previsto nel decreto legge sull'Ecobonus. Sarebbe stata un'ulteriore mazzata sulle famiglie... «Sì, abbiamo evitato l'aumento. Sarebbe stata una contraddizione, visto che comunque si va verso una digitalizzazione progressiva di questi prodotti. Servono però altre misure a sostegno delle famiglie….»….
Lei ha detto che il Ministero dell'Istruzione non è un ministero di spesa ma di investimento. Che cosa intende? «Voglio dire che la politica per una crescita economica durevole e sostenibile si fonda sulla scuola, sugli investimenti a favore di un sistema di istruzione universale che garantisca pari opportunità per tutti i ragazzi. La scuola deve tornare al centro del dibattito pubblico e della politica nel nostro Paese».
A proposito di modernizzazione della scuola, nei giorni scorsi avete deciso di far slittare al 2015 il "salto" verso gli e-book, contro cui si era scagliato il sindacato degli editori. Come mai? «In realtà non abbiamo ancora deciso, stiamo ancora riflettendo. Sono appena stata a un convegno a Ischia sull'editoria digitale con gruppi di famiglie e docenti. Il tema è certamente interessante, e ho avuto la possibilità di confrontarmi con chi sta organizzando ottimi progetti, mettendo in rete le scuole, proprio per far progredire tecnologicamente i metodi di studio e insegnamento. Vanno prima affrontati alcuni problemi, però: il digital divide, ad esempio, ovvero quel classicismo digitale che separa le zone d'Italia dove la connessione è diffusa e veloce e quelle ancora non attrezzate. È una condizione necessaria a questo sviluppo».
Ogni anno ci sono polemiche sugli organici, la cui carenza è strutturale. Come si fa fronte alla richiesta crescente di insegnanti e personale di supporto nelle scuole italiane? «Stiamo facendo uscire il bando del Tfa straordinario, poi ci sono i concorsi nelle Regioni. Immetteremo di ruolo circa 15.000 persone, tra docenti e collaboratori Ata».
C'è il nodo dei dirigenti scolastici. L'Anief-Confedil sostiene che, alla ripresa dell'anno scolastico, un istituto ogni quattro resterà senza preside. «Alcuni contenziosi nell'esito dei concorsi hanno portato in effetti a rallentamenti e problemi che stiamo cercando di affrontare».
È scesa dal 5,6% del 2012 al 4,5% di quest'anno la percentuali dei non ammessi all'esame di maturità. Una buona notizia. «Sono aumentati anche i 100 e lode, che pure alcune anticipazioni davano in calo. Meglio così, la scuola è fatta per promuovere, non per bocciare».
Da poco sono usciti i risultati delle valutazioni Invalsi e Anvur sulla qualità della ricerca nelle nostre università. Perché è importante questa valutazione? «La valutazione è uno strumento di trasparenza, di rendicontazione di come viene speso il denaro pubblico. Si valutano le politiche scelte, non le persone».
Corriere del Mezzogiorno – 28.07.2013
“«La scuola del futuro? Nell'attesa gli studenti giocano a carte in classe»”
░ Un professore di economia aziendale, Angelo De Nicola, 54 anni, spiega la condizione attuale della Scuola di San Giovanni a Teduccio (Napoli) con riferimento alla direttiva “presuntuosamente forzata” di spingere «il processo di dematerializzazione delle attività delle segreterie.
Professor De Nicola, la «dematerializzazione» della scuola non le piace proprio? Vuole fare il nostalgico con gessetto e lavagna? «Macché, magari fosse tutto vero. Magari le scuole ottenessero i mezzi elettronici che il Ministero in modo altisonante finge di darci. La verità è che dobbiamo adeguarci al futuro senza pesare sui bilanci degli istituti. Come si fa? Le imprese private che forniscono le attrezzature, mica fanno beneficenza. Le Lim, ad esempio, da noi sono solo 4 o 5».
Lim, per qualcuno è una sigla misteriosa, ci spieghi meglio. «Sono le lavagne interattive multimediali. Bellissima invenzione, per carità: gli studenti possono vedere filmati, noi siamo in grado di scrivere e disegnare in tempo reale, ci si collega a internet e la lezione viene benissimo…. Però se la mattina noi prof, come tanti ragionier Fantozzi, dobbiamo accapigliarci per la classe giusta, allora non funziona…».
La classe giusta? «Quella dove c'è una Lim. La lavagna interattiva diventa una specie di oggetto del desiderio, per ottenerla non dico che ci si azzuffa ma poco ci manca. Io stesso non riesco ad usare questo totem elettronico che poche volte. E come si fa a parlare con il linguaggio di studenti che hanno fra i tredici e i 17 anni e arrivano in classe con iPhone, iPad, telefonini, agende digitali? E poi, magari fosse solo un problema di accaparrarsi la prima Lim disponibile… ».
Perché, c'è altro da sapere nella dematerializzazione della scuola? «Le scuole entro l'anno prossimo dovranno adeguarsi a fare online. Iscrizioni elettroniche, pagella in formato elettronico, da inviare alle famiglie in e-mail; registri on-line con assenze, presenze, voti; invio dei dati alle famiglie segnalando anche se il ragazzo ha marinato le lezioni ».
Bello, moderno, efficiente, funzionale e anche economico perché si risparmia carta e tempo. E allora? «Anche questa è un'annusatina di futuro che il Ministero ci concede. Di recente ho frequentato un corso per aggiornarmi sulle potenzialità del registro elettronico, ovviamente tenuto da un esperto di una delle aziende individuate per le forniture. Ebbene, egli stesso alla fine del corso mi ha detto che per noi resterà un sogno perché sono strumenti ancora molto costosi….».
Per il Ministero dovete valutarvi sulla base di un fascicolo elettronico e poi ci sono le valutazioni esterne da parte di altri prof. Cosa non va?
«Tutto. In pratica uno strumento che doveva servire a potenziare e migliorare la scuola e la didattica si è trasformato in un regolamento di conti informatico tra noi prof. Una specie di maligno Facebook dei docenti. Uno scrive male del collega, l'altro ricambia… ».
Il vostro istituto però appare attivo sul fronte del contrasto alla dispersione scolastica. «Si fanno mille iniziative. È venuto Saviano, è venuto il sindaco, sono venuti quelli di Libera, per carità, le visite non mancano. Il problema resta la didattica. Non ho difficoltà ad ammettere che l'insegnamento vero è proprio sta diventando a sua volta un'utopia. Ma lo sa che siamo costretti a vedere i ragazzi che giocano a carte in classe e non possiamo intervenire ?».
A carte in classe sembra un po' troppo. «Davvero. Il fatto è che per non allontanarli dalle scuole, per evitare la fuga dai banchi si concede di tutto. Vengono in classe con i telefonini accesi e parlano quando vogliono. Inutile chiedere loro di spegnerli. Ovviamente non puoi requisirli e poi, se non sei attento, ti capita anche di peggio ?»….
www.tecnicadellascuola.it/28.07.2013
“SNV, una molestia burocratica”
░ Lucio Ficara riferisce circa le critiche (ma il MIUR fa orecchie da mercante) di fonte sindacale e politica al SNV del sistema educativo di istruzione e formazione, come è normato nel DPR 28 marzo 2013, n. 80.
La Flc Cgil ha definito questo sistema di valutazione come una sorta di scorciatoia di tipo autoritario, che anziché valutare l'efficacia delle politiche nei settori della conoscenza al fine di orientare le scelte e aumentare gli investimenti, è volta a creare disparità tra scuole e tra docenti…. Il segretario Nazionale Cisl scuola, Francesco Scrima, fa anche notare che la "scuola estiva di valutazione" programmata di recente dall'Invalsi è un'iniziativa affrettata e inopportuna. la FGU-Gilda degli Insegnanti rimane fortemente critica rispetto alle scelte politiche in tema di valutazione fatte dal nuovo Governo in continuità col precedente. In particolare, per la parte tecnica, preoccupa il meccanismo che rischia di diventare un ulteriore aggravio di lavoro burocratico per chi insegna… Si tratta di una vera e propria molestia burocratica, che viene fatta rientrare nella specificità della funzione docente e quindi nemmeno retribuita.…. La Uil scuola, unitamente a tutte le organizzazioni sindacali, ha chiesto la sospensione dell'intera iniziativa a partire dalla sessione preselettiva, l'avvio di un confronto che delinei con precisione un impianto ritenuto utile per le scuole. Anche il M5S si dichiara fortemente contrario al sistema di valutazione riferito alle scuole, lo definisce un sistema coercitivo e burocratico, basato su un modello aziendalistico e verticistico della scuola…. Nonostante le critiche a questo sistema di valutazione e alle procedure in atto per renderlo esecutivo con il prossimo anno scolastico, il Miur e l’Invalsi non si fermano.
ItaliaOggi - 30.07.2013
“Valutabile il servizio reso in diverse classi di concorso”
░ Qualche notizia sul decreto dirigenziale che avvia i Pas: percorsi speciali per l'abilitazione all'insegnamento.
Il bacino dei potenziali interessati è stimato tra gli 80mila e i 90mila aspiranti docenti. Le iscrizioni ai corsi, destinate solo ai precari, dovranno essere effettuate esclusivamente via web e gli interessati avranno tempo fino a 29 agosto prossimo. Nella domanda bisognerà dichiarare espressamente di essere disposti a garantire sia l'espletamento del servizio che la frequenza dei corsi. Ma sarà comunque consentita la fruizione dei permessi per il diritto allo studio. Per avere diritto ad accedere ai corsi, gli aspiranti dovranno essere in grado di vantare un requisito di servizio pari a tre anni di insegnamento nel periodo compreso dall'anno scolastico 1999/2000 e fino al 2011/2012 incluso. Il servizio dovrà essere stato prestato con il possesso del prescritto titolo di studio, in scuole statali, paritarie ovvero nei centri di formazione professionale limitatamente ai corsi accreditati dalle regioni per garantire l'assolvimento dell'obbligo di istruzione a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009. É valutabile anche il servizio prestato in diverse classi di concorso, purché almeno un anno scolastico di servizio sia stato svolto nella classe di concorso per la quale si intende partecipare. Per gli insegnanti di scuola dell'infanzia e di scuola primaria, gli anni di servizio prestati nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, sia su posti normali che su posti di sostegno, si possono cumulare, purché per ciascun anno scolastico il servizio sia stato prestato interamente sulla stessa tipologia di posto. É valido anche il servizio prestato su posto di sostegno, purché riconducibile alla classe di concorso o alla tipologia di posto richiesta. Chi non avrà raggiunto il requisito di servizio necessario nel periodo 1999/2000-2011/2012, potrà «dichiarare anche i servizi relativi all'anno scolastico 2012/13». Quanto ai titoli di studio di accesso, il decreto fa riferimento espresso ai vecchi diplomi magistrali e alle lauree del vecchio ordinamento, salvo alcune eccezioni. Per la scuola secondaria i titoli di accesso sono quelli elencati nel decreto 30 gennaio 1998 n. 39, tabelle A, C e D, e nel decreto 9 febbraio 2005 n. 22…. Per quanto riguarda la scuola dell'infanzia e primaria, il decreto prevede l'accesso ai percorsi formativi speciali per i non laureati in possesso dei vecchi diplomi conseguiti prima dell'anno scolastico 2000/2001….
ItaliaOggi - 30.07.2013
“Classi pollaio in parlamento”
░ Franco Bastianini si sofferma sul tema del sovrafollamento delle classi scolastiche, che in atto è in discussione presso la 7^ commissione permanente (istruzione pubblica, beni culturali) del Senato. Aggiungiamo che i senatori della VII Commissione hanno approvato una risoluzione (primo firmatario Fabrizio Bocchino, del M5S) che impegna il governo a ripristinare il rispetto della normativa vigente in materia di numero massimo di persone per classe.
… I risparmi di spesa che da qualche anno si ottengono riducendo il numero dei docenti, a fronte di un aumento degli alunni e a causa dalla mancanza di riqualificazione degli edifici scolastici, stanno determinando un sovraffollamento che va ben oltre i limiti stabiliti per la formazione delle classi dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n.81. Il decreto n.81 stabiliva infatti che, considerando anche la deroga del dieci per cento prevista dall'art.4 per ogni ordine di scuola, si potevano costituire classi rispettivamente fino a 26-28 alunni nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, fino a 27-30 alunni nella scuola secondaria di primo grado e fino 30-33 alunni nella scuola secondaria di secondo grado. Le norme precedenti( i decreti ministeriale 18 dicembre 1975 e 22 agosto 1992 e la legge n. 23/1996) disponevano che il massimo affollamento ipotizzabile dovesse essere di 26 persone/aula, fino a 20 in presenza di alunni disabili. Prevedevano inoltre che le aule dovesse essere di altezza non inferiore a tre metri e che il rapporto alunni/superficie dovesse essere di 1,80 metri quadrati/alunno nella scuola dell'infanzia e della scuola primaria e di 1.96 metri quadrati/alunno nelle scuole secondarie. …Il numero degli alunni per classe ha continuato ad aumentare raggiungendo punte che vanno fino a 35/36 alunni per classe. Veri e propri pollai, appunto. La mancata riqualificazione degli edifici scolastici pregiudica fortemente il livello di funzionalità e qualità delle istituzioni scolastiche e, soprattutto, il livello di sicurezza delle scuole… Basti ricordare a tale fine che attualmente le aule sono dimensionate per ospitare, in regime di sicurezza, un numero massimo di 25/26 alunni….
latecnicadellascuola.it - 30.07.2013
“Kyenge: scuole d’italiano per migranti”
░ La Ministro non è priva di idee e di esperienza personale circa le necessità degli immigrati: Lavoro, istruzione, casa, sicurezza. Sono le stesse politiche progressive necessarie a tutti i giovani, immigrati e non. E tra le condizioni imprescindibili perché possano essere avviate e realizzate c’è che lo Stato impedisca l’immigrazione clandestina. Nell’essenza dello Stato c’è la sovranità sul territorio e l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge; senza questi connotati lo Stato realmente non esiste malgrado che l’esistenza di una classe dirigente autoreferenziale ne dia una parvenza.
Lavoro, istruzione, sport, casa, sicurezza: politiche progressive nell’agenda della ministra Kyenge che rilancia con il suo piano d’azione. Niente norme-manifesto, ma condivisione con altri ministri, associazioni, enti locali. Il piano anti razzismo che la ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge presenta oggi segna una cesura culturale, perché essenziali sono il lavoro e l’istruzione. Quanto all’istruzione, si sottovaluta che il deficit linguistico induce a ghettizzarsi e ostacola una vita normale, anche nei rapporti con enti pubblici (documenti, pratiche di welfare, controlli di polizia). Kyenge vuole che tutti i migranti possano e debbano imparare l’italiano nei primi mesi. Come fece lei, a 19 anni, giunta dal Congo: sfumata la borsa di studio, fu costretta ad arrangiarsi un anno in attesa dell’iscrizione all’università. Si pensa a coinvolgere reti di associazioni, docenti e laureati, per creare un’acculturazione di massa: i costi per lo Stato sarebbero contenuti, i benefici enormi. Anche l’attività sportiva viene considerata uno strumento di integrazione e la ministra considera inaccettabili discriminazioni come quella recentemente subita dalla bimba di 10 anni, nata in Veneto da genitori tunisini, a cui veniva impedito di tesserarsi per le gare di nuoto sincronizzato. “Uno spreco di talento non isolato”, aveva detto, e il riferimento va alle storie di atleti anche di livello internazionale - Eusebio Haliti, Yadisleidy Pedroso, Daria Derkach - costretti a lunghe e umilianti trafile burocratiche per poter vestire la maglia azzurra.
In attesa che una legge sulla cittadinanza risolva il problema alla radice, si possono studiare soluzioni specifiche, in modo da incentivare la pratica agonistica degli immigrati di seconda generazione. La ministra intende pure potenziare la legge Mancino e la stretta dovrebbe riguardare l’uso di Internet per la propagazione virale di odio razziale e istigazione alle discriminazioni.
larepubblica.it - 1.08.2013
“Che cosa perdiamo se perdiamo la geografia”
░ La questione è grave, spiega di Carlo Petrini, ed è vissuta nell’indifferenza dalla pubblica opinione: l’insegnamento della Geografia è all’ostracismo, nel nostro Paese; lo ha decretato la Gelmini ma altri condividono la responsabilità del disconoscimento di questa branca essenziale della formazione culturale.
…Si è appena chiuso il quarto anno scolastico dopo il cosiddetto “Riordino Gelmini” e il prossimo anno sarà quello in cui si diplomeranno i primi ignoranti autorizzati in fatto di geografia. È una cosa a cui penso spesso nei miei tanti viaggi. Penso a quanto oggi è possibile sapere e conoscere, di un territorio, anche senza spostarsi. Però… Internet certamente è una risorsa preziosa, la globalizzazione ci ha consentito l’accesso a una mole di informazioni che a volte persino intimidisce. Ma avere l’accesso alle informazioni non significa, di per sé, acquisire competenze. Per quelle ci vuole un processo più lungo e possibilmente ben guidato, che si chiama, genericamente, scuola. E invece molti studenti, e purtroppo ormai anche tanti adulti, quando si parla di geografia dicono cose tipo: «Perché studiare geografia? Quello che hai bisogno di sapere te lo può dire un navigatore satellitare»…. L’allora ministro per l’Istruzione, Maria Stella Gelmini, decise, nel 2008, di varare il cosiddetto “riordino” che, a partire dal 2009, fece sostanzialmente sparire l’insegnamento della geografia dalle scuole superiori…. Licei: l’insegnamento della geografia non esiste più in forma autonoma; è accorpato con “storia” (3 ore settimanali), ed è affidato a non specialisti. Istituti tecnici commerciali: la materia, che prima si studiava solo nel triennio, ora si studia solo nel biennio. Quindi un anno in meno. Nel triennio si fa poi “Relazioni internazionali” e “Geopolitica”, a cura degli insegnanti di diritto e di Economia aziendale. Istituti tecnici e professionali: non si fa più geografia nel biennio (che ora però è parte dell’obbligo scolastico). Istituti nautici, professionali per il turismo e alberghieri: udite udite, l’insegnamento della geografia è stato semplicemente eliminato. È da quest’ultima informazione che parte lo sbigottimento: siamo un paese che regge una buona parte della sua economia sulle produzioni agroalimentari di qualità, le quali sono legate a specifici territori, e sia per questa peculiarità sia per lo straordinario patrimonio artistico siamo anche un paese che basa sul turismo un’altra bella fetta di Pil, e noi cosa facciamo? Perché lavoriamo per far sì che le prossime generazioni di operatori turistici e alberghieri non solo non colgano le peculiarità culturali di chi arriva, ma non sappiamo nemmeno presentare quelle dei territori in cui lavorano? E come se non bastasse, sforneremo anche liceali ignoranti in geografia, i quali andranno all’università e poi faranno carriera e poi alcuni di loro diventeranno ministri, magari dell’Agricoltura, o dei Beni culturali…. La nuova ministra per l’educazione vorrà porre rimedio a quel “riordino”? …
l’Unità - 2.08.2013
“Borse di studio, il decreto va corretto”
░ Una serie di questioni intricatissime di finanziamenti per il diritto allo studio, e gli studenti organizzati (Rebecca Ghio - Portavoce Rete universitaria nazionale) cercano di vederci chiaro. Caccio dalla mente la manzoniana immagine dei vasi di coccio posti tra vasi di ferro.
Il 22 Luglio, la Camera ha approvato un emendamento all’articolo 59 del decreto “del Fare”, su una questione cruciale per il rilancio del Paese: il diritto allo studio. Nel 59bis - primo firmatario Meloni (Pd) - numerosi elementi hanno lasciato dubbi a sindacati, studenti, rettori, Regioni e, forse, anche a diversi membri del suo gruppo politico. L'emendamento introduce un «Programma nazionale per il diritto allo studio degli studenti meritevoli» finanziato con il trasferimento di fondi dal Fondo finanziamento ordinario dell'università. Per la gestione, si recupera lo strumento della Fondazione per il merito dell'ex ministro Gelmini, allargandone le competenze al diritto allo studio. Alle questioni sollevate dalla Flc-Cgil - a nostro giudizio condivisibili - Meloni ha risposto con una nota, descrivendo il Programma nazionale come un'opportunità in più rispetto ai sistemi regionali. Come può essere vero se le risorse sono prelevate dal Fondo finanziamento ordinario? Per motivare la scelta, Meloni si rifà al programma del Pd in cui era scritto: «Gran parte degli atenei utilizza (il Ffo) per il 90% e oltre per il pagamento degli stipendi e per altre spese incomprimibili di minore entità (...) il primo obiettivo è ripristinare le risorse del 2012 rimediando al taglio di 300 milioni operato dal governo Monti»." Ebbene, non sempre modificando l'ordine degli addendi il risultato non cambia. Negli impegni elettorali, infatti, la creazione del Programma nazionale era associata al rifinanziamento sia del Fondo ordinario sia del Fondo integrativo per il diritto allo studio. Al contrario, osserviamo come il primo venga ulteriormente decurtato di 270 milioni e il secondo passi da più di 160 a 34 milioni. Risorse già prima insufficienti se, a fronte di 175 mila studenti idonei, quasi uno su tre quest'anno non ha ricevuto la borsa…. Anche l'aumento immediato delle borse di studio, che parrebbe un grande risultato per la mobilità studentesca, passa purtroppo dalla via sbagliata. Utilizzando il Fondo ordinario viene indebolita sia la didattica che i servizi negli atenei: lo studente sarà portato a scegliere l'università non tanto per la qualità di insegnamento o del piano di studio, ma in base alle tasse più basse o alla maggiore speranza di ottenere una borsa. Ci interroghiamo, infine, sulla necessità di creare un nuovo, parallelo strumento di finanziamento del diritto allo studio. Anche il ministro Carrozza, nella prima audizione alle commissioni riunite, sottolineava la necessità di limitare quell'eccesso di burocrazia che ha impedito all'università di esercitare la propria autonomia in modo responsabile. Cogliamo, comunque, la volontà di consultare gli studenti: chiediamo però che questo avvenga non a decisioni prese….