http://www.insegnareonline - 31 ottobre 2013
“E’ carente nei contenuti”
░ Riportiamo parti di una riflessione (su “contenuti” e “competenze”) pubblicata da Maurizio Muraglia, esperto di questioni educative e didattiche, che svolge attività di formazione per le scuole e scrive su riviste specializzate e sulla edizione palermitana di "la Repubblica".
La vita scolastica è attraversata da parole. Gli insegnanti le utilizzano attribuendo loro i significati desunti dagli studi compiuti oppure dalla tradizione di insegnamento che ha una sua capacità di resistenza anche di fronte alle acquisizioni della ricerca…. C’è una parola, tuttavia, che forse rende più di ogni altra il problema fondamentale dell’insegnare e dell’imparare. È la parola “contenuto”. Quante volte ci saremo imbattuti nell’alunno “carente nei contenuti”? Non raramente l’alunno carente nei contenuti è l’alunno cui si riconosce vivacità intellettiva, intraprendenza, capacità di porre domande. Però di un alunno del genere si deve dire che è carente…. A guardare le griglie di valutazione prodotte dalle varie scuole si resta impressionati dalla presenza ossessiva del termine. I voti numerici devono tenere conto principalmente di questi indicatori: “conoscenza organica dei contenuti”; “conoscenza buona ma non approfondita dei contenuti”; “conoscenza ampia dei contenuti” e via via così… “essenziale”, “frammentaria”, “superficiale”. … Quel che più attira l’attenzione, però, è la frequenza dell’attributo “completa” per gli interrogativi che essa pone. Quando avviene che un alunno mostra conoscenza “completa” dei contenuti? Quanto durerà la verifica che chiede il “tutto” di una disciplina? …. La forma-lezione, infatti, rappresenta da decenni il modo più conosciuto per realizzare il trasferimento di un oggetto di insegnamento da chi insegna a chi impara. Con la forma-lezione si trasmettono contenuti. Fin qui le prassi didattiche ricevono il conforto non solo del senso comune, da cui pur sempre bisognerebbe prendere le distanze, ma anche dai pronunciamenti ministeriali, dagli opinion makers e dall’opinione pubblica … Insomma, alla luce di tutte queste considerazioni, si può trarre la ragionevole conseguenza che i contenuti, e la loro conoscenza da parte dei ragazzi, costituiscano per l’opinione più diffusa il banco di prova più valido per accertare la preparazione degli studenti…. La scuola deve principalmente rendere gli studenti preparati sui contenuti delle varie discipline. …Vien da pensare che la parola “contenuto” in fondo non è che un participio passato, che richiede un complemento di agente. Da chi è contenuto il contenuto? E perché la parola contenuti viene adoperata in larga misura come sinonimo di “conoscenze”? Siamo proprio certi che dire conoscenze e dire contenuti sia la stessa cosa? … Forse molti insegnanti, se solo avessero la pazienza di sedersi un attimo a riflettere insieme su questi temi magari non popolarissimi, potrebbero accedere a orizzonti di ricerca interessanti. Potrebbero magari scoprire che il contenente del contenuto è un processo complesso che può rendere la testa dello studente inaccessibile al contenuto, oppure può rendere lo stesso contenuto in uscita dalla testa dello studente irriconoscibile rispetto a quel che era in entrata. E se questo mostro irriconoscibile fosse una… competenza?
http://www.lettera43.it - 31 ottobre 2013
“Scuola, la dura vita dei precari”
░ Senza ipocrisie, ed è vera anche la conclusione.
Ci sono due tipi di precari: quello storico e il neofita integrato. Il primo è quello che è infinocchiato da 20 anni da tutti i partiti, sia di destra sia di sinistra, e insiste nella sua lotta tra malanni, acciacchi, eskimi ormai da buttare e i giornali che spuntano dalla borsa…. Il precario storico arriva alle convocazioni dopo aver visitato almeno 10 luoghi di culto accendendo ovunque ceri di devozione eterna a diversi santi… Il precario neofita integrato è quello che viene dalla scuola privata e arriva a quella statale …. Non lo sa ancora, ma ha diversi step da superare. Il primo è sicuramente quello della sindrome di onnipotenza. È la prima volta che viene chiamato alle convocazioni e naturalmente, felice, accetta due, tre - e se ce ne fossero pure 14 - scuole all'istante…. E allegro e spensierato va in segreteria. Appena entrato, l'ormone del superuomo incomincia ad avvizzirsi e incomincia a chiedersi: «Ma dove sono capitato? E adesso come devo fare per rinunciare, a chi chiedo come si fanno 'ste cose? Io coordinatore? Ma cos'è 'sta roba? Potenziamento? Ma di cosa?». … Ero abituato che trovavo tutto pronto: le carte qua, le circolari là, le classi in silenzio… Ma ti rendi conto ? Abbiamo collegi docenti, consigli, dipartimenti, riunioni di funzioni strumentali, riunioni di staff, aggiornamento, riunioni con lo psicologo, per i curricula, per l'integrazione, per la valutazione, corsi di formazione per sicurezza e per il primo soccorso. E poi lezioni da preparare, il registro elettronico…. Hai visto l'orario?»… Un'ora in una scuola, due buchi, due nell'altra scuola, e mezz'ora per raggiungere la terza per far sorveglianza e continuare per due ore….. Una cosa è bella però, quando senti il precario spiegare è veramente stimolante e i ragazzi pendono dalle sue labbra e quando glielo si fa notare, ci si accorge che solo la scuola può fare tutto ciò….
Il Sole 24 Ore – 3 novembre 2013
“La scuola assumerà in tre anni 69mila insegnanti”
░ Le assunzioni saranno effettuate nel triennio 2014-2016, a misura dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno.
Il decreto scuola approvato dalla Camera giovedì porta in dote 85mila nuovi posti di lavoro: 69mila destinati a docenti, 16mila riservati al personale tecnico-amministrativo. Si tratta di assunzioni che saranno spalmate sul triennio 2014-2016, tenendo conto – come è scritto nell'articolo 15 del decreto – «dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno». La metà dei nuovi docenti verrà scelta fra i vincitori del "concorsone" e dei concorsi precedenti e l'altra metà fra i precari presenti nelle graduatorie a esaurimento. Il piano triennale rappresenta la prosecuzione di un analogo intervento disposto per il 2011-2013 con il decreto legge 70/2011. Tra i quasi 70mila nuovi docenti ci saranno anche 26mila insegnanti di sostegno (12mila nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria e 14mila in quella secondaria di I e II grado). E proprio a proposito del sostegno, il provvedimento che passa ora al Senato modifica la percentuale dei posti dedicati: per l'anno scolastico 2013/2014 la dotazione organica di diritto relativa ai docenti di sostegno deve essere pari al 75% (prima era al 70%) del numero dei posti di sostegno attivati nel 2006/2007. Nel prossimo anno scolastico la percentuale salirà al 90% e arriverà al 100% a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016. … Un'altra misura introdotta dal decreto scuola e che riguarda gli insegnanti di sostegno è quella relativa all'unificazione delle quattro aree disciplinari delle attività di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado (area scientifica, area umanistica, area psicomotoria ed area tecnica, professionale e artistica). Per gli insegnanti arriva anche un'altra importante novità: il periodo di servizio necessario per la richiesta di trasferimento in un'altra provincia si riduce da cinque a tre anni: in questo modo sarà più veloce riavvicinarsi alla propria provincia per chi, pur di ottenere una cattedra, ha accettato trasferimenti in altre città. …. Cambia anche la procedura per il reclutamento dei dirigenti scolastici: d'ora in poi sarà effettuato attraverso un corso-concorso selettivo di formazione bandito annualmente dalla Scuola nazionale dell'amministrazione. Le graduatorie del concorso bandito nel 2011 resteranno valide fino all'assunzione di tutti i vincitori e idonei, che dovrà avvenire prima dell'indizione del nuovo corso-concorso. Tra le modifiche apportate durante l'esame parlamentare c'è anche quella relativa all'insegnamento obbligatorio della lingua inglese nelle scuole dell'infanzia: l'emendamento era stato presentato dal Movimento 5 Stelle
www.superando.it – 4 novembre 2013
“Autismo e scuola: un protocollo per definire chi fa cosa”
░ Flavio Fogarolo ci informa su un Protocollo d’Intesa siglato a Vicenza, con il quale i rappresentanti dei Servizi Sanitari e quelli della Scuola si impegnano per un’efficace integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico.
La decisione di assumere impegni aggiuntivi per questa specifica disabilità deriva non solo dalla sua evidente gravità, ma anche dal ruolo fondamentale che la scuola è chiamata a svolgere nel quadro di un serio intervento di tipo psico-educativo, da tutti pienamente condiviso. … In sostanza, con il nuovo Protocollo, i Servizi Sanitari si impegnano a designare – per ciascun alunno con autismo – un “referente”, ossia un professionista che assuma il compito di coordinare le varie azioni, in rapporto costante con la famiglia e la scuola, per rendere unitario ed efficace il progetto educativo complessivo. Il Protocollo stesso definisce i compiti di questo referente, in particolare in situazioni a rischio di criticità, come l’inserimento in una nuova scuola. Dal canto suo, la Scuola si impegna a dare continuità al progetto educativo, assegnando – nei limiti ovviamente delle procedure di legge previste -, personale esperto e preparato. … Particolare importanza riveste in tal senso lo Sportello Provinciale Autismo (SPA), un’iniziativa ….la quale prevede che alcuni insegnanti di sostegno o operatori sociosanitari, esperti e formati, si rechino nelle scuole dove i colleghi sono in difficoltà, per fornire un supporto concreto, da insegnante a insegnante…
larepubblica.it – 5 novembre 2013
“Classe per soli stranieri, Bologna si divide”
░ Nel mirino un progetto per inserirli con gli italiani dopo che imparano la lingua. Chi è contrario dice: “È un ghetto”
Hanno dagli undici ai tredici anni, sono cinesi, pakistani, filippini, bengalesi, egiziani, polacchi, siriani, indiani, vengono dallo Sri Lanka e dall’Ucraina. Venti studenti, dieci nazionalità diverse, una sola classe: la prima A sperimentale. Senza nemmeno un italiano. Classeghetto, tuonano immediatamente i genitori del consiglio di istituto. Classe-ponte, rigetta l’accusa, sdegnata, la scuola. E scoppia il caso che divide Bologna, con Sel che reclama l’intervento del Miur e la deputata Pd Sandra Zampa che chiede di reintegrare al più presto i ragazzi in classi “miste”. Un caso che fa ancora più scalpore perché avviene alle medie Besta, istituto di periferia da sempre pioniere nell’accoglienza agli stranieri. Qui, dove su 426 ragazzi, 126 sono immigrati, l’integrazione è infatti di casa. Ma questa volta la scelta del preside Emilio Porcaro scatena il putiferio. È agosto quando alla scuola arriva la richiesta da parte di famiglie appena arrivate in Italia di iscrivere i propri figli. Ragazzi che non sanno una parola di italiano. Ma le prime sono già formate, il preside chiede allora all’ufficio scolastico di poter fare una classe in più. Arriva l’autorizzazione, e successivamente viene fatto il progetto: una classe solo di stranieri, ma aperta, «temporanea», per permettere loro di imparare l’italiano e di essere successivamente inseriti nella classe giusta per età. «Insegno loro geografia con le immagini, intanto si mettono al passo, è meglio che farli entrare in una classe dove fanno già la geografia dei continenti con una velocità di linguaggio che non comprendono», spiega la docente referente della classe sperimentale. Una scelta approvata a maggioranza dal collegio dei docenti, ma che non passa dal consiglio di istituto. La denuncia parte proprio dai genitori eletti nell’organo scolastico, contrari alla classe-ghetto. … I genitori parlano di rischio di classi differenziali, reclamano «progetti di integrazione condivisi con il territorio ». La notizia esce dalle mura scolastiche. «Ce lo aspettavamo, ma qui si lavora per l’inclusione», replicano alcuni insegnanti a scuola. Ne è convinto il preside, un curriculum dedicato a insegnare agli stranieri. «Così diamo l’opportunità di avere una classe a chi arriva, anche durante l’anno….Una scelta pedagogica che difendo». …
Il Messaggero – 5 novembre 2013
Intervista alla ministro Carrozza
░ Angela Padrone intervista la Ministro, mentre l’iter legislativo del decreto Scuola giunge a conclusione.
Ministro, è soddisfatta ? «Molto soddisfatta, anche perché M5S e Sel non hanno votato contro e questo è già un successo».
Quali sono i punti più importanti ? «Il diritto allo studio con 115 milioni di euro per borse di studio e aiuti agli studenti.»…..
Cosa pensa del blocco del turn over nell’università ? «E’ una sciagura. Si risparmiano dei soldi nell’immediato e si fa un danno enorme per il futuro»….
Parliamo delle polemiche sugli immigrati. Cosa pensa della classe composta solo di stranieri ? «Non giudico, magari lì si è creato un contesto eccezionale. Però io sono contraria alle classi ponte. Meglio potenziare l’insegnamento dell’italiano nel pomeriggio»
Altra polemica: ha autorizzato una scuola paritaria di Brescia a sperimentare il liceo di soli 4 anni. Apriti cielo... «In Italia si creano dei tabù per non cambiare mai niente. Io sono empirica e dico: sperimentiamo, poi decideremo».
Gli insegnanti non la vedranno di buon occhio. «Io ho trovato grande solidarietà tra gli insegnanti. Molti mi hanno detto che sto ridando loro una speranza»
Cosa sogna di cambiare nella scuola italiana ? «Vorrei fare una revisione totale del reclutamento in senso meritocratico e trasparente, eliminando la stratificazione di norme. Vorrei dare un segnale a chi vuole intraprendere la carriera di insegnante»…
Nel decreto si parla di orientamento negli ultimi due anni. Perché? «Perché io credo che la scuola italiana oggi ancora tenga bene, però dopo? Gli studenti sono disorientati. Non ci sono percorsi di transizione al lavoro. Non si può stare in classe fino all’ultimo minuto e poi dopo nessuno si occupa più di te. Lo scopo degli ultimi anni di scuola non è l’esame di maturità, ma dare agli studenti le competenze per scegliere cosa fare dopo. Al momento dell’esame di Stato molti ancora non sanno che cosa faranno. E’ assurdo».
Lei tiene molto anche al tema dell’alternanza scuola-lavoro. «Tutti devono capire l’importanza del lavoro, questo vale anche per i licei. E all’università i tirocini, devono far parte del percorso formativo. La differenza tra uno studente e l’altro spesso è questa: tra chi ha fatto esperienze lavorative e chi no. I primi trovano più facilmente lavoro. Io stessa come docente ho avuto tanti tirocinanti e ho cercato di fargli fare esperienze con le aziende. E deve valere per tutti: chi studia Lettere potrà farà un tirocinio in biblioteca. Questa è cultura del lavoro.»
l’Unità – 7 novembre 2013
“Scuola, pensieri random”
░ Pensieri e ipotesi sulle cose da farsi per una Scuola migliore. Di Mila Spicola. Si tratta di una riflessione molto articolata, della quale riportiamo soltanto un argomento.
Per migliorare la scuola forse aiuterebbe un processo di uniformazione non dei metodi o delle pratiche ma delle conoscenze e dei lessici, prima di allargarsi a proporre mutamenti o modifiche al sistema organizzativo strutturale. E’ un’ipotesi che andrebbe percorsa. Un nuovo e più adeguato sistema formativo comunque è necessario: con la laurea non esci insegnante oggi. Anche se sei il miglior laureato d’Italia e sei arrivato primo al concorso. Esci “lavorante generico”, arrivi in classe ad agir come non lo sai nemmeno tu. Arrivi in un consiglio di classe o in una scuola in cui ci son mille teste con mille definizioni diverse per ogni cosa e non sai nemmeno di cosa si parli se non ne hai incontrato la trattazione nel percorso universitario: docimologia? analisi dei processi didattici, metodologia… strategia? Inizialmente tutto si risolve in un approccio troppo spesso naif. E se non sai cosa sono, metodi, processi e metodologie, la prima cosa che viene in testa è il rifiuto di “queste teorie” e ci si ritrova a reiterare meccanismi per imitazione che si traggono dalla personale esperienza scolastica. Ci si affida alle proprie risorse, si cerca di instaurare una qualche relazione con le classi e si fa lezione. Bene che vada dopo tre giorni ti chiederai: Ma com’è che queste cavallette non mi ascoltano? E penserai che non ci son più i ragazzi di una volta… Poi, piano piano maturerai modalità per far qualcosa comunque. Per spiegare, verificare… e pensi che questo sia insegnare.Qualcuno si mette a studiare. Poi scopri che quasi tutti ci mettiamo a studiare. Ma lo facciamo in un modo così sconnesso, frammentato e discontinuo che i nostri studi iniziano e finiscono nelle nostre classi, senza riuscire mai fare sistema nel sistema. Perchè il sistema non te lo chiede. Non va bene. Scordiamoci questa leggenda che conta l’esperienza, oggi avere strumenti professionali adeguati e e un sistema di conoscenze pedagogico-didattiche comuni all’ingresso è indispensabile, perchè intanto che ti fai “l’esperienza” sono passati dieci anni di mestiere e le difficoltà e le richieste del mestiere oggi sono tante e tali che non si può derogare più…. L’assurdo è che il docente che vuole farlo può oggi aggiornarsi con estrema difficoltà, spesso a sue spese, con ricatti psicologici, con scambi e con sensi di colpa. I casi in cui non è così sono eccezioni. Mi si dirà che non tutti i docenti si aggiornano: io dico invece che quasi tutti tentano di farlo e incontra strade in salita. Sapete perfettamente che è così, cari colleghi. Chi di voi ha chiesto al proprio preside permessi per seguire dei corsi ha dovuto sguainare le spade per ottenerli e ha dovuto pagarseli. Il danno oltre la beffa. Beh no: studio e ricerca sono funzioni strutturali della docenza, non accessori della docenza. Averlo dimenticato è il primo indebolimento di qualificazione professionale…. Da quando l’insegnante si è trasformato da intellettuale a impiegato togliendogli lo spazio e la funzione dello studio in servizio? A qualcuno tutto ciò ha giovato. Non ai docenti. A chi fa comodo la mancata riqualificazione in servizio dei docenti? A chi fa comodo che i docenti vivano in un sistema che rende inevitabile un babele di pratiche, di didattiche, di metodiche e di mancanza di confronto comune sui temi? Che rende inevitabile l’enorme difficoltà dell’ autoaggiornamento? Secondo me fa più comodo ai governi e agli ingranaggi ministeriali… Quello della “professione non abbastanza qualificata” o, detta più brutalmente “dei docenti che non sanno insegnare” è il vessilo più facile per imporre e portare avanti con il consenso dell’elettore scelte di razionalizzazione della spesa ma molto, molto dubbie dal punto di vista pedagogico, o quanto meno, non adeguatamente discusse con coloro che poi se ne devono fare interpreti operativi nel sistema scolastico, cioè i docenti. Siamo sicuri che “non sappiano insegnare come facevano una volta” e invece il problema è che “non devono più insegnare come facevano una volta”? Ad esempio: a che serve un sistema di valutazione nazionale su cui la classe docente non ha avuto modo nè occasione di confrontarsi riguardo alle premesse, ai metodi e alle finalità, cosa completamente nuova e delicatissima per le ricadute sui processi d’insegnamento apprendimento? A che serve tenerli all’oscuro o coltivarne l’ostilità se poi tale sistema lo devono portare avanti e rendere efficace (attivando processi di insegnamento-apprendimento conseguenti) gli stessi docenti che non ne hanno vissuto insieme i momenti di costruzione e la definizione delle finalità? Non mi si dica che è momento di confronto l’individuazione random di qualche docente che diventa “esperto” Invalsi e nemmeno qualche corso che “racconta” cosa è e a cosa serve la prova Invalsi. Beh no. Non funziona così e infatti non sta funzionando. Si rischia di vanificare un percorso importante e serio come quello della valutazione nazionale, si rischia di non predisporre in modo serio ampio e condiviso nuove pratiche o riflessioni che potrebbero nascere dall’analisi dei dati….
Il Sole 24Ore – 8 novembre 2013
“Assunti 69mila docenti ma a finanze invariate”
░ Quante assunzioni e quando, per il personale della Scuola
Nuovo piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale della scuola per gli anni 2014-2016. Il decreto Istruzione approvato definitivamente ieri dal Senato (D1104) riapre, dunque, la partita delle assunzioni nella scuola: saranno 16mila gli Ata,42mila i nuovi insegnanti curricolari e 27mila gli insegnanti di sostegno che otterranno una cattedra nell'arco di un triennio. Le assunzioni saranno suddivise equamente tra vincitori del concorso vigente (quello del 2012 o quelli precedenti, dove ancora vigenti) e i docenti precari inseriti in graduatoria a esaurimento. Il comma i dell'articolo 15, però, prevede una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, che assicuri l'invarianza finanziaria. In pratica, come avvenuto per le assunzioni a decorrere dal 2011, anche per questo triennio, per conseguire l'obiettivo di una così consistente immissione in ruolo di personale, la legge pone due vincoli: i) il rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica, per quanto concerne il piano triennale; 2) il rispetto del criterio di invarianza finanziaria, in riferimento all'accordo da sottoscrivere presso l'Aran…. E fatto salvo il diritto alla ricostruzione di carriera previsto per legge, per cui i precari di lunghissimo corso potrebbero passare rapidamente alla fascia retributiva superiore (9-14 anni). Per il sostegno agli alunni diversamente abili, il decreto ridetermina la dotazione organica di diritto relativa ai docenti di sostegno: saranno il 75% nell'anno scolastico in corso, il 90% nell'anno 2014/2015 e arriveranno al 100% dal 2015/2016. Sinora la legge prevedeva, invece, un organico pari al 70% del numero dei posti di sostegno complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007. … Sempre in tema di assistenza agli alunni con disabilità, il decreto scuola va incontro all'esigenza di un uso più flessibile e razionale dei docenti di sostegno, prevedendo l'unificazione delle quattro aree disciplinari delle attività di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado e delle relative graduatorie.