www.governarelascuola.it - 19/01/2014
“Gli stipendi dei dirigenti. Cose da non credere !”
░ Pietro Perziani, dirigente scolastico molto esperto fa, sul suo periodico digitale, un poco di conti sui cedolini della retribuzione deidd.ss. Dimostra che i conti non tornano e vibra schiaffoni metaforici.
Abbiamo avuto modo di esaminare e controllare centinaia e centinaia di cedolini di dirigentiscolastici… Per il momento prendiamola aridere… Abbiamo visto cose che voi umani… cose incredibili, errori veramente marchiani; vogliamo offrirvi un piccolo florilegio di queste assurdità. Va detto in premessa che gli errori dipendono in genere dal livello locale, cioè gli uffici periferici del MIUR e del MEF, e che sono concentrati in alcune regioni, Campania e Sicilia in testa. Vediamo alcuni di questi errori. 1- Una collega è andata in pensione nel 2011 senza aver mai avuto l’inquadramento a dirigente, che è stato fatto nel 2002, dopo il primo contratto; veniva pagata come se fosse ancora una direttrice didattica, anche se le davano, bontà loro, gli aumenti contrattuali. Per fortuna, al momento di predisporre i documenti per la pensione, la RTS si è accorto dell’errore e ha provveduto…2-Un collega, vincitore del concorso riservato del 2007, è andato in pensione nel 2012 senza che gli venisse corrisposto l’assegno adpersonam, la retribuzione di posizione/quota variabile e la retribuzione di risultato; l’USR se l’era dimenticato e gli venivano corrisposte solo le voci retributive di livello nazionale: stipendio tabellare, retribuzione di posizione/quota fissa e indennità di vacanza contrattuale. La situazione è stata sanata dall’USR… Ci sono anche situazioni che riguardano molti dirigenti, errori pesanti nella corresponsione sia della retribuzione di posizione variabile che nella retribuzione di risultato. A diversi colleghi della Campania, sono stati corrisposti dai 100 ai 250 euro mensili in meno di retribuzione di posizione/quota variabile; a volte sono stati pagati con una fascia inferiore (Terza anziché seconda), a volte semplicemente con importi errati, non previsti dal contratto regionale, si potrebbe dire del tutto inventati dalla creatività della burocrazia, non sappiamo se del MIUR o del MEF…. Il pagamento della retribuzione di risultato è un autentico happening un po’ in tutte le regioni, gli importi sono ballerini, in alcune si paga mensilmente ed in altre annualmente e magari il contratto regionale dice esattamente il contrario di quanto viene fatto; possiamo affermare senza tema di smentita che quasi tutti i dirigenti scolastici italiani non sono in grado di giudicare se la retribuzione di risultato viene loro pagata in modo corretto o in modo sbagliato. Certo, un campanello d’allarme dovrebbe però suonare se, comesuccesso ad alcuni dirigenti scolastici della Sicilia, per diversi anni la loro retribuzione di risultato si è aggirata sui 15 euro al mese…Se vengono pagati meno del dovuto, anche per anni, non se ne accorgono; per loro, veramente il denaro è lo sterco del diavolo…
Il giorno - 20/01/2014
“Studenti in tribunale «Tasse esagerate,ridateci 200 milioni»”
░ Gli studenti universitari sulla strada dei TAR; del resto, non c’è altro modo per tutelarsi.
Rubati, rapinati, estorti. Ma è tutto legale o, almeno, lo era fino a quando i Tribunali amministrativi regionali non hanno iniziato a mettere le cose a posto. 239518.006 milioni di euro tolti dalle tasche degli studenti e finiti nelle casse delle università, in barba a principi quali il diritto allo studio e via dicendo. E la denuncia dell'Unione degli universitari (Udu) che, con santa pazienza, sta portando al Tar i libri contabili di 35 atenei che hanno esagerato con i balzelli. Le prime sentenze sono già arrivate, in Lombardia, e riguardano Pavia, ma si attende il pronunciamento del Consiglio di Stato. Però, spiega Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell'Udu, gli studenti non si fermeranno anche perché, finora, hanno semprevinto.Il meccanismo è semplice: la legge prevede che il contributo in tasse da parte degli studenti non possa superare il limite del 20% dei finanziamenti che l'ateneo riceve dallo Stato con il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). Ma questa asticella è stata superata in 35 piazze universitarie tra le quali, Bergamo, Modena, Bologna, Ferrara, Brescia, Torino, Verona, Padova, Milano (Statale e Bicocca), Roma (Terza e Tor Vergata), Teramo, Udine, Pisa e altre ancora.Dopo le prime denunce degli studenti il Ministero, all'epoca retto da Francesco Profumo, ha ovviato all'incoveniente(e soprattutto alla restituzione dei soldi), cambiando le regole del gioco. Era l'agosto del 2012 e fu modificata la norma lasciando il limite fissato al 20% ma escludendo dal calcolo tutti gli studenti fuori corso. Il che significa, a spanne, tagliare fuori dalla statistica una percentuale di giovani che va dal 30 al 50%. In questo modo il calcolo è cambiato e molti atenei sono tornati sotto l'asticella del 20%. Anche se non tutti. Il 'dopo' Profumo rivela che ancora undici università sono al di sopra di quella soglia per un totale di 40 milioni di euro sottratti ai discenti. …
ItaliaOggi - 21/01/2014
“Scatti, ora è caccia alle risorse Tagli lineari alle scuole o recupero dei fondi non spesi”
░ I ministeri dell’Istruzione e del Tesoro lavorano per reperire 370 milioni di copertura. Di Alessandra Ricciardi.
Non ci sono state quelle risorse aggiuntive che alcune dichiarazioni del ministro dell'istruzione, Maria Chiara Carrozza, avevano lasciato intendere. E il 2013, salvo correttivi, resterà congelato, non utile ai fini della maturazione degli scatti di anzianità, così come prevede il dpr 122 approvato dal consiglio dei ministri di fine agosto. Ma potrà essere recuperato il 2012, attraverso la via negoziale, e intanto non ci sarà nessun recupero di eventuali aumenti giàpagati…. É l'ultimo passaggio, l'atto di indirizzo all'Aran, per recuperare definitivamente il 2012, dando copertura non solo agli scatti già pagati lo scorso anno a circa 80 mila insegnanti, ma anche ad altri 120 mila a cui andranno in pagamento quest'anno. Se è chiaro che la coperta in tutto costerà 370 milioni di euro, e che solo 120 milioni sono quelli disponibili della fetta del 30% dei risparmi della riforma Gelmini, ad oggi non è ancora deciso come saranno coperti i restanti 250 milioni di euro. Due le ipotesi in campo: procedere a tagli lineari sui vari capitoli di finanziamento del fondo delle scuole; utilizzare in larga misura le risorse non spese dagli istituti negli anni passati e solo in via residuale ricorrere a una riduzione lineare sugli altri capitoli. Secondo quanto risulta aItaliaOggi, sarebbero circa 200 i milioni di euro giacenti a settembre 2013, e imputabili ad altre annualità, che non risultano impegnati….
ItaliaOggi - 21/01/2014
“Sostegno, una mina per precari, i posti per le supplenze occupati dai docenti di ruolo”
░ Carlo Forte prospetta gli effetti che si produrranno quando il MIUR avrà unificato le aree del Sostegno; sempre che le nuove regole per il reclutamento degli insegnanti di Sostegno vengano estese anche alla mobilità e al conferimento delle supplenze dalle graduatorie di istituto. Resta, infatti, la possibilità che i docenti di ruolo che sono stati assunti con il vecchio sistema continuino ad insegnare su posti dell'area per la quale sono stati assunti, e che un certo periodo gli organici siano ancora compilati mantenendo il criterio della tipologia di posto.
Dal prossimo anno scolastico i docenti precari di sostegno delle superiori rischiano di rimanere disoccupati. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, il ministero dell'istruzione sarebbe orientato a disporre l'unificazione delle aree del sostegno (AD01, AD02, AD03, AD04) già dal 1° settembre 2014, non solo ai fini dei nuovi concorsi, ma anche della mobilità. Ciò vuol dire che i docenti di ruolo potranno chiedere il trasferimento sul sostegno a prescindere dall'area di appartenenza. E potranno farlo anche in sede di utilizzazione. L'opzione più rischiosa per i precari è quella dei trasferimenti. Al momento, infatti, il passaggio sul sostegno (che si configura giuridicamente come un trasferimento) può essere chiesto solo con riferimento all'area di appartenenza. Ciò limita fortemente le probabilità di ottenere il movimento richiesto. Ma se la possibilità del passaggio sarà consentita su qualsiasi area, a prescindere da quella di appartenenza, il numero dei docenti che otterranno il passaggio è destinato a salire vertiginosamente. Ciò determinerà una forte contrazione delle disponibilità di posto sul sostegno già nell'organico di diritto. E poi il colpo di grazia interverrà al momento delle utilizzazioni. In tale fase, infatti, oltre ai movimenti e alle conferme dei docenti della Dos (dotazione organica del sostegno) e cioè dei docenti di sostegno di ruolo che insegnano alle superiori, verranno disposti anche più provvedimenti di utilizzazione sul sostegno. Proprio perché, mancando il vincolo dell'area di appartenenza, gli interessati avranno molte più probabilità di ottenere i movimenti richiesti (sulla Dos). ….
Avvenire - 22/01/2014
“Libri di testo fai da te. E il manuale?”
░ Auto produrre un libro di testo a scuola, una sorta di dispensa a uso interno, è molto più che il semplice "copia-incolla" da Internet. Di Roberto Carnero)
Nella scuola dei libri digitali, in alcuni istituti sta prendendo piede un tipo di sperimentazione che fino a 2-3 anni fa sarebbe stata impensabile: non adottare i tradizionali manuali preparati dalle case editrici scolastiche, ma provare a confezionare in proprio i materiali didattici. È un'idea di editoria scolastica dal basso di cui sono protagonisti alcuni docenti, spesso con l'aiuto degli stessi studenti. La trovata presenta diversi motivi di interesse: già pensare e produrre dei materiali didattici (testi, schemi, mappe concettuali, esercizi ecc.) è in sé un'attività educativa con un'immediata ricaduta in termini di conoscenze e soprattutto di competenze; in questo modo i contenuti e le modalità dell'insegnamento possono essere facilmente adattati dall'insegnante alle specifiche esigenze di quel particolare gruppo-classe; si abbatte sensibilmente un capitolo di spesa importante per le famiglie, quale è appunto quello per i libri scolastici… Ma l'entusiasmo per iniziative di questo genere non tiene conto di alcune criticità, che mi sembrano tutt'altro che trascurabili. … Chi garantisce la "sicurezza" di fonti e contenuti? Se pure un docente decidesse di andare a prendere i contenuti soltanto dai siti "istituzionali" (poniamo dal portale dell'Istituto Treccani), ci sarebbe un problema non aggirabile di copyright. Ma e qui parlo non da autore, ma da insegnante che osserva ogni giorno le modalità di apprendimento degli adolescenti c'è un altro problema, che è forse il più serio: in un universo della conoscenza liquido e fluttuante come quello dei new-media, possedere un vero libro di testo significa poter contare su un ancoraggio sicuro, una pietra di paragone, una base solida su cui poi eventualmente costruire altro attingendo alle mille fonti disponibili.
l’Unità - 23/01/2014
“La legge Fornero e i prof bloccati nel limbo”
░ Mila Spicola non si contiene. E ha pienamente ragione.
Non Capisco, qualcuno mi spieghi le ragioni. Da un lato ci sono giovani laureati che vogliono diventare insegnanti, che hanno seguito tutto il percorso richiesto loro dallo Stato per diventarlo. Percorso che negli ultimi 30 anni è variato quasi ogni anno: devi fare un concorso, no, ti devi iscrivere alle Sissis e abilitarti così, no, puoi insegnare come supplente, però per avere la cattedra devi fare un concorso, e torni alla casella di partenza, no, ti facciamo fare un tirocinio formativo abilitante, no, però, se hai il vecchio diploma magistrale ti facciamo fare un altro percorso, che si chiamapas, no, se hai anche il titolo del sostegno, hai un altro canale, ma tu sei prima, seconda o terza fascia? Scusi? In che senso? E questo è il versante «come divento insegnante oggi» che ha condotto, in questa follia amministrativa priva di ogni logica di semplificazione ma che continua ancora adesso, mentre scrivo, a complicarsi, ha condotto insomma a ingigantire ogni anno il grande pentolone del precariato scolastico. Un precariato molto particolare perché composto di docenti a tutti gli effetti con una caratteristica: sono bravi, sono molto bravi, perché negli anni, di propria o altrui sponte, hanno continuato a formarsi per aumentare i titoli. Altre lauree, dottorati, specializzazioni. E anni di servizio. Dall’altro lato ci sono i docenti prossimi alla pensione. Alcuni di loro, quasi o già sessantenni, c’erano quasi. Avevano chiesto e ottenuto il permesso di ritirarsi e mi ricordo della mia adorata Marisa, una collega d’Italiano che per me è stata un’altra di quei maestri che cambiano la vita, che era già con un piede fuori, con le lacrime ogni giorno. Sarebbe rimasta però «Mila, mia madre ormai non la reggono nemmeno le badanti, io rimarrei, ma la vedi Clelia (una collega precaria bravissima)? Che ci faccio ancora io a 60 anni e con 35 anni di servizio a inseguire Macalusonei corridoi quando lo incrocio fuori dalla classe, mentre giovani come Clelia non possono nemmeno farsi una famiglia e aspettano che io me ne vada?». Così parlava Marisa due anni fa. Cosa è accaduto in questi due anni? È accaduto che Marisa sta ancora in classe e Clelia è ancora a spasso. Marisa è distrutta per le notti insonni che le fa passare la madre e l’ansia del non capire quando andrà in pensione e Clelia è ancora precaria ma in un’altra scuola, in un paesino sulle Madonie e tutti i giorni si fa 90 chilometri all’andata e 90 al ritorno. Per quanto tempo sarà così brava come lo era due anni fa e lo è ancora? La leggeFornero, oltre al guaio esodati, ha prodotto un altro guaio, i docenti quasi in pensione della cosiddetta Quota96, coloro che stavano andando in pensione due anni fa e per un errore di valutazione amministrativa sono rimasti ingabbiati nel limbo «non so se ci devo andare o meno». Non sono tanti, sono meno di quattromila persone. Che diventano ottomila se pensiamo alle quattromila Clelie pronte a prendere il loro posto. Siamo il Paese con la classe docente più vecchia del mondo. Non d’Europa, del mondo. Roba da brividi nella schiena. E siamo il Paese con la più alta disoccupazione giovanile. Docenti di 62 anni si ritrovano a inseguire bambini di 4 anni nelle scuole materne e a confrontarsi con mamme piccole quanto le loro nipoti. Insegnanti d’italiano dei licei, al di là della buona volontà e capacità immutata si ritrovano a non capire nemmeno quello che dicono i loro allievi quindicenni e a leggere elaborati che descrivono passioni, problemi e tensioni vissute però in un luogo e in un tempo completamente diverso. Poco male qualcuno mi dirà, i divari generazionali ci son semprestati. Mentre docenti bravissimi, straformati e aggiornati stanno a casa mentre ci affanniamo a scrivere i jobs act. E aggiungo se ti ritrovi un docente stanco, che non ce la fa più e non ce la vuole fare, perché a sessantanni è costretto in classe, i quattromila quota96 e le quattromila Clelie, dobbiamo moltiplicarle ciascuna per 30 alunni scontenti di perdereClelia e afflitti di fronte a una prof che non li guarda più negli occhi…. Io dico, risolvere il problema tutto adesso non si può, ma intanto, a questi quattromila permettiamo di andarsene in pensione visto che gli spettava? Qualcuno penserà che l’emergenza siano quei pensionati da far andare via e qualcun altro che sia Clelia e tutti i precari come lei. Cambiamo prospettiva. Cominciamo a pensare che l’emergenza vera nella scuola siano gli alunni di Clelia, bravissima, che non voglio perderla e di Macaluso che scappa sempre mentre Marisa, bravissima anche lei ma ormai stanca, ha smesso di inseguirlo? La scuola in cima al Paese. Io direi: i nostri alunni, i nostri figli in cima al Paese. Un docente stanco e sfatto, se dopo isessantanni non ce la fa più, e magari è inpieno burn out, cosa volete che insegni?
Latecnicadellascuola.it - 24/01/2014
“Carrozza: gli scatti di anzianità hanno fatto il loro tempo”
░ Pasquale Almirante segnala come la Ministro stia ricalcando la linea dei suoi predecessori. Concordiamo, e aggiungiamo una considerazione:questo governo è una propaggine del precedente.
In sede di rinnovo del contratto, bisognerà “pensare ad altro” per migliorare le "carriere"e quindi le buste paga degli insegnanti. Messaggio inequivocabile e che allinea il pensiero della ministra Carrozza a quello già espresso dalla sua predecessora, Maria Stella Gelmini, che aveva anche avviato una sperimentazione, disertata e contestata, sulla valutazione della scuole e degli insegnanti per arrivare proprio ad “aggiustare” gli stipendi dei prof in base al loro valore sul campo. Carrozza dunque ha ribadito con forza che questo modo di progredire "economicamente" solo per effetto dell’anzianità è molto dispendiosa e un'annualità, che già costa, ha poi ulteriori incrementi allorché passa a regime. Visto che di questi tempi, e pure per il futuro, le risorse si sono esaurite, non resta ai professori che piangere, pianto antico per sedare il quale, nella forma degli scatti del 2012 scattati però nel 1013, si è dovuto ricorre ai risparmi della Gelmini e del suo collega Tremonti. Ma non solo, si intaccheranno anche le rimesse per il fondo al miglioramento dell'offerta formativa, penalizzando attività aggiuntive, corsi di recupero, pratica sportiva, progetti nelle aree a rischio e altro. La ministra incontrerà il prossimo 28 gennaio i sindacati e in quella sede vedremo cosa succederà, anche se, viste le premesse, con ogni probabilità il discorso dovrebbe essere incentrato sulle problematiche relative alla valutazione dei docenti, con grande soddisfazione della ex ministra Gelmini che aveva, non solo anticipato l’idea, ma anche trovato il modo di come fare.
L’Unità - 25/01/2014
“Italiano per stranieri, la lotta degli «insegnanti invisibili»”
░ Sono molti, sono qualificati e alcuni lavorano pure per le Università, gli istituti di cultura o le multinazionali con sede in Italia. Ma sono invisibili. Almeno agli occhi del ministero dell’Istruzione.
Gli insegnanti di Italiano per stranieri L2/Lsesistono da tanti anni… Per farsi vedere, contarsi e chiedere di essere riconosciuti professionalmente, si stanno riunendo in gruppi e associazioni. E hanno lanciato una petizione che in poco tempo ha raccolto quasi seimila firme. Chiedono il «riconoscimento ufficiale della professione di insegnante di italiano L2/LS da parte del Miur» e «una certificazione univoca che attesti tutte le nostre qualifiche». Che sono numerose. Le certificazioni si chiamano Ditals, Cedils,Dils-pg, ma esistono anche corsi post laurea e master. «È una professione nata quasi spontaneamente, alcuni tra i primi non erano nemmeno laureati», racconta Carlo Guastalla, insegnante e autore di manuali didattici. «Una delle prime scuole a breve compirà quarant’anni. Il boom però c’è stato quando le università per stranieri di Perugia e Siena hanno lanciato i primi corsi per insegnare ad insegnare la lingua. Oggi l’offerta formativa è enorme, manca il riconoscimento da parte della scuola pubblica». Eppure quando tra il 2006 e il 2008 il ministro dell’Istruzione del governo Prodi era Fabio Mussi, il riconoscimento degli insegnanti L2/Ls sembrava all’ordine del giorno. Tanto che, per arrivare prima delle altre l’Università Ca’ Foscari di Venezia aveva organizzato una Ssis specifica. Vi parteciparono per due anni sessanta laureati da tutta Italia, pagando rette e studi, ma alla vigilia dell’esame si videro sbattere le porte in faccia. Il governo era cambiato e l’istituzione della classe di insegnamento, che con Mussi sembrava imminente, con il ministro Gelmini non arrivò. Così, grazie anche al pasticciaccio della Ca’ Foscari vagano sessanta insegnanti quasi abilitati per una classe di concorso che non esiste. Nel frattempo, visto che di loro ci sarebbe bisogno, si sente dire che i Comuni affidino a professori in pensione e volontari i corsi di alfabetizzazione di cui necessitano bambini e cittadini stranieri. È accaduto a Brescia e a Bologna. Lodevoli iniziative di volontariato, agli occhi di chi non ha competenze di insegnamento agli stranieri. Errori da matita blu, per gli insegnanti di italiano L2/Ls. …