owww.sinergiediscuola.it - Detto tra noi - 21.02.2014
“Il nuovo inquilino in Viale Trastevere”
░ Un ministro (in carica per 10 mesi) conclude; auguri al nuovo ministro. Gabriella Bellafiore – DSGA – le invia il benvenuto. Ancora una volta, al MIUR è stato mandato un rettore (rettore all’Università per stranieri di Perugia, fino allo scorso anno); la Giannini ha anche avuto funzioni internazionali: presso l’Università italo-francese; presso la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo, del Ministero degli Affari Esteri; presso la Conferenza dei Rettori delle Università (per le Relazioni Internazionali); presso il MAE (per l’Internazionalizzazione delle Università Italiane, e di Promozione della Cultura Italiana all’Estero).
Sfratto esecutivo al Ministro Carrozza, che non è riuscita a dare la propria impronta nemmeno ad un solo, misero, anno scolastico. Il suo dicastero è durato appena 10 mesi. Bisogna riconoscere che ha cercato di essere concreta. Si è subito resa conto che l'accelerazione spinta verso la digitalizzazione data dal suo predecessore, Profumo, non si sarebbe potuta realizzare solo con gli slogan, e allora ha rallentato bruscamente e ha sterzato verso il “fund raising”. Probabilmente se ne avesse avuto il tempo avrebbe fatto bene, o forse no. Il pasticciaccio brutto degli scatti bloccati-sbloccati per i docenti e sbloccati-bloccati è suo (speriamo almeno che non si arrivi al recupero forzoso di quanto erogato dal Mef e percepito in buona fede dal personale Ata dal settembre scorso in poi). E degli stipendi non pagati o pagati in ritardo ai supplenti vogliamo parlarne? Mi dispiace, ma non è stata all'altezza delle aspettative. Si è fatta travolgere dal collega del Mef che è stato l'unico vero regista anche della politica del Miur. E' sembrato sempre che la sua azione rincorresse gli eventi, senza riuscire però mai a dominarli. E' sembrato sempre che rattoppasse la coperta vecchia (corta, cortissima per giunta), mai che ne stesse tessendo una nuova. E' sembrata spesso sola e sempre mal consigliata…. Non servono riforme epocali. Serve attenzione e capacità di ascolto della voce che proviene dalle scuole. La voce di chi lavora nella scuole, la voce dei giovani che la frequentano e che sperano ancora di crearsi un domani migliore puntando su una buona istruzione. Francamente, considerati i disastri lasciati sul campo non le dovrebbe essere difficile riuscire a far meglio dei suoi predecessori. Crediamoci! Per stasera scacciamo via dalla mente quel caro, vecchio detto popolare che dice "Al peggio non c'è mai fine" ed auguriamole un caloroso "Benvenuta, Signor Ministro". Però sia chiaro che da domani si fa sul serio: per cortesia pochi discorsi, poche slides di presentazione di miracolosi interventi normativi e più fatti, cioè più risorse !
www.latecnicadellascuola.it - 22.02.2014
“Quale potrebbe essere il disegno sulla scuola dietro la nomina della Giannini?”
░ Lucio Ficara prevede nero; speriamo che una volta tanto si sbagli.
In buona sostanza quale sarebbe il disegno sulla scuola dietro la nomina al Miur di Stefania Giannini? Perché si è scelto di affidare la guida del dicastero di viale Trastevere ad un esponente politico di un partito di recente formazione e che sugli insegnanti poco si è espresso? Per dare risposta a questa ultima domanda c’è il sospetto che i provvedimenti in cantiere sulla scuola saranno così impopolari, da avere fatto considerare al premier Renzi l’inopportunità di scegliere come ministro dell’Istruzione un esponente del partito democratico. Quale dunque questo disegno strategico sulla scuola, considerato per altro impopolare? Il timore è quello del rischio di un piano shock sulla scuola, che ritorni a proporre l’aumento dell’orario settimanale di servizio per gli insegnanti delle scuole secondarie, a parità di salario, la contemporanea riduzione di un anno nel curriculo della scuola secondaria di secondo grado e la riforma per quanto attiene lo stato giuridico degli insegnanti. …. L’idea politica che avrebbe la Giannini potrebbe essere quella di dividere il corpo docente in fasce di merito, valorizzando anche economicamente la fascia alta dei docenti più meritevoli. Quindi si teme un ritorno dell’ormai noto DDL Aprea-Ghizzoni, che tra l’altro prevede anche un nuovo modello di governance della scuola statale che punta a trasformare radicalmente la guida delle istituzioni scolastiche. Infatti, secondo il neo ministro dell’Istruzione, gli attuali organi collegiali che si rifanno alle disposizioni dei decreti delegati degli anni settanta, sono costituiti, ancora oggi, in modo tale da non cogliere pienamente i cambiamenti costituzionali e i recenti progressi e le innovazioni sulle norme di governo in materia sia amministrativa che didattica. Un’altra idea politica unisce l’Aprea all’attuale ministro dell’Istruzione Giannini, ed è quella della chiamata diretta dei docenti da parte delle singole istituzioni scolastiche. …
www.corrieredellasera.it - 25.02.2014
“Torna il bonus maturità. Il neoministro: è più giusto. Giannini: ogni scuola selezioni i suoi professori”
░ Sì al bonus maturità e alla riforma della scuola media, ni alla tecnologia e al ciclo breve di studi, no ai concorsoni. Così Valentina Santarpia riassume l’idea programmatica del nuovo ministro.
Bonus maturità, introdotto dal ministro Francesco Profumo sotto il governo Monti e poi cancellato dal nuovo titolare del dicastero, Maria Chiara Carrozza, il giorno stesso in cui circa 100 mila studenti partecipavano ai test di accesso per 10 mila posti nella facoltà di Medicina: «Non era il bonus maturità in sé, ma il fatto di aver cambiato le regole in corso, ad aver scatenato il putiferio. Che la carriera scolastica conti per me è importante, lo studente non deve andare all’università vergine, ignorando tutto quello che ha fatto prima: il voto di maturità non è altro che la sintesi che uno ha fatto nei precedenti anni di carriera scolastica, quindi deve esserci, bisogna valutarlo insieme a tutte le altre cose che gli vengono richieste nell’esame di selezione». Per quest’anno, difficilmente rivedremo il bonus in azione, visto che il bando per i test di accesso alle facoltà a numero chiuso, previsti per aprile, è ormai già stato pubblicato. Ma qualcosa potrebbe cambiare dall’anno prossimo, governo permettendo. Cambio di corsa, quindi? Sembra proprio di sì. Anche la sperimentazione del ciclo breve (4 anni anziché cinque) che la Carrozza aveva lanciato in cinque licei e che contava di estendere a tutte le scuole superiori, lascia piuttosto tiepidina il nuovo ministro. «Non sono contraria a continuare la sperimentazione ma non sono un’entusiasta sostenitrice dell’idea che eliminare un anno alle scuole superiori sia la carta vincente. Piuttosto, penso che abbiamo tre cicli di scuola, due funzionano molto bene, uno, quello intermedio, molto meno. La scuola media inferiore è quella che ha bisogno di maggiore attenzione», sottolinea Giannini. Prefigurando così una riforma del ciclo intermedio, pardon , una rivisitazione, visto che la parola «riforma» le evoca «grandi e lunghi processi» che si attirano critiche e polemiche. Ma questo non significa che i progetti non siano ambiziosi: da brava riformista, l’ex segretario di Scelta civica boccia anche i concorsoni alla Profumo: «Così come sono stati fatti hanno creato più problemi che soluzioni — sostiene — tra ricorsi, procedure sbagliate, riformulazioni». E come si reclutano allora, gli insegnanti? «Le scuole, come strutture pubbliche che devono rendere conto delle scelte che fanno, possono prendere delle decisioni e assumere chi credono, e poi in base a queste scelte essere valutate: dobbiamo trovare gli strumenti giusti per attuarlo». E i 120 mila precari che pure la Commissione europea ci ha rimproverato? «È una situazione drammatica — dice Giannini —. La conosco bene perché ho amici cinquantenni ancora in attesa di supplenze. Ma si può curare il male antico introducendo sistemi per non rigenerarlo». Una vera rivoluzione, dunque, quella che immagina il nuovo ministro, in cui gli istituti scolastici hanno sempre più autonomia, la valutazione acquisisce un valore importantissimo…
ItaliaOggi - 25.02.2014
“Valutare sì, ma non per punire”
░ Presentata (20 febbraio)a Roma la ricerca dal titolo «La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria», della Fondazione Giovanni Agnelli. Evidenzia anche alcuni effetti distorsivi di un sistema premiale. (Di Giovanni Scancarello).
La valutazione usata per premiare o punire i docenti non funziona. Divide anziché unire il mondo della scuola e non ne restituisce una fotografia attendibile. Tra l'altro, la valutazione non è utilizzata per dare aumenti ai docenti neanche negli altri paesi europei. E lì dove, come in Usa, si sono fatte sperimentazioni in tal senso, ora si sta tornando indietro. Il valore aggiunto della scuola nell'apprendimento dei singoli studenti, infatti, è sempre il frutto di un lavoro di squadra: le scuole andranno pertanto valutate su come lo organizzano e progettano. ….Fino ad oggi, spiega la Fga, ce la siamo cavata di fronte all'Europa con le sperimentazioni sulla valutazione delle scuole. È soprattutto con l'allora ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini che, tra richiami al merito e tentativi di introdurre la valutazione della performance di Brunetta, si assiste ad una stagione di progetti sperimentali. Vqs, Valorizza, il Vales, ne sono la testimonianza. Esperienze che consentono comunque l'emersione dei punti deboli e degli errori da evitare però in futuro. Alla luce dei risultati conseguiti ad esempio dal progetto Valutazione per lo sviluppo della qualità delle scuole (Vqs), spiegano i ricercatori coordinati da Andrea Gavosto, direttore della Fga, i docenti non hanno ancora capito il valore aggiunto procurato dalla valutazione esterna, resta il dubbio sulla correttezza della conduzione delle somministrazioni da parte di alcune scuole nei confronti di altre (cheating), il modello teorico e metodologico di progetti, che prevedevano premi in denaro per i migliori, è stato giudicato oscuro. …. Tra i dati rilevati dalla Fondazione Agnelli colpisce che «in alcune scuole, sono stati i genitori eletti nei consigli di istituto a guidare la fronda contro la sperimentazione». Nella collegialità, quindi, è sorta la barricata. Valore costitutivo del nostro sistema scolastico, frutto di conquiste democratiche degli anni settanta, la collegialità risulta talmente radicata nel dna della scuola, da rintracciarsene i segni sin dai tempi dei regi decreti. Che la collegialità vada considerata di prioritaria importanza è confermato dagli stessi ricercatori della Fga, quando dicono che la questione della governance della scuola diventa «endogena e quindi è corretto considerarla rilevante per la valutazione della scuola, attraverso una misura di valore aggiunto, attraverso prove standardizzate». … Bisognerà pensarci bene, prima di chiedere cessioni di quote di sovranità degli organi collegiali democraticamente eletti. Se da una parte, di tutto c'è bisogno, meno che di altri elefanti nella cristalleria, dall'altra c'è da scommettere che il confronto della scuola con la valutazione, se rivolto veramente a innalzare i livelli di apprendimento dei nostri studenti, si giocherà soprattutto sul piano della collegialità. Un confronto che però richiederà competenze per essere adeguatamente impostato. «La valutazione delle scuole sembra adeguata a integrare due dimensioni», si legge nella ricerca della FGA, «a prima è quella di rendere i singoli istituti responsabili (accountable) per i loro risultati; la seconda è quella di usare i risultati di apprendimento degli studenti per valutare l'efficacia dei processi didattici e organizzativi di ciascun istituto». È proprio grazie alla valutazione che si innescherebbe, secondo FGA, quella riflessività della comunità professionale e collegiale che è decisiva per creare consenso e migliorare. È infatti solo grazie alla valutazione, spiegano i ricercatori, che sarà possibile diagnosticare «le lacune ed eventualmente proporre azioni di miglioramento, attraverso la pratica di fornire alle scuole i risultati aggregati dei test standardizzati, integrata eventualmente da visite ispettive, grazie alla riflessione interna alla scuola stessa».
ItaliaOggi - 25.02.2014
“Il pasticcio della reiterazione delle supplenze, una vera bomba ad orologeria per viale Trastevere”
░ Quanta polvere negli occhi ! Le parole preoccupate - di Max Bruschi, dirigente tecnico del Miur (che sotto la gestione Gelmini ebbe spazi decisionali) - che leggiamo in questo intervento ci fanno intendere che il MIUR è costretto a malincuore a guardare la questione, e che anche dentro il MIUR si usa la parola “pasticcio”. E ci voleva tanto ? In molti e da tempo segnaliamo il pasticciaccio brutto alla sensibilità (?!) dei responsabili politici del MIUR.
Nell'austero palazzo di viale Trastevere, sede del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, c'è una bomba a orologeria. Che fa tic tac, tic tac, nell'attesa di chi vorrebbe disinnescarla e non può, di chi prega che svapori all'alba, come se fosse un brutto sogno, o aspetta con fatalismo che esploda, sperando in danni limitati, o che faccia cilecca. Il detonatore potrebbe scattare il 27 marzo, quando la Corte Europea (CEDU) sarà chiamata a rispondere (tra le altre, ma è la questione principale e dirimente) alla seguente domanda postale dalla Corte Costituzionale con l'ordinanza 207/2013: è lecito o non è lecito ai sensi del diritto comunitario, che vieta, per direttiva e giurisprudenza, l'abuso di contratti a termine, coprire posti «vacanti e disponibili» con contratto a tempo determinato «senza indicare tempi certi per l'espletamento dei concorsi»? Domanda cui ha già risposto la Commissione europea, depositando osservazioni che metterebbero in allarme anche il più distratto dei lettori. Se la CEDU dovesse sancire l'incompatibilità delle norme italiane sul comparto scuola con la legislazione comunitaria, in verità, non si determinerebbe l'assunzione in massa dei ricorrenti, come qualcuno propaganda. La palla tornerebbe alla Corte Costituzionale e poi ai tribunali del lavoro, che potrebbero «andare alla grossa», senza distinguere tra le varie tipologie di contratti e di situazioni, comminare salatissimi risarcimenti e solo al limite, e forse in maniera spericolata, perché in deroga alla Costituzione, imporre assunzioni. Il danno al pubblico erario sarebbe enorme. La soluzione forse c'è, ma il tempo a disposizione è davvero poco. Il ministro avrà giusto il tempo di giurare e agire, o affidarsi all'italico stellone. Occorrerebbe procedere per decreto legge, e subito. Fatta la revisione dei cicli scolastici (era comprensibile che ci fossero remore ad assumere a tempo indeterminato su posti dovuti a una sperimentazione che tutti i ministri, da Luigi Berlinguer in poi, avevano intenzione di «sbaraccare»), l'organico di diritto è fissato per legge. Con un poco di coraggio, si potrebbe anche varare il regolamento sull'organico di rete, rimasto lettera morta. Ma va superata la logica dei «piani straordinari», che rischiano di rappresentare, agli occhi della CEDU, un'aggravante e va battuta la strada aperta dal decreto legge 104/2013 sui posti di sostegno, destinati ad essere progressivamente coperti con contratti a tempo indeterminato: basta estendere la stessa disposizione al personale docente e Ata. Con chiarezza, tempi certi, senza furbizie e cadenzando con precisione le procedure concorsuali, per evitare ulteriori guai dovuti alla mancata spendibilità dei titoli di abilitazione da parte degli esclusi dalle GAE: «In esito a una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola, che assicuri l'invarianza finanziaria il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è autorizzato, a decorrere dall'anno scolastico 2014/2015, ad assumere a tempo indeterminato personale docente, educativo e ATA per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico di diritto di cui alle dotazioni organiche del personale, individuate ai sensi dell'articolo 19, comma 7, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Alle assunzioni si procede attingendo per il 50% attraverso lo scorrimento delle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401 del Testo unico delle leggi sulla scuola, per il 50% attraverso l'indizione di concorsi per titoli ed esami con cadenza biennale, riservati a docenti abilitati ai sensi della normativa vigente. Ai candidati inseriti nelle graduatorie di merito di concorsi antecedenti alla data di emanazione del presente decreto legge, è riconosciuto il titolo di abilitazione». Al Minosse comunitario, forse potrebbe bastare. Dum Romae consulitur, o vogliamo intervenire ?
lastampa.it - 27.02.2014
“Si chiama capitale cognitivo e ci farà ricchi”
░ Di Gilberto Corsellini – Università “La Sapienza” di Roma
In occasione nel dibattito televisivo tra i candidati alla segreteria del Pd, il nuovo presidente del Consiglio Matteo Renzi indicava nella ricerca, nell’istruzione e nella cultura le risorse da valorizzare…… per un Paese che, proprio per aver ignorato il valore dell’istruzione, della ricerca e della cultura negli ultimi decenni è vertiginosamente retrocesso rispetto ai parametri che contraddistinguono la dinamicità produttiva e sociale di una democrazia vitale. Chi ha governato l’Italia negli ultimi 30 anni e più sembra fosse all’oscuro che i livelli d’investimento in istruzione, ricerca e cultura sono i più predittivi (più delle risorse naturali) della capacità di un sistema economico e politico di migliorare il benessere sociale. In termini non solo di reddito pro capite, ma anche di tasso di disoccupazione, di eguaglianza, di salute e di felicità percepita. Perché si traducono in un maggior numero di cittadini con laurea e dottorato, in istituzioni accademiche efficienti e competitive, quindi in grado di attrarre finanziamenti internazionali, in brevetti e sistemi industriali tecnologicamente avanzati, in maggiore consumo di cultura (cinema, teatro, quotidiani, mostre, musei... ): insomma, rendono una nazione intelligente, cioè capace di far fronte o anticipare gli imprevisti dovuti ai cambiamenti degli scenari economici e politici. Renzi prende in mano il Paese che in Europa ha una delle più basse percentuali di laureati (la più bassa tra 30 e 35 anni ): poco più del 20%, che è meno della metà di Gran Bretagna o Francia e lontana dalla media dell’Unione Europea (35%). E’ di pochi giorni fa il dato che registra un calo di 90 mila unità nel numero di immatricolati nel 2013-14 rispetto al 2003-4. Da questa crisi economica e da questo disinteresse per lo studio derivano la diffusione della corruzione, dell’evasione fiscale, delle truffe, del gioco d’azzardo, della criminalità organizzata, oltre che dei ciarlatani, giacché il livello d’istruzione (e la qualità del sistema educativo) di un Paese è anche predittivo dell’etica pubblica che caratterizza la convivenza sociale. Il nostro sistema educativo è intorno al 70° posto (su 148 posizioni), secondo il World Economic Forum. E’ vero che esportiamo cervelli, ma le nostre scuole e università sono alla canna del gas, come conseguenza di inadeguate riforme e scarsi investimenti, cioè per la mancata valorizzazione del ruolo sociale di insegnanti e docenti, che sono i meno pagati (anche a causa dei perniciosi corporativismi e degli eccessi di tutela sindacali), e per il degrado delle strutture scolastiche e universitarie e per i tagli irresponsabili e populisti ai finanziamenti per la ricerca e l’università. Le università si stanno spopolando di ricercatori e sono abitate da docenti demotivati e catturati nei gironi infernali di una burocrazia asfissiante e di procedure di reclutamento e valutazione formalistiche e largamente disfunzionali…. Le prospettive di successo del nuovo governo nell’invertire il processo di declino dell’Italia non dipenderanno da generiche riforme del sistema politico, se non si sceglie anche di investire da subito e su tempi lunghi per migliorare la qualità del capitale umano o immateriale, che oggi si chiama «cognitivo », prevedendo anche sanzioni laddove la scarsa «performance» o le cattive abitudini la facciano da padrone. Investire sul capitale cognitivo - che nelle società e nelle economie fondate sulle conoscenze è costituito principalmente da competenze scientifiche e tecnologiche, cioè da università e gruppi di ricerca internazionalmente competitivi oltre che da imprese innovative - significa destinare risorse, alleggerire la burocrazia e usare la leva fiscale per promuovere gli investimenti in formazione e ricerca, ma anche nello studio e nella valorizzazione del patrimonio storico artistico e paesaggistico. La comunità scientifica e accademica deve premere su un governo che intende ridare dinamicità al Paese, indicando gli interventi strutturali necessari e richiamando la discussione pubblica a quella concretezza dei fatti che Renzi dice sarà la cifra operativa del suo governo. Ecco perché «Tuttoscienze» dedicherà i prossimi 4 articoli ad altrettanti grandi temi, incentrati sull’università e sulla ricerca. L’idea è raccogliere la sfida del nuovo premier per un’agenda delle più urgenti riforme su Lavoro, Pubblica Amministrazione, Fisco, declinandola sulle questioni scientifiche. Eccole: 1) i contratti per i ricercatori e l’organizzazione dell’università, 2) l’abilitazione nazionale e i concorsi accademici, 3) le agevolazioni per la ricerca, 4) la semplificazione burocratica.
www.larepubblica.it - 28.02.2014
“Un disabile in classe e il senso della vita”
░ Di Michela Marzano.
È accaduto a Milano, all’Albe Steiner, un istituto tecnico sperimentale modello. Celebre non solo per l’insegnamento delle arti multimediali, ma anche per l’accoglienza riservata ai disabili. Eppure è proprio in quest’istituto modello che è scoppiata la polemica per la “presenza ingombrante” di una ragazza “diversamente abile” — come si dice oggi utilizzando una di quelle espressioni che dovrebbero facilitare l’inclusione dei “diversi” e che, però, finiscono spesso con il generare malintesi, banalizzando la sofferenza di chi queste differenze le vive quotidianamente. Alcuni ragazzi si sarebbero lamentati della compagna considerandola un “peso”. Alcuni genitori, invece di mostrarsi solidali con chi si batte affinché la figlia possa avere le stesse chance degli altri, avrebbero rinfacciato alla madre di non avere iscritto la ragazza in un istituto specializzato. E il tutto perché? Per la presunta cancellazione di gite scolastiche che avrebbero, di fatto, escluso la ragazza. Come se il pattinaggio o l’equitazione valessero la discriminazione di una persona. Per i propri figli, tutti i genitori vogliono il “meglio”. Lo sappiamo tutti. Lo approviamo tutti. … Il problema della ragazza disabile che viene accusata dai propri compagni di ostacolare le proprie attività — e dei genitori che, assecondandone le lamentele, accusano insegnanti e scuola di privare i propri figli di tutta una serie di opportunità — non è una questione che riguarda solo i disabili e le loro associazioni, ma tutti. Non è in gioco solo la sofferenza profonda di quella madre che si batte quotidianamente per far vivere alla propria bambina una vita che sia il più “normale” possibile o il dramma di quella ragazza che si vede esclusa solo perché disabile. È in gioco anche e soprattutto il futuro di una società che, oggi più che mai, ha bisogno di riscrivere le regole del vivere-insieme. Una società che si è nutrita per anni di un’ideologia ultra-individualistica e competitiva che ci ha spinto a credere che l’unico modo per emergere e dare un senso alla propria vita fosse quello di battersi sempre contro tutti, schiacciando i più fragili e mostrando di essere i più forti e i più determinati. Una società che oggi sta facendo i conti con i risultati di questo “egoismo assoluto” che, dopo aver cercato di cancellare ogni forma di solidarietà e di cooperazione, si rende conto di non essere più in grado di andare avanti. … La scuola non serve solo a far acquisire competenze. Anzi. Le competenze vanno e vengono, soprattutto quando non si fondano su una maturazione più generale e più profonda. Fatta non solo di spirito critico, che pure è estremamente importante, ma anche di consapevolezza dei propri limiti e delle proprie fragilità. La scuola serve a far crescere e a far capire il senso del proprio “essere-al-mondo”. Serve ad aprirsi alle differenze, imparando pian piano ad accoglierle. Serve a rendersi conto che, nella vita, nessuno può “avere tutto” ed “essere tutto” e ci sarà sempre qualcosa che ci mancherà: una caratteristica, una qualità, un posto di lavoro, una relazione sentimentale, un figlio. Avremo tutti i nostri problemi e le nostre sofferenze. Le nostre differenze e i nostri handicap. Tutti “diversamente abili” per un motivo o per un altro. Sperando che queste varie disabilità non ci escludano dal vivere-insieme. Come scriveva Oscar Wilde, però, «…le cose vere della vita non si studiano né si imparano, ma si incontrano». Come una ragazza disabile nella propria classe.