Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 28 marzo 2014

 http://www.governarelascuola.it/nuovo/ - marzo/2014

"Il confronto tra lo stipendio del docente e quello del neo dirigente

░ UNO STUDIO ACCURATO, E COME SEMPRE IN FORMA ARGUTA, DI PIETRO PERZIANI.

Siamo sicuri che tutti i docenti che si apprestano a diventare dirigente si siano fatti una domanda, magari non ad alta voce: quanto guadagnerò di più? Una domanda a cui nessuno, o quasi, ha dato risposta e a cui nessuno darà risposta nei corsi di formazione organizzati magari dai sindacati. Tra i docenti e idirigenti vige infatti la sindrome dello “sterco del diavolo”: lo stipendio è una specie di tabù e il cedolino un oggetto misterioso, nessuno ne parla, pochi ci capiscono. Noi rompiamo il tabù, GOVERNARELASCUOLA parla spesso di stipendi e ne continuerà a parlare.

LE VOCI DELLA RETRIBUZIONENel cedolino di ogni docente sono presenti 4 voci: -Stipendio;-Ind. Vacanza contrattuale-Retribuzione professionale docenti-IIS conglobataAnche nel cedolino del dirigente sono presenti le voci; alcune sono uguali, altre diverse: - Stipendio- Ind. Vacanza contrattuale-Retribuzione di posizione, quota fissa-Retribuzione di posizione, quota variabile.Oltre alle voci appena dette, nella retribuzione del dirigente bisogna considerare una quinta, che però solo in alcune regioni si può trovare nel cedolino mensile; la retribuzione di risultato infatti in alcune regioni viene pagata mensilmente, in altre invece viene corrisposta in un’unica soluzione annuale.

IL CONFRONTOTorniamo alla domanda: quanto guadagnerò di più? Chiaramente, non è possibile dare qui una risposta individuale, dobbiamo inevitabilmente ragionare su una situazione che possiamo considerare “media”, per cui abbiamo messo a confronto i cedolini di un docente di scuola media con classe stipendiale di 21 anni e un dirigente scolastico della Lombardia preposto ad una scuola di II fascia;questo il confronto tra i 2 stipendi. Confronto tra stipendio docente e stipendio dirigente

CEDOLINO DOCENTE

CEDOLINO DIRIGENTE

VOCI

IMPORTO

VOCI

IMPORTO

Stipendio

1.773,27

Stipendio

3.331,61

Ind. Vacanza contrattuale

13,11

Ind. Vacanza contrattuale

24,99

Retribuzione professionale docenti

202,00

Retribuzione di posizione, quota fissa

273,59

IIS conglobata

538,30

Retribuzione di posizione, quota variabile

738,61

TOTALE

2.526,68

TOTALE

4.368,80

La differenza mensile è pari a 1.842,12 eurolordi.; in Lombardia, la retribuzione di risultato ammonta a 4.304,58 euro annui, cioè 331,12 euro mensili; considerando anche la retribuzione di risultato, la differenza aumenta a 2.173,24 euro mensili. Ritorniamo all’analisi delle diverse voci stipendiali, considerando il passaggio da docente a dirigente: - due voci sono presenti in ambedue i cedolini: lo stipendio (chiamato anche “Stipendio Tabellare”) e l’Indennità di vacanza contrattuale; - due voci dello stipendio da docente (Retribuzione professionale docenti e IIS conglobata) scompaiono, perché sono specifiche dei docenti; - nello stipendio da dirigente ne entrano due nuove (Retribuzione di posizione, quota fissa e Retribuzione di posizione, quota variabile).

LE VOCI COMUNICominciamo l’analisi dalle duevoci presenti in ambedue i cedolini. Lo stipendio tabellare. L’importo viene definito dal CCNL, il contratto collettivo nazionale di lavoro; come ben si sa, gli stipendi e i contratti sono attualmente bloccati, per cui sono tuttora in vigore gli importi stabiliti dai CCNL 2008/2009-Secondo biennio economico di Area e di Comparto. Hanno lo stesso nome, ma lo stipendio tabellare del docente e quello del dirigente sono molto diversi. Quello del docente è infatti diverso da un docente all’altro, perché: - è legato all’ordine di scuola (Materna/primaria, scuola media, scuola superiore)- aumenta con l’anzianità, da un minimo ad inizio carriera ad un massimo che si raggiunge a 35 anni di anzianitàQuello da dirigente è uguale per tutti, perché: - non ci sono differenze in base alla tipologia della scuola che si dirige- non esiste la progressione di carriera per anzianità, è stata abolita dal primo contratto dirigenziale.L’indennità di vacanza contrattualeCome dice il nome stesso, si tratta di un’indennità che viene corrisposta in via provvisoria quando il contratto viene firmato in ritardo o addirittura quando è bloccato, come nella situazione attuale. L’importo viene stabilito dal Dip. della Funzione Pubblica e dal MEF a livello nazionale; in atto nel cedolino si trova quella relativa al biennio 2010/2011 e tale rimarrà fino al 2014, perché anche questa indennità è stata bloccata.

LE VOCI SPECIFICHE DEL DIRIGENTELa retribuzione di posizione/quota fissaVale quanto detto per lo stipendio tabellare: è uguale per tutti e l’importo viene deciso direttamente in sede di CCNLLa retribuzione di posizione/quota variabileÈ l’unica voce che è diversa da un dirigente all’ altro, o meglio varia tra “fasce di dirigenti”. Le scuole di ogni regione, infatti, vengono suddivise in tre o quattro fasce, a seconda della loro grandezza e complessità, più le scuole sono grandi e complesse, più la retribuzione di posizione/quota variabile è alta. Alla fascia della scuola è legata anche la retribuzione di risultato, per cui bisogna tener conto anche di questa se si vuole vedere la differenza tra uno stipendio e l’ altro; questo è infatti l’unico fattore di differenziazione nello stipendio dei dirigenti.

LE DIFFERENZE NELLO STIPENDIO DEL DIRIGENTE.Rimanendo in Lombardia, è questo lo stipendio in base alla fascia di appartenenza, al lordo e netto

FASCE

LORDO

NETTO

PRIMA

4.900,48

2.996,20

SECONDA

4.699,92

2.873,57

TERZA

4.499,33

2.750,93

QUARTA

4.344,92

2.656,52

Come si vede, la differenza tra prima e quarta fascia è di 339,68 euro netti mensili; attenzione, però: gli importi lordi sono assolutamente precisi, mentre quelli al netto sono indicativi, perché non abbiamo potuto tener conto delle situazioni personali e delle tasse locali, comunali e regionali, e delle detrazioni di imposta. …

 

latecnicadellascuola.it - 23/03/2014

"Tre milioni di euro per 13 professori

░ Un annoso problema: controllare i controllori; in questo caso, il controllore che andrebbe controllato è Scuola superiore di economia e finanze (Ssef)e il paradosso sta nel fatto che il danno erariale lo avrebbe compiuto un ufficio del ministero deputato allaspending review.

 gli oltre 16 milioni di euro del budget 2013 della Ssef (erano 4,4 nel 2001) non sembrano ripartiti benissimo. La Scuola è dotata di tre docenti a tempo determinato e dieci ordinari (a vita e assunti senza concorso) che nel 2013 si sono divisi la bellezza di 2,7 milioni di compensi. E allora il rettore guadagna 201mila euro di cui 117mila per il ruolo di gestore, mentre i due colleghi “a tempo” incassano invece rispettivamente 155mila e 98mila euro. Tuttavia, scorrendo l’elenco, oltre a i migliori nomi della burocratja italiana, si scopre che taluni prendono dallo Stato 301mila euro e spiccioli, altri 295mila e dispari e altri ancora stipendi da 272mila euro, da 246mila euro, da 198.901,69 euro, 160mila euro fino a 155mila euro l’anno. Bisogna pure tenere in conto, per loro, che molti di costoro svolgono altre mansioni e quindi percepiscono altri stipendi e altri compensi. L’andazzo, scrive sempre Il FattoQutidiano, è ormai antico: gli stipendi regali che vediamo oggi risalgono almeno all’inizio del 2006… Anche sugli affitti, infine, la Scuola del ministero che sorveglia i conti pubblici largheggia: l’anno scorso ha speso per le sedi di Torino, Bari e Milano circa ottocentomila euro in tutto. Questo spreco lo si deve, però, a un vecchio colpo di genio dello stesso ministero del Tesoro: a suo tempo decise di vendere molte delle sue sedi per poi riaffittarle dal nuovo proprietario pagandole a peso d’oro.

 

corrieredellasera.it - 24/03/2014

"Illegale pretendere soldi dalle famiglie degli alunni

░ Il ministro ai presidi: possibili solo contributi volontari: E’ l’ennesima conferma. Basterà a convincere i dd.ss. ?

L’ultima circolare lo scriveva chiaro il 7 marzo del 2013. E non cambiava, di una virgola, quello che aveva già sostenuto l’anno prima. «I contributi scolastici sono volontari». E ancora: «Nessun istituto può subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo». In caso contrario «non solo è illegittimo, ma si configura come una grave violazione dei propri doveri d’ufficio». Più esplicito, non si può. E, invece, le cose non stanno proprio così. Decine di istituti scolastici continuano a fare finta di nulla. A volte cambiano il nome del «contributo», ma non la sostanza. In alcuni casi avvertono, usano toni da ultimatum. E per la famiglie si traduce in un costo di almeno 60 euro. In alcuni casi anche di 300.
Su siti come Skuola.net continuano ad arrivare decine di segnalazioni. Una situazione inaccettabile, secondo il Miur. «Mettere la scuola al centro per il governo significa non solo restaurare muri e ridipingere pareti, come stiamo facendo — spiega al Corriere il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini —, ma anche tornare a investire per migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’offerta formativa, cosa che ci siamo impegnati a fare». Proprio per questo, «non è possibile obbligare le famiglie, con metodi inappropriati, a pagare contributi che per definizione sono volontari. Questo deve essere un principio inderogabile. I presidi lo sanno, ma se qualcuno non dovesse ricordarselo lo faremo noi con una nota che ribadirà questo concetto».
Complici i tagli degli ultimi anni, le scuole hanno sempre meno risorse a disposizione. E così, per trovare un po’ di soldi, si rivolgono ai genitori degli alunni iscritti. Soldi che qualche istituto — segnalano dal ministero — destina in parte alle voci di spesa relative al funzionamento stesso della struttura. Compresi i costi per le fotocopie e il materiale didattico. «I nostri bilanci sono ridotti all’osso — spiega il preside di un liceo scientifico lombardo che chiede di restare anonimo —, se viene meno proprio quel contributo dato dai genitori allora è meglio chiudere. Non è un problema soltanto mio, ma di tante scuole dell’area»… «Al netto di chi ha l’esonero per merito, motivi economici o appartenenza a speciali categorie — chiariscono dal ministero — sono obbligatorie soltanto le tasse di iscrizione, di frequenza, di esame e di diploma». Tutto quello che eccede questa cifra — vedi alla voce: contributi scolastici — «può essere chiesto, ma i genitori non sonocostretti a pagare». Resta in piedi un Regio decreto del 1924 e riguarda soltanto gli istituti tecnici, professionali e l’artistico. Quei contributi, chiamati «di laboratorio», si devono pagare. Tutte le irregolarità, continua il Miur, si possono segnalare «agli Uffici scolastici regionali che sono responsabili della vigilanza sulle scuole».

 

ItaliaOggi - 25/03/2014

" Quota96. Dietro il no ragioni di bilancio, e non solo Ma così la scuola italiana continua a invecchiare

░ Una dichiarazione dell’on. Ghizzoni -deputato Pd, vicepresidente della VII commissione della Camera – alla quale va riconosciuto il costante impegno con cui ha portato avanti la battaglia per il buon diritto dei colleghi che rientrano nella categoria c.d.Quota 96”. La battaglia, nella quale anche ANIEF si è schierata - è perduta, ma non la guerra.

Il personale della scuola italiana è il più maturo d'Europa, con la percentuale più alta di insegnanti ultracinquantenni e quella più bassa di under trenta. Occorre riflettere sull'invecchiamento di docenti e di personaleAta. Infatti, se è vero che possono contare su un'esperienza professionale ragguardevole, hanno sempre più difficoltà a stare al passo con il dinamismo della comunità scolastica e ad affrontarne le sfide: dall'inclusione dei ragazzi con disabilità a quella degli alunni non italofoni, dall'innovazione didattica alle esigenze dei nativi digitali, dall'apprendimento informale all'insegnamento per competenze. Pertanto, chi può lascia e, contrariamente al passato, presenta domanda di pensionamento appena raggiunti i necessari requisiti. Magari lo fa con rammarico, ma consapevole che a raccogliere il testimone ci saranno giovani motivati e preparati a sostenere le nuove prove della scuola. Un avvicendamento indispensabile e più urgente rispetto a qualsiasi altro settore del pubblico impiego, per ridurre la distanza anagrafica e generazionale tra docente e discente. Ma non tutti possono lasciare: per un «errore» contenuto nella riforma Fornero – scattata il 1 gennaio 2012 – 4000 tra docenti e Ata sono rimasti impigliati nella rete delle nuove norme e il loro pensionamento, previsto per il 1 settembre 2012, è stato procrastinato di anni, in alcuni casi fino a sette. E alla porta restano 4000 giovani in attesa. Un errore dovuto al mancato riconoscimento della specificità della scuola, riferita al fatto che i lavoratori della scuola, per le giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica, possono andare in pensione un solo giorno all'anno, il 1° settembre, indipendentemente dalla data di maturazione dei requisiti. Unico settore della pubblica amministrazione in cui vige tale norma. Dal gennaio 2012, sono state promosse diverse iniziative parlamentari al fine di tener conto di questa specificità, ma nessuno dei tre governi coinvolti fino ad ora è stato in grado di garantire giustizia. Attualmente è in discussione presso la Commissione Lavoro una proposta di legge – a prima firma della scrivente, confluita nel testo base della relatrice, Antonella Incerti, sottoscritto da tutti i gruppi – che prevede che i requisiti per il pensionamento previgenti alla riformaFornero continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che li abbiano maturati entro l'anno scolastico 2011/2012. A questo proposito, presso la Commissione Bilancio, entro domani si discuterà una risoluzione – anch'essa unanime – che impegna il Governo a reperire le necessarie risorse (35 milioni per il 2014 e 100 a regime), dopo che anche l'ultima copertura ipotizzata è statabocciata.

 

corrieredellasera.it - 26/03/2014

"Orari più lunghi per il sabato libero. Nella scuola la disfida del weekend”

░ E’ una iniziativa attuata da alcune scuole.Cui prodest ? Alla didattica no, perché c’è una soglia all’attenzione degli studenti e allo sforzo di apprendere. Inoltre, concentrando in cinque giorni le lezioni si aggrava il carico di lavoro pomeridiano degli studenti (dal quale, nel nostro sistema scolastico, non si prescinde). Nel decidere sulla distribuzione settimanale dell’orario di lezione, i collegi dei docenti dovrebbero osservare il criterio con al vertice la mission della Scuolacollocando il resto in subordinea volere tenere conto della finalità del rilancio del turismo interno, i collegi dei docenti dovrebbero chiedersi quale sia il ceto delle famiglie che possono permettersi il week end di vacanza, e quale quello delle famiglie che, al sabato, non potrebbero conciliare lavoro e cura dei figli. Il risparmio energetico, poi, le scuole potrebbero comunque ottenerlo evitandogli sprechi. Resta la voce del risparmio nei trasporti pubblici, ma questo argomento non ci sembra sufficiente a controbilanciare quello didattico.

C’era una volta il sabato a scuola, alle medie e alle superiori. Anche alle elementari, se non si faceva il tempo pieno. Oggi, con l’autonomia scolastica, il sabato è la coperta più contesa della programmazione: c’è chi la tira, per dare più respiro alla didattica, spalmando le lezioni su sei giorni. Chi la accorcia (cinque giorni di scuola e un intero weekend libero), per permettere ai ragazzi di avere più tempo a disposizione per se stessi, lo sport, le relazioni sociali; e alle famiglie di organizzare meglio i tempi domestici. All’economia locale di risparmiare sulle bollette dell’energia e sui costi dei trasporti pubblici. E ai docenti di avere, finalmente, tutti il sabato libero. Ma c’è chi vorrebbe che il sabato a scuola diventasse solo un ricordo, per tutti. È quanto si augura l’assessore all’Istruzione della Provincia di Milano, Marina Lazzati, che dopo aver suggerito, lo scorso anno, ai presidi del capoluogo di rivedere l’orario delle lezioni, introducendo la settimana corta, ha ora preso carta e penna rivolgendo la richiesta al presidente del Consiglio, al ministro dell’Istruzione e al responsabile della spending review, CarloCottarelli. «I tagli di bilancio imposti alle Amministrazioni pubbliche — scrive — stanno mettendo in seria difficoltà l’erogazione dei servizi essenziali per il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche. Problema che investe pesantemente riscaldamento e spese di trasporto, per cui sono previste per il prossimo anno scolastico ulteriori diminuzioni di spesa». Lazzati propone di rendere «obbligatoria l’articolazione oraria settimanale su cinque giorni per tutte le scuole di ogni ordine e grado». Una scansione oraria che «comporterebbe un significativo risparmio e renderebbe le nostre scuole autentici laboratori di apprendimento, ottimizzando la qualità dell’insegnamento e l’utilizzo delle risorse». Nessun taglio di ore in vista (già ridotte dalla riforma delle superiori a un massimo di 30 nei licei e 32 per istituti tecnici e professionali), ma una «diversa articolazione dell’orario»…. Delle 105 scuole del territorio sono meno della metà quelle che hanno aderito, consentendo risparmi, quantifica l’assessore Lazzati, per circa tre milioni di euro. A livello nazionale non esiste un’«anagrafe» dell’organizzazione del tempo scuola, spiega Carmela Palumbo, della direzione generale per gli ordinamenti scolastici del ministero. «Ogni consiglio d’istituto può decidere — anche attraverso il voto delle famiglie — se optare per la settimana corta». Ma certo, ammette, il sesto giorno di didattica è sempre più raro, anche per ragioni di budget.

 

orizzontescuola.it - 27/03/2014

" La geografia nelle scuole del bel paese

░ Da anni, il MIUR tenta di inquadrare le professionalità peculiari dei docenti titolariin questa o quella classe di concorso, nel tentativo di ridurre il numero delle classi accogliendo le diverse legittime istanze. L’operazione richiede una valutazionecomparativa tra due ordini di riferimenti: - le competenze proprie di ciascuna classe di concorso; - gli obiettivi specifici di apprendimento e le competenze in uscita degli studenti, per le classi di ogni ordine e grado del sistema scolastico. Si tratta di una comparazione alquanto difficile che va effettuata in ottica neutrale. Allo stato delle cose, al MIUR sembra non si trovi il bandolo della matassa e, nelle more, da anni, per determinate classi di concorso classificate come “atipiche”, tocca ai Collegi docenti la responsabilità di stabilire quale sia la sorte dei colleghi soprannumerari; a valle, questo stato di incertezza colpisce i precari e rende ancor più difficili – anche nell’imminenza del rinnovo delle G.E. - le loro imprescindibili scelte. Ci saremmo aspettati che al MIUR si procedesse con più decisione. Riportiamo il caso prospettato da un gruppo di docenti della classe a039.

… Da diversi anni, la geografia, uno dei saperi fondamentali di qualsiasi civiltà, vive una paradossale situazione di frammentazione dei programmi e dei temi che, alla luce dei risultati osservabili, non ha giovato né alla disciplina stessa né, tanto meno, alle generazioni di studenti che, sempre in misura minore, dimostrano di avere padronanza e consapevolezza geografica. Senza cadere in tecnicismi, è facile osservare come, data la sua natura di disciplina di sintesi, in cui convergono saperi e conoscenze afferenti a diverse aree (scientifica, umanistica, economica), gli attuatori delle varie riforme scolastiche hanno creduto di poterla attribuire a docenti dell’una o dell’altra area, quasi sempre privandola di quella sintesi che ne costituisce la specificità e che solo l’occhio acuto del Geografo è in grado di assicurarle.Ed ecco che ad insegnare geografia nella scuola secondaria di primo grado e nei bienni dei Licei sono stati e sono docenti, sicuramente molto preparati nelle discipline storiche e letterarie, ma con un solo esame di geografia nel piano di studi, a confermare una vecchia e, purtroppo, mai superata visione ancillare della geografia rispetto alla StoriaSe a ciò si aggiunge la contrazione oraria ed il declassamento della geografia da disciplina di indirizzo a materia generale, operato dalla recente quanto sciagurata riforma che ha privato i nuovi tecnici economici della geografia Economica, l’unica materia in grado di fare da collante tra i diversi saperi e restituire una visione globale, è facile intuire la qualità della formazione dei nuovi diplomati tecniciE' avvilente osservare come i futuri cittadini del mondo globale non conoscono né il locale né, a ragion veduta, il globale. Ma l’ultimo e, forse, più grave attacco alla geografia nella scuola è arrivato, sempre in epoca Gelmini e con il beneplacito delle maggiori sigle sindacali, con la cosiddetta atipicità e con la possibilità data ai docenti di discipline scientifiche di insegnare geografia. Tale transitoria possibilità si è trasformata in una vergognosa corsa all’accaparramento delle ore Facciamo un po’ di chiarezza: per accedere all’insegnamento di geografia - classe di concorso A039-, un laureato in Lettere, geografia e discipline economiche deve aver sostenuto quattro esami annuali, se vecchio ordinamento, o 24 crediti nel settore scientifico disciplinare MGGR01 più 24 nel MGGR 02, se nuovo ordinamento, mentre per accedere alla classe di concorso A060 Scienze naturali, chimica e geografia, microbiologia occorre aver sostenuto esami afferenti al settore GEO 04, nelle facoltà scientifiche. Non occorre ribadire che le Scienze naturali sono ben altra disciplina rispetto alla Geografia Lo sviluppo di un territorio, la gentrification di un centro storico, la sostenibilità ambientale o lo sviluppo del sistema globale partono da una consapevolezza ragionata di ciò che è il territorio su cui si va ad agire. Il territorio è per definizione sintesi tra uomo e ambiente e la geografia è la scienza che studia il rapporto tra l’uomo e l’ambiente andando ad analizzare le reciproche interazioni tra i fattori naturali e quelli antropici. Ne consegue che un approccio puramente scientifico quale quello condotto da docenti di area scientifica è privo di quella sintesi che, invece, caratterizza le discipline geografiche. Non a caso, nel primo anno del biennio è presente un insegnamento di Scienze Integrate-Scienze della terra che focalizza la propria attenzione sugli aspetti fisici dello spazio e che è, giustamente, assegnato ai docenti abilitati nella classe di concorso A060….

 

latecnicadellascuola.it - 28/03/2014

"Precari, udienza alla Corte di giustizia europea”

░ Estremamente positiva la posizione della Commissione Europea che si è espressa a favore degli insegnanti, dichiarando senza mezzi termini che non esistono ragioni obiettive in grado di giustificare un numero così elevato di precari. Il nostro Marcello Pacifico, presente al dibattimento, prosegue nell’impegno a favore dei colleghi precari. La sentenza si farà attendere e purtroppo anche la Giannini non sembra essere “santo che suda”.

Si è conclusa da pochi minuti l’udienza alla Corte di Giustizia Europea sull’assunzione nei ruoli dello Stato di 140mila precari della scuola italiana che hanno svolto almeno tre anni di supplenze. I giudici non hanno preso una decisione definitiva, ma c’è stata l’audizione delle parti (difesa ed accusa). All’udienza ha partecipato anche un rappresentate per la Commissione europea. Il procuratore generale si è riservato di comunicare la data in cui renderà pubbliche le sue argomentazioni. Non ci sarà però nessuna sentenza come afferma l’avvocato Tommaso DeGrandis che rappresenta la Federazione GildaUnams nel dibattimento : "Bisognerà attendere qualche mese per conoscere gli esiti dell’udienza, ma nutriamo un cauto ottimismo”.…. Nessuna domanda è stata posta dai giudici all’Avvocatura dello Stato italiano e ciò, secondo i legali dei ricorrenti, dimostra che il collegio ha già le idee chiare su quale tipo di sentenza emetterà. All’udienza presente anche l’Anief. Il presidente Marcello Pacifico, in una nota, afferma che  sull’esito della decisione dei giudici, da parte dei legali a sostegno dei lavoratori permane cauto ottimismo: “quella della Corte di Giustizia europea è una decisione storica, perché se applicata a tutto il pubblico impiego porterà all'assunzione di ben 300.000 precari, di cui la metà in servizio da almeno tre anni nella scuola. Abbiamo dimostrato, inoltre, come nel corso di un decennio il numero dei precari è aumentato e con esso il costo di spesa pubblica, a dispetto della spending review”.Il ministro Giannini non aspetti quindi le argomentazioni del relatore. Proceda immediatamente a stabilizzare i 125 mila precari nella scuola in servizio su posti vacanti e disponibili: ciò permetterebbe di evitare l’innescarsi di cause giudiziarie – conclude Pacifico – che porterebbero lo Stato italiano ad essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro”.  Ricordiamo che i giudici del Lussemburgo dovranno giudicare la Legge italiana 106/2011, dopo che già la Corte Costituzionale e il Tribunale di Napoli, rispettivamente con le ordinanze n. 5288/12 e n. 207/2013, hanno posto dei dubbi sulla legittimità dell’intervento retroattivo e derogatorio del legislatore italiano in tema distabilizzazione dei precari della scuola. Rendendo quindi necessario l’intervento chiarificatore, a questo punto decisivo, della Corte europea. Bisognerà aspettare ancora prima di avere un verdetto definitivo.