corrieredellasera.it - 01/06/2014
"Nelle scuole italiane 342 mila alunni vicini all’amianto”
░ Dati dal «Diario della transizione» Censis: 24 mila istituti, su 41mila necessitano di interventi strutturali (intonaci, infissi, impianti a norma, bagni); in 2mila scuole c’è perfino amianto. Di V. Santarpia.
Per il ministero delle Infrastrutture, ci vorrebbero 110 anni per mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici italiani. Per il presidente del Consiglio Matteo Renzi basterebbero tre miliardi e mezzo, da sbloccare entro il 2014…. Nella maggioranza dei casi basterebbero i lavoretti comuni che si fanno in qualsiasi casa per evitare che diventi malandata. Eppure parliamo di edifici vetusti, che risalgono anche a settant’anni fa: più del 15% è stato costruito prima del 1945, un altro 15% è datato tra il 1945 e il 1960, il 44% risale al ventennio 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il terremoto dell’80, quindi adeguandolo alle nuove norme antisismiche. Ma i lavori, anche quando si fanno, sono fatti male…. l’abbattimento delle barriere architettoniche è risultato scadente o insufficiente in una scuola su cinque, il 22,5% dei lavori di manutenzione ordinaria non è andato a buon fine, il 33,7% delle reti digitali è risultato scarso, come il 32,8% delle opere di manutenzione straordinaria. È un problema di risorse, ma anche di utilizzo di risorse. …: una macchina burocratica lenta e pesante in cui sono spesso rimasti incastrati i buoni propositi. Dei 500 milioni di euro attivati con le delibere Cipe del 2004 e del 2006, a metà del 2013 ne erano stati utilizzati 143 milioni, relativi a 527 interventi sui 1.659 previsti, rileva il Censis. È andata un po’ meglio con i fondi europei: il programma operativo 2007-2013 gestito dal Miur e relativo al Fondo di sviluppo regionale attivo nelle regioni Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, ha assegnato più di 220 milioni di euro a 541 scuole per interventi sulla sicurezza degli edifici, il risparmio energetico, l’accessibilità delle strutture e le attività sportive. Il dl “fare”, varato dal governo Letta, ha stanziato 150 milioni per l’avvio immediato di 603 progetti di edilizia scolastica… Ma bisogna ammettere che se di soldi in ballo ce ne sono tanti, finora se ne sono visti troppo pochi…
l’Unità - 02/06/2014
" Quei «cognitivi» disposti a cambiare”
░ Uno studio, che potrebbe interessare il ministro Madia, condotto da tre Istituti di ricerche economiche e sociali (Ires). Di Bruno Ugolini
La vigilia di un’operazione tesa a portare una ventata «rivoluzionaria» nel lavoro pubblico. Un settore dove sono preponderanti quelli chi chiamano i «lavoratori cognitivi», oppure «lavoratori della conoscenza». Sono insegnanti, operatori scolastici, formatori, ricercatori, musicisti. Chi con contratto stabile, chi con contratto a termine o di collaborazione. Chi precario. Sono i possessori di «saperi» da trasmettere anche se ormai questa caratteristica invade anche molte altre mansioni…. Tre Istituti di ricerche economiche e sociali (Ires) di Emilia Romagna, Toscana e Veneto. Hanno condotto più di 100 interviste e raccolto 1.094 questionari. Una prima sintesi di tale iniziativa testimonia come questi lavoratori abbiano, tra le loro caratteristiche, una spiccata passione per quanto fanno. E tra le preoccupazioni principali quella di «innovare periodicamente il proprio bagaglio di saperi perché questi nel mio settore sono in continua evoluzione». …Per la gran parte di quanti hanno risposto ai questionari, il canale privilegiato di acquisizione delle competenze è la formazione dal basso di «esperienze professionali». È interessante annotare altresì come la maggioranza di loro non sia desiderosa di rimanere inchiodata alla propria sedia. Ben il 93,6 per cento concorda con questa affermazione: «Non è importante svolgere per tutta la vita sempre lo stesso lavoro, l’importante è che la propria carriera professionale o lavorativa possa essere il frutto di una scelta libera ed autonoma»…. E il 68,1 per cento sarebbe «disposto a cambiare città e al limite Paese se questo fosse necessario per continuare a lavorare nel settore professionale dove ritengo possibile realizzarmi». Nessuna barriera dunque (87,3 per cento) nei confronti della «flessibilità occupazionale»: essa «sarebbe una condizione tollerabile se ci fossero i giusti ammortizzatori sociali e le necessarie tutele per rendere sopportabili i periodi di transizione da un lavoro ad un altro. C’è da dire che solo il 14,9% dei lavoratori cognitivi considerati «puri» (ovvero con mansioni totalmente legate alla conoscenza) ha un contratto a tempo indeterminato, il 27,7% è composto dai lavoratori autonomi e il 57,7% ha una forma di contratto a termine. Tra questi ultimi il 67,7% afferma che «non sa» cosa accadrà alla scadenza del contratto. L’instabilità, dunque, regna sovrana anche qui. Quali sono le loro rivendicazioni? Sono inerenti alla voce «gestione del tempo», al peso della burocrazia, alla voglia di autonomia. E poi i compensi (medie di meno di 1.100 euro netti al mese), la definizione stessa del compenso, nonché la «definizione della tipologia contrattuale», il «rispetto degli accordi contrattuali o di ingaggio», la «regolarità dei pagamenti», la «continuità lavorativa», il «sostegno a favore della maternità-paternità». Il sindacato fatica a interloquire con queste realtà lavorative….
www.laricerca.loescher.it - 02/06/2014
"Non uno di meno”
░ Trasversalmente, una compagine governativa dopo l’altra, tutti si sono fatti attrarre dalla questione che in questi giorni si sta riproponendo: l’accorciamento di un anno nel percorso scolastico. Marina Boscaino non lo ritiene proponibile. Neanche noi; ma anticipare l’ingresso all’età di cinque anni nel Primo ciclo non è lo stesso che ridurre l’iter da 13 a 12 anni. Riportiamo alcuni passaggi dell’intervista con Alain Goussot, pedagogista, educatore, filosofo e storico attento alle problematiche dell’educazione e del suo rapporto con la dimensione etica-politica. Goussot fa parte del comitato scientifico dell’associazione “Giù le mani dai bambini”, della Società Italiana di Pedagogia Speciale (SIPES), ed è membro onorario dell’Associazione dei Pedagogisti Italiani. Nel leggere quanto spiega Goussot, docente di Pedagogia speciale presso l’Università di Bologna, e nel riflette, per trarne insegnamento, sulla lezione di Maria Montessori, Jean Jacques Rousseau, Célestin Freinet, ci chiedevamo: la mente umana dopo la quarta rivoluzione industriale, quella telematica,
è la stessa mente umana di inizio Ottocento e di inizio Novecento ? L'energia vitale del fanciullo, la sua sfera emozionale, l’attitudine ludica e pratica, la manualità, l’attività senso-percettiva sono rimaste immutate ? Se sono mutate, e a Scuola si fa come se non lo fossero…, se non ci si adopera per discutere con il bambino di ciò che vive fuori dalla Scuola, si perpetua l’autoreferenzialità (che, in Deschooling Society, Illich denunciava) della ”scuola istituzione”.
... La crisi ha reso preminente, anche se non esplicita, la limpida evidenza che il taglio di un anno di scolarità corrisponde più o meno 50 mila posti di lavoro, pari ad un risparmio di circa 1380 milioni di euro…
D. La questione dell'anticipo scolastico in Italia prescinde da qualsiasi valutazione di carattere pedagogico; prova ne sia il fatto che si alternano periodicamente la proposta di tagliare un anno alle superiori e quella dell'anticipo dell'accesso alla primaria. Che cosa ne pensa?
R. La proposta di anticipare di un anno l'ingresso del bambino alla scuola primaria è un errore sia sul piano pedagogico che psicologico. All'età di cinque anni (per qualcuno potrebbe essere quattro anni e mezzo a seconda del mese di nascita) un bambino ha soprattutto bisogno di giocare, di sentire che può sviluppare in modo sereno il proprio potenziale di vita, ha bisogno di sentirsi amato e che ha il tempo di scoprire se stesso e il mondo che lo circonda (senza essere stressato dall'ansia di dovere raggiungere degli obiettivi previsti dal programma scolastico). La nostra Maria Montessori era molto severa sullo stress che rappresentava la scuola primaria per i bambini di 6 anni e per la pretesa scolastica e degli insegnanti di 'immobilizzare' l'energia vitale del fanciullo; a quell'età il bambino ha bisogno di muoversi, di poterlo fare esprimendo il proprio slancio vitale nella scoperta del mondo. L'apprendimento passa prima di tutto dall'attività motoria che è alla base (come ci hanno dimostrato Henri Wallon e, prima di lui, Rousseau) della costruzione dei meccanismi regolatori delle emozioni); l'azione del bambino (il movimento, la gestualità, le percezioni, il coordinamento degli atti ecc...) sono alla base della costruzione del processo cognitivo. Poi il gioco, tramite il quale il bambino impara a sublimare (vedi Françoise Dolto), e l'apprendimento nell'attività ludica e pratica delle relazioni sociali lo preparano ad acquisire quelle tecniche di adattamento che attiverà nelle fasi successive del suo sviluppo. Tutta la psicologia dell'età evolutiva e la pedagogia dello sviluppo ci insegnano che il bambino ha bisogno di tempo; un tempo che è anche interiore e intrapsichico, per acquisire il senso del proprio Sé e per sviluppare le proprie facoltà di osservazione, associazione ed espressione. Faccio notare che era già Jean Jacques Rousseau che osservava come la cosa più importante per un educatore fosse quella di sapere perdere tempo: il tempo della vita e della crescita neurologica, psicologica, fisiologica e relazionale. Non so chi abbia consigliato il ministro ma rimango stupito; forse una certa cultura della performance e anche dello sviluppo delle competenze lette in termini precoci? Comunque sono tante le ricerche e gli studi che ci dicono che l'infanzia rischia di sparire in quanto processo primario dello sviluppo umano. Con questa proposta si in quella direzione (vedi Neill Postman o B. Stiegler). L'infanzia è anche il luogo dell'affettività e la possibilità di vivere una relazione positiva e sicura, non di sentirsi giudicato e etichettato continuamente e di trovarsi sotto la pressione dello sguardo indagatore dell'adulto esperto (maestro o altro). Sarei per fare il contrario: fare in modo che il bambino che compie 6 anni in dicembre rimanga alla scuola dell’infanzia; se 'perde' 6 mesi di scuola primaria non succede niente, recupera dopo questo tempo in termini di sicurezza affettiva e di strutturazione del proprio senso di sicurezza e di sviluppo di un linguaggio intrapsichico che li servirà ad affrontare le fasi e le transizioni successive.
D. In questi giorni Giannini, con un improvviso dietro front, sembra caldeggiare l'entrata anticipata alla primaria. Esistono e - se esistono - quali sono, controindicazioni a questa eventualità?
R. … Penso che vi sono aspetti molto più importanti che quello di pensare ad anticipare di un anno l'ingresso alla primaria: 1) la preparazione pedagogica e l'aggiornamento del corpo docente della primaria in servizio; 2) un maggiore coinvolgimento della famiglia e dei genitori nella costruzione del progetto pedagogico, e lo sviluppo di una vera strategia co-educativa che veda la partecipazione degli insegnanti, dei genitori e degli attori della comunità; 3) una maggiore attenzione sul contenuto diseducativo e pedagogicamente problematico di numerosi programmi televisivi (una cosa che aveva a sua tempo fatto notare il maestro Mario Lodi); 4) l'assenza diffusa di luoghi di esperienza positiva per i bambini e le loro famiglie, spazi di gioco e opportunità e occasioni di socialità vera (e non virtuale come accade oggi); 5) una più grande attenzione per i rischi di trasformazione dei bambini in piccoli consumatori dipendenti da giochi virtuali e da nuovi 'poteri ascendenti', in grado di funzionare come quelli che l'educatore francese Célestin Freinet chiamava 'giochi-droga'. Questo tipo di dipendenza, che spesso sostituisce la relazione vera, il gioco autentico (un bambino ha bisogno di giocare non solo con gli altri ma anche da solo, per sviluppare tramite la fantasia e l'immaginazione i segni della organizzazione di senso di quello che prova), tutto ciò finisce per uccidere la curiosità del bambino e per metterlo in una situazione di eccitazione, di stress e di ansia permanente. Se a questo aggiungiamo l'anticipo dell'ingresso alla scuola primaria temo che possa diventare un carico insopportabile e distruttivo per la salute mentale, emozionale dei nostri bambini.
D. Che cosa rappresenta/può rappresentare, secondo lei, un anno in più di scuola dal punto di vista individuale e collettivo?
D. Per la collettività significa doversi ritrovare con bambini che non abbiano avuto il tempo e lo spazio necessario per maturare e crescere in modo equilibrato nella gestione dei rapporti tra emozioni, sentimenti e apprendimenti. Personalmente mi auguro che gli operatori dell'educazione e i pedagogisti sappiano reagire a questa deriva produttivistica che vuole dei bambini sempre più 'competenti' e performanti, mentre abbiamo bisogno di bambini felici, che si sentono amati, ascoltati e compresi….
http://artemdocere.jimdo.com - 03/06/2014
" La formazione artistica non è solo insegnamento di storia dell'arte”
░ Riportiamo parte di una lettera scritta dal referente del Gruppo “Formazione artistica” dell’Associazione Artem Docere. Fa riferimento alla recente Intesa tra il MIUR e il Ministero dei Beni culturali.
L’ insegnamento della storia dell’ arte è solo un aspetto del grande campo dell’ educazione in generale e della formazione artistica. Entrambi devono contribuire a consolidare nei cittadini la capacità di “leggere”, “comprendere”, e “applicare” un vero e proprio linguaggio con precise conoscenze e abilità in campo creativo, così come avviene in quello della lettura, della scrittura e dei saperi scientifici. Ciò può realizzarsi solo attraverso la ricostruzione di curricula specifici, in continuità e successive specializzazioni, a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’università, per trattare dell’ idea di arte, della storia delle arti e del fare arte. Si tratta di assicurare un percorso generalista fino alle scuole superiori per tutti i cittadini con pari dignità rispetto agli altri corpus disciplinari, accanto a percorsi specialistici e professionalizzanti a partire delle scuole superiori fino alle università, alle accademie e alle scuole speciali post diploma. Il tutto deve essere pensato e codificato in una visione unitaria e modulare con garanzie di sicura eccellenza anche per il semplice cittadino in formazione che non ne volesse fare una professione, visto il paese in cui ci troviamo. Avremmo così oltre che un incremento di professionisti preparati e colti nella mente e nella mano e ad una spinta a valorizzare al meglio i nostri patrimoni nazionali, visitatori di musei, fruitori di concerti, viaggiatori di città che non aumenteranno di numero perché così fan tutti, ma perché le loro conoscenze e competenze e quindi la loro curiosità e sete di sapere li porterà a osservare e studiare i beni paesaggistici, culturali e artistici con piena consapevolezza… La riforma scolastica va assolutamente rimodulata da questo punto di vista e nella scuola dell’ infanzia, quella primaria, secondaria di primo grado e i tutti gli indirizzi di secondo grado e nell’ università dovranno essere progettati e collocati curricoli fondamentali caratterizzati da teoria e pratica per l’ educazione artistica, la storia dell’arte e di tutte le arti applicate accanto a curricoli specialistici della progettazione e del disegno, della scultura, della moda, dell’ architettura, dell’ oreficeria, della musica, della danza … Senza l’acquisizione e la padronanza di questi linguaggi, non solo a livello professionale, la metà della nostra mente sarà irrimediabilmente compromessa, al di là di quanto riportano con estrema parzialità le indagini e le rilevazioni internazionali sulla qualità dell’ apprendimento scolastico che, con pervicace miopia, insistono sugli stereotipi del saper leggere scrivere e far di conto. A tal proposito è auspicabile una lettura approfondita dei rapporti annuali sulle diverse aree dell’ educazione e dell’istruzione a cura dell’Agenzia Europea (Education, Audiovisual and Culture Executive Agency).
ItaliaOggi - 03/06/2014
" Se il ministero sponsorizza la prepagata per studenti firmata Poste italiane”
░ Doveva servire per le agevolazioni, è una carta di credito a tutti gli effetti. Di Giorgio Candeloro
In principio era una semplice tessera con la quale ottenere sconti nei negozi convenzionati ed entrare a prezzo simbolico, o più spesso gratis in musei e mostre. Si chiamava “io studio” ed era distribuita gratuitamente a tutti gli studenti del primo anno delle superiori. Nella pratica non la usavano in tantissimi ma era comunque una buona opportunità per i ragazzi di farsi riconoscere come studenti e accedere anche ad altre agevolazioni non direttamente collegate alla carta, coma ad esempio alle tariffe ridotte degli autobus in molti comuni italiani.
Dalle parti di viale Trastevere, però, devono aver pensato che si poteva fare di gran lunga meglio e di più. E così da circa un mese è iniziata la distribuzione della “io studio 2.0”: non più una banale e anonima tesserina modello raccolta punti nei supermercati, ma una vera e propria carta di credito, valida per cinque anni, con tanto di regolamentari 12 numeri più i tre posteriori di controllo. Una carta prepagata, ricaricabile e nominativa utilizzabile per acquisti fino a 2500 euro annui e prelievi, sempre annui, fino a mille. Non male per dei ragazzini tra i 14 e i 18 anni, a patto, beninteso, che mamma e papà ricarichino periodicamente la magica tesserina, per la gioia delle Poste. Sì, perché la nuova carta dello studente modello 2014/15 –ne saranno distribuite oltre 600.000 entro la fine dell'anno- è una postepay, frutto di un accordo tra il Miur e, appunto, Poste italiane. E in effetti il logo del ministero e quello della società pubblica che gestisce in Italia il servizio postale compaiono appaiati e in bella mostra sulla tessera attualmente in distribuzione ai liceali. Come si legge dal foglio illustrativo la carta non si limita a fornire agevolazioni, sconti e servizi, ma permette anche di pagare in tutti negozi e siti di e-commerce del pianeta che accettano carte Visa. Insomma un'improvvisa trasformazione di ragazzini quattordicenni in consumatori globali –la carta può ovviamente essere implementata e i tetti di spesa innalzati- con la benedizione della scuola e la prospettiva di fidelizzare ai servizi di Poste alcune decine di migliaia di nuovi clienti. Ovvio che le polemiche, anche roventi, non siano mancate… Il Miur smorza le polemiche e ricorda la valenza educativa del progetto, enfatizzando principalmente l'aspetto degli sconti e delle agevolazioni a vantaggio delle famiglie.
larepubblica.it - 04/06/2014
"Scuola: arrivano le pagelle per presidi e professori”
░ Le raccomandazioni della Commissione europea accelerano il cantiere aperto dal governo Renzi su Reclutamento e formazione: "Collegare le retribuzioni al merito e ai risultati". Di Salvo Intravaia.
In arrivo le pagelle per presidi e prof. Il governo Renzi sta già lavorando a ritmi sostenuti su una proposta che prenderà forma tra pochissime settimane e adesso ce lo chiede l’Europa. Uno dei due cantieri sulla scuola messi in piedi qualche settimana fa dal premier è proprio su Reclutamento, formazione e valorizzazione dei docenti. E ad accelerare i lavori del cantiere arriva il monito della Commissione europea che ieri ha inviato al Belpaese “Le raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia”. “È necessario compiere sforzi per migliorare la qualità dell’insegnamento e la dotazione di capitale umano a tutti i livelli di istruzione: primario, secondario e terziario”, recita la raccomandazione numero 14 del lungo elenco di riforme consigliate all’Italia per uscire dalla crisi…. Si tratterà di vedere quanto della retribuzione dei capi d’istituto verrà legata al merito: se soltanto la retribuzione di risultato – pari a 2mila euro in totale – oppure anche la fetta che dipende dalla complessità della scuola, la cosiddetta Retribuzione di posizione. In questo caso, i presidi più bravi potrebbero guadagnare fino a 5mila euro in più all’anno dei colleghi meno capaci. E, siccome le retribuzioni dei dirigenti scolastici sono pubbliche, genitori e studenti potrebbero farsi un’idea della bravura del capo d’istituto con cui hanno a che fare. L’operato del preside verrà valutato annualmente in base a sei indicatori. Sulla questione non ci dovrebbero essere forti contrasti: i sindacati sono “abbastanza” d’accordo. La partita più difficile da portare in porto sarà invece quella della valutazione degli insegnanti. I partiti di maggioranza hanno raggiunto un sostanziale accordo. Adesso si tratta di capire come differenziare gli stupendi degli insegnanti. Al momento, nessuno se la sente di parlare di un argomento che è stato tabù dal dopoguerra ad oggi. Dal cantiere uscirà una proposta con diverse sfumature. Saranno poi le forze politiche e sociali a confrontarsi sul tema per tracciare la strada da intraprendere. Un a strada che si prevede piuttosto impervia visto che la categoria mal digerisce i giudizi sul proprio operato. Tra le ipotesi più accreditate la differenziazione dello stipendio in base alle funzioni aggiuntive assegnate all’insegnante e al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento. Ma qualcuno va oltre e propone la valutazione della qualità di insegnamento messa in campo dai docenti da parte degli stessi dirigenti scolastici, che assumerebbero un ruolo strategico nella scuola italiana del futuro. E all’orizzonte c’è anche il rinnovo del contratto di lavoro del comparto scuola scaduto a dicembre 2009. I docenti meritevoli avranno un compenso aggiuntivo che li distinguerà da tutti gli altri colleghi. Si fa anche strada la figura del docente “esperto” che tentò di lanciare nel 2005 l’allora ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, senza successo. Il docente che dovrebbe fare da “chioccia” ai neoimmessi in ruolo nella scuola italiana del terzo millennio.
tuttoscuola.it - 06/06/2014
"Apprendistato alle superiori, 'Inaccettabile' per l'Unione degli Studenti”
░ L’Unione degli Studenti muove pesanti critiche al D.I. (Miur, Ministero del Lavoro e Ministero dell’Economia) che prevede la sperimentazione dell’apprendistato, a partire dal prossimo a.s. dall’Unione degli Studenti. E’ una presa di posizione dell’Unione che, è prevedibile, diventerà la parola d’ordine, nell’autunno prossimo, delle manifestazioni studentesche: un ostacolo alla valutazione nel merito; una complicazione.
Pesanti critiche giungono … dall’Unione degli Studenti: "Questo progetto è giustificato come una risposta ai drammatici dati sulla disoccupazione giovanile forniti di recente dall'Istat" - dichiara Danilo Lampis, Coordinatore Nazionale dell'Unione degli Studenti - "Ancora una volta si attribuisce all'istruzione la responsabilità della mancanza di occupazione, causata invece dai provvedimenti scellerati degli scorsi Governi, dal pacchetto Treu fino all'attuale Jobs Act. I recenti dati Almalaurea confermano ancora una volta che il problema non sono le competenze, bensì la progressiva precarizzazione del mercato del lavoro. Questo provvedimento ci farà sperimentare la precarietà lavorativa già prima del diploma. Questo è inaccettabile." - continua Danilo Lampis - "Ancora una volta i percorsi formativi sono dequalificati in favore di una idea aziendalistica dell'istruzione pubblica, che perde la propria funzione pedagogica per lasciare spazio all'insegnamento di mestieri piuttosto che di competenze critiche capaci di far orientare gli studenti nella realtà e nella società che si troveranno ad affrontare una volta usciti dai luoghi formativi. Il 35% delle ore scolastiche in azienda per noi rappresenta un punto di non ritorno: si consegnano le nostre scuole agli interessi dei privati, tanto che non saranno più le scuole a immaginare i progetti di alternanza ma le aziende stesse con protocolli d'intesa con il MIUR. Pensiamo che con tale sperimentazione si apra una ulteriore dequalificazione della didattica delle nostre scuole, alimentando un inasprimento della distanza classista tra scuole di serie di A, che stimolano gli studenti al proseguimento degli studi e scuole di serie B, volte alla precanalizzazione nel mercato del lavoro, fucine di manodopera a basso costo." - continua nella nota l'UdS - "Rigettiamo tale provvedimento e siamo pronti a impedire, scuola per scuola, l'approvazione delle convenzioni scuola-azienda nei Consigli d'Istituto… L’11 Luglio saremo in piazza a Torino per contestare il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile perché non è in questo modo che la si combatte ma solo con più investimenti in istruzione, innovazione e ricerca per invertire l'attuale modello di sviluppo.”