Il gap tra le buste paga è incluso nel rapporto “Sguardo sull’educazione” dell’OCDE – Direzione dell’educazione e delle competenze", reso pubblico in queste ore: anche rispetto alla media Ocde i nostri prof percepiscono in media il 30% in meno.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): oggi piangono lacrime di coccodrillo quei sindacati che in vista delle elezioni RSU, contro la riforma annunciata dal premier Renzi, tentano di mobilitare il corpo insegnante dopo averlo svenduto nel 2009 con la riforma Brunetta. Gli stessi sindacati rimasti silenziosi nel quadriennio appena trascorso, che ha visto il blocco della contrattazione e aumenti di stipendi per il 2010-2012, lontani quattro punti percentuali dal costo dell’inflazione.
Gli stipendi dei docenti italiani sono sotto la media Ocde del 30% e rispetto a quelli dei colleghi insegnanti tedeschi corrispondono a quasi la metà. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto “Sguardo sull’educazione” dell’OCDE – Direzione dell’educazione e delle competenze, 9 settembre 2014. Quel che preoccupa è che se passerà la riforma della scuola italiana proposta con le linee guida pubblicate da alcuni giorni, i nostri docenti si ritroveranno senza aumenti stipendiali automatici fino al 2018.
"Ecco perché il criterio dell’anzianità di servizio non può essere abbandonato, senza che prima non si applichi un adeguamento del salario base all’aumento del costo della vita in Italia e nei Paesi più economicamente sviluppati", dichiara Marcello Pacifico, Presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. "I lavoratori della scuola sono stati per troppi anni abbandonati a loro stessi anche dai sindacati", aggiunge il sindacalista.
Tabella [1]
Stipendio |
Italia |
Ocde |
Germania |
Olanda |
Inghilterra |
Francia |
Grecia |
Materna |
30.046 |
33.644 |
* |
43.909 |
38.654 |
31.413 |
20.222 |
Elementare |
30.046 |
36.324 |
52.417 |
43.909 |
38.654 |
31.163 |
20.222 |
Media |
32.495 |
38.148 |
57.647 |
52.303 |
42.576 |
37.130 |
21.056 |
Superiore |
34.506 |
41.482 |
62.793 |
52.303 |
42.576 |
40.675 |
21.056 |
"Oggi - continua Pacifico -,piangono lacrime di coccodrillo quei sindacati che in vista delle elezioni RSU, contro la riforma annunciata dal premier Renzi, tentano di mobilitare il corpo insegnante dopo averlo svenduto nel 2009 con la riforma Brunetta. Gli stessi sindacati rimasti silenziosi nel quadriennio appena trascorso, che ha visto il blocco della contrattazione e aumenti di stipendi per il 2010-2012, lontani quattro punti percentuali dal costo dell’inflazione, in cambio del taglio di un sesto del personale, di un quarto delle scuole autonome e di due terzi dei finanziamenti alle scuole"
Già perché di merito e di carriera al posto di scatti di anzianità se ne parlava già nel febbraio 2011 quando l’allora ministro Brunetta, dopo l’approvazione del suo decreto legislativo n. 150/09 e il rinvio delle elezioni RSU con la cristallizzazione delle prerogative sindacali e il conseguente blocco della contrattazione ancora vigente attuato dal ministro Tremonti con l'articolo 9 della Legge 122/2010, aveva inviato un chiaro atto di indirizzo all’ARAN dopo aver raggiunto un’intesa con la maggioranza delle Confederazioni rappresentative a cui aderiscono quei sindacati soltanto oggi rissosi.
Vale la pena poi ricordare che le organizzazioni sindacali oggi tanto meravigliate per il blocco stipendiale, sono le stesse che si sono rese artefici degli accordi sui tagli dei fondi destinati al Miglioramento dell'offerta formativa. Questi, complessivamente, nell'anno scolastico 2010-2011 erano pari a 1.480 milioni di euro, ma negli anni successivi sono stati, anche due due terzi, per finanziare proprio il recupero dell'utilità degli scatti fini della maturazione dell'anzianità economica: l'apice di questo accordo a perdere, con Fis, progetti e funzioni del personale pagati con con pochi 'spiccioli', è il CCNL del 13 marzo 2013, all’art. 2, comma 1, lettera c), che dispone l’accantonamento di 381 mln di euro a partire dal 2013.
Non va dimenticato, infine, che la precedente riforma prevedeva tre fasce stipendiali in cui collocare il personale: il 25% non avrebbe più preso uno scatto, un 50% dei lavoratori avrebbe preso qualcosa in meno di un altro 25% che avrebbe preso qualcosa in più. Un merito quindi che doveva essere pagato, non più con risorse certe nelle finanziarie, ma da continui tagli o risparmi di spesa nel settore di appartenenza.
"Il blocco della contrattazione ne impedì l’attuazione. Oggi il Governo però vuole completare l'opera, proletarizzando definitivamente la categoria. Invece - conclude Pacifico - di tornare a rispettarla e a remunerarla come merita per il prezioso lavoro che svolge".
[1] Fonte: Le Monde, 10 settembre 2014, p. 7 (elaborazione Dati Ocde).