A due anni dall’avvio del “processo di dematerializzazione” sono ancora 140mila le aule che rimangono scoperte da connessione Adsl sia via cavo che wifi: servirebbero 400 milioni di euro
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): il Governo li stanzi subito, con la Legge di Stabilità di fine 2014. Altrimenti il progetto di snellimento delle procedure didattiche e di comunicazione diretta con le famiglie degli alunni rimarrà irrealizzato: presenze e voti degli allievi vanno necessariamente registrati in classe, non da casa.
Per i 626mila insegnanti italiani il registro elettronico rimane un progetto lontano dal compiersi: a due anni dalla nota Miur 1682/U del 3 ottobre 2012, il “processo di dematerializzazione” delle scuole italiane non ha trovato attuazione perché la maggior parte delle classi sono sprovviste di computer. E ammesso che i pc vengano forniti, appena “il 23% delle scuole secondarie sono connesse ad Internet con rete veloce, il 10% delle primarie”: complessivamente, conteggiando tutti i cicli scolastici, ben 140mila aule rimangono scoperte da connessione Adsl sia via cavo che wifi.
In queste condizioni, riportate dalla rivista ‘Orizzonte Scuola’, anche quest’anno sarà impossibile dare vita agli indubbi vantaggi che porterebbe l’adozione del registro elettronico nelle classi: “conoscenza in tempo reale da parte delle famiglie di voti, note disciplinari, assenze. Possibilità di comunicazione da parte dei docenti e delle scuole che potenzialmente migliorano la collaborazione scuola-famiglia.Migliorie anche nella didattica, se si utilizzano registri elettronici che permettono di comunicare alle famiglie le carenze degli studenti”.
Ma adottare un registro elettronico, senza avere “una connessione internet che ne supporti l'utilizzo è come acquistare un'automobile ma non avere le strade sulle quali guidarla. Ciò si traduce, purtroppo, in aumento di carico di lavoro per i docenti che sono spesso costretti per i malfunzionamenti alla rete o la sua assenza a compilare i registri a casa o dover svolgere un doppio lavoro di registrazione dei dati, in un registro cartaceo e in uno elettronico. Secondo il rapporto Glocus - conclude la rivista specializzata - servirebbero ben 400mln di euro per connettere le 140mila scuole sprovviste di connessione ad una banda larga”. Il Miur, invece, ha avviato l’ambizioso progetto di dematerializzazione delle scuole contando su un importo iniziale dieci volte inferiore: appena 40 milioni di euro.
“Se il Governo vuole davvero informatizzare le procedure scolastiche ed in particolare quelle relative alla didattica – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – deve decidere di stanziare un corposo finanziamento nella Legge di Stabilità di fine 2014. Pensare di avviare un processo così ambizioso contando su appena 111 euro a classe, questa è la media che deriva dai finanziamenti statali previsti a sostegno del progetto, non conduce verso alcun obiettivo. Se non quello di illudere i docenti e, con loro, le famiglie degli studenti”.
È vero che alcune scuole sono riuscite a dotarsi delle tecnologie e dei collegamenti on line necessari. Ma sono davvero una minima parte. Tutte le altre rimangono in attesa di ricevere infrastrutture tecnologiche adeguate. Non è più, infatti, un problema di mancanza di competenze informatiche degli insegnanti italiani: in tanti istituti, i docenti hanno già partecipato ai corsi formativi per la gestione dei software che governano i registri. E gli ultimi dati nazionali ci dicono che, seppure a loro spese, negli ultimi anni hanno saputo aggiornarsi al progredire delle tecnologie.
“Non si può però chiedere agli insegnanti di compilare i registri on line al di fuori dell’orario d’insegnamento, magari da casa, perché in classe manca il computer o il collegamento alla banda larga. Le presenze e i voti degli alunni – conclude Pacifico - vanno necessariamente registrati in classe. Intanto il tempo passa e la ‘Buona Scuola’ è proprio il caso di dire, rimane un progetto sulla carta”.