Lo dice il rapporto annuale Eurydice che ha messo a confronto i vari sistemi scolastici del vecchio Continente: l’8,2% dei docenti francesi ha meno di 30 anni, mentre nel Belpaese ad avere quell’età sono appena lo 0,4%. I docenti spagnoli percepiscono fra i 32mila e i 45mila euro lordi l'anno; i tedeschi tra i 46mila e i 64mila; gli italiani si fermano tra i 24mila e i 38mila euro. Capitolo finanziamenti pubblici: nel 2013 l'Inghilterra ha speso per l’Istruzione 80 miliardi di euro, la Francia 78 miliardi, il nostro Paese appena 48.
Se la riforma ‘La Buona Scuola’ dovesse essere approvata, per i giovani laureati porte sbarrate nei concorsi. Per tutto il personale, inoltre, non sono previste risorse per riportare gli stipendi, fermi dal 2009, almeno al livello dell’inflazione. Infine, saremmo gli unici in Europa ad avere gli insegnanti valutati da genitori e alunni.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir-Cisal): sono dati che non ci sorprendono, ma il futuro è davvero nero. Perché si continua a non parlare di rinnovo del Ccnl. E lo sblocco dell’indennità di vacanza contrattuale, prevista soltanto dal 2019, porterà appena cinque euro in più al mese a lavoratore.
In Europa i docenti italiani sono i più anziani e vanno in pensione sempre più tardi, guadagnano meno e operano all’interno di scuole che percepiscono i bassi finanziamenti pubblici: il quadro diventa drammatico se si pensa che gli insegnanti di paesi a noi geograficamente e culturalmente vicini, come - come Francia, Germania e Spagna – possono contare su supporti ben superiori. I dati non sono contestabili, perché sono stati pubblicati in queste ore attraverso il rapporto annuale Eurydice ha messo a confronto i vari sistemi scolastici del vecchio Continente.
Partendo dall’età, scopriamo che l’8,2% dei docenti francese ha meno di 30 anni, mentre in Italia ad avere quell’età sono appena lo 0,4%. Se in Spagna solo il 29,3% dei docenti ha più di 50 anni, nel nostro Paese, anche per via della riforma Monti-Fornero, sfioriamo il 60%. Sul fronte stipendi il gap non è da meno: i docenti spagnoli percepiscono fra i 32mila e i 45mila euro lordi l'anno; i tedeschi tra i 46mila e i 64mila; gli italiani si fermano tra i 24mila e i 38mila euro.
Anche per i finanziamenti pubblici, il resoconto è negativo: nel 2013 l'Inghilterra, dove risiedono 7 milioni di persone in meno rispetto all’Italia, ha speso per l’Istruzione 80 miliardi di euro, la Francia 78 miliardi, il nostro Paese appena 48. “Infine arriviamo alla valutazione dei docenti – scrive la rivista Blasting News -. Bisogna giustamente dire che i paesi Europei che prevedono una valutazione del docente ci sono, ma nessuno d'essi prevede che l'insegnante sia valutato da genitori e alunni, come disposto nella riforma scolastica di Renzi. Se il DDL passasse, porteremmo un primato in Europa”.
Anief non può non ricordare che in Italia sul fronte scolastico si vive una situazione di stallo sempre più preoccupante: nel 2009, infatti, il numero di docenti over 50 era fermo al 52%, mentre oggi si è elevato di quasi 8 punti percentuali. Per quanto riguarda gli stipendi, invece, la povertà dei salari degli insegnanti italiani è stata accentuata dal contratto bloccato dal 2009, a cui nell’ultimo periodo si è aggiunto il dimezzamento dei fondi destinati alle attività aggiuntive. Intanto, negli altri Paesi la crisi economica non frenava di certo l’adeguamento stipendiale dei docenti.
E sulle pensioni c’è poco da ridere: oltre ai danni che arriveranno dalla riforma e all’introduzione totale del sistema contributivo, già oggi “per più di quattro pensionati su dieci l'assegno non arriva neppure a mille euro al mese”. Con oltre la metà di pensionati (il 52%) che devono tenere stretta la cinghia rappresentato proprio da donne. E l’organico della scuola nell’81% dei casi è composto proprio da donne.
Per quanto riguarda, invece, la spesa in rapporto al PIL che lo Stato Italiano si appresta a sostenere per l’Istruzione pubblica è destinata a decrescere, ricordiamo che da una proiezione realizzata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, risulta che nei prossimi anni il finanziamento pubblico a favore dell’istruzione delle nuove generazioni si ridurrà ulteriormente: fino ad attestarsi, nel 2035, ad una perdita di quasi un punto percentuale (dal 4% al 3,2%).
“I dati pubblicati da Eurydice – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal – non ci sorprendono, perché sono figli dei tagli draconiani attuati da tempo sulla scuola, in particolare a seguito della Legge 133 del 2008, e acuiti dalle riforme pensionistiche. Basta ricordare che se in Italia presto si potrà andare in pensione solo a 68 anni e 43 anni di contributi, in Germania l’accesso all’assegno di quiescenza può ancora avvenire dopo 24 anni e senza decurtazioni”.
Mentre da noi l’unico criterio che è prevalso è stato ancora una volta quello della salvaguardia dei conti pubblici. Basta ricordare che dal primo gennaio 2016 verrà posticipata di ulteriori quattro mesi l’età e i requisiti per accedere alla pensione. L’adeguamento per accedere all’assegno di quiescenza è stato realizzato dall’Istat sulla base delle nuove speranza di vita, come previsto da una norma approvata dall’ultimo Governo Berlusconi che prevedeva il ritocco dei requisiti con cadenza triennale: nel 2013 il salto in avanti fu di tre mesi, ora se ne farà uno ancora più lungo. Perché, ha spiegato il legislatore, si vive più a lungo (le donne oltre gli 85 anni) e occorre lasciare il lavoro più avanti nel tempo.
“Il problema – continua il sindacalista - è che gli insegnanti italiani si invecchiano in cattedra. E per i giovani non c’è più spazio. Anche l’attuale Governo continua su questo andare: nel disegno di legge 1934 è prevista, infatti, l’indizione di un nuovo concorso a cattedre, da attuare nel 2016, che prevede però l’esclusione tra i candidati dei giovani laureati privi di abilitazione. E anche l'ultima selezione nazionale per diventare insegnanti ha escluso i giovani abilitati con il Tfa. A cui non si dà nemmeno la possibilità di inserirsi nelle GaE ed essere assunti, anche quando abbiano svolto 36 mesi di precariato su posti vacanti, come indica proprio l’Unione Europea”.
“Anche per quanto riguarda gli stipendi, non possiamo che prendercela con noi stessi: dal 2008 le buste paga sono bloccate e slegate dall’inflazione, che nel frattempo le ha superate di 4 punti. E le prospettive sono grigie tendenti al nero. Perché non si parla di rinnovo del Ccnl. E lo sblocco dell’indennità di vacanza contrattuale, prevista soltanto dal 2019, - conclude Pacifico - porterà appena cinque euro in più al mese a lavoratore”.
Per approfondimenti:
Anief:Pensioni: il Governo allunga età e requisiti di altri 4 mesi, nella scuola scatta la grande fuga?
Panorama: Pensione anticipata, chi può andarci
Repubblica: Scuola, nel 2015 corsa dei prof alla pensione: il 70% in più
Corriere della Sera: I professori più vecchi d’Europa. Più della metà sono «over 50»
Anief: Italia maglia nera d’Europa per numero di laureati: nemmeno i giovani ci credono più
Anief: Il Mef getta la maschera: in calo fino al 2035 la spesa pubblica per l’Istruzione rispetto al PIL
Blasting News: Scuola, Italia vs Europa: confronto fra docenti, stipendi, valutazione e finanziamenti
Tecnica della Scuola: In Europa la scuola italiana rimane indietro
Sole 24 Ore: Tasso di abbandono dei 18-24enni, Italia ancora lontana dal target Ue
PENSIONI
Scheda di approfondimento ANIEF (a cura della segreteria nazionale)
Nuove regole per l’accesso alla pensione previste dalla Legge 214/2011
Per conseguire la pensione di anzianità e la pensione anticipata i nuovi requisiti dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 sono i seguenti:
Pensione di vecchiaia per uomini e donne con almeno 20 anni di contributi
66 anni e 3 mesi entro il 31 dicembre 2015
Pensione anticipata:
per le donne, 41 anni e 6 mesi di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2015;
per gli uomini, 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2015.
Il Decreto Ministeriale 886 del 1 dicembre 2014 ha determinato al 17 Gennaio 2015 il termine ultimo per la presentazione delle domande di dimissioni volontarie dal servizio ai fini del pensionamento per il personale della scuola (docenti/educatori e ATA). Per i dirigenti scolastici il termine per la presentazione delle istanze è il prossimo 28 febbraio.
Con la Legge 23.12.2014 n. 190, G.U. 29.12.2014, vengono cancellate le penalizzazioni per chi va in pensione anticipata entro il 2017 con meno di 62 anni di età.
Attraverso l’emendamento alla Legge di Stabilità 2015, le penalizzazioni non vengono applicate sui trattamenti pensionistici di coloro i quali maturano i requisiti contributivi per la pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017. Di conseguenza, anche nel caso in cui non si raggiunga il requisito anagrafico precedentemente fissato i 62 anni di età, si potrà accedere, fino al 31 dicembre 2017 alla pensione anticipata senza alcuna decurtazione e penalizzazione.
E’ di fondamentale importanza precisare che l’esclusione della penalizzazione può ritenersi valida esclusivamente nel caso in cui i 42 anni e 6 mesi di contributi versati derivino da peridi di contribuzioni riconducibili a prestazioni effettive di lavoro, ritenendo utili all’elaborazione del calcolo i periodi di astensione dal lavoro quali maternità, obblighi di leva.
I periodi di astensione dal lavoro che non sono computabili ai fini del calcolo della penalizzazione sono riconducibili a contribuzione relativa aCGI ordinaria, congedi parentali, congedi per donazione di sangue ed emocomponenti, malattia, maternità obbligatoria, servizio militare, contributi versati nella gestione separata, contributi versati come artigiani, commercianti e coltivatori diretti, contributi versati come lavoratori dipendenti, ferie, riscatto di periodi di lavoro all’estero.
Le astensioni dal lavoro che invece prevedono la penalità sono quelle che riguardano la CGI straordinaria, la mobilità, periodi in cui si percepisce assegno di invalidità, contribuzione figurativa per persecuzione politica o razziale, Tbc, vittime del terrorismo, riposi giornalieri per allattamento, congedi matrimoniali, riscatto contratti part time, riscatto laurea, periodi di inattività o di lavoro discontinuo, riscatto di periodi senza obbligo contributivo, riscatto di periodi di studio per inserimento lavoro, contributi volontari nella gestione separata, congedo biennale retribuito per assistere portatori di handicap grave per disabilità e tutti gli altri periodi di contribuzione figurativa.
Questi i requisiti necessari per il diritto al pensionamento dal 1° settembre 2015.
Requisiti posseduti al 31 dicembre 2011 ante Legge 214/11 (Fornero)
Vecchiaia
65 anni di età anagrafica – requisito per uomini e donne
61 anni di età anagrafica – requisito di vecchiaia facoltativo esclusivamente per le donne
Anzianità
40 anni di contribuzione – requisito della massima anzianità contributiva
Quota
60 anni di età e 36 anni di contribuzione – quota 96
61 anni di età e 35 anni di contribuzione – quota 96
Per raggiungere la “quota 96” si possono sommare ulteriori frazioni di età e contribuzione (esempio: 60 anni e 4 mesi di età anagrafica con 35 anni e 8 mesi di contribuzione).
Opzione lavoratici dipendenti
Con la nuova normativa previdenziale rimane in vigore l’art. 1 comma 9 della L. n. 243/2004 che, in via sperimentale fino al 31.12.2015, dà la possibilità di conseguire il diritto a pensione di anzianità alle lavoratrici dipendenti con 35 anni di contribuzione e 57 anni di età, solo a seguito di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico mediante il sistema di calcolo contributivo a condizione che la decorrenza del trattamento pensionistico si collochi entro il 31.12.2015. Nei confronti di queste lavoratrici, continua a trovare applicazione la disciplina delle decorrenze (c.d. finestre) e trovano applicazione le disposizioni in materia di adeguamento alla speranza di vita.
Pertanto, il requisito anagrafico (57 anni) dal 1° gennaio 2013 sarà incrementato di tre mesi, 57 anni + 3 mesi (circolare INPS, Direzione Generale – n. 37 del 14.03.2012).
Inoltre, il comma 7 dell’art. 24 della legge n. 214/2011 fa salva la facoltà dei lavoratori che possono far valere al 31.12.1995 un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni, di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema di calcolo contributivo, a condizione che, al momento dell’opzione, abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni di cui almeno 5 nel sistema medesimo. Nel contempo, però, stabilisce che i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata non sono quelli previsti nel regime contributivo, bensì quelli introdotti dal medesimo art. 24 e previsti per i lavoratori con anzianità contributiva al 31.12.1995, precedentemente illustrati.
Al momento la decorrenza del trattamento pensionistico aveva come data ultima per poter accedere all’opzione donna, quella del 31 dicembre 2015. Con le novità introdotte dall’ultima legge di stabilità si dovrebbe fare in modo che la data del 31 dicembre 2015 sia fissata per il raggiungimento dei requisiti e non per la decorrenza del trattamento. “Una interpretazione restrittiva dell’INPS fissava al 31 dicembre 2015 la decorrenza del trattamento pensionistico invece della maturazione del requisito. E’ da tempo che stiamo aspettando questa correzione che dovrebbe essere pacifica e condivisa”.