Non è solo un problema demografico e migratorio, ma preoccupa anche il divario sul tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Se non si inverte la tendenza con un serio piano di sviluppo economico, l’implementazione di idee e risorse, il Meridione è condannato all’eutanasia.
È un’Italia a due velocità quella che il Miur ha registrato in questi giorni per determinare il numero di addetti del prossimo anno scolastico. Da una parte c’è il Centro-Nord, che si contraddistingue per gli aumenti costanti delle iscrizioni degli alunni, con delle regioni, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, dove l’incremento annuo è anche di decine di migliaia di allievi ed in cinque anni si sono registrati quasi 200mila iscritti in più (con un incremento medio del 5% circa di alunni).
Dall’altra c’è il Sud, dove nell’ultimo quinquennio si sono persi per strada quasi 95mila alunni. I quali rappresentano una riduzione del 4,8%, con la primaria a preoccupare maggiormente, visto che il saldo negativo è di oltre 41 mila iscritti (-5,8%). Molise, Basilicata e Calabria rappresentano i casi peggiori, con riduzioni che si attestano tra il 7% ed il 9%. Mentre negli istituti superiori la flessione ha addirittura superato il 10%. Desolante anche il resoconto delle Isole, dove dal 2007/08 ad oggi mancano all’appello 53mila alunni in meno (-5,9%).
Secondo l’Anief si tratta di dati inequivocabili, che non possono in alcun modo far giungere a conclusioni positive e rassicuranti. Prima di tutto perché, nonostante siano passati più di 150 anni dall’Unità d’Italia, ancora rimane irrisolto il problema del troppo diverso sviluppo delle aree del Paese.
“Se non si inverte la tendenza, almeno a livello scolastico, il Meridione sembra sempre più condannato all’eutanasia”, sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief. “È evidente che se non si attua con urgenza un serio piano di sviluppo economico – continua il rappresentante del giovane sindacato - il nostro Paese è destinato, almeno a livello di istruzione, a separarsi. Con il Nord che guarda sempre più da vicino l’Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio”.
Ma a cosa si deve questa netta discrepanza? L’ufficio studi dell’Anief ritiene che non possa essere ininfluente il fenomeno della forte riduzione del tasso demografico. A cui si aggiunge quello dei flussi migratori. Entrambi, di sicuro, penalizzano il Meridione. Ma c’è dell’altro: assieme a certi andamenti, che potremmo definire ‘fisiologici’, si deve registrare il colpevole fenomeno dei mancati investimenti da parte dello Stato, della scarsità delle idee e delle risorse messe a disposizione dal Governo centrale.
“Con i cittadini del Meridione e delle Isole – continua Pacifico - che si sono ritrovati in un inconcepibile stato di abbandono e di solitudine, contro i quali ben poco può fare anche l’Unione Europea. La quale ha sempre cercato, nello stesso periodo, di stimolare i Paesi membri, indicando l’esigenza di raggiungere delle percentuali nazionali sulla dispersione scolastica sempre più modeste. Anche perché è storicamente provata, oltre che confermata di recente dall’Istat, la forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, modesti profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro”.
Non a caso, pure sul versante dell’abbandono dei banchi di scuola, la storia si ripete: mentre l’Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono tra il 15 e il 16%, in Italia ci ritroviamo con il Centro-Nord vicino a questa soglia. E la forbice rispetto al Sud che continua sempre più ad allargarsi. Con alcune regioni, come la Sicilia, dove la quota di coloro che lasciano gli studi in età di obbligo formativo supera ancora il 25%.
“Questa situazione va denunciata a voce alta, perché – conclude il presidente dell’Anief – la politica dei mancati investimenti sta di fatto condannando le attuali e future nuove generazioni del Sud Italia. Ma lo Stato può rinunciare alla volontà di assolvere alla formazione di una parte dei suoi giovani? Possono i nostri governanti non garantire il valore etico del lavoro, legato al concetto stesso di cittadinanza previsto dall’articolo Uno della Costituzione?”.