Padri lavoratori, pure per l’Inps i dipendenti pubblici non possono fruire dei tre giorni di congedo per i neonati: valgono solo nel privato. Dopo il dipartimento della Funzione Pubblica, anche l’Istituto nazionale di previdenza conferma che l’adeguamento della normativa italiana a quella europea per l’assistenza dei papà ai nati fino all’età di cinque mesi non si applica agli statali. Anief-Confedir: una vera discriminazione, che si somma al mancato rinnovo contrattuale e al blocco degli scatti automatici in busta paga.
Dopo il no della Funzione Pubblica, ora arriva quello dell’Inps: con una Circolare, l’istituto di previdenza conferma il divieto per i padri lavoratori del pubblico impiego di usufruire del “congedo obbligatorio ed il congedo facoltativo, di cui all'articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92, (…) fruibili dal padre, lavoratore dipendente, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio”. Si tratta della fruizione del congedo obbligatorio (un giorno) e del congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità della madre (due giorni), introdotti nel giugno scorso attraverso la legge 92 sulle “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.
Anche per l’Inps il no rimarrà in essere “sino all’approvazione di apposita normativa che, su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione, individui e definisca gli ambiti, le modalità ed i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche”. Fino a quando, in pratica, non si approveranno i decreti attuativi e le disposizioni ad hoc i lavoratori statali non potranno usufruire di un loro diritto. Riconosciuto ormai, tra l’altro, a livello internazionale.
Eppure la Direttiva 2010/18/Ue del Consiglio dell'8 marzo 2010, non fa riferimenti alla natura del rapporto di lavoro, ma solo alla necessità di dare attuazione al diritto “individuale” del congedo parentale e nell'aiutare i genitori che lavorano in Europa ad ottenere una migliore conciliazione”. E nemmeno la Legge 28 giugno 2012, n. 92, fa differenzazioni tra pubblico e privato.
Marcello Pacifico, delegato Confedir e presidente Anief, ritiene che “è in atto una chiara discriminazione dei dipendenti pubblici rispetto a colleghi che operano nel privato. Ciò fa ancora più scalpore se si pensa che quest’anno ricorre il ventennale dall’introduzione della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico. Con il risultato che, disapplicando quanto previsto da una direttiva Ue del 2010, che supera chiaramente il decreto nazionale n. 151 del 2001, si mortifica la professionalità dei dipendenti pubblici, dopo che non viene loro più concesso da tempo alcun rinnovo contrattuale. Per non parlare del blocco degli scatti automatici in busta paga”.
Il sindacalista Confedir-Anief ritiene, quindi, che l’adeguamento alle indicazioni Ue - anche se solo poco più che simbolico, di appena un giorno di congedo obbligatorio di paternità e di due giorni di congedo facoltativo per i padri - non può essere negato per basse ragioni di burocrazia: “siamo di fronte ad un abuso - incalza Pacifico -. Lo stesso che lo Stato italiano perpetra nei confronti di decine di migliaia di precari pubblici, in particolare della scuola, utilizzati ben oltre i 36 mesi previsti dalla direttiva Ue 1999/70/CE come soglia massima per giustificare la mancata assunzione a titolo definitivo. È evidente, a questo punto, una seria riflessione sulla necessità di mantenere in vita la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico”.
Per approfondimenti:
Circolare dell’INPS del 14 marzo 2013
Direttiva 2010/18/UE del Consiglio dell'8 marzo 2010
LEGGE 28 giugno 2012 , n. 92
Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita. (12G0115)
24. Al fine di sostenere la genitorialita', promuovendo una cultura
di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno
della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro, in via sperimentale per gli anni 2013-2015:
a) il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla
nascita del figlio, ha l'obbligo di astenersi dal lavoro per un
periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore
dipendente puo' astenersi per un ulteriore periodo di due giorni,
anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione
in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a
quest'ultima. In tale ultima ipotesi, per il periodo di due giorni
goduto in sostituzione della madre e' riconosciuta un'indennita'
giornaliera a carico dell'INPS pari al 100 per cento della
retribuzione e per il restante giorno in aggiunta all'obbligo di
astensione della madre e' riconosciuta un'indennita' pari al 100 per
cento della retribuzione. Il padre lavoratore e' tenuto a fornire
preventiva comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei
giorni prescelti per astenersi dal lavoro almeno quindici giorni
prima dei medesimi. All'onere derivante dalla presente lettera,
valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e
2015, si provvede, quanto a 65 milioni di euro per ciascuno degli
anni 2013, 2014 e 2015, mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 24, comma 27, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e, quanto a 13 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2013-2015, ai sensi del comma 69 del presente
articolo;
b) nei limiti delle risorse di cui al comma 26 e con le modalita'
di cui al comma 25, e' disciplinata la possibilita' di concedere alla
madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternita',
per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale
di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 32 del citato testo
unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, la
corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting,
ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per
l'infanzia o dei servizi privati accreditati, da richiedere al datore
di lavoro.