Per il sindacato è questa la strada per rilanciare istruzione e cultura, riproponendole come ‘faro’ in un Paese che ha dimenticato la sua vocazione e identità stracciando intere pagine di storia.
Avviare corsi di formazione professionale di massa e programmare una vera alfabetizzazione per migliorare la conoscenza dell’italiano, ma anche delle lingue straniere e dell’informatica: sono queste le prime risposte da dare a livello nazionale se si vuole risollevare il nostro Paese dal baratro culturale e formativo in cui ci siamo “cacciati”, bene evidenziato nelle ultime ore da uno studio Eurostat che ha messo a confronto gli investimenti di spesa pubblica per cultura e scuola.
Per quanto riguarda la prima, l’Italia si colloca in fondo alla classifica europea, con appena l’1,1% di investimenti rispetto al Pil, a fronte di una media Ue pari al doppio. Scarso anche l'investimento a favore dell’istruzione, per la quale in Italia si spende solo l'8,5% del Pil: se confrontato con la media Ue del 10,9%, non ci collochiamo all’ultimo posto solo per la presenza della Grecia.
La strada per risollevare culturalmente il Paese era stata indicata già 14 mesi fa da Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir ai direttivi e alle alte professionalità della PA, nel corso della presentazione da parte del giovane sindacato scolastico alla Confedir Mit della “proposta di piano di sviluppo economico”. E poi ribadita lo scorso 28 gennaio nel corso della presentazione ai candidati politici, all‘interno di Palazzo Marini a Roma, dei 10 punti per rinnovare la pubblica amministrazione e uscire dalla crisi da parte della Confederazione dei dirigenti della PA.
“Alzare il livello medio di conoscenze, avvicinare gli italiani alle altre lingue, partendo dall’inglese, migliorare le loro non sempre approfondite competenze informatiche, rappresentano dei punti importanti da cui ripartire. Anche per combattere la disoccupazione crescente – spiega il sindacalista Anief-Confedir – poiché è stato dimostrato, attraverso studi scientifici, che c’è un rapporto di associazione diretta tra formazione di qualità e accesso al mondo del lavoro”.
“Leggere i dati peggiorativi che giungono dall’istituto di statistica europeo – continua Pacifico – è davvero avvilente: significa che l’Italia sta perdendo sempre più terreno. Fa rabbia sapere che siamo quelli che investono meno nella cultura e nella formazione. Mentre sarebbe fondamentale puntare sulla formazione, riconvertire le risorse umane e investire quelle materiali sulla qualità del prodotto, intesa nella sua eccezionale unicità. Il paesaggio culturale italiano, risponde a queste caratteristiche nelle sue vesti naturalistiche, artistiche, storiche, che lo rendono unico, simbolo dell’universale umano, degno di una cittadinanza mondiale come lo dimostrano i tantissimi siti italiani riconosciuti dall’Unesco”.
Mai come oggi è giunto il momento di avviare un serio piano di sviluppo economico incentrato sulla valorizzazione del patrimonio culturale. “L’obiettivo – spiega il sindacalista Anief-Confedir - è porre finalmente fine ad una stagione di tagli lineari che non ha ridotto né gli sprechi del denaro pubblico né ha migliorato i servizi. Ma anche per rilanciare il tema della cultura, riproponendolo come ‘faro’ in un Paese che ha dimenticato la sua vocazione e identità stracciando intere pagine di storia in tema di diritto al lavoro, alla famiglia, alla pensione, all’educazione, alla salute”.
Un recente studio di un grande gruppo bancario italiano ha dimostrato come 100 euro investiti dallo Stato nel patrimonio culturale, producano 140 euro di guadagno per i privati. Un dirigente di quel gruppo, l’attuale ministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, Corrado Passera, proprio in quei giorni aveva rilasciato un’intervista in cui dichiarava che se fosse stato il presidente del Consiglio avrebbe investito il 40% delle economie realizzate dalle tasse nello sviluppo del nostro patrimonio culturale.
“È ora di agire per riscoprire nell’umanesimo della nostra civiltà la luce per uscire dal tunnel. Il sindacato è pronto su questi temi a confrontarsi: le risorse non mancano ma il tempo sì. La scommessa – conclude Pacifico – è riscoprire la cultura di ieri per costruire il futuro del domani”.