Rivedere le regole di gestione dl personale scolastico iniziando ad assumere tutti gli 80mila precari che operano su posti liberi, alzare l’obbligo scolastico da 16 a 18 anni e le ore di tempo scuola, riformare i programmi di studio. Sono le tre richieste che l’Anief rivolge a Giorgio Napolitano, dopo che il Parlamento italiano gli ha rinnovato il mandato a Presidente della Repubblica.
Il sindacato, nell’augurare al Presidente della Repubblica un secondo mandato proficuo e ricco di soddisfazioni, soprattutto in chiave di rinascita del Paese, intende sottoporre alla sua attenzione il problema dell’istruzione dei nostri alunni: sebbene dovesse costituire un obiettivo nazionale primario e imprescindibile, da alcuni anni sta accusando un evidente decremento qualitativo. Tanto che stiamo perdendo terreno pure a livello internazionale: le ultime rilevazioni, di livello Ocse e europeo, indicano la scuola italiana in caduta libera. Con risultati deludenti in tutte le materie, in particolare in quelle scientifiche, abbandoni che calano ovunque meno che in Italia e investimenti ormai così modesti da essere paragonati a quelli della Grecia. Inutile sottolineare che tutto ciò non può essere casuale, ma è frutto di una dissennata politica dei tagli e del ricorso a norme che hanno danneggiato gli alunni, le loro famiglie, i docenti e tutto il personale che opera nella scuola.
“Se si vuole tornare ad avere delle scuole di primordine e degli alunni competenti e preparati alle sempre più difficili sfide del lavoro – dichiara Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, rivolgendosi al Capo dello Stato – è giunto il momento di cambiare pagina. Per questo ci rivolgiamo al presidente della Repubblica appena rieletto. La prima istituzione dello Stato italiano, che dall’alto della sua responsabilità e sensibilità saprà indicare al Parlamento le scelte che portano verso una scuola sana e finalmente competitiva”.
Anief è convinto che per fare questo occorre ripartire anche da una diversa gestione del personale, cominciando ad abbattere il precariato attraverso l’assunzione a titolo definitivo degli 80mila precari della scuola italiana, in servizio su altrettanti posti vacanti. La necessità è garantire il rispetto delle più moderne direttive comunitarie, sia ai fini della stabilizzazione professionale dei precari che hanno svolto più di 36 mesi di servizio per lo Stato negli ultimi 5 anni, sia per trovare delle rinnovate soluzioni a proposito della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti.
Vale la pena ricordare che è anche interesse dello Stato italiano provvedere alla stabilizzazione di queste decine di migliaia di docenti e Ata precari su posti liberi. Diverse sentenze emesse nelle ultime settimane, infatti, hanno tutte indicato la necessità di far sborsare alle casse statali centinaia di milioni di euro per compensare l'abuso dei contratti a tempo determinato, i mancati scatti di anzianità, le mensilità estive non corrisposte per gli anni passati e per quelli futuri fino all'età pensionabile degli attuali precari di lungo corso. I tre recenti indennizzi record di oltre 150mila euro netti, più accessori e interessi, decisi nelle ultime settimane dai giudici del lavoro di Trapani costituiscono infatti dei precedenti che convinceranno migliaia di precari a ricorrere in tribunale per opporsi sia al trattamento economico diversificato rispetto ai colleghi di ruolo, sia alla stipula di contratti al 30 giugno, anziché al 31 agosto, anche quando il posto è vacante.
Ma riformare la gestione del personale significa anche rivedere dei lavoratori della scuola in uscita. Come accade in Belgio, dove per questo stesso personale, che svolge un lavoro altamente logorante, sono previste delle “finestre” per uscire anticipatamente ed evitare, come accade per tanti docenti della scuola, di incorrere nel ‘burnout’.
Per coloro che hanno alle spalle oltre due decenni di insegnamento e non intendono lasciare il servizio, è poi sempre più indispensabile prevederne l’utilizzazione come “tutor professionali” da mettere a disposizione delle nuove leve di insegnanti. Come è necessario introdurre una reale formazione in servizio di tutto il personale scolastico, sia per l’approfondimento/aggiornamento di ogni disciplina, sia per l’adozione delle procedure scientificamente più adeguate nel campo del sostegno agli alunni disabili.
A proposito del secondo punto, l’elevazione sino alla maggiore età della soglia di obbligo scolastico e il prolungamento del tempo scuola, Anief sostiene che diventa sempre più cogente l’esigenza di garantire l’istruzione obbligatoria sino all’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado. Nel contempo, appare fondamentale approvare con urgenza una seria riforma dell’apprendistato, che colleghi la scuola con il mondo del lavoro. Come avviene da tempo in Germania, dove un milione e mezzo di giovani hanno potuto aver un riscontro occupazionale. Come diventa indispensabile tornare a detenere un’istruzione universitaria di qualità, cui garantire adeguate risorse e alla quale va restituita la preziosa opera del ricercatore. Tali manovre, inoltre, dovranno essere sempre accompagnate da un’adeguata riprogrammazione della produzione economica ed industriale del Paese, che poggi sul rilancio dell’enorme patrimonio culturale che il nostro Paese detiene.
A proposito, infine, della revisione dei programmi scolastici, è evidente che è oramai anacronistico parlare di contenuti da “calare” a livello locale, regionale o nazionale: facendo parte di un contesto europeo, l’Italia deve necessariamente collocare le competenze da trasmettere alle nuove generazioni su un livello di più ampio respiro. A tal fine, è imprescindibile l’adozione della seconda lingua straniera per l’intero percorso di studi. Come non può essere più procrastinata la decisione di introdurre lo studio comunitario e delle radici europee come materia trasversale.
Presidente Napolitano, è questa la strada da indicare al legislatore.