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Classi pollaio, ci risiamo: da settembre nelle Marche una prima liceo con 37 alunni!

ANIEF: non sono casi sporadici, ormai la media è di 28-30 iscritti per aula. È una vergogna nazionale derivante dal fatto che negli ultimi 5 anni lo Stato ha tagliato 200mila posti tra docenti e Ata, tenuto ai margini 150mila precari abilitati vincitori di concorso e cancellato quasi 2mila scuole. Il Pd annuncia un’interrogazione parlamentare. Il M5S presenta uno schema di risoluzione sul sovraffollamento delle classi per “inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità, igiene e vivibilità”. Il Governo prende tempo. Ma secondo Marcello Pacifico (presidente ANIEF) sicurezza e diritto allo studio non possono attendere.

Cambia il Governo ma le classi pollaio rimangono: per il prossimo anno scolastico, seppure in presenza di 30mila alunni in più distribuiti nelle varie scuole, il Miur non vuol sentire parlare di incremento di docenti ma intende attenersi alla legge 111/2011, che impone lo stesso numero di insegnanti dell’anno precedente. Ciò comporterà un numero sempre più alto di alunni per classe, che si aggira ormai mediamente sulle 28-30 unità. Con punte da record: la rivista specializzata “Orizzonte Scuola” riporta che nelle Marche sono state formate prime classi da 33 alunni al linguistico di Pesaro e al Benincasa di Ancona; ci sono poi 36 iscritti al liceo Rinaldini di Ancona e addirittura 37 allo scientifico di Tolentino. Si tratta di numeri impressionanti, per i quali l’on. Piergiorgio Carrescia (Pd) ha annunciato un’interrogazione parlamentare.

Ma quella dell’incremento di alunni non compensato da un aumento di docenti è ormai storia vecchia: negli ultimi cinque anni, a fronte di una vistosa maggiorazione di iscritti negli istituti pubblici, pari a quasi 100mila alunni, i Governi che si sono succeduti hanno avuto la “faccia tosta” di eliminare quasi 2mila scuole, 200mila posti tra docenti e personale Ata (amministrativi, tecnici ed ausiliari). Con il risultato che quelli che erano nati, durante la gestione Gelmini, come limiti numerici da adottare in casi eccezionali, sono diventati la norma: nella scuola d’infanzia si è passati da 28 a 29 alunni, alla primaria da 25 a 28 ed alle superiori si sono concesse deroghe fino alla presenza di 33 alunni per classe.

Il sovraffollamento delle classi, attraverso uno schema di risoluzione presentato dal senatore Fabrizio Bocchino (M5S), è proprio in questi giorni oggetto di discussione nella VII Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali): ieri, 9 luglio, è ripreso l’esame dell’“Affare assegnato”, con l'Esecutivo che ha preso tempo per valutare “alcune richieste di modifica al predetto schema di risoluzione”.

Nella presentazione della risoluzione, il relatore del M5S ha dichiarato che l’alto numero di alunni per aule “comporta inevitabilmente l'inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità, igiene e vivibilità”. Considerando anche il mancato assolvimento del pieno diritto allo studio, non soddisfabile in gruppi-classe particolarmente grandi, Bocchino sostiene che “secondo la normativa vigente, in aula non possono essere presenti più di 26 persone, compresi gli insegnanti o l'eventuale ulteriore personale a qualunque titolo presente”. E che, in presenza di alunni disabili, “il numero complessivo dovrebbe essere al massimo di 20, in modo da facilitare i processi di integrazione e d'inclusività”.

Purtroppo, si tratta di parametri sistematicamente elusi. Con il Miur che continua a nascondersi dietro ad un dito, parlando di sforamenti rari e al di sotto l’1%. “Oltre al danno irrecuperabile che si arreca agli studenti - ribatte Marcello Pacifico, presidente nazionale dell'ANIEF e segretario organizzativo Confedir - è grave che si continua a non tenere conto che la scuola italiana ha a disposizione, pronti a subentrare, 150mila docenti precari già abilitati all'insegnamento e vincitori di pubblici concorsi. Invece di utilizzarli, fa di tutto, anche ammucchiando gli alunni nelle classi, per tenerli a debita distanza e risparmiare soldi. Ma è una politica che non paga. Perché prima o poi toccherà ad un tribunale super partes, come quello di Lussemburgo, ristabilire i parametri di un sistema di istruzione degno di questo nome”.