La maggiore quantità di discenti in determinate province non verrà compensata con un proporzionale e logico aumento di almeno 10mila insegnanti. Invece rimangono fermi ai 600mila del 2011. Così l’aumento degli iscritti per classe, almeno in determinate zone, sarà inevitabile. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): si continua a fare cassa tenendo la spesa per il personale docente sui modesti standard cui è stata condotta nel 2011 con i tagli epocali della Legge 133/2008. Solo che nel frattempo l’utenza è aumentata. Ergo: il prossimo anno la scuola italiana produrrà un’offerta più scadente.
Dopo i sindacati, anche le Regioni bocciano la decisione del Miur di confermare per il prossimo anno scolastico l’organico nazionale degli insegnanti di tre anni fa malgrado gli alunni siano molti di più: la decisione è particolarmente grave, se solo si pensa che nel frattempo il numero degli iscritti alle classi della scuola pubblica è aumentato di oltre 87mila unità. Quasi 35mila in un solo anno. Alla luce di questa contraddizione, che farà necessariamente crescere il numero delle classi “pollaio”, durante l’ultima Conferenza Unificata, i governatori “hanno espresso parere negativo allo schema di decreto sulla definizione delle dotazioni organiche per l'anno scolastico 2014-2015”.
“Il Parere negativo della Conferenza – si legge in una nota delle Regioni - ribadisce l’analoga posizione assunta anche per i precedenti anni scolastici ed è la conseguenza del fatto che i criteri utilizzati dal Ministero risultano poco chiari e non condivisibili”. I Governatori non sono convinti, in pratica, della decisione del Miur di compensare l’aumento degli alunni con il decremento demografico in alcune aree del Paese: perché, in ogni caso, visto che la matematica è una scienza esatta, la maggiore quantità di discenti in determinate province non verrà compensata con un proporzionale e logico aumento di insegnanti. Comportando, inevitabilmente, un aumento di alunni per classe.
“Anief – spiega il suo presidente Marcello Pacifico - plaude alla decisione delle Regioni di prendere le distanze dall’amministrazione centrale, ma a differenza dei suoi rappresentanti ha da tempo chiaro il motivo per cui il numero dei docenti continua a mantenersi costante pur in presenza di un sensibile aumento dell’utenza scolastica: al di là dei buoni propositi, la ‘molla’ risale alla mera ed esclusiva esigenza di continuare a fare cassa, tenendo bassa la spesa per il personale e mantenendo il capitolo della Scuola sui modesti standard cui è stata condotta nel 2011 a seguito dei tagli epocali derivanti dalla Legge 133/2008 approvata dall’ultimo governo Berlusconi”.
“Come allora, quindi, l’ordine dell’amministrazione statale e scolastica rimane quello di mantenere la stessa dotazione di insegnanti. Ma l’effetto – continua Pacifico – sarà sicuramente peggiore: perché se nell’anno scolastico 2011/2012, sempre a seguito della “mannaia” Tremonti-Gelmini, si volatizzarono oltre 100mila cattedre rispetto al 2008/2009, dal prossimo anno lo stesso numero di docenti, 600.839, dovrà far fronte ad una popolazione scolastica incrementata di quasi 90mila unità”.
Secondo i calcoli del sindacato, per lasciare inalterata la situazione, senza strascichi negativi sulla didattica, il Miur avrebbe dovuto provvedere a creare 10mila posti da insegnante in più. Il calcolo è presto fatto: dividendo gli 87mila alunni per 25 (un numero medio di alunni per classe) si ottengono circa 3.500 nuove classi. Che per coprire l’orario settimanale necessitano mediamente di due-tre docenti, considerando anche quelli di sostegno.
Se a questo aggiungiamo che, rispetto sempre nell’ultimo triennio, i fondi per il Miglioramento dell’offerta formativa si sono sempre più assottigliati, passando dai 1.480 milioni del 2010/11 ai 521 milioni effettivamente sbloccati per 2013/14 e a cui per via dell’accordo sottoscritto all’Aran per salvare gli scatti del 2012 verrà aggiunto ben poco, per il presidente dell’Anief la conclusione è purtroppo scontata quanto amara: “il prossimo anno scolastico – dichiara Pacifico – la qualità media dell’offerta che fornirà l’istruzione pubblica italiana sarà più bassa di quello che si sta concludendo in questi giorni con gli Esami di Stato”.