È uno dei paradossi che solo la scuola italiana è in grado di offrire: da una parte docenti e Ata, quasi 65enni, che manifestano per vedersi riconosciuta quella pensione negata per una dimenticanza del legislatore; dall’altra colleghi della stessa età, con i capelli bianchi e in certi casi anche più grandi, che brindano per aver raggiunto quell’immissione in ruolo in cui non speravano più. Il caso delle maestre di Roma.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): a complicare la situazione sono state le riforme Gelmini e Fornero, unite alla cronica inosservanza in Italia delle direttive europee in materia di precariato e alle assunzioni a tempo indeterminato col contagocce malgrado decine di migliaia di posti liberi.
I paradossi del mondo della scuola non sembrano avere limiti: nelle stesse ore in cui oggi a Roma, in piazza SS Apostoli, una rappresentanza dei 4mila dipendenti ‘Quota 96’ ultrasessantenni manifesta per essere stata prima allontanata dalla pensione da un ‘bug’ della riforma Fornero e poi illusa dai Governi a seguire, a pochi chilometri di distanza, nell’ex Provveditorato agli Studi di via Pianciani, diverse maestre della stessa età firmano il contratto della “vita”, quello per essere immesse in ruolo.
In prevalenza sono docenti della scuola dell’infanzia e della primaria con oltre venti anni di precariato alle spalle. E che ora, alle soglie della pensione, vengono convocate per la sospirata assunzione a tempo indeterminato: “c'è la casertana Angelina – scrive Il Messaggero – che è quasi arrivata a 61 anni. C'è la signora Attilia, che è romana e fra tre giorni ne compirà 62, ma non ha abbastanza punti per sperare nel posto fisso. E ancora scorrendo la lista si trovano due sessantatreenni, due sessantaquattrenni e tre sessantacinquenni. Tra queste la signora Maria Rosa, che a 65 anni potrà finalmente dire di essere un'insegnante di ruolo, un attimo prima di andare in pensione”.
Anief ritiene che solo l’organizzazione della scuola pubblica italiana è in grado di offrire questi controsensi: da una parte docenti e Ata, ormai quasi 65enni, che manifestano per vedersi riconosciuta quella pensione negata per una dimenticanza del legislatore; dall’altra colleghi della stessa età, con i capelli bianchi ed in certi casi anche anagraficamente più grandi, che brindano per aver raggiunto quell’immissione in ruolo in cui forse non speravano più.
“Si tratta – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – di situazioni diametralmente opposte, ma su cui pesano in maniera determinante gli stessi provvedimenti scapestrati: i 200mila posti tagliati, in particolare a seguito delle norme approvate durante la gestione dall’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, per quanto riguarda assunzioni e turnover; la riforma Monti-Fornero per ciò che concerne gli aspetti della “messa a riposo” ritardata, anche di 5-6 anni, e senza deroghe del personale; l’assunzione con il ‘contagocce’, tanto che anche quest’anno verranno assunti poco più di 30mila docenti e Ata anziché 60mila, con altre 140mila ‘cattedre’ che andranno a supplenti di cui due terzi senza titolare”.
Non dobbiamo quindi meravigliarci se in base agli ultimi dati ufficiali, l’età media delle assunzioni è alle soglie dei 40 anni di età e quella del personale in ruolo attorno ai 50. “A questi provvedimenti, che non hanno tenuto minimamente conto delle difficoltà che incontrano delle persone ultrasessantenni ad operare quotidianamente con le nuove generazioni – continua Pacifico –, va aggiunto un altro dato inequivocabile: il mancato recepimento della direttiva comunitaria, la 1999/70/CE, che da 15 anni impone ai Paesi che fanno parte dell'Ue di assumere a tempo indeterminato tutti i lavoratori che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio”.
“Un abuso che la stessa Unione Europea, attraverso al Corte di Giustizia di Lussemburgo, potrebbe tuttavia cancellare in autunno indicando allo Stato italiano, e di riflesso ai suoi tribunali del lavoro, la direzione corretta da prendere in fatto di stabilizzazione del personale. In tal caso – conclude il sindacalista Anief-Confedir – diventerebbe davvero improbabile che dei docenti professionisti siano chiamati e umiliati per firmare la loro immissione in ruolo a più di 60 anni”.
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