Varie

Anief-Confedir ricorda al nuovo responsabile di Viale Trastevere che nell’ultimo quinquennio il costo della vita è aumentato del 12%, mentre le buste paga dei nostri insegnanti sono state incrementate meno del 10%. Tanto è vero che sono i peggio pagati della PA italiana e risultano in fondo alla classifica degli stipendi di categoria dell’area Ocde. Marcello Pacifico: esemplare quanto accaduto nel 2012, quando sono stati penalizzati più di tutti con un decremento medio retributivo del -2,6%. Non ha senso parlare di meritocrazia se non si portano risorse aggiuntive.

“Prima di concentrarsi sul merito degli insegnanti, il nuovo Ministro dell’Istruzione farebbe bene ad adeguare i loro stipendi al costo della vita e alla media dei paesi Ocde, impegnandosi innanzitutto per far stanziare risorse aggiuntive e interrompendo la prassi di effettuare prelievi forzati dai fondi destinati dalle istituzioni scolastiche, ridotti ormai quasi all’osso”: è la risposta di Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, alle intenzioni espresse sulla carta stampata dal neo-Ministro, Stefania Giannini, riguardo alla necessità di rivedere il modello degli scatti d'anzianità stipendiali, reputati in vita solo per “un mancato coraggio politico del passato”.

“Il Ministro Giannini – sottolinea Pacifico – fa bene a preoccuparsi di incentivare la professionalità, ma prima di tutto ha l’obbligo di allineare le buste paga dei docenti italiani all’inflazione, visto che questa nell’ultimo quinquennio è aumentata di circa il 12%. Mentre nello stesso periodo gli stipendi di chi insegna, con l’ultimo Contratto collettivo nazionale di lavoro, si sono attestati attorno ad un incremento del 10%. Per poi bloccarsi con l’approvazione della Legge 122/2010. Tanto da farli sprofondare in fondo alla classifica di quelli percepiti dagli insegnanti europei. È evidente che non si può parlare di introdurre la meritocrazia senza adeguare gli stipendi base al costo della vita indicato dall’Istat”.

Anief-Confedir non può che esimersi dal denunciare che finché ciò non si concretizzerà, le nostre istituzioni continueranno a tradire l’articolo 36 della Costituzione, oltre che a umiliare la professionalità di centinaia di migliaia di insegnanti che operano nei nostri istituti. A tutti i livelli: scuola dell’infanzia, primaria e secondaria. La riprova di tutto ciò è sostenuta anche da diversi studi internazionali, tutti concordi nel dire che oggi a fine carriera i nostri docenti percepiscono tra i 6 e gli 8 mila euro in meno rispetto alla media dei colleghi dei paesi avanzati.

E anche a livello nazionale sono i meno pagati nella PA. Scorrendo l’ultimo ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, emerge che nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui: un compenso inferiore anche ai dipendenti dei ministeri, delle regioni e delle autonomie locali. Le professioni ‘in divisa’ percepiscono circa 10 mila euro annui in più. Rispetto ai lavoratori della presidenza del Consiglio del ministri, il gap sale a 20mila euro. Per non parlare dei magistrati, che, forti della sentenza n. 223/2012 favorevole alla concessione degli ‘scatti, viaggiano su parametri completamente diversi portando a casa ogni anno oltre 140 mila euro.

Gli effetti dei dispositivi normativi che hanno portato a questa situazione, hanno comportato per i dipendenti della scuola un danno crescente: ai ‘tiepidi’ incrementi del triennio 2007-2009, è seguito un progressivo peggiorare della situazione. Dopo il 2010, contrassegnato da appena un +0,4%, oltre che dall’entrata in vigore del decreto legge 78 che è andato a bloccare pure la vacanza contrattuale, abbiamo assistito a un 2011 caratterizzato da una crescita retributiva individuale praticamente nulla. E un 2012 che ha comportato addirittura un decremento medio retributivo nella PA dell’1% rispetto all’anno precedente, con la scuola più penalizzata di tutti con un preoccupante -2,6%.

“Prima di progettare qualsiasi riforma – spiega quindi Pacifico – occorre quindi affrontare l’allineamento stipendiale. E per farlo, il legislatore dovrà necessariamente avviare un confronto con tutte le componenti, ad iniziare da associazioni e sindacati, che operano nel settore scolastico. Ed è anche indispensabile che si interrompa la prassi di includere nelle Leggi di Stabilità delle manovre al risparmio che vedono il settore della scuola sistematicamente bersagliato. Come non si possono più approvare dei provvedimenti, come il decreto legislativo 150/2009, voluto dall’allora ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, che pongono l’istruzione pubblica alla pari degli altri comparti statali. Salvo poi cercare di rettificare l’errore strada facendo, come è accaduto nel 2010 e 2011 quando per recuperare gli scatti di anzianità bloccati per legge – conclude il sindacalista Anief-Confedir – si è andati a ‘raschiare’ quasi un terzo dei risparmi derivanti dalla legge 133/2008 Tremonti-Gelmini”.

Per approfondimenti:

Il conto annuale della Ragioneria Generale dello Stato

 

Il Miur ha comunicato i dati ufficiali sull’anagrafe degli studenti del prossimo anno scolastico: aumentano di 25.546 unità alle superiori e di 9.216 alla primaria, con un leggero calo (-785) nella scuola secondaria di primo grado. Anche nel 2013 vi fu un incremento di 30.000 iscritti: è evidente che servono più insegnanti. Invece permane il blocco degli organici e tra il 2007 e il 2012 l’amministrazione ha soppresso oltre 100 mila cattedre.

Ci risiamo. Per il secondo anno consecutivo gli studenti frequentanti i corsi di studi della scuola italiana aumentano in modo considerevole: di 33.997 unità, derivanti da un incremento di 25.546 allievi (+ 1,03%) alle superiori e di 9.216 (+0,36%) alla primaria. Mentre hanno fatto registrare un lieve decremento di 785 (-0,05%) nella scuola media. Ma anziché adeguare l’organico dei docenti a questo importante boom di allievi, il Ministero dell’Istruzione ha comunicato ai sindacati che non ci saranno variazioni del corpo docente. A ben vedere, però, la forbice prof-alunni si sta sempre più allargando. Scorrendo gli ultimi dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato si scopre che tra il 2007 e il 2012 il personale della scuola ha perso oltre 124 mila posti (facendo registrare un -10,9%): da 1.137.619 unità di personale si è passati a poco più di un milione. E la gran parte di questi posti persi, almeno 100 mila, appartengono al corpo docente.

L’impossibilità per l’amministrazione di incrementare il loro numero, sebbene per il secondo anno consecutivo vi fossero impellenti necessità di adottare un incremento, soprattutto nelle aree con più iscritti, trova origine nel blocco all’organico di diritto previsto dalla Legge n. 122/2102. Che abbinato a quello sull’innalzamento del numero minimo di alunni per istituto (a ridosso di 1.000), prodotto un anno prima, con la Legge 111/2011, dal prossimo settembre andrà a determinare sempre più classi con un numero di discenti oltre misura: oltre 28 allievi in media per quelle iniziali. Che non di rado diventano raggruppamenti di 30 e più alunni. Non rispettando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni.

A tal proposito, il sindacato ricorda che esistono leggi sulla formazione degli istituti scolastici mai decadute, a partire dai criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998. E che la Consulta, con la sentenza n. 147 del 7 giugno 2012, ha sonoramente bocciato la chiusura o l'accorpamento degli istituti con meno di mille alunni. Bocciatura ribadita, più di recente, anche dai tribunali della Sardegna e della Calabria, che si sono soffermati sull’abuso che lo Stato ha effettuato appropriandosi della decisione di mantenere o cancellare le scuole: si tratta, infatti, di un terreno di diretta competenza regionale. Inoltre, va ricordato che essendo naufragato l'accordo in Conferenza Stato-Regioni, da cui sarebbero dovuti scaturire i nuovi parametri minimi di alunni per istituto, per mantenere in vita le scuole bisognava necessariamente tornare ai vecchi parametri numerici: 600 alunni nelle aree urbane e 400 alunni in quelle montane.

Quello che l’amministrazione scolastica ha fatto – rendendosi artefice nell’ultimo triennio della soppressione di un terzo delle scuola autonome, passate da oltre 12 mila alle attuali 8 mila – poggia quindi su un presupposto fallato. Che, bisogna ricordare, ha portato anche alla cancellazione di 4 mila Dsga e dirigenti. Con il risultato che siccome i plessi sono rimasti oltre 50 mila, oggi un preside gestisce la propria scuola e altre 4-5 sedi scolastiche. Non di rado collocate a decine di chilometri l'una dall'altra.

“Il problema – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è che attraverso la Legge 111 del 2011, il legislatore si è permesso di far cadere l’autonomia delle scuole d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, accorpandole in mega-istituti senza capo né coda, rette da dirigenze in perenne affanno. Bypassando, tra l’altro, la competenza esclusiva delle Regioni, le quali conoscono molto meglio, come indicato chiaramente dalla Corte Costituzionale, le esigenze dei loro territori”.

“Non è un caso che il nostro sindacato – continua il rappresentante Anief-Confedir - abbia deciso di contrastare questa impostazione, patrocinando gratuitamente i ricorsi ai Tar contro il dimensionamento selvaggio. Un’opera che abbinata al blocco degli organici, anche a fronte di un incremento sostanzioso di alunni, come avverrà nel prossimo anno, sta producendo timori sempre maggiori, purtroppo fondati, sulla funzionalità del servizio scolastico. Proprio nei giorni in cui un milione e mezzo di ragazzi stanno scegliendo il loro nuovo istituto”.

 

Il MOF, utilizzato per pagare fondo d’istituto, corsi di recupero, turni notturni nei convitti, incarichi extra per il personale Ata, funzioni strumentali per attuazione del POF, progetti, ore eccedenti per pratica sportiva o sostitutive dei colleghi assenti, aree a rischio sociale o immigratorio, si riduce dai 1.480 milioni del 2010/2011 ai 521 milioni effettivamente sbloccati per 2013/2014.

Il sacrificio serve per pagare scatti al personale della scuola, ma rimangono fuori Ata, dirigenti e soprattutto i precari, nonostante una prossima salatissima multa dell’Europa per reiterazione illegittima dei contratti a tempo determinato.

Attualmente il MOF dovrebbe avere a disposizione 984 milioni di euro, al netto dei soldi prelevati dall’ultima legge di stabilità (legge 147/2013) e dell’ultima contrattazione nazionale che, in deroga al blocco contrattuale, ha garantito l’erogazione degli scatti stipendiali per il 2010 e per il 2011 (CCNL 13 marzo 2013), poi bloccata e di nuovo reintegrata dal decreto legge n. 3/2014, adesso in sede di conversione. Il condizionale è d’obbligo, perché a seguito dell’intesa tra il Miur e alcune OO. SS. rappresentative, sono stati accantonati 463 milioni di euro residui per il pagamento degli scatti relativi al 2012.

Ed è proprio l’Anief-Confedir che denuncia lo scippo alla vigilia dell’audizione parlamentare presso la VII Commissione del Senato (5 febbraio 2014) quando, nelle proposte emendative presentate, chiederà non soltanto il rispetto della normativa comunitaria e del principio di non discriminazione formulato sull’applicazione della direttiva comunitaria 1999/70 nei confronti dei supplenti della scuola, ma anche dei concorsi superati dal personale Ata che ha svolto mansioni superiori e dei dirigenti scolastici che hanno diritto a una retribuzione di risultato variabile, come indentificata dalla contrattazione nazionale.

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “il Governo deve comprendere che rispetto a un tasso di inflazione dell’11,9%, registrato negli ultimi dieci anni al netto di aumenti di stipendio fermi al 9%, non può pretendere di pagare gli aumenti stipendiali, in deroga al blocco, grazie al taglio di risorse che servono per migliorare i servizi resi alle famiglie. Il presidente degli Stati Uniti – conclude Pacifico – lo ha dimostrato di recente quando ha deciso di aumentare del 25% la paga oraria di alcuni dipendenti (da 7 a 10 dollari) dell’amministrazione con risorse aggiuntive e non con nuovi tagli”.

 

Le scuole in seria difficoltà, a causa del taglio ulteriore del Mof per coprire la spesa degli scatti di anzianità del personale: le cronache di questi giorni raccontano che le attività sportive, progettuali e culturali degli istituti risultano sempre più rare. I docenti arrivano a fare volontariato. E gli alunni arrivano a vestire i panni degli insegnanti per fare i corsi di recupero. Non si fa più sport pomeridiano e le gite diventano una rarità.

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): decurtare l’offerta formativa significa affossare le scuole, danneggiando sia gli studenti che rimangono indietro, cui viene negata la didattica di rinforzo, sia quelli più bravi, costretti a svolgere attività alternative in orario curricolare. I fondi alle scuole, come gli aumenti in busta paga, non si toccano.

Nelle scuole italiane la riduzione del Mof, il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa attraverso cui il Governo vorrebbe pagare gli scatti di anzianità al personale, sta già producendo i primi danni visibili: dall’inizio del 2014, ogni giorno il sindacato viene a conoscenza di casi di istituti scolastici che lamentano la scarsità di finanziamenti e la conseguente limitazione delle attività ad integrazione della didattica. A Treviso, a causa dei “contributi dimezzati”, sta accadendo che “dopo le attività sportive pomeridiane, rischiano di saltare anche le gite”. A Bologna, addirittura, ci sono istituti dove i corsi di recupero sono tenuti dagli alunni più bravi oppure dagli studenti universitari.

Ma una delle situazioni più paradossali si sta vivendo a Firenze, dove le scuole sono sempre più “aggrappate” ai contributi delle famiglie, che arrivano anche a 160 euro l’anno. E siccome in media solo la metà dei genitori versa la quota facoltativa, i dirigenti scolastici stanno protestando contro di loro: perché se neanche le famiglie collaborano, versando le quote richieste, si rischia di “privare i ragazzi di importanti opportunità”. Sempre nel capoluogo toscani, “i dirigenti scolastici, insieme a studenti e famiglie, sono chiamati sempre più spesso a fare scelte dolorose: vale a dire decidere quale dei corsi attivati va cancellato. Spariscono quindi corsi di teatro, di fotografia, corsi di lingua, di recupero, progetti di valenza sociale come quelli sul bullismo e la dislessia”.

In effetti, negare alle scuole almeno 300 milioni di euro del Mof, come accadrà quest’anno per coprire un diritto del personale, gli scatti automatici in busta paga, significa in larga parte andare a tagliare risorse dal Fondo d’Istituto: un “tesoretto” con cui ogni scuola può, autonomamente sulla base delle indicazioni dl Consiglio d’Istituto e del Collegio dei Docenti, retribuire le attività definite dall'articolo 88 del contratto collettivo nazionale. Come il particolare impegno professionale dei docenti "in aula" per le innovazioni, la ricerca e la flessibilità organizzativa e didattica; le attività aggiuntive di insegnamento per l’arricchimento e la personalizzazione dell’offerta formativa; le ore prestate dai docenti della secondaria superiore per l'attuazione dei corsi di recupero per gli alunni con debito formativo.

Inoltre, sempre con il Fis, gli istituti finanziano una lunga serie di attività, sempre funzionali all'insegnamento, che vanno dalla progettazione e produzione di materiali utili alla didattica alle ore eccedenti le 40 annue massime previste; dalle prestazioni aggiuntive del personale Ata svolte oltre l'orario d'obbligo o per l'intensificazione del lavoro al pagamento extra di due docenti collaboratori del dirigente scolastico; dalle indennità di turno notturno e festivo a quelle per il bilinguismo e trilinguismo; dal compenso spettante al personale che sostituisce il Dsga alla quota variabile dell’indennità di direzione spettante allo stesso direttore dei servizi generali ed amministrativi. Sino ad ogni altra attività deliberata dal consiglio di istituto nell'ambito del Pof. Oltre che gli impegni dei docenti connessi alla valutazione degli alunni e le ore aggiuntive dei docenti tutor degli studenti universitari impegnati nei tirocini.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “se non ci si ferma con la politica all’insegna del risparmio ad oltranza, che danneggia personale scolastico e utenti, alunni e famiglie, la scuola italiana è destinata sempre più ad arretrare la sua influenza formativa. È evidente che il Mof non può essere toccato: è un capitolo di spesa che va fatto confluire per intero agli istituti, senza il quale le attività formative vanno in affanno”.

“Non è un caso – continua il sindacalista Anief-Confedir – che sono sempre più gli istituti a dover ricorrere a recuperi scolastici ‘in itinere’, con la didattica bloccata per settimane intere e i docenti impegnati nelle attività di rinforzo e di ripetizione, anziché in orario pomeridiano, nelle ore normalmente dedicate alla didattica ordinaria. Per i dirigenti diventa una necessità, perché è l’unico modo per avviare i recuperi senza pagare i docenti. Solo che a pagare, alla fine, sono tutti gli alunni. Quelli in ritardo, cui viene negata la possibilità di recuperare assistendo a lezioni di qualità. Ma anche quelli bravi. Costretti – conclude Pacifico - a svolgere attività alternative. Invece di fare lezione”.

 

Pur con i discussi ‘scatti’ automatici, che il Ministro Carrozza vorrebbe eliminare, il Mef ha rilevato che nel 2012 il personale della scuola ha percepito neanche 30mila euro: 790 in meno dell’anno precedente. E negli ultimi 5 anni l’incremento è stato di mezzo punto percentuale più basso rispetto al costo della vita. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): i numeri parlano chiaro, sottrarre l’unica forma di avanzamento di carriera equivarrebbe a condannare quasi un milione di dipendenti allo svolgimento di una professione in cambio di buste paga non più paragonabili ad una società avanzata e moderna.

Cancellare gli scatti di anzianità al personale della scuola, come vorrebbe fare il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza perché “hanno fatto il loro tempo”, significa impoverire ulteriormente quelli che già oggi sono i dipendenti meno pagati di tutta la Pubblica Amministrazione. Scorrendo l’ultimo ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui: un compenso inferiore anche ai dipendenti dei ministeri, delle regioni e delle autonomie locali. Le professioni ‘in divisa’ percepiscono circa 10mila euro annui in più. Rispetto ai lavoratori in forza alla presidenza del Consiglio del ministri, il gap sale a 20mila euro. E a confronto con chi ha intrapreso la ‘carriera penitenziaria’ diventa di 50mila euro. Per non parlare dei magistrati, che, forti della sentenza n. 223/2012 favorevole alla concessione degli ‘scatti, viaggiano su parametri completamente diversi portando a casa ogni anno oltre 140mila euro.

Come se non bastasse, il personale della scuola è quello che, sempre nel 2012, è stato maggiormente penalizzato dalla variazione stipendiale rispetto all’anno precedente: con un -2,6%, pari a 790 euro sottratti, i contabili dello Stato hanno rilevato il peggior andamento annuo della PA. Anche perché il segno negativo non ha riguardato tutto il comparto pubblico: basta dire che nello stesso arco di tempo, i dipendenti delle regioni a statuto speciale hanno potuto contare su buste paga incrementate del 3,5%. I magistrati hanno chiuso il 2012 addirittura con un +8%.

E anche sul lungo periodo, per il personale della scuola le cose non vanno meglio: nel periodo 2007-2012, pur incrementando la media stipendiale dell’11,4%, questa rimane sempre inferiore al tasso d’inflazione che nello stesso periodo è cresciuto dell’11,9%. Considerando che “il tasso di inflazione medio annuo per il 2012 è stato pari al 3,0%” (dati Istat) e che nello stesso periodo “in termini di potere d'acquisto la caduta è stata di ben 4,9 punti, il picco più alto dall'inizio delle crisi”, non è un’esagerazione dire che gli stipendi dei nostri insegnanti e del personale non docente sono invece destinati ad avvicinarsi sempre più alla soglia di povertà.

La Ragioneria generale dello Stato ha provato a dare una spiegazione a questa vera a propria debacle stipendiale, riconducendola sia “alla contrazione del personale” (con la scuola che ancora una volta la fa da padrone, con 200mila posti tagliati negli ultimi 6 anni), sia “alle manovre di contenimento della spesa pubblica che hanno avuto ad oggetto il pubblico impiego: blocco dei rinnovi contrattuali e blocco di altri fattori di crescita delle retribuzioni individuali, come le progressioni economiche e di carriera”. Che, peraltro, continueranno a permanere per tutto l’anno in corso a seguito della proroga del blocco contrattuale imposta dal D.P.R. n. 122/2013.

“Quel che preoccupa è che gli effetti dei dispositivi normativi che hanno portato a questa situazione – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – hanno comportato per i dipendenti della scuola un danno crescente: ai ‘tiepidi’ incrementi del triennio 2007-2009, è seguito un progressivo peggiorare della situazione stipendiale. Dopo il 2010, contrassegnato da appena un +0,4%, oltre che dall’entrata in vigore del decreto legge 78 che è andato a bloccare pure la vacanza contrattuale, abbiamo assistito a un 2011 caratterizzato da una crescita retributiva individuale praticamente nulla. E un 2012 che ha comportato addirittura un decremento medio retributivo nella PA dell’1% rispetto all’anno precedente, con la scuola più penalizzata di tutti con un preoccupante -2,6%”.

“Ridurre ulteriormente il potere di acquisto di un docente o un Ata della scuola – continua Pacifico – sottraendogli l’unica forma di avanzamento di carriera, lo ‘scatto’ stipendiale, equivarrebbe quindi a condannare un milione di dipendenti allo svolgimento di una professione in cambio di buste paga non più paragonabili ad una società avanzata e moderna. Vale la pena ricordare che già oggi a fine carriera i nostri docenti percepiscono quasi 10mila euro in meno rispetto ai colleghi dell’area Ocde. Ma Anief-Confedir non starà a guardare: ha già da tempo impugnato alla CEDU la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato legittimo il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici. E ha intenzione di combattere con tutte le sue forze – conclude il sindacalista - l’impoverimento progressivo dei dipendenti per i quali opera”.

 

Stipendi e incrementi stipendiali dei dipendenti della PA a confronto:

Stipendi dipendenti della PA
2012
Variazione % rispetto 2007*
Variazione % rispetto 2011*
Scuola
29.548
11,4
-2,6
Vigili del fuoco
31.421
12,1
-2,2
Regioni a statuto speciale
35.446
12,5
3,5
Carriere prefettizie
92.660
17,3
3
Magistratura
141.746
17,9
8

 * Percentuali di aumento delle retribuzioni medie pro-capite di regime relative al personale pubblico per il periodo 2007-2012
Fonte: Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (dicembre 2013)

Per approfondimenti:

Costo del lavoro pubblico in Italia - analisi dei dati 2007/2012

PA – Blocco degli stipendi, la Consulta affossa 3 milioni di dipendenti pubblici

L'Ocse ci bacchetta: i docenti italiani più poveri e vecchi di tutti