La decisione di non approvare un D.P.R. e di limitarsi alla creazione di 8 ambiti disciplinari porterà tantissimi docenti ad insegnare materie affini, ma non corrispondenti alla propria e senza abilitazione specifica. Il tutto, si è concretizzato ignorando le richieste giunte da sindacati, parti sociali e commissioni parlamentari, che chiedevano una vera revisione delle classi di concorso, da adattare ai nuovi percorsi d’istruzione. È un escamotage, che permette all’amministrazione di collocare con facilità il personale da assumere (o da collocare con la mobilità) ma che penalizza molto la qualità dell’insegnamento e della didattica.
Esemplare il commento di Tuttoscuola: “l’aggregazione sminuisce la specializzazione e può attenuare la competenza del docente. Un rischio che si intende correre per garantire maggiore flessibilità all’elefantiaco sistema”.
Marcello Pacifico (presidente Anief): fa scalpore che dopo tanto dibattere, l’amministrazione abbia ‘partorito’ un testo che svilisce la professionalità dei futuri docenti, obbligandoli a confrontarsi con programmi non attinenti al loro vissuto formativo universitario. Con l’aggravante della presenza, nel bando inviato al Cspi e di cui si attende il parare, di prove orali di “carattere nozionistico”, tanto da creare delle lotte intestine nel partito di maggioranza. A pensarci bene, si tratta di aree disciplinari simili a quelle su cui sono stati chiamati a votare nelle scorse settimane i collegi dei docenti per associarle all’organico potenziato.