Per evitare la cassa-integrazione e i licenziamenti, l’abolizione dell’anzianità retributiva, la riduzione dei fondi per le scuole, l’allungamento dell’età pensionabile, l’erosione dei salari, l’aumento dell’inflazione, la svendita degli immobili statali, il sindacato propone un piano di riconversione industriale e riprogrammazione del sistema produttivo, intorno alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale.
In risposta alle sollecitazioni pervenute dalla Confedir Mit, a cui l’Anief aderisce, di sottoporre ai tavoli di concertazione con il Governo, il Ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, dell’Economia e delle Finanze, del Lavoro, della Funzione Pubblica, su ipotesi di sviluppo economico del Paese,
l’ANIEF, considerati i risultati dell’economia italiana inserita nel mercato globale, viste le persistenti speculazioni attuate negli ultimi mesi nei mercati finanziari, preso atto dell’invecchiamento della popolazione italiana, dell’azzeramento del tasso di natalità e dell’aumento della disoccupazione e del lavoro sommerso, ha elaborato il seguente documento con cui invita il Governo a riprogrammare, da subito, con riforme strutturali, il sistema produttivo del Paese intorno a una efficace conservazione e un celere sviluppo del patrimonio culturale, al fine di rilanciare l’economia, produrre ricchezza e mantenere l’attuale welfare, al netto degli sprechi da eliminare e delle evasioni fiscali da individuare. In un mercato globale in cui, infatti, il sistema Italia nella mera produzione quantitativa non può più essere competitivo, bisogna riconvertire le risorse umane e investire quelle materiali sulla qualità del prodotto, intesa nella sua eccezionale unicità. Il paesaggio culturale italiano, risponde a queste caratteristiche nelle sue vesti naturalistiche, artistiche, storiche, che lo rendono unico, simbolo dell’universale umano, degno di una cittadinanza mondiale come lo dimostrano i diversi siti italiani riconosciuti dall’UNESCO.
Questo sforzo di riprogrammazione del sistema produttivo, intorno allo sviluppo dell’attrazione turistica legata al patrimonio culturale, deve coinvolgere il settore pubblico e privato e necessita di una cabina di regia tra tutti gli attori e i settori dell’economia italiana (industria, artigianato, agricoltura, parti sociali, banche, chiesa, etc.) con i ministeri del Lavoro (occupazione), del Turismo (promozione), dei Beni culturali e ambientali (tutela), delle Infrastrutture e dell’innovazione tecnologica (fruibilità), dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (formazione), dell’Economia (utilizzo risorse), al fine di promuovere un’economia durevole in un settore privo di concorrenza.
Nei secoli, in epoca classica, medievale, moderna, il Paese si è arricchito di monumenti di pregiato valore, ancor oggi poco noti o non debitamente promossi, e si è distinto per l’opera di uomini che hanno segnato il corso della storia in ogni manifestazione dell’animo umano (tecnica, sport, arte, musica, cinema, scienza, design, etc.), si distingue un made in Italy nello stile di vita (ricerca del benessere), nell’alimentazione (dieta mediterranea), in particolari prodotti (moda, macchine di lusso). Tuttavia, proprio i settori del turismo e dell’agricoltura, che potrebbero essere il volano della nostra economia, sono sempre più in crisi, nonostante la creazione di nuovi ricchi in altre parti del globo (Cina, India, Brasile) e l’instabilità politica che ha investito i Paesi turistici limitrofi (v. Primavera araba).
Duemila anni fa, acque termali e strade s’irradiarono dalla nostra Penisola in tutta l’area mediterranea; per secoli, l’Italia è stata favorita dalla sua posizione geografica centrale nell’area euro-mediterranea, per lo scambio di merci, di uomini e di idee tra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Oggi, non soltanto si è persa questa cognizione ma anche la percezione del nostro patrimonio storico-culturale. Lo dimostra la poca attenzione riservata dalla politica nell’ultimo trentennio alla conservazione e alla promozione dei beni culturali: il sistema museale italiano, per esempio, è ancora sottosviluppato rispetto a quello degli altri Paesi occidentali, le sovrintendenze sono prossime alla chiusura, i laureati in beni culturali sono sempre più disoccupati insieme a quel 10% della popolazione attiva, il 30% tra i 15 e i 40 anni. Anche la produzione agricola è nettamente in calo, proprio quando la domanda di una coltura biologica è in crescita nei Paesi ricchi mentre nei Paesi poveri non viene soddisfatta la domanda di cibo: le campagne sono sempre più abbandonate.
Lo Stato ha tutti gli strumenti necessari per valorizzare questo nostro eccezionale patrimonio culturale, sia in termini di forza lavoro, di intelligenze, di mezzi. Ma il progetto politico deve essere condiviso e necessita di un cambio di rotta epocale nel settore della formazione, dell’istruzione, della produzione industriale. Bisogna partire dall’individuazione, dal recupero, dalla valorizzazione e della promozione del patrimonio esistente con la creazione di parchi e percorsi tematici, musei, e conseguentemente creare o potenziare la ricettività turistica ad esso legata.
In primo luogo, ovviamente, devono essere realizzare le infrastrutture necessarie per rendere fruibile questo patrimonio, con una grande opera di restauro-costruzione di un efficiente asse viario sia stradale che ferroviario, e una capillare presenza di porti e aeroporti, legati a circuiti internazionali.
Senza riprendere la cementificazione selvaggia, anzi, depurando gli ambienti naturali deturpati e salvaguardando la fauna e la flora grazie anche all’ampliamento e a una corretta gestione dei parchi naturali, si può aumentare la capacità ricettiva turistica – presente tutto il corso dell’anno grazie alle favorevoli condizioni climatiche, destinando a tale uso il patrimonio mobiliare dello Stato come nella Spagna del Dopoguerra (per i palazzi nobiliari). In questo modo, le caserme, per esempio, riconvertite in catene alberghiere o bed and breakfast o ancora centri di ristoro possono essere affidate in comodato a privati.
Ogni Comune deve riscoprire la propria identità culturale e deve essere in grado di promuovere la sua immagine all’esterno, diventando co-partecipe con lo Stato degli introiti realizzati dal settore turistico: la riscoperta delle proprie tradizioni culturali (feste, mostre, rappresentazioni, promozione delle opere realizzate dagli illustri concittadini, maestranze) deve essere un imperativo categorico. I centri storici devono essere chiusi e forniti di aree commerciali no tax dove poter acquistare i numerosi prodotti made in Italy con il marchio doc. Ogni luogo deve poter esser compreso nella sua unicità anche attraverso il reclutamento di apposite guide turistiche.
La promozione della dolce vita, stereotipo dell’immagine dell’italiano nel mondo, che riproduce il vecchio mens sana in corpore sano, deve essere accompagnata da una rinnovata attenzione all’attività sportiva, alle manifestazioni artistiche, al wellness, alla tutela del patrimonio naturalistico e ad un sapiente utilizzo del paesaggio agrario, da cui ricavare sia prodotti doc sia prodotti di massa contro le carestie.
L’energia rinnovabile deve soddisfare progressivamente il nostro fabbisogno energetico, attraverso un massiccio utilizzo dell’eolico o del solare e una riduzione drastica dell’inquinamento, grazie ad opportuni incentivi. A tal proposito, devono essere incentivati, nel paesaggio umano, gli agriturismi, mentre deve essere riprogrammata la produzione di auto elettriche e di mezzi pubblici idonei a disincentivare l’utilizzo di auto inquinanti (piste ciclabili, aree pedonali).
Deve essere promossa adeguatamente la nuova immagine del Paese all’estero, attraverso le ambasciate, i consolati, gli istituti di cultura e le comunità italiane residenti, i canali mediatici e il web, al fine di rendere percepibile e apprezzabile il valore multiculturale del nostro paesaggio.
Bisogna preparare corsi di formazione professionale per tutta la popolazione, dai disoccupati ai commercianti e imprenditori, nonché ai dirigenti al fine di potenziare l’aspetto culturale sotteso alla riscoperta della nostra identità, da promuovere nei confronti dell’utenza finale. Sarà necessario programmare una massiccia opera di alfabetizzazione linguistica (lingue straniere) e telematica, di cura del territorio anche nella gestione dei rifiuti (riciclaggio, bio-degradabile, ecologico) e nell’accoglienza, per sviluppare la capacità attrattiva che deve contraddistingue la nostra economia.
Dopo le ennesime misure esattoriali, necessarie per l’ennesimo attacco speculativo nella borsa, così come approvate nel decreto Salva-Italia, risulta ora necessario riprogrammare il nostro sistema produttivo perché non è più possibile con provvedimenti tampone eliminare progressivamente tutti i diritti maturati nel corso di anni.
Siamo pronti su questi temi a confrontarci, le risorse non mancano ma il tempo si. La scommessa potrebbe racchiudersi in uno slogan: riscoprire la cultura di ieri per costruire il futuro del domani.
Un recente studio di un grande gruppo bancario italiano ha dimostrato come 100 euro investiti dallo Stato nel patrimonio culturale, producono 140 euro di guadagno per i privati. Un dirigente di quel gruppo, l’attuale ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture, proprio in quei giorni aveva rilasciato un’intervista in cui dichiarava che se fosse stato il presidente del Consiglio avrebbe investito il 40% delle economie realizzate dalle tasse nello sviluppo del nostro patrimonio culturale. È ora di agire per riscoprire nell’umanesimo della nostra civiltà la luce per uscire dal tunnel.